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“Mrs Playmen” e altre 9 interpretazioni memorabili di Carolina Crescentini

“Mrs Playmen” e altre 9 interpretazioni memorabili di Carolina Crescentini

Giovanni Berruti

Giovanni Berruti

Editor a JustWatch

Carolina Crescentini diventa protagonista. Succede con Mrs Playmen (2025), la nuova serie Netflix, in cui indossa i panni di Adelina Tattilo. Una donna modernissima per gli anni Settanta, la prima editrice di una rivista erotica in Italia, la cui vita viene ricostruita nel corso dei sette episodi.

Classe 1980, romana, la Crescentini si diploma al Centro Sperimentale e comincia a recitare in piccoli ruoli teatrali e televisivi. L’esordio al cinema arriva con H2Odio (2006) di Alex Infascelli, Fausto Brizzi la sceglie come co-protagonista di Notte prima degli esami – Oggi (2007), in cui interpreta Azzurra. Di lì si comincia ad alternare tra grande e piccolo schermo, con serie tv come Boris (2007), I Bastardi di Pizzofalcone (2017) e Mare Fuori (2020), spaziando fino ad oggi tra i personaggi e i generi più differenti. Ecco, secondo noi, le sue migliori interpretazioni.

Mrs Playmen (2025)

Abbandonata dal marito e ricoperta di debiti, Adelina Tattilo si ritrova a guidare Playmen, la rivista erotica italiana, salvando l’azienda e dando vita a una rivoluzione culturale. Mrs. Playmen (2025) è la serie che rende la Crescentini una protagonista a tutto tondo, che racconta la storia vera di una persona che cade e si rialza di fronte alle difficoltà della vita, e soprattutto di un’imprenditrice in prima linea a opporsi a una Roma conservatrice e bigotta. Sette episodi da non perdere per chi ama le serie incentrate su personaggi femminili forti e sulle loro battaglie e soprattutto per gli appassionati di period drama, interessati a scoprire un capitolo non troppo lontano del nostro passato. 

Boris (2007)

È l’attrice che getta in perenne disperazione il regista René Ferretti (Francesco Pannofino), è la raccomandata, imposta da un misterioso protettore, è priva di talento, ma è solo bella. È Corinna Negri, soprannominata “la cagna maledetta”, tra i personaggi più amati della serie Boris (2007). Per il “non ruolo d’eccellenza”, come da lei definito nel corso di un’intervista, la Crescentini ha anche ottenuto un Nastro d’Argento (nello specifico per la versione cinematografica, Boris – Il film (2011). Una serie che è diventata con gli anni un cult, quattro stagioni che hanno raccontato con ironia e precisione il fittizio (ma neanche troppo) dietro le quinte del set di una fiction immaginaria per la televisione generalista fino ad arrivare ai giorni nostri. Spassossima, e se non l’avete ancora vista correte ai ripari per capire delle battute che ormai sono entrate nell’immaginario collettivo.

Notte prima degli esami – Oggi (2007)

Tra i film più celebri dell’attrice, Notte prima degli esami – Oggi (2007) abbandona gli anni Ottanta per spostare il racconto ai tempi odierni. Non è un vero e proprio sequel di Notte prima degli esami (2006), nonostante ritroviamo Luca Molinari (Nicolas Vaporidis). La Crescentini interpreta il suo nuovo amore, Azzurra, una biologa marina poco più grande del protagonista. Un personaggio del tutto anticonvenzionale, che stravolgerà la sua vita, portandolo a compiere un giro sulle montagne russe dei sentimenti alle porte degli esami della maturità. La pellicola di Fausto Brizzi è consigliata a chi ha amato il film precedente, e soprattutto a chi è alla ricerca di una serata di leggerezza e divertimento, rivivendo il primo decennio degli anni duemila.

Mare Fuori (2020)

Interpreta Paola Vinci in una delle serie più amate di sempre nel nostro paese. In Mare Fuori (2020) la Crescentini è infatti la direttrice dell’Istituto di detenzione minorile di Napoli al centro delle vicende raccontate, e vede la struttura come una seconda possibilità per i ragazzi, finiti lì per i motivi più disparati. Le regole e la disciplina per lei sono comunque indispensabili, ma da donna dura e rigida si farà vedere decisamente più empatica. Un personaggio che si ritrova contemporaneamente alle prese con una disabilità, che affronta a testa alta. Dopo tre stagioni, l’attrice abbandona il ruolo, suscitando un tumulto generale soprattutto nei fan, con tanto di petizione per riaverla in una nuova stagione.

I bastardi di Pizzofalcone (2017)

È il pm Laura Piras nella fiction con Alessandro Gassman, tratta dall’omonima saga letteraria di Maurizio De Giovanni. Una grande lavoratrice, determinata, dal carattere forte, che intraprende una relazione segreta con l’ispettore Lojacono (Gassman), che finisce per interrompersi quando lei ottiene il trasferimento a Roma. Ma la parola fine è difficile. Quattro stagioni, I bastardi di Pizzofalcone (2017) è una serie molto amata dal grande pubblico, imperdibile per gli amanti dei polizieschi. Poi c’è la sua ambientazione, Napoli, capace di offrire costantemente paesaggi suggestivi e tanta umanità, come anche testimoniato da altre serie contemporanee.

Cemento armato (2007)

Un altro esordio alla regia, quello di Marco Martani, sceneggiatore con Fausto Brizzi anche di Notte prima degli esami – Oggi (2007). Nicolas Vaporidis, Giorgio Faletti e Carolina Crescentini sono protagonisti di Cemento armato (2007), noir metropolitano, dove una bravata innesca una serie di eventi che degenereranno in una storia torbida di vendetta, dove è fondamentale la legge del più forte. La Crescentini è Asia, la fidanzata del protagonista, che subirà una violenta ripercussione, che non potrà che scatenare in Diego (Vaporidis) la necessità di farsi giustizia da solo. Se volete ritrovare il cast di Notte prima degli esami, ma in un contesto spietatamente drammatico, è il film che fa per voi.

Parlami d’amore (2008)

Esordio alla regia di Silvio Muccino, che parte dal suo omonimo romanzo. In Parlami d’amore (2008) la Crescentini indossa i panni di Benedetta, ragazza romana ricca, che trascorre un’esistenza dedita ai vizi e da sempre desiderata dal protagonista, Sasha, interpretato dallo stesso Muccino. È il ruolo con cui l’attrice riesce ad aggiudicarsi la sua prima nomination ai David di Donatello per miglior attrice non protagonista. È un film consigliato a chi ha voglia di guardare una storia d’amore forte, travagliata, dove tutto è continuamente messo in discussione. Soprattutto l’attrice sembra calarsi perfettamente nella parte della “dark lady”.

L’industriale (2011)

Protagonista al fianco di Pierfrancesco Favino, la Crescentini viene diretta nuovamente da Giuliano Montaldo nel suo ultimo lavoro cinematografico. L’industriale (2011) è la storia di Nicola (Favino), proprietario di un’azienda sull’orlo del fallimento. Alla crisi economica si aggiunge anche quella coniugale con la moglie Laura (Crescentini). Consigliato a chi è interessato a un film d’autore con la capacità di offrire uno spaccato dell’attualità di allora, con una storia di difficoltà finanziaria dal punto di vista di un imprenditore, e di come essa possa impattare sui rapporti umani. Tra dramma sociale e componente emotiva, che si avvale di un’ottima regia e di grandi interpreti, è un bel film di denuncia di cui essere fieri.

A casa tutti bene (2018)

Film corale di Gabriele Muccino, da cui ha tratto successivamente anche una serie, A casa tutti bene (2018) è la storia di una famiglia allargata – nonché luogo di conflitti. La Crescentini interpreta Ginevra, sposata in seconde nozze con Carlo (Pierfrancesco Favino), che nel frattempo si ritrova ad avere a che fare ancora con la sua ex, nonostante siano passati molti anni. Un triangolo burrascoso, che tirerà fuori i lati ossessivi e paranoici di Ginevra. La pellicola di Muccino ha ottenuto il David dello Spettatore, premio per celebrare il film più visto dal pubblico, che ripropone molti temi già affrontati dal regista ed è consigliato soprattutto a chi apprezza le commedie corali.

Sconnessi (2018)

Una famiglia senza social. È la premessa di Sconnessi (2018), commedia di Christian Marazziti, che segue una riunione familiare in uno chalet di montagna in occasione del compleanno del patriarca, Ettore (Fabrizio Bentivoglio), in cui i componenti si ritrovano senza connessione internet. E se molti di loro sono dipendenti dai social, la situazione non può che degenerare. Un cast corale, da Bentivoglio a Fresi, da Memphis alla stessa Crescentini, giovane moglie col pancione del protagonista. Una donna di estrazione popolare che incarna un pensiero mai così attuale: “In tempi così social per ritrovare il rapporto con l'altro e in generale i rapporti umani c'è bisogno di isolamento”. Se avete amato Perfetti Sconosciuti (2016), non potete non provare a guardare questo film - non solo per le affinità tematiche.

Pennywise chi? Guarda questi 10 film e serie TV con clown molto più inquietanti (se hai il coraggio)

Pennywise chi? Guarda questi 10 film e serie TV con clown molto più inquietanti (se hai il coraggio)

Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti

Editor a JustWatch

Con l’arrivo di IT: Welcome to Derry (2025), la nuova serie ambientata nell’universo di Stephen King, Pennywise è tornato a infestare la cultura pop. Il pagliaccio danzante ci guarda nuovamente da un tombino, pronto a ricordarci che pochi personaggi hanno trasformato un costume da clown in un incubo collettivo tanto quanto lui. 

Eppure, per quanto Pennywise sia iconico, non è necessariamente il clown più inquietante mai apparso sullo schermo. Il cinema e la televisione hanno infatti regalato figure ancora più disturbanti, sadiche, grottesche o profondamente umane da risultare molto più spaventose del Re dell’Incubo di King.

Dai clown muti e sanguinari ai mostri demoniaci, dagli psicopatici dei parchi horror alle maschere fisse che si limitano a sorridere mentre il mondo intorno a loro brucia, questi personaggi hanno segnato generazioni di spettatori. In questa lista troverai 10 film e serie TV che, se visti di notte, potrebbero farti rimpiangere la relativa “tenerezza” di Pennywise. Preparati a un viaggio nel lato più oscuro (e truccato) dell’horror.

1. Art the Clown – Terrifier (2018)

Art the Clown non è semplicemente più inquietante di Pennywise: è un incubo puro, una figura che cancella ogni possibile sicurezza nello spettatore. Nel film Terrifier (2018), e ancor più nei suoi sequel, Art si muove in silenzio, con un sorriso fisso e una crudeltà che sembra non avere limiti umani. Non parla mai, non mostra emozioni, eppure comunica più terrore di qualsiasi clown dotato di parole. Il suo trucco bianco e nero, la camminata da mimo e le improvvise esplosioni di violenza rendono ogni scena imprevedibile.

Il film stesso abbraccia un’estetica sporca, brutale, quasi grindhouse, che amplifica la sensazione di essere intrappolati in un sogno febbricitante senza via d’uscita. Art è un clown che rappresenta l’assenza totale di empatia: una figura che si diverte a distruggere la vita delle sue vittime con creatività sadica. Se Pennywise ha un suo ordine cosmico, Art è puro caos.

2. Twisty – American Horror Story: Freak Show (2014)

Twisty è uno dei clown più iconici mai apparsi in TV, un personaggio tragico e terrificante allo stesso tempo. American Horror Story: Freak Show (2014) gli dedica un’introduzione da brividi: maschera fissa, sorriso deformato, silenzio agghiacciante. Ma ciò che rende Twisty così disturbante è l’umanità ferita sotto il trucco. Un clown fallito, ossessionato dall’idea di “proteggere” i bambini, ma ormai incapace di separare la compassione dalla violenza.

Il suo design – semplice ma potentissimo – crea immediatamente un impatto visivo che mette a disagio. La maschera che nasconde la bocca distrutta, il costume sporco, le movenze lente: Twisty è inquietante anche quando non fa nulla. La serie gli regala inoltre un retroscena devastante che amplifica il senso di tragedia. È proprio questa combinazione di compassione e orrore che lo rende più disturbante di Pennywise: Twisty sembra reale, possibile, umano. Ed è questo che spaventa davvero.

3. Kent / Il Demone-Clown – Clown (2014)

In Clown (2014), Eli Roth e Jon Watts trasformano un costume da clown in un vero incubo corporeo. Kent è un padre amorevole che indossa un vestito trovato in soffitta… salvo scoprire che si tratta di una pelle demoniaca che inizia lentamente a fondergli addosso. Il film è un body-horror spietato, dove la metamorfosi procede in modo fisicamente nauseante e psicologicamente devastante.

La lenta trasformazione di Kent in una creatura affamata di bambini è una delle idee più disturbanti mai applicate al mito del clown. Non c’è ironia, non c’è gioco: c’è solo l’inevitabilità della corruzione, del decadimento, dell’identità che si dissolve sotto un trucco che diventa carne. Clown non punta sulle jump scare, ma su un horror viscerale che si attacca allo stomaco. Pennywise è un mostro eterno; Kent è un uomo che diventa mostro. Ed è infinitamente peggiore.

4. Il Clown della cameretta – Poltergeist (1982)

La scena del clown in Poltergeist (1982) è una delle sequenze horror più celebri e traumatiche della storia del cinema. Nonostante compaia poche volte, il pupazzo-clown è diventato simbolo di un terrore “domestico”, infantile e archetipico: quello delle cose che dovrebbero rassicurare e che invece osservano, aspettano, respirano quando la stanza è buia.

Il pupazzo è inquietante proprio perché è un oggetto inanimato – o almeno così dovrebbe essere. Il film gioca magistralmente sulla paura della camera da letto come luogo vulnerabile: il clown è sempre lì, immobile, finché non decide di muoversi. L’attacco improvviso è un’esplosione di puro panico, perfetta esecuzione del concetto “il tuo peggiore incubo d’infanzia prende vita”. Pennywise parla, ride, si trasforma; il clown di Poltergeist invece non ha bisogno di nulla. Sta fermo. Ti guarda. E aspetta.

5. Doom-Head – 31 (2016)

Miguel Lobo interpreta Doom-Head in 31 (2016), probabilmente il personaggio più inquietante mai creato da Rob Zombie. Non è un clown sovrannaturale né un mostro ultraterreno: è un assassino perfettamente umano, metodico, intelligente e completamente privo di empatia. La pittura facciale lo rende ancora più sinistro, una maschera di morte che contrasta con la lucidità psicologica delle sue parole.

Doom-Head è disturbante perché sceglie la violenza, la teatralizza, la trasforma in performance. Le sue sequenze di apertura e chiusura sono monologhi da brividi, recitati con una calma glaciale che lo rende infinitamente più reale di molti villan horror. Rob Zombie costruisce un mondo di clown assassini, ma Doom-Head è quello che non dimentichi: un clown senza risate, un killer che usa il trucco come arma psicologica. È l’orrore umano nella sua forma più pura, e dunque la più difficile da affrontare.

6. The Laughing Clown — Amusement (2008)

Amusement (2008) è un antologico sottovalutato, ma il segmento del Laughing Clown è talmente inquietante da essere diventato cult a sé. Il clown, con il suo costume rigido e la risata fissata sulla maschera, è un personaggio che sembra uscito da un incubo carpenteriano. Non parla, si limita a muoversi lentamente, invadendo la casa della protagonista con una calma glaciale.

La forza del clown di Amusement sta proprio nella messa in scena minimalista: pochi suoni, poche parole, niente spiegazioni. Solo un antagonista che incarna l’idea di “predatore silenzioso”, un boogeyman che ha scelto il trucco da clown per amplificare la sensazione di estraneità. Il segmento è un piccolo capolavoro di tensione: slow burn, ma micidiale. Non è il più famoso della lista, ma è uno dei più efficaci. Pennywise è spettacolare; il Laughing Clown è spaventosamente plausibile.

7. Killer Klowns — Killer Klowns from Outer Space (1988)

Per quanto possa sembrare assurdo, Killer Klowns from Outer Space (1988) contiene alcuni dei clown più disturbanti di sempre. Certo, il tono è camp e volutamente esagerato, ma proprio questo contrasto rende i clown alieni incredibilmente inquietanti. Le loro maschere enormi, gli occhi vitrei, le movenze innaturali e soprattutto gli strumenti di morte travestiti da giocattoli creano un’estetica da incubo surreale.

I clown di questo film sono creature predatrici che imitano la comicità umana solo per manipolare e uccidere. Ti fanno ridere un secondo e rabbrividire quello dopo. La loro crudeltà “gioiosa” rende tutto ancora più disturbante: non hanno motivazioni, non hanno emozioni, non hanno limiti. Sono pura caricatura del male.

È uno di quei casi in cui l’ironia non attenua l’horror, ma lo amplifica. Pennywise è terrificante, sì, ma almeno è coerente: questi sono alieni travestiti da clown. E qualcosa dentro di noi sa che è ancora peggio.

8. Stitches — Stitches (2012)

In Stitches (2012), il clown interpretato da Ross Noble è il binario perfetto tra commedia nera, vendetta soprannaturale e gore creativo. Stitches è un clown fallito, maldestro e detestato dai bambini che intrattiene. Dopo una morte assurda durante una festa, ritorna dall’aldilà per vendicarsi degli ormai adolescenti responsabili della sua fine.

Il film mescola humour britannico e violenza grafica con una disinvoltura sorprendente, ma ciò che rende Stitches inquietante è la sua imprevedibilità. È un clown che crede sinceramente nel proprio ruolo comico, e proprio per questo la sua crudeltà appare ancora più fuori luogo, quasi infantile. Le sue uccisioni, ispirate agli attrezzi tradizionali dei clown, hanno un sapore grottesco che scava nello spettatore un misto di disgusto e risata nervosa. Stitches non è elegante come Pennywise, non è mutevole come Art: è uno zombie-clown rancoroso e completamente fuori controllo. Terribile — e indimenticabile.

9. Clown Porcellana — The Houses October Built (2014)

Nel found footage The Houses October Built (2014), il clown porcellana è uno dei volti più inquietanti dell’horror moderno. Non parla, non corre, non grida: osserva. La sua maschera rigida, bianca, dall’espressione infantile e vuota, è un potente richiamo alle paure ataviche del teatro mascherato.

La storia segue un gruppo di amici in cerca delle attrazioni horror più estreme; ben presto si rendono conto che alcune di queste attrazioni non sono “gioco”, ma vere reti criminali. Il clown porcellana diventa simbolo di questo confine invisibile tra spettacolo e pericolo reale. La sua presenza è talmente inquietante da apparire quasi rituale: un segno, una minaccia, un presagio.

Pennywise ti parla, ti seduce, ti attira con la sua teatralità. Il clown porcellana, invece, non dice niente. Non deve. È l’assenza di spiegazione che lo rende devastante.

10. Smiling Half-Mask Clown — Haunt (2019)

Haunt (2019) è uno dei migliori horror degli ultimi anni ambientati durante Halloween, e il clown dalla mezza maschera sorridente è uno dei villain più spaventosi del film. La maschera rigida, mezza sorriso e mezza neutralità, è già di per sé disturbante, ma il vero colpo di scena è ciò che c’è sotto: un viso deformato e inquietante che rende il costume quasi rassicurante in confronto.

Il clown di Haunt non è sovrannaturale, ma umano — il che lo rende ancora più pericoloso. Si muove con calma, precisione, come se ogni gesto fosse parte di un rituale. Il film gioca magistralmente sulla tensione crescente, sulla violenza fisica e sulla sensazione che ogni regola del “parco dell’orrore” sia stata spezzata.

Se Pennywise è teatro, questo clown è realtà: un assassino che usa la maschera non per nascondersi, ma per farti abbassare la guardia.

“The Mighty Nein”: una guida per principianti all'ultima serie animata di Critical Role

“The Mighty Nein”: una guida per principianti all'ultima serie animata di Critical Role

Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti

Editor a JustWatch

The Mighty Nein (2025) è appena arrivata su Prime Video ed è il nuovo grande tassello dell’universo animato di Critical Role. Se il titolo ti dice poco ma hai visto The Legend of Vox Machina (2022 - in corso) o ti incuriosisce l’idea di una serie fantasy adulta “nata” da una campagna di Dungeons & Dragons, questa guida è per te: niente gergo da super-fan, solo quello che ti serve per capire se far partire play.

Al momento la prima stagione è in corso: tre episodi sono già disponibili, il quarto arriva proprio il 26 novembre 2025 e i restanti seguiranno ogni mercoledì fino al 22 dicembre, sempre su Prime Video.

Chi sono i Critical Role?

Critical Role nasce come show web in cui un gruppo di doppiatori professionisti gioca a Dungeons & Dragons in streaming, trasformando una normale campagna da tavolo in una saga fantasy corale lunga centinaia di ore. Dal 2015 in poi, intorno al Dungeon Master Matthew Mercer e al suo cast (Laura Bailey, Liam O’Brien, Sam Riegel, Marisha Ray, Ashley Johnson, Taliesin Jaffe, Travis Willingham) si è costruita una community globale di fan, i “Critters”.

Il successo è stato tale da portare alla nascita di un vero studio (Critical Role Productions / Metapigeon) e a un accordo con Amazon: da lì è arrivata prima The Legend of Vox Machina, che adattava la campagna 1, e ora The Mighty Nein, che porta in animazione la campagna 2, ambientata una ventina d’anni dopo gli eventi della serie precedente.

La cosa importante, se parti da zero: non serve aver visto centinaia di ore di actual play per seguire la serie. The Mighty Nein è pensata come porta d’ingresso autonoma nel mondo di Exandria.

Di cosa parla "The Mighty Nein"?

La serie è un fantasy adulto ambientato sul continente di Wildemount, nel mondo di Exandria, in un momento di tensione altissima: l’Impero Dwendalian e la Dinastia Kryn sono a un passo dalla guerra.

L’evento scatenante è il furto di un artefatto potentissimo, il Luxon Beacon, un reliquiario in grado di manipolare le anime e la stessa struttura della realtà. Quando il Beacon finisce nelle mani sbagliate, il continente rischia di precipitare nel caos.

In mezzo a questo scenario politico e magico enorme c’è un gruppo di sbandati: criminali, disadattati, persone con segreti molto poco eroici alle spalle. Sono loro i Mighty Nein, costretti – quasi per caso – a diventare la variabile impazzita del conflitto. Non sono i “prescelti” perfetti da high fantasy classico: sono gente con traumi, colpe, dipendenze, che si ritrova a fare la cosa giusta spesso per puro istinto… o per salvare la propria pelle.

Se ti piace l’idea di un party più vicino a un heist movie che al Il Signore degli Anelli (2001), sei nel posto giusto.

Chi sono i Mighty Nein?

La serie introduce gradualmente il cast, scegliendo un approccio più “mirato” rispetto alla campagna originale: nelle prime puntate l’attenzione è concentrata su Caleb Widogast, Nott the Brave e Beauregard, con gli altri che entrano in scena man mano.

  • Caleb Widogast – mago umano tormentato, con una magia di fuoco spettacolare e un passato traumatico che lo lega ai Volstrucker, la rete segreta di assassini maghi al servizio dell’Impero. Nella versione originale è doppiato da Liam O’Brien, in italiano da Emiliano Coltorti.
  • Nott the Brave – goblin ladra, ma anche alcolizzata cronica, capace di alternare comicità slapstick a momenti di dolore molto crudo: uno dei personaggi che più mettono in chiaro il tono adulto della serie. In originale è Sam Riegel, in italiano David Chevalier. 
  • Beauregard “Beau” Lionett – monaca investigatrice della Cobalt Soul, ruvida, sarcastica, perfetta per chi ama le protagoniste bisbetiche con un cuore più morbido di quanto vogliano ammettere. Interpretata in lingua originale da Marisha Ray, mentre in italiano da Rossa Caputo, adattatrice e direttrice del doppiaggio della serie. 
  • Fjord Stone – mezzo orco warlock con un patto misterioso legato a una creatura marina: incarna tutto il gusto di Critical Role per i patron occulti e i debiti di potere. La voce originale è di Travis Willingham, mentre in italiano Fabrizio De Flaviis. 
  • Mollymauk “Molly” Tealeaf – tiefling blood hunter e performer da circo, flamboyant fino all’eccesso, tra tarocchi, mantelli e frasi da rockstar del fantasy (“I am your god! Long may I reign!”). Nella serie animata è il classico personaggio che entra in scena a rubare la camera: coloratissimo, sfacciato, ma con segreti profondi che ne fanno uno dei filoni emotivi più interessanti. Doppiato in lingua originale da Taliesin Jaffe, mentre in italiano da Stefano Crescentini. 
  • Jester Lavorre – chierica tiefling devota a un dio più caotico che santo (il Traveler): sembra la comic relief del gruppo, con disegni, scherzi e dolci, ma la sua fede distorta e il rapporto col suo patron diventano presto uno dei fili narrativi più intriganti. È il personaggio di Laura Bailey, mentre in italiano la ritroviamo con la voce di Letizia Scifoni.
  • Yasha Nydoorin – guerriera taciturna e apparentemente inaccessibile, segnata da un lutto profondo: quando entra in azione è una forza della natura, ma la serie punta anche a scrostare piano piano la sua maschera da “bruta silenziosa”. Nel doppiaggio originale a darle vita è Ashley Johnson, mentre in italiano da Guendalina Ward. 

Accanto al party vero e proprio c’è poi Essek Thelyss, mago drow della Dinastia Kryn. Un personaggio ambiguo, immerso nelle macchinazioni politiche tra Impero e Dinastia, ma mosso anche da motivazioni molto intime legate alla malattia della madre. L’adattamento animato ne amplia da subito il ruolo, facendone una delle chiavi di lettura del conflitto più “alto” della serie e un possibile ponte tra fan storici e nuovi spettatori. A doppiarlo troviamo lo stesso Dungeon Master Matthew Mercer, mentre in italiano è segnato dai toni caldi di Flavio Aquilone.

Uno dei punti di forza dell’adattamento è proprio questo: invece di ricreare pedissequamente la campagna, la serie adatta il materiale, scegliendo cosa tenere, cosa spostare e cosa riscrivere per costruire un arco emotivo più compatto, soprattutto sui legami tra i personaggi e sulle figure chiave come Essek.

Che tono ha la serie? Più dark di "Vox Machina", ma sempre divertente

Se hai già visto The Legend of Vox Machina, preparati a cambiare leggermente registro. The Mighty Nein è ancora un fantasy avventuroso pieno di combattimenti, magia spettacolare e battute, ma sceglie un approccio più cupo e introspettivo: episodi di circa 45 minuti, ritmo meno frenetico e molto più spazio per i flashback e per i traumi dei personaggi.

Dal punto di vista visivo, resta il marchio di fabbrica Titmouse: animazione dinamica, combattimenti leggibili, un’estetica fantasy che flirta apertamente con l’anime. Ma il mood è più “adult drama” che “cartone sboccato”: niente paura, le parolacce e il sangue ci sono, ma sono al servizio di una storia che punta a lungo termine, non solo al meme del momento.

Devo aver visto "The Legend of Vox Machina" o giocato a "D&D"?

In breve: no, ma aiuta.

The Mighty Nein è ambientata nello stesso mondo di Vox Machina, ma su un altro continente e 20 anni dopo. I riferimenti alla serie precedente e al lore di Exandria ci sono, ma funzionano come bonus per chi li coglie, non come prerequisito per capire cosa sta succedendo.

Stesso discorso per Dungeons & Dragons: le classi, gli incantesimi, i concetti di “patron” o di “religione fantasy” arrivano dalla 5a edizione del gioco, ma nella serie vengono integrati nel racconto in modo abbastanza intuitivo. Se hai familiarità con l’RPG riconoscerai certi momenti (“questo è chiaramente un tiro fallito”), altrimenti li vivrai semplicemente come scelte di messa in scena.

Più che sulle regole del gioco, la serie punta sul fascino dei personaggi e su un’impostazione narrativa che ricorda una campagna lunga: archi emotivi, trame politiche che si stratificano, piccoli indizi seminati per payoff futuri.

È la serie giusta per me?

Guardala se…

  • ti piacciono i fantasy seri ma non seriosissimi, con un equilibrio tra dramma, politica, magia e umorismo;
  • hai amato Vox Machina e vuoi qualcosa di più ambizioso e character-driven nello stesso mondo;
  • sei incuriosito da Critical Role ma l’idea di recuperare ore e ore di actual play ti spaventa: questa è una porta d’accesso molto più gestibile;
  • cerchi una serie animata adulta che non sia solo supereroi (tipo Invincible) o dark fantasy iper-cinico, ma un racconto corale su traumi, seconde possibilità e famiglia trovata.

Forse non fa per te se…

  • preferisci storie autoconclusive e non hai voglia di seguire una trama a lungo raggio;
  • cerchi solo comicità esplosiva alla Vox Machina: qui il ritmo è più lento e la componente emotiva molto più centrale.

The Mighty Nein è, di fatto, la conferma che il “modello Critical Role” funziona anche fuori dal tavolo di gioco: un universo coerente, personaggi imperfetti ma irresistibili, un’animazione solida e una scrittura che non ha paura di prendersi il suo tempo.

Per i fan storici è l’occasione di rivedere una campagna amata in una nuova veste; per i curiosi che arrivano da Prime Video è un ottimo punto d’ingresso nel fenomeno Critical Role, senza dover tirare un solo d20.

Se ti intriga l’idea di seguire un gruppo di reietti che, loro malgrado, finisce a salvare il mondo, vale la prova: metti in coda The Mighty Nein, recupera eventualmente Vox Machina se ti appassiona l’universo, e tieni d’occhio il calendario delle uscite per non perderti i prossimi episodi.

Da “Five Nights at Freddy's 2” a “Super Mario Galaxy”: i sequel basati sui videogiochi che stiamo aspettando di più

Da “Five Nights at Freddy's 2” a “Super Mario Galaxy”: i sequel basati sui videogiochi che stiamo aspettando di più

Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti

Editor a JustWatch

Tra film, serie TV e anime, il mondo dei videogiochi è diventato oggi una delle miniere d’oro più importanti per Hollywood e per lo streaming.

Dopo il successo di adattamenti come The Last of Us, Fallout e Five Nights at Freddy’s, l’industria ha finalmente capito che i videogiochi non sono più “materiale di nicchia”, ma universi narrativi complessi con fanbase gigantesche e storie perfette per diventare franchise multimilionari.

E il 2025 – 2026 si prospetta come una vera e propria nuova era d’oro: sequel, nuovi adattamenti, ritorni attesissimi e progetti ambiziosissimi stanno per arrivare sul grande e piccolo schermo. Dai platform Nintendo ai survival horror, dagli FPS agli RPG distopici, questa lista raccoglie gli 11 sequel tratti da videogiochi più attesi, tra cinema, TV e anime.

1. Five Nights at Freddy’s 2 (4 Dicembre 2025)

Dopo l’enorme successo del primo film, Five Nights at Freddy’s 2 è ufficialmente uno dei sequel più attesi dagli amanti dell’horror videoludico. La pellicola dovrebbe addentrarsi più a fondo nella lore della saga creata da Scott Cawthon, introducendo nuovi animatronics e puntando su atmosfere ancora più claustrofobiche. Il primo film aveva diviso la critica ma conquistato il pubblico, soprattutto quello più giovane: ora Five Nights at Freddy’s 2 ha l’occasione di superare i limiti del capitolo inaugurale e di diventare un vero horror di culto. Tra flashback inquietanti, nuovi misteri e una mitologia sempre più complessa, il sequel potrebbe essere la prima vera trasposizione capace di catturare pienamente la follia onirica del gioco originale.

Se cerchi un altro horror contemporaneo che gioca con l’idea di “creature tecnologiche che prendono vita”, recupera M3GAN (2022), perfetto per chi ama quella miscela di ironia, tensione e terrore pop.

2. Fallout – Stagione 2 (17 Dicembre 2025)

La seconda stagione di Fallout è una delle produzioni più attese di Prime Video dopo il trionfo della prima. L’adattamento riesce a mescolare ironia, violenza e satira politica proprio come i videogiochi, e la Season 2 promette di esplorare nuove fazioni, nuovi Vault e nuove zone della Wasteland. Il finale della prima stagione ha lasciato aperte almeno tre linee narrative, tutte potenzialmente esplosive. Oltre a questo, la qualità di produzione altissima e l’impegno showrunner–Bethesda fanno sì che ogni nuovo episodio sia praticamente un evento. Fallout – Season 2 ha tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori adattamenti videoludici mai realizzati, ampliando il suo mondo con un tono più cupo e una satira ancora più feroce.

Se ami le distopie ironiche e brutali, prova Snowpiercer (2020–2024), che esplora società post-apocalittiche con satira e world-building corposo.

3. Return to Silent Hill (22 Gennaio 2026)

Return to Silent Hill segna il ritorno del franchise horror più influente della storia dei videogiochi. Basato su Silent Hill 2, considerato da molti il miglior survival horror di sempre, il film promette una visione più psicologica, adulta e disturbante. Il regista Christophe Gans torna dopo il film del 2006, e l’obiettivo è chiaro: ricreare l’atmosfera malata, malinconica e metafisica del gioco. Piramid Head, nebbia, colpa, memoria e trauma faranno da cardine narrativo. Se il film riuscirà davvero a catturare l’essenza del gioco, potremmo trovarci di fronte al primo adattamento horror davvero “autoriale” tratto da un videogioco. Return to Silent Hill è uno dei progetti più rischiosi… e per questo uno dei più attesi. Se cerchi un altro horror psicologico basato sulla colpa e sulla memoria, guarda Jacob’s Ladder (1990), film che ha influenzato profondamente Silent Hill stesso.

4. The Super Mario Galaxy Movie (1 Aprile 2026)

Dopo l’esplosione mondiale di Super Mario Bros. – Il Film (2023), il progetto The Super Mario Galaxy Movie è uno dei sequel animati più chiacchierati e attesi. L’idea di portare sullo schermo Rosalinda, gli Osservatori, i Luma e l’immaginario cosmico di Super Mario Galaxy è già sufficiente per far impazzire i fan. La produzione Illumination/Nintendo promette un film più maturo, visivamente ambizioso e narrativamente ricco rispetto al primo. Le tematiche legate al destino, alla solitudine e al sacrificio potrebbero aprire profondità emotive mai viste nel franchise cinematografico. Se gestito bene, The Super Mario Galaxy Movie potrebbe essere non solo un sequel, ma un nuovo punto di riferimento per l’animazione mainstream.

Se ti piacciono i film d’animazione che espandono universi videoludici in chiave cosmica, dai una chance a Ralph Spaccatutto 2 – Ralph Spacca Internet (2018).

5. Mortal Kombat 2 (8 Maggio 2026)

Mortal Kombat 2 continua la storia iniziata nel reboot del 2021 e ha già promesso di introdurre personaggi amatissimi come Johnny Cage. Il tono sarà più serio, più violento e più fedele al gioco, con fatalities spettacolari e un approccio più corale. La saga cinematografica sta finalmente abbracciando la sua natura estrema e sopra le righe, puntando su combattimenti creativi e world-building espanso. Questo sequel è determinante: può trasformare la nuova era cinematografica di Mortal Kombat in un vero franchise competitivo, con un’identità chiara che unisce nostalgia, fanservice e ambizione visiva. Mortal Kombat 2 si preannuncia come uno dei film action più discussi dell’anno di uscita.

Se vuoi un’altra saga action videoludica esplosiva, recupera Tekken: Bloodline (2022), che rende bene l’adrenalina dei combattimenti.

6. The Angry Birds Movie 3 (29 Gennaio 2027)

Nonostante parta da un videogame “semplicissimo”, The Angry Birds Movie 3 è in realtà attesissimo dal pubblico family e da chi ama l’animazione slapstick. Il terzo capitolo promette di essere più esagerato, più colorato e più musical del solito. La saga ha dimostrato di saper sorprendere con un umorismo intelligente e un ritmo narrativo da cartoon classico. Questa volta gli autori sembrano intenzionati a espandere l’universo degli uccellini arrabbiati con nuovi mondi, nuovi nemici e un tono leggermente più avventuroso. The Angry Birds Movie 3 è l’esempio perfetto di come anche un brand apparentemente “piccolo” possa diventare un franchise transgenerazionale.

Se preferisci commedie animate tratte da brand videoludici, prova The SpongeBob Movie: Sponge Out of Water (2015), ironico e sorprendentemente creativo.

7. Sonic the Hedgehog 4 (19 Marzo 2027)

La saga di Sonic the Hedgehog (2020) è diventata un fenomeno pop sorprendente, riuscendo a far convivere live-action, CGI, comicità e adrenalina. Sonic the Hedgehog 4 prosegue questa scia e dovrebbe includere nuovi personaggi iconici dei giochi, oltre a portare avanti la storyline iniziata con Shadow. L’universo si sta ampliando e Sega sembra voler creare una vera “Sonic Cinematic Universe”. L’estetica sempre più curata e la chimica tra i personaggi garantiscono un sequel all’altezza, mentre il coinvolgimento diretto dei fan attraverso easter egg e riferimenti ludici rende ogni film un piccolo evento. Sonic the Hedgehog 4 ha il potenziale per essere il capitolo più spettacolare della saga.

Se ami film live-action/CGI ricchi di ritmo e personalità, guarda Detective Pikachu (2019), uno dei migliori esempi del genere.

8. A Minecraft Movie 2 (23 Luglio 2027)

Dopo un percorso produttivo complesso, A Minecraft Movie 2 è finalmente uno dei sequel più attesi in assoluto, soprattutto dal pubblico più giovane. L’universo di Minecraft è un terreno narrativo enorme, perfetto per espandere la lore, introdurre biomi nuovi e giocare con miti e creature del gioco. Il primo film (2025) ha fatto da “introduzione”, ma il seguito potrebbe essere quello che definisce davvero una mitologia cinematografica coerente. La grande domanda è: riuscirà il secondo capitolo a dare al mondo cubettoso un’anima narrativa forte? Le potenzialità ci sono tutte. L’attesa è enorme e A Minecraft Movie 2 potrebbe diventare uno dei film family più visti dell’anno.

Se ti piacciono mondi immaginari che prendono vita in chiave family-friendly, recupera The Lego Movie 2 (2019), perfetto per chi ama creatività e costruzione narrativa.

9. Devil May Cry – Stagione 2 (2026)

Dopo il successo della prima stagione prodotta da Netflix, Devil May Cry – Stagione 2 promette di scatenare ancora più demoni, più azione e più estetica gotica. L’anime è riuscito a catturare la personalità carismatica di Dante e la poetica esagerata del videogioco, con una direzione artistica che unisce anime classico e modernità visiva. La stagione 2 dovrebbe introdurre nuovi demoni, nuovi livelli di potere e dinamiche familiari che i fan attendono da anni. Se manterrà il ritmo serrato e l’umorismo graffiante, potrebbe diventare uno dei migliori adattamenti anime di un videogame. Devil May Cry – Stagione 2 è un vero regalo per chi ama l’action sovrannaturale ad alto tasso di spettacolarità.

Se vuoi un altro anime action sovrannaturale con estetica gotica, prova Hellsing Ultimate (2006–2012), stiloso, feroce e visivamente potentissimo.

10. The Last of Us – Stagione 3 (2027)

Con The Last of Us – Stagione 3, HBO continua uno dei suoi progetti narrativi più ambiziosi. La stagione dovrebbe coprire eventi ancora più maturi, dolorosi e complessi, ampliando le tematiche emotive del rapporto tra Ellie e Joel (o delle sue conseguenze). Il successo della serie dimostra che i videogiochi possono essere fonte di drama televisivo di prima qualità: ora la terza stagione potrebbe affrontare territori moralmente più grigi, ampliando world-building e conflitti. Visivamente ricca, recitata in modo magistrale e narrativamente precisa, The Last of Us – Stagione 3 è destinata a diventare uno degli eventi televisivi più discussi alla sua uscita.

Se cerchi un altro survival narrativo e drammatico, recupera Station Eleven (2021–2022), una delle serie più mature e poetiche sul post-apocalisse.

11. Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 (2026)

Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 è uno dei sequel più desiderati dagli appassionati di anime. La prima stagione ha conquistato pubblico e critica con una storia devastante, visivamente esplosiva e narrativamente impeccabile, capace di ridare vita al brand Cyberpunk dopo un lancio complicato del videogioco. Il ritorno potrebbe esplorare nuove parti di Night City, nuovi personaggi e nuove tragedie emotive, mantenendo lo stile neon-punk che l’ha resa iconica. Con Studio Trigger ancora al timone, Cyberpunk: Edgerunners – Stagione 2 ha il potenziale per diventare uno dei migliori anime degli ultimi anni, unendo azione e sensibilità tragica in modo unico.

Se ti affascinano storie neon-punk che uniscono tragedia e adrenalina, guarda Blade Runner: Black Lotus (2021), un’espansione noir del mondo di Blade Runner.

  • I migliori film italiani di sempre: 10 capolavori da vedere almeno una volta

    I migliori film italiani di sempre: 10 capolavori da vedere almeno una volta

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Sono passati 80 anni dall’uscita nelle sale italiane di Roma città aperta, il capolavoro post-bellico di Roberto Rossellini. Il film neorealista inaugurava l’epoca d’oro del cinema italiano, che sarebbe continuata per tre decenni. In questo periodo, il nostro cinema era sulla bocca di tutti, ispirando alcuni dei registi che avrebbero fatto la storia come Martin Scorsese e David Lynch.

    In occasione di questo anniversario, ci è sembrato opportuno presentarvi la nostra lista con i migliori film italiani di sempre. Questi 10 capolavori sono da vedere almeno una volta nella vita, anche se consigliamo di vederli almeno una volta all’anno. Abbiamo selezionato i titoli in base alla loro iconicità, al valore tecnico e scegliendo solamente un film per regista.

    10. Gomorra (2008)

    Prima de La grande bellezza, Gomorra aveva fatto riaccendere i riflettori internazionali sul cinema italiano. Il film di Matteo Garrone tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano è un connubio perfetto tra due generi che hanno reso grande il cinema del Bel paese: il film crime e il neorealismo. La pellicola esplora il contesto criminale della Camorra, ma nel farlo lascia da parte l’epicità di classici come Il padrino (1972) e Scarface (1983). Qui siamo di fronte alla realtà dura e cruda, raccontata in maniera simile in film come City of God (2002) e Il profeta (2009). Gomorra (2008) si posiziona al decimo posto perché le sue atmosfere nichiliste potrebbero lasciare turbati alcuni spettatori.

    9. La battaglia di Algeri (1966)

    Il realismo di Gomorra (2008) non si perde con la posizione numero 9, il classico di Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri. Il film è stato un manuale visivo sia per i rivoluzionari di mezzo mondo che per alcune agenzie governative, ovviamente per scopi diametralmente opposti. Il film narra il processo di decolonizzazione dell’Algeria dal controllo francese e lo fa con un taglio realista incredibile. Sembrano immagini in diretta più che le sequenze di un film, grazie all’uso della camera a mano e di attori non professionisti. La fama di questo capolavoro è tale che il film ha fatto un piccolo cameo in Una battaglia dopo l’altra (2025) di Paul Thomas Anderson. Il nono posto è dovuto allo spirito vintage dell’opera.

    8. La grande bellezza (2013)

    La grande bellezza (2013) è uno dei film simbolo del cinema italiano del 21esimo secolo. Vincitrice dell’Oscar al Miglior film straniero, la pellicola di Paolo Sorrentino sembra offrire solo forma all’inizio. Lo stile estetico del regista è indiscusso, tra carrellate sublimi e una fotografia senza paragoni. I rimandi al cinema felliniano sono espliciti, ma La grande bellezza (2013) non è una brutta copia de La dolce vita, come vorrebbero i suoi detrattori. È un ritratto dei tempi che corrono, dove noia, apatia e decadenza fanno da padrone. Questo titolo colpirà in particolare chi ama film riflessivi come Before Sunset - Prima del tramonto (2004) e Synecdoche, New York (2009). Seppur magistrale, La grande bellezza (2013) non va oltre l’ottavo posto per la sua lunghezza, forse eccessiva.

    7. Non essere cattivo (2015)

    Pur non essendo uno dei registi più prolifici della storia, Claudio Caligari era sicuramente uno dei più talentuosi di sempre. Tre sono i film che compongono la sua filmografia e Non essere cattivo è il titolo che chiude la trilogia con Amore Tossico (1983) e L'odore della notte (1998). Ci troviamo sempre in ambiti crime come in Gomorra (2008), anche se qui il focus è molto più ristretto. La tragica vicenda tra droga, crimine e redenzione vede protagonisti Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), due giovani criminali comuni. Oltre alle prove immense degli attori, Non essere cattivo (2015) brilla per il taglio registico di Caligari e per una storia ricca di emozioni che non vi lascerà indifferenti. Se non fosse per i film che lo seguono, Non essere cattivo (2015) potrebbe essere facilmente in vetta.

    6. Roma città aperta (1945)

    80 anni portati divinamente per Roma città aperta (1945), un film iconico che si posiziona al sesto posto. Solamente per il ritmo, a volte troppo posato. Come per La battaglia di Algeri (1966), Roberto Rossellini costruisce una pellicola che sa di documentario. Il suo è un cinema istantaneo che racconta la realtà quotidiana della capitale sotto l’occupazione nazi-fascista. Il tutto a due anni dall’effettiva fine della guerra. Un pilastro del neorealismo, Roma città aperta (1945) contiene l’interpretazione eccellente di Anna Magnani, la cui corsa alla fine del film è ormai leggendaria. Se amate film di guerra ultra realistici come Va' e vedi (1985), dovreste considerare il classico di Rossellini per la vostra prossima visione.

    5. Nuovo Cinema Paradiso (1988)

    Con l’arrivo degli anni ‘80, il fasto del cinema italiano iniziava a scemare, a eccezione del cinema horror. Il cinema d’autore, però, non si dava per vinto e l’uscita di Nuovo Cinema Paradiso riportava in alto le speranze. Con una colonna sonora da bocca aperta di Ennio Morricone e la visione unica di Giuseppe Tornatore, il film non poteva che essere un capolavoro. Tuttavia, oltre agli aspetti tecnici perfetti, Nuovo Cinema Paradiso (1988) vive delle sue emozioni, costruendo un amalgama di nostalgia e allegria mai visto prima. Seppur i suoi fan vorrebbero non finisse mai, questa pellicola supera i 150 minuti di visione e ciò potrebbe lasciare indeciso qualcuno. Per questo motivo, Nuovo Cinema Paradiso (1988) si ferma al quinto posto.

    4. Suspiria (1977)

    Suspiria è sulla bocca di tutti quando si parla di horror. Il capolavoro di Dario Argento ha stupito il mondo con i suoi colori sgargianti e le morti agghiaccianti che porta sullo schermo. Estetica e violenza si fondono nel cinema argentiano, con ogni inquadratura che potrebbe essere tranquillamente un quadro. A completare l’opera ci pensano la colonna sonora psichedelica dei Goblin e una prova eccellente di Jessica Harper nei panni della protagonista. Suspiria (1977) si ferma a un passo dal podio perché adatto a un pubblico con lo stomaco forte. Tuttavia, se perdete la testa per horror al neon come Mandy (2018) e Bliss (2019), Suspiria (1977) è uno degli apripista di questa tipologia.

    3. Il conformista (1971)

    Se si parla di iconicità e pregio tecnico, ci sono pochi film che possono competere con Il conformista. Dopo la visione del capolavoro di Bernardo Bertolucci non potrete non sognare la fotografia espressionista di Vittorio Storaro. I colori del film non sono solo pura estetica, ma trasmettono le emozioni che la storia suscita. Come per La grande bellezza (2013), Il conformista (1971) non si ferma a mero spettacolo visivo. Al contrario, esplora la tendenza del fascismo a creare e a prediligere persone conformiste, che obbediscono senza fiatare. Il podio era scontato, anche se ho lasciato il film di Bertolucci sul gradino più basso. Se l’aspetto tecnico può competere ad armi pari con i due film successivi, questi ultimi battono Il conformista (1971) come simboli del nostro cinema.

    2. Il buono, il brutto, il cattivo (1966)

    Il buono, il brutto, il cattivo ha rivoluzionato il western con il suo revisionismo all’italiana, sancendo il trionfo di Sergio Leone come uno dei registi più rappresentativi dello Stivale. Come per Nuovo Cinema Paradiso (1988), ritroviamo l’epicità di Ennio Morricone. Le sue musiche si sposano perfettamente con il cinema di Leone, mitologico e vasto. Il buono, il brutto, il cattivo (1966) è irresistibile anche per la sua trama ricca di emozioni, dalle risate più chiassose al terrore più puro. Il podio è il minimo accettabile, anche se il film di Leone non riesce a scalare la vetta a causa di un signore chiamato Federico Fellini.

    1. La dolce vita (1960)

    Se si parla di cinema italiano, Fellini è da sempre il non plus ultra. La sua filmografia è piena zeppa di capolavori e di film iconici e sceglierne uno non è stato facile. Tuttavia, La dolce vita rappresenta appieno il suo spirito di cineasta, a cavallo tra quotidianità e surrealismo. Potremmo stare qui in eterno a elencare tutti gli elementi che rendono La dolce vita (1960) un capolavoro senza se e senza ma. La fotografia celestiale, la prova iconica di Marcello Mastroianni, la sequenza iniziale con la statua di Gesù, le musiche di Nino Rota, Anita Ekberg nella Fontana di Trevi: impossibile fermarsi. La posizione numero uno era forse scontata, ma è per questo che si chiamano ovvietà.

  • “Abigail” e altri 15 film di vampiri sottovalutati che meritano una seconda chance

    “Abigail” e altri 15 film di vampiri sottovalutati che meritano una seconda chance

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Il cinema sui vampiri non muore mai; cambia pelle, si reinventa, si contamina con la commedia, il noir, il fantasy, il melodramma e perfino il grottesco. Eppure, quando si pensa al grande schermo, i nomi mainstream ricorrenti restano sempre gli stessi: Dracula (1992), Intervista col Vampiro (1994), Nosferatu (2024).

    Ma il genere è infinitamente più ricco, stratificato e sorprendente di quanto sembri. Negli ultimi anni lo dimostrano due uscite che stanno riportando il vampiro al centro della conversazione cinematografica: Abigail (2024), un concentrato di ironia e sangue con una protagonista irresistibile, e Dracula – L’amore perduto (2025), il film passionale e ossessivo firmato da Luc Besson e attualmente in sala.

    Nel solco di questo rinnovato entusiasmo, abbiamo raccolto 15 film di vampiri ingiustamente passati in sordina, troppo spesso dimenticati o messi da parte, ma che meriterebbero una seconda possibilità. Dai cult autoriali ai gioielli indie, dalle commedie nere più intelligenti ai drammi gotici d’autore, ecco i titoli che ridanno vita – e mordente – al mito del vampiro.

    1. Abigail (2024)

    Abigail è la prova definitiva che il cinema sui vampiri può essere ancora fresco, moderno e divertentissimo. Il film gioca con l’immaginario del “vampiro classico” trasformandolo in un personaggio giovane, feroce e sorprendentemente carismatico: una bambina vampira che non ha nulla da invidiare ai villain più sanguinari. L’opera alterna ironia e violenza con grande equilibrio, costruendo un ritmo frenetico e una serie di situazioni che ribaltano continuamente le aspettative. Ciò che rende Abigail davvero sottovalutato è la sua capacità di essere un horror pop intelligente, senza mai sacrificare la tensione o la personalità. Nonostante alcuni consensi critici, il film non ha avuto il boom che meritava: la sua miscela di humour nero, coreografie sanguinose e personaggi folli lo rende invece uno dei titoli più divertenti e riusciti dell’anno.

    2. Byzantium (2012)

    Diretto da Neil Jordan – lo stesso autore di Intervista col Vampiro (1994) – Byzantium è un’opera elegante, malinconica e per molti versi rivoluzionaria nel raccontare la figura della vampira. Protagoniste sono una madre immortale e la figlia adolescente che vive intrappolata in un eterno presente, costretta a nascondersi in un mondo che non riesce a comprenderla. Jordan crea un’estetica cupa e sensuale, fatta di luci rosse, hotel decadenti e memorie spezzate. La vera bellezza del film risiede nell’intimità del rapporto tra le due protagoniste e nel modo in cui affronta i temi del desiderio, della sopravvivenza e del potere. Byzantium è stato ignorato dal grande pubblico, forse perché lontano dagli stereotipi dell’horror mainstream, ma è uno dei film sui vampiri più raffinati degli ultimi vent’anni.

    3. A Girl Walks Home Alone at Night (2014)

    Definito “il primo western vampirico iraniano”, A Girl Walks Home Alone at Night è un film unico, ipnotico, radicale. Girato in un bianco e nero che richiama il cinema d’autore europeo e il fumetto indie, racconta una misteriosa vampira che pattuglia le strade di una città immaginaria, proteggendo i deboli e punendo gli uomini violenti. Il film di Ana Lily Amirpour non punta sull’horror tradizionale, ma sul fascino magnetico della protagonista, che sembra uscita da una graphic novel underground. È un’opera profondamente politica e al tempo stesso romantica, che ha conquistato la critica ma non il pubblico mainstream, forse spiazzato dal tono poetico e non convenzionale. Eppure è un gioiello assoluto: iconico, femminista, stilisticamente impeccabile.

    4. Solo gli Amanti Sopravvivono (2013)

    Jim Jarmusch trasforma il vampirismo in un viaggio sensuale, decadente e filosofico. Solo gli Amanti Sopravvivono è la storia d’amore di due vampiri moderni, interpretati magnificamente da Tilda Swinton e Tom Hiddleston, che vivono tra musica vintage, malinconia e una stanchezza antica quanto il mondo. Jarmusch esplora l'immortalità non come condanna horror, ma come testimonianza lenta e dolorosa del cambiamento culturale. È un film di atmosfera, fatto di dialoghi sussurrati, scenografie crepuscolari e un uso meraviglioso della musica. Troppo “cool” per l’horror puro e troppo vampirico per il cinema arthouse puro, è rimasto in una sorta di limbo critico: amato da chi lo scopre, ma ancora poco visto. È un capolavoro di dolcezza oscura.

    5. Thirst (2009)

    Park Chan-wook porta la sua poetica dell’eccesso nel mondo dei vampiri e il risultato è devastante. Thirst racconta di un prete che, dopo un esperimento fallito, si trasforma in un vampiro combattuto tra fede e desiderio. Come sempre nel cinema del regista coreano, eros e violenza si intrecciano in un racconto viscerale e moralmente ambiguo. Il film è esteticamente sublime, ricchissimo di invenzioni visive e momenti shock pur rimanendo profondamente umano. Nonostante abbia vinto il Premio della Giuria a Cannes, Thirst è ancora poco conosciuto fuori dai circuiti cinefili. È un’opera cruda, sensuale, destabilizzante, che meriterebbe di essere considerata tra i migliori film vampirici del nuovo millennio.

    6. The Transfiguration (2016)

    The Transfiguration riprende il mito del vampiro e lo filtra attraverso lo sguardo di un ragazzo emarginato che vive nei quartieri più difficili di New York. Il film alterna realismo sociale e mitologia gotica, creando un ibrido affascinante che ricorda, per tono e delicatezza, opere come Moonlight (2016) o Lasciami Entrare (2008). La regia di Michael O'Shea è sobria, quasi documentaria, e permette allo spettatore di entrare completamente nella mente del protagonista, che vede nel vampirismo un modo per dare senso alla propria solitudine. È un film introspettivo, doloroso, per molti versi più vicino al dramma psicologico che all’horror. Proprio per questo non ha avuto la visibilità che merita: è un gioiello silenzioso, profondamente toccante.

    7. Daybreakers (2009)

    Uno dei film di vampiri più originali degli ultimi anni, Daybreakers immagina un futuro in cui i vampiri sono la maggioranza e gli umani sono diventati risorse da sfruttare. Quando il sangue comincia a scarseggiare, nasce una crisi globale che porta alla deriva sociale, politica e culturale. Il film combina azione, fantascienza e horror con un world-building di rara creatività. Il cast (Ethan Hawke, Willem Dafoe, Sam Neill) è sorprendente e la regia dei fratelli Spierig costruisce sequenze visive eleganti e inquietanti. Nonostante il grande potenziale, Daybreakers non ebbe un grande successo commerciale, ma oggi è considerato un’idea brillante che avrebbe meritato di diventare un franchise.

    8. Blood for Dracula (1974)

    Il Dracula di Udo Kier, diretto da Paul Morrissey e prodotto da Andy Warhol, è uno dei film più strani, erotici e provocatori mai dedicati al vampiro. Blood for Dracula mescola melodramma decadente, satira sociale e un’estetica teatrale che non assomiglia a niente di ciò che lo precede. Il film è volutamente artificiale, stilizzato, e utilizza il vampirismo come metafora della decadenza aristocratica. Kier è magnetico, fragile e mostruoso al tempo stesso, e la sua performance è ormai cult tra gli appassionati. Tuttavia, il film resta poco conosciuto fuori dai circoli cinefili. È una visione insolita, audace, a suo modo geniale.

    9. Stake Land (2010)

    Stake Land è un road movie post-apocalittico che affronta il vampirismo come minaccia brutale e “sporca”, molto più vicina agli zombie che ai vampiri aristocratici. Seguiamo un giovane sopravvissuto e il suo mentore attraverso una serie di comunità distrutte, sette religiose fanatiche e territori devastati. Il film è duro, realistico e sorprendentemente emotivo. Nonostante la piccola produzione, costruisce un mondo credibile e personaggi intensi, tanto da ricordare The Road (2009) o The Walking Dead (2010 - 2022). Al momento dell’uscita venne apprezzato ma rapidamente dimenticato. Meriterebbe invece di essere un punto di riferimento dell’horror indipendente degli anni 2010.

    10. Let the Wrong One In (2021)

    Questa horror-comedy irlandese è una perla nascosta. Let the Wrong One In prende la struttura classica del film di vampiri e la rovescia con humour irresistibile, dialoghi fulminanti e un’energia “di quartiere” che lo rende diversissimo da qualsiasi titolo americano. Il film racconta di un ragazzo che scopre che il fratello tossicodipendente è stato trasformato in vampiro durante una notte brava. Da lì parte una spirale di caos che unisce satira sociale e comicità splatter. Il risultato è sorprendente: divertente, intelligente, travolgente. Nonostante la qualità, il film non ha avuto la distribuzione che meritava. È una piccola gemma per chi ama il lato più leggero – ma non troppo – del vampirismo.

    11. Vampyr (1932)

    Tra tutti i grandi classici sui vampiri, Vampyr è probabilmente il più dimenticato. Carl Theodor Dreyer, uno dei maestri del cinema europeo, dirige un film onirico, poetico e profondamente sperimentale che dialoga più con l’arte surrealista che con l’horror tradizionale. La trama è quasi evanescente, costruita attraverso immagini, ombre, silenzi e un uso della fotografia che sembra anticipare Lynch e Bergman. Vampyr è un’esperienza più che un film: un viaggio nella psiche, un sogno inquieto che sfida le regole narrative. Al pubblico contemporaneo può risultare “lento”, ma la sua bellezza formale è indiscutibile. Merita assolutamente una riscoperta.

    12. Vampira Umanista cerca suicida consenziente (2023)

    Vampira Umanista cerca suicida consenziente, spesso ignorato a causa della distribuzione limitata, è una sorprendente commedia nera su una giovanissima vampira che si rifiuta di uccidere, nonostante le costanti pressioni della sua famiglia, per vivere e decide di cercare qualcuno disposto a farsi uccidere. Il film affronta temi come la solitudine, la mortalità e l’etica dell’esistenza con uno humour nerissimo, delicato e molto intelligente. La protagonista è irresistibile: sarcastica, elegante, malinconica, lontanissima dalle vamp femme fatale più tradizionali. Pur essendo leggero nel tono, il film riesce a parlare di dolore e scopo esistenziale in modo originale. È un’opera che sarebbe potuta diventare cult, e invece è finita nel limbo dei titoli dimenticati.

    13. What We Do in the Shadows (2014)

    Prima che arrivasse la serie TV (2019 – 2024), What We Do in the Shadows era un gioiello di culto che pochi avevano visto. Il film di Taika Waititi e Jemaine Clement è una delle commedie horror più brillanti degli ultimi vent’anni: un mockumentary che racconta la vita quotidiana di un gruppo di coinquilini vampiri. La comicità nasce dal contrasto tra l’assurdità della loro natura immortale e i problemi “domestici” più banali. Nonostante oggi il brand sia esploso grazie alla serie, il film originale resta leggermente nascosto e spesso non riceve il riconoscimento che merita. È intelligente, irresistibile, perfettamente dosato: un cult da riscoprire.

    14. Renfield (2023)

    Renfield è stato accolto tiepidamente al botteghino, ma è molto più divertente e brillante di quanto la sua campagna marketing lasciasse intuire. Nicolas Cage regala una delle performance vampiriche più godibili di sempre, un Dracula camp, teatrale e irresistibile. Accanto a lui, Nicholas Hoult interpreta Renfield come un assistente vittima di una relazione tossica letterale, trasformando il vampirismo in una metafora delle dinamiche abusanti. Il film è colorato, veloce, pieno di idee visive e momenti comici ben calibrati. È ingiustamente considerato minore solo perché non aderisce ai codici dell’horror puro: in realtà è una delle commedie d’azione più originali degli ultimi anni.

    15. Martin (1977)

    Con Martin, George A. Romero reinventa il vampiro come figura psicologica e non soprannaturale. Il protagonista è un giovane convinto di essere un vampiro, ma il film lascia costantemente dubbi sulla natura reale della sua condizione. Martin è inquietante, malinconico e devastante. La regia di Romero è asciutta, quasi documentaria, con un’attenzione rara al ritratto della solitudine e dell’alienazione. È uno dei film più influenti del vampirismo moderno, eppure resta inspiegabilmente ai margini della storia del cinema. Per chi ama le storie ambigue, senza risposte facili, questa è una delle opere più preziose da recuperare.

  • 25 novembre: film e serie TV sulla violenza di genere che tutti dovrebbero vedere

    25 novembre: film e serie TV sulla violenza di genere che tutti dovrebbero vedere

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un appuntamento, quello del 25 novembre, che ci invita a fare un punto su un problema strutturale, non fatto di casi isolati, e ad essere più propensi per un cambiamento culturale profondo.

    Una riflessione che purtroppo sembra ancora non avere riscontri concreti. 

    Basti pensare ai drammatici femminicidi che riempiono quotidianamente le pagine di cronaca e i servizi dei telegiornali, che con il passare degli anni sembrano aumentare vertiginosamente. Un bollettino che fa veramente paura, con dei numeri pari a quella di una vera e propria guerra. Raccontare la violenza di genere è fondamentale. È un compito da cui il cinema non si è mai sottratto, con artisti che da tutto il mondo hanno saputo mettere in scena un tema estremamente delicato, spaziando tra linguaggi e punti di vista. Le storie possono essere inventate di sana pianta o rielaborate da fatti realmente accaduti, ma la potenza del messaggio non cambia. Proprio di recente, per esempio, a due anni dal delitto che sconvolse l’Italia (e non solo), è stata annunciata la realizzazione di un film sulla storia di Giulia Cecchettin, Se domani non torno. È fondamentale dar voce alle vittime di una tragedia collettiva affinché non smettano mai di essere al centro del dibattito, soprattutto per sensibilizzare le generazioni che verranno. In occasione del 25 novembre, ecco alcuni film e serie televisive da riscoprire, che hanno cercato di raccontare una vera e propria piaga della società, con le relative dinamiche che continuano ad alimentarla.

    Il mio nome è Nevenka (2025)

    Da poco in sala come evento speciale, Il mio nome è Nevenka (2025) è un film necessario al dibattito. Arriva dalla Spagna la pellicola di Icíar Bollaín, raccontando la storia vera di Nevenka Fernández, una giovane consigliera comunale che trovò il coraggio di denunciare per molestie sessuali il suo capo, il sindaco di Ponferrada. Una pellicola che riporta al centro dei riflettori un caso che sconvolse il paese all’inizio del nuovo millennio, che sancì la prima condanna inflitta a un politico spagnolo, e che ancora oggi riesce a porre l’attenzione su quanto possa essere ancora oggi alto il prezzo per una donna che decide di non restare in silenzio e di opporsi a dei soprusi di questo tipo. Da non perdere.

    C’è ancora domani (2023)

    Opera prima di Paola Cortellesi, tra i più grandi casi cinematografici italiani degli ultimi anni. Ambientata nella Roma del secondo dopoguerra, C’è ancora domani (2023) racconta la storia di Delia (Cortellesi), sposata con un uomo violento e madre di tre figli, e della ricerca della forza per opporsi a un destino apparentemente segnato. Un film in bianco e nero, che pur muovendosi nel passato è capace di raccontare in maniera lampante il presente, ancora segnato da drammatici episodi di violenza domestica nei confronti delle donne. È diventata una pellicola manifesto, tanto che alcune frasi sono finite sui cartelli delle manifestazioni che si sono tenute in tutta Italia in seguito all’uccisione di Giulia Cecchettin, e a una di queste ha persino preso parte la stessa Cortellesi.

    Mia (2023)

    La vita di una famiglia viene sconvolta dall’ingresso nelle loro vite del ragazzo di Mia, la figlia adolescente. Un manipolatore, un violento, che non si farà alcuno scrupolo a distruggere la vita della quindicenne, a partire dal controllo ossessivo che comincerà a esercitare su di lei. È un film scomodo quello di Ivano De Matteo, doloroso e decisamente efficace sul piano emotivo, che parla di stalking, di violenza psicologica e di revenge porn, offrendo una fotografia realistica di quanto possano essere insidiose e pericolose le relazioni tossiche. Ma Mia (2023) è anche la storia di due genitori, interpretati da Edoardo Leo e Milena Mancini, della loro impotenza, soprattutto di un padre che sembra non sapere più come proteggere sua figlia da un amore malato.

    Adolescence (2025)

    Tra i titoli più discussi dell’anno, Adolescence (2025) è stata un pugno nello stomaco per tutti. Magistralmente interpretata da Stephen Graham, anche nelle vesti di co-creatore, e dal giovanissimo Ewan Cooper, all’epoca delle riprese quattordicenne, racconta la storia di un femminicidio, affrontando diversi temi come il bullismo, la misoginia e l’istigazione alla violenza. 

    Quattro episodi in cui lo spettro della violenza di genere è tangibile e che invitano a riflettere sulle radici di un odio verso le donne sempre più diffuso e, soprattutto, sempre più a portata di clic per i giovanissimi. Una miniserie che affronta il lato oscuro dell’adolescenza e la sfida dei genitori dei nostri giorni, soprattutto nell’educare al rispetto e all’amore verso il prossimo.

    Angela (2025)

    Una storia di violenza domestica. Dietro la facciata perfetta della vita di Angela, sposata con due figlie, si nasconde infatti un matrimonio sbagliato, in cui si ritrova vittima di manipolazione e soprusi. Angela (2025) è un thriller psicologico di sei episodi, capace di tenerti incollato allo schermo, offrendo costantemente quella sensazione che tutto possa degenerare irreversibilmente da un momento all’altro. Una miniserie spagnola che altro non è che un viaggio disturbante e claustrofobico, in cui ogni scelta può risultare determinante per la stessa sopravvivenza. Nonostante possa essere a volte un po’ sopra le righe, sa essere terribilmente attuale.

    Per Elisa – Il caso Claps (2023)

    La miniserie che ricostruisce l’omicidio di Elisa Claps. Basato sul libro “Sangue sull’altare” di Tobias Jones, Per Elisa – Il caso Claps (2023) si focalizza sulla travagliata battaglia condotta da Gildo Claps e dalla sua famiglia per fare luce sulla scomparsa della sorella Elisa e per assicurare il suo assassino alla giustizia. Sei episodi per la regia di Marco Pontecorvo per far luce su uno dei femminicidi più sconvolgenti mai conosciuti dalla storia recente del nostro paese, una fiction che ha ottenuto un gran seguito sin dal suo debutto su Rai Uno.

    Alba (2021)

    Alba è vittima di uno stupro. È una serie molto forte, che ripercorre la parabola di una giovane donna, la cui esistenza viene sconvolta dopo aver subito una violenza di gruppo. Un dramma coinvolgente che esplora le terribili conseguenze di un atto criminale contrapposte alla sete di verità e di giustizia della protagonista. Adattamento spagnolo di una celebre serie turca, Alba (2021) è composta da tredici episodi, ed è importante guardarli per riflettere sulle molteplicità della violenza di genere e per sensibilizzare sull’importanza del non restare in silenzio e di denunciare, nonostante le difficoltà che purtroppo troppe donne conoscono ancora oggi.

    Unbelievable (2019)

    Marie racconta di essere stata violentata. Ma non viene creduta. Tra le miniserie più interessanti mai realizzate negli ultimi anni, Unbelievable (2019) racconta l’odissea di uno stupro, del calvario di una giovane donna, che si ritrova ad affrontare lo scetticismo della polizia e delle persone a lei vicine. Oltre agli effetti giudiziari dell’indagine, capace di agganciare il pubblico nel corso degli otto episodi, si sofferma molto sul lato emotivo, raccontando anche le possibili ripercussioni nel privato delle vittime di uno stupro. Un titolo indispensabile, consigliato a chi è alla ricerca di una storia basata su fatti reali, tra introspezione e indagine poliziesca, e soprattutto per l’approccio delicato nel racconto di temi che sono ancora all’ordine del giorno.

    Nome di donna (2018)

    Tra la filmografia di Marco Tullio Giordana c’è stato spazio anche per la violenza di genere. Stavolta per quella perpetrata sul luogo di lavoro. Con Nome di donna (2018) il regista de I cento passi (2000) e La meglio gioventù (2003) racconta la storia di Nina (Cristiana Capotondi), una donna che dopo aver trovato un impiego presso una prestigiosa clinica per anziani trova il coraggio di denunciare il dilagante abuso di potere maschile al suo interno con le relative violenze fisiche e psicologiche perpetrate nei confronti delle donne, da sempre coperte da un grande muro di omertà. Un film che ancora oggi è terribilmente attuale, considerato che secondo una ricerca ISTAT sono quasi due milioni le donne, tra i 15 e i 70 anni, ad aver subito almeno una volta una forma di molestia sul lavoro nel corso della vita.

    Io ci sono (2016)

    Cristiana Capotondi è di nuovo protagonista di un altro film di denuncia. Io ci sono (2016) ripercorre la vera storia di Lucia Annibali, giovane avvocatessa, sfregiata con l’acido su mandato dell’uomo con cui aveva avuto una relazione tormentata. Oggi Lucia è uno dei simboli della violenza di genere, e questa pellicola tratta dal suo libro è un film che parla di tragedia e di speranza, mettendo in scena il coraggio di una donna che nonostante il dolore subito non si è mai voluta arrendere, andando in prima linea contro il suo aguzzino e ritrovando la forza di ricominciare una nuova vita. Una visione indispensabile nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, e non solo.

    A letto con il nemico (1991)

    Un thriller che ancora oggi è tra i capisaldi delle pellicole sulla violenza di genere, che racconta le dinamiche tossiche di una relazione apparentemente perfetta. Come quella tra Martin e Laura, interpretati da Patrick Bergin e Julia Roberts, che oscilla tra momenti di affetto e di violenze inaudite. Tanto che la donna arriva a fingere la propria morte nel tentativo di rifarsi una vita. Ma l’uomo la troverà e la comincerà a perseguitare. A letto con il nemico (1991) è un cult, in cui si susseguono i colpi di scena, che oltre a contenere una delle migliori performance della Roberts, riesce ancora a parlare del presente – tant’è che negli anni scorsi si era persino parlato della possibilità di un remake in virtù dell’importanza del tema affrontato.

    La vita possibile (2016)

    Prima di Mia (2023), Ivano De Matteo aveva già raccontato la violenza di genere. Con La vita possibile (2016) ha messo in scena la storia di Anna e il figlio tredicenne Valerio, in fuga da un marito violento. È soprattutto una storia di rinascita, che vuole sensibilizzare su una piaga sociale che spesso purtroppo sfocia in finali drammatici. È un film che dunque non insiste sugli abusi stessi quanto sull’importanza del saper riconoscere la molla per poter reagire e soprattutto riconoscere che dove c’è violenza non può esistere alcuna forma di amore.

    Polytechnique (2009)

    Tra le prime pellicole di Denis Villeneuve, è il racconto di una strage realmente accaduta. Polytechnique (2009) ripercorre infatti il massacro avvenuto al École Polytechnique di Montreal, avvenuto il 6 dicembre 1989, quando un ragazzo uccise quattordici studentesse per poi togliersi la vita. C’è un prima, un durante e un dopo della tragedia, il cui richiamo cinematografico a Elephant (2003) di Gus Van Sant è inevitabile. Ma oltre alla cronaca dei fatti è importante la riflessione suscitata da un’opera come quella di Villeneuve, che cerca di analizzare le radici di una tragedia che fu un femminicidio di massa, il cui responsabile aveva apertamente dichiarato il proprio odio nei confronti delle femministe. Un film breve, senza filtri e da recuperare per la sua inquietante contemporaneità.

  • Da “Zootropolis” a “Toy Story”: 10 film Disney con un concept originale più dark di quanto pensi

    Da “Zootropolis” a “Toy Story”: 10 film Disney con un concept originale più dark di quanto pensi

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Si fa presto a dire film per bambini. Dietro la magia, il sogno e l'immaginazione, molti lungometraggi Disney – e Disney Pixar – in principio erano decisamente diversi rispetto al risultato finale. Spesso, in fase di scrittura, il pitch è ancora work-in-progress: ci vuole tempo per essere aggiustato e, a volte, addirittura riscritto. 

    Basti pensare a La bella e la bestia, capolavoro del 1991. I primi storyboard mostravano una versione più fiabesca e più convenzionale del soggetto, lontana dai toni gotici che hanno poi contraddistinto il 30° Classico Disney. Come non pensare poi a Zootropolis (2016): l'idea di partenza prevedeva addirittura di inserire in sceneggiatura un collare elettrico per addomesticare i predatori. Un elemento decisamente inquietante, poi eliminato durante la produzione.

    Partendo proprio dall'oscuro soggetto di Zootropolis, JustWatch ha stilato una classifica dei 10 film Disney con un concept molto più dark di quanto si pensi.

    10. Zootropolis (2016)

    Lo spunto narrativo di Zootropolis partiva dall'utilizzo dei collarini elettrici, destinati ai predatori. Un concept estremo, considerando che la volpe Nick Wilde, inizialmente, avrebbe dovuto gestire un rifugio illegale nel quale liberava gli animali dalla costrizione. Altra nota: la coniglietta Judy Hopps non era la protagonista, ma una semplice spalla.

    Il team produttivo della Disney pensava inizialmente che il controverso oggetto sarebbe stato un ottimo espediente narrativo, ma dopo diverse proiezioni di test i feedback furono decisamente negativi. Basti pensare che tra le scene eliminate c'è anche “la festa dell'addomesticamento” del piccolo Morris, un orsetto polare poi tagliato dal montaggio finale. Se hai amato gli animali antropomorfi di Troppo Cattivi (2022), Zootropolis è il film perfetto per te.

    9. Le follie dell'imperatore (2000)

    Una vera e propria commedia brillante quella di Mark Dindal. Eppure, Le follie dell'Imperatore, in origine, era molto differente. Il progetto era stato sviluppato con il titolo Kingdom of the Sun, e sarebbe dovuto essere il tentativo di reinterpretare Il principe e il povero di Mark Twain. In questa versione, Kuzco — sempre imperatore — avrebbe scambiato la propria identità con quella di un popolano a lui somigliante.

    Il personaggio sarebbe comunque stato trasformato in un lama, ma in circostanze molto diverse e decisamente più cupe. Yzma, antagonista della storia, non avrebbe voluto punire Kuzco per averla licenziata: il suo obiettivo originale era addirittura distruggere il sole. Il film sarebbe stato comunque interessante, ma di certo molto meno divertente rispetto al montaggio definitivo. Se sei un fan degli outsider animati in stile Rango (2011), Le follie dell'imperatore è il titolo che devi rivedere.

    8. Alla ricerca di Dory (2016)

    Cambio in corsa, in casa Pixar, durante la realizzazione de Alla ricerca di Dory. Il lieto fine, infatti, non era originariamente preventivato. Accanto ai protagonisti storici – Dory, Nemo e Marlin – compaiono anche alcuni nuovi personaggi, strappati alla prigionia del Marine Life Institute in California: lo squalo balena Destiny, la beluga Bailey e il polipo Hank. Tutti salvati, tutti restituiti alla vita. Eppure, dietro il finale, si nasconde un’ombra che pochi conoscono.

    I nuovi personaggi rischiavano in origine un destino molto diverso: sarebbero rimasti indietro, abbandonati per sempre all’interno del Marine Life Institute. È stato Blackfish (2013), con la sua denuncia straziante della vita in cattività delle balene, a cambiare tutto: il documentario ha colpito profondamente i dirigenti Disney, costringendo i creativi a rielaborare il tutto. Scelta saggia. Se ti sei commosso con Alla ricerca di Nemo (2003), non puoi perderti questo sequel.

    7. Il Re Leone (1994)

    Un concept ancora più oscuro di quello finale, plasmato da Roger Allers e Rob Minkoff? Esatto. Perché se la morte di Mufasa ha segnato intere generazioni, la scena madre de Il Re Leone doveva essere ancora più spietata ed esplicita. Scar, in prima stesura, non aveva alcun legame di sangue con la famiglia di Simba: doveva essere un leone solitario, violento e sanguinario. L'iconica dipartita di Mufasa era ben diversa: Scar lo uccideva spezzandogli il collo.

    Più in generale, le prime versioni del film erano estreme e sicuramente meno adatte alle famiglie. Al centro doveva esserci una cruenta battaglia tra leoni e babbuini, mentre Rafiki sarebbe dovuto essere un ghepardo. Quando Minkoff sostituì George Scribner alla regia le cose cambiarono. È restata la tragedia, ma addolcita e poeticizzata. Se adori Kimba – Il Leone Bianco (1997), Il Re Leone è il film che fa per te.

    6. Toy Story (1995)

    Sì, assurdo solo pensarlo: un evil Woody. Eppure, nelle prime versioni di Toy Story, il cowboy di pezza era stato pensato come un vero cattivo: uno sceriffo autoritario, egoista e aggressivo nei confronti degli altri giocattoli, vantandosi di essere il preferito di Andy. La scelta derivava dalle richieste di Jeffrey Katzenberg, allora presidente della Disney, che voleva un tono più adulto e cinico.

    Quando una versione preliminare del film venne mostrata ai dirigenti la reazione fu negativa: rimasero talmente scioccati da sospendere la produzione. A sbrogliare la situazione ci pensò John Lasseter, che rielaborò la storia che tutti noi abbiamo amato. Se ti sei divertito con i giocattoli di Small Soldiers (1998), non perderti Toy Story.

    5. Frozen - Il regno del ghiaccio (2013)

    Il più grande trionfo della Disney dal punto di vista degli incassi aveva un concept decisamente più oscuro. In origine, Elsa — la futura regina dei ghiacci — era stata concepita come la vera antagonista, pronta a tormentare Anna, molto più vulnerabile. A cambiare il pitch fu la regista Jennifer Lee, che ripensò completamente il personaggio, partendo dal significato del brano “Let It Go”.

    Alla fine Elsa, da cattiva, divenne una sorella maggiore profondamente umana. Questo cambiamento ha permesso al film di introdurre una dinamica insolita per i Classici Disney: non una storia romantica, ma il legame affettivo tra due sorelle. Se La Sirenetta (1989) è il tuo film Disney preferito, amerai Frozen.

    4. Mulan (1998)

    Come per Frozen, anche in Mulan il romanticismo non è il filo conduttore. Pur essendoci alcuni accenni al legame affettivo tra la protagonista e il capitano Li Shang, l’opera si conclude con un semplice accenno, senza essere il fulcro della trama. Il vero motore del percorso di Mulan è il desiderio di proteggere e onorare la famiglia Fa, prendendo il posto del padre nella guerra contro gli Unni.

    Ciononostante, nelle prime versioni della storia era prevista una scena in cui Mulan e Shang risultavano promessi sposi tramite un matrimonio combinato. In questo scenario alternativo, sarebbe stato il rifiuto di Mulan a questo accordo — e non l’amore per suo padre — a spingerla ad arruolarsi nell’esercito. Una scelta del genere avrebbe reso il personaggio molto meno eroico e ne avrebbe indebolito la trama, per cui questo pitch venne abbandonato durante la produzione.Se ti sei emozionato con Pocahontas (1995), l'eroismo di Mulan è quello che fa per te.

    3. Monsters & Co. (2001)

     Monsters & Co. del 2001 ruota attorno a due legami affettuosi: la complicità tra Sulley e Mike, e il rapporto quasi paterno che Sulley sviluppa con la piccola Boo, una bambina smarrita a Mostropoli. Eppure, nelle prime fasi dello sviluppo, nulla di tutto ciò esisteva: né l’ironia di Mike, né l’innocenza di Boo, né la dolce amicizia che oggi definisce la trama. La versione originale della storia era infatti molto più cupa, quasi un contrappunto inquietante ai toni vivaci del film.

    Il protagonista non era un mostro, ma un adulto tormentato. Una notte, iniziano a comparirgli delle creature deformi: mostri generati dai disegni che faceva da bambino, ora distorti dai suoi rimpianti e dalle sue paure irrisolte. Proprio come in Canto di Natale di Dickens. Difficile immaginare i coloratissimi e caotici abitanti di Mostropoli immersi in un simile scenario, dominato non dall’umorismo ma da un viaggio interiore carico di ombre. Se ti sei divertito con i mondi assurdi di Cattivissimo Me (2010), Monsters & Co. è il titolo giusto.

    2. Il gobbo di Notre Dame (1993)

    Tra i Classici Disney più dark, Il Gobbo di Notre Dame originariamente era ancora più nero. Lo sceneggiatore Tab Murphy racconta che, nelle prime idee, era prevista una storia d’amore tra Quasimodo ed Esmeralda. Tuttavia, la decisione di rendere Febo una figura più eroica e centrale portò naturalmente ad annullare il torbido triangolo tra i tre personaggi.

    Altra cosa: per venire incontro alle richieste della Disney, una delle prime modifiche riguardò la figura di Frollo: invece di mantenerlo arcidiacono, come nel romanzo, fu trasformato in un giudice, così da evitare possibili controversie religiose. Se adori i toni oscuri della Disney in stile Il Pianeta del Tesoro (2002), Il Gobbo di Notre Dame è il film animato adatto a te.

    1. Oliver & Company (1988)

    Uno dei Classici Disney più tristi della storia era, inizialmente, ancora più drammatico. Chiamato Oliver and the Dodger, l'amicizia tra il gatto soriano e un gruppo di cani randagi di New York aveva ben altre note, molto più crude. La prima stesura vedeva i due dobermann di Sykes – il villain del film, uno spietato usuraio – uccidere i genitori di Oliver, con il gatto poi intenzionato a vendicarsi. Una linea di trama ben diversa. 

    E non finisce qui. Prima del licenziamento di Richard Rich come co-regista, la lavorazione prevedeva anche un'altra drammatica scena: il senzatetto Fagin avrebbe dovuto rapire un panda dallo zoo. Davvero troppo! Se ami l'animazione di Lilli e il vagabondo (1955), Oliver & Company è il titolo per te.

  • Prima di "Wicked – For Good”: 10 film musical con un sequel di successo

    Prima di "Wicked – For Good”: 10 film musical con un sequel di successo

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Guardando ai dati del botteghino, Wicked – Parte 2 ha già superato se stesso. Nel weekend di apertura, il capitolo finale diretto da Jon M. Chu ha incassato più del suo predecessore uscito nel 2024. Il film, basato sull'opera teatrale musicale con musiche e testi di Stephen Schwartz su libretto di Winnie Holzman, è diventato l'adattamento cinematografico di Broadway di maggior successo di tutti i tempi.

    In questo capitolo Cynthia Erivo e Ariana Grande tornano a interpretare rispettivamente Elphaba e Glinda, la strega cattiva dell'Ovest e la strega buona del Nord. Ma questa volta le due amiche sono separate e costrette a convivere con le conseguenze delle loro scelte. Un classico del genere che ha catturato milioni di spettatori in tutto il mondo che ne conoscono a memoria ogni brano, da “Defying Gravity” a “Popular” e che in questa nuova pellicola verranno sorpresi da nuovi  numeri musicali.

    JustWatch ha stilato la classifica dei 10 musical con un sequel di successo.

    10. Grease 2 (1982)

    Sono ancora troppi a non sapere che un classico del cinema come Grease (1978) ha all'attivo un sequel con un cast del tutto nuovo rispetto all'originale. A partire da Michelle Pfeiffer nei panni di Stephanie, membro delle Pink Ladies e fidanzata del leader dei T-Birds. Ma l'incontro con il timido Michael (Maxwell Caulfield) manda all'aria la sua vita.

    Non siamo neanche lontanamente ai livelli del film con John Travolta e Olivia Newton-John, ma Grease 2 nelle sue quasi due ore di durata sa come difendersi. Il motivo è semplice: la pellicola di Patricia Birch è un concentrato di intrattenimento leggero immerso nelle atmosfere degli anni '80. Anche qui non mancano coreografie e brani originali come “Cool Rider” intonata da una giovanissima Pfeiffer, “Girl For All Seasons” o “We're Gonna Score Tonight”. Se ti sono piaciuti Hairspray – Grasso è bello (2007) e Cry-Baby (1990), devi dare una chance al film.

    9. Pitch Perfect 2 (2015)

    Un successo al botteghino superiore all'originale fa entrare di diritto Pitch Perfect 2 nella nostra classifica. Questa volta, dopo un'esibizione disastrosa davanti al presidente Obama, le Barden Bellas vengono sospese dai circuiti americani. Per riconquistare il loro onore decidono di iscriversi al campionato mondiale di canto a cappella, scontrandosi con le Das Sound Machine.

    Tornano l'umorismo e le dinamiche di gruppo che hanno caratterizzato Pitch Perfect (2012), così come la musica. Il vero motore del film che qui si arricchisce di nuovi arrangiamenti – come “Riff-Off” e “Flashlight” - e tematiche come la separazione e la preoccupazione per il futuro, che non sono mai prive di un tocco di leggerezza. Se ti sei divertito a guardare Lemonade Mouth (2011), non puoi perderti questo classico moderno.

    8. Camp Rock 2: The Final Jam (2010)

    Nel 2008 Camp Rock è stato un successo travolgente per un pubblico di adolescenti che si sono innamorati delle canzoni del film, da “Play My Music” a “This Is Me”. Ma due anni dopo la magia si è duplicata con il sequel Camp Rock 2: The Final Jam. I due protagonisti, Mitchie (Demi Lovato) e Shane (Joe Jonas), tornano al campo estivo dove si erano conosciuti e scoprono che, dall'altra sponda del lago è sorto Camp Star. Un campo rivale che attira molti studenti e che porta a una sfida musicale per decidere chi resterà in attività.

    Non c'è nulla di particolarmente innovativo nella trama di questo secondo capitolo, ma è palese come la produzione abbia investito per rendere i numeri musicali più elaborati e numerosi. Una pellicola energica e frizzante che mantiene alto l'entusiasmo e ci regala 15 brani nuovi di zecca da cantare in allegria spalmati nel corso di 97 minuti, da “Brand New Day” passando per “Heart and Soul”. E mentre Camp Rock 3 è stato già confermato, puoi recuperare i primi due film. Specie se ti è piaciuto A Cinderella Story: Once Upon a Song (2011).

    7. High School Musical 2 (2007)

    Ci troviamo di fronte a uno di quei sequel che riescono ad eguagliare e addirittura superare l'originale. High School Musical 2 è la gioia di ogni fan che non chiedono altro di poter continuare ad amare le storie e le canzoni intonate dai loro beniamini. La trama riprende le fila del primo film ed esplora ulteriormente la linea romantica tra Troy (Zac Efron) e Gabriella (Vanessa Hudgens) mentre i protagonisti devono formare un numero musicale da portare alla serata dei talenti che si terrà al country club in cui lavorano. Inutile sottolineare che nel mezzo ci saranno amicizie e relazioni messe alla prova.

    Un'ora e quaranta minuti circa in cui la qualità delle esibizioni e dei numeri musicali è alta, anche grazie al cambio di ambientazione che dai corridoi della scuola si sposta negli spazi del country club. Se dovessimo scegliere dei momenti chiave del film, sarebbero le esibizioni sulle note di "Bet On It", "Gotta Go My Way"e "Fabulous" che fanno della colonna sonora di questo sequel un successo duraturo. Da non perdere se hai amato Glee (2009).

    6. Il re leone 2 - Il regno di Simba (1998)

    Se Il re leone (1994) era ispirato all'Amleto di Shakespeare, il suo sequel, Il re leone 2 - Il regno di Simba, guarda a Romeo e Giulietta. Questa volta l'azione è incentrata su Kiara, figlia di Simba, che stringe amicizia con un giovane leone cresciuto dai fedeli del defunto Scar. Un legame che deve superare la rivalità tra i due branchi per riportare la pace.

    Un sequel che parla di perdono mentre approfondisce il rapporto padre/figlia e ci ricorda di non fermarci alle apparenze. Anche se i brani non hanno la forza di quelli scritte da Elton John e Tim Rice, in 81 minuti si susseguono canzoni – da “He Lives in You” a “We Are One” passando per “Love Will Find a Way” - che hanno saputo lasciare un segno facendo della pellicola un ottimo sequel che merita di essere visto.

    5. Il ritorno di Mary Poppins (2018)

    Julie Andrews nei panni della bambinaia più famosa di tutti i tempi è un'icona difficile da eguagliare. Nel 2018 il guanto di sfida lo ha impugnato Emily Blunt ne Il ritorno di Mary Poppins. Una pellicola ambientata a Londra 25 anni dopo i fatti raccontati nell'originale. Ora Michael Banks è un padre di tre figli che ha appena perso la moglie e rischia di perdere anche la casa. È per questo che la magica tata decide di tornare in città per riportare la gioia nella sua  famiglia.

    Un sequel rispettoso dell'originale che, però, non ha paura di esprimere la sua unicità e offrire un'esperienza di divertimento e allegria. Merito anche degli elaborati numeri musicali e delle nuove canzoni che vedono protagonista Blunt insieme a Lin-Manuel-Miranda, così come Angela Lansbury e Dick Van Dyke. Una pellicola di oltre due ore ricca di sequenze visivamente suggestive avvolte da un senso di calore e positività. Se hai amato Pomi d'ottone e manici di scopa (1971), non puoi perderti Il ritorno di Mary Poppins.

    4. Frozen 2 – Il segreto di Arendelle (2019)

    Che "Let It Go" sia diventato un classico istantaneo non c'è dubbio. Ma è anche vero che le storie di Elsa, Anna, Kristoff, Olaf e Sven hanno continuato a riscontrare il favore del pubblico anche in Frozen 2 - Il segreto di Arendelle. Un film ambientato tre anni dopo gli eventi del primo, in cui i protagonisti intraprendono un viaggio verso la foresta incantata per scoprire l'origine dei poteri di Elsa e svelare un antico mistero che minaccia il regno di Arendelle.

    Un sequel dichiaratamente ambizioso che ha l'obiettivo di eguagliare il successo dell'originale (e di superarlo). Per farlo sceglie di affidarsi a una trama più cupa che mette al centro personaggi più maturi. Anche il versante musicale non è da meno come dimostrato da "Into the Unknown", "Show Yourself" e "Lost in the Woods". Se ti sono piaciuti Raya e l'ultimo drago (2021) e Dragon Trainer 2 (2014), Frozen 2 non ti deluderà.

    3. Mamma Mia! Ci risiamo (2018)

    Un po' sequel e un po' prequel. Con Mamma Mia! Ci risiamo, la storia di Donna (Meryl Streep/Lily James) e Sophie (Amanda Seyfried) si muove tra presente e passato grazie a una serie di flashback che raccontano di come la protagonista abbia conosciuto ciascuno dei tre “padri” in un'estate indimenticabile. Se Mamma Mia! (2008) è stato un trionfo di pubblico e critica, questo secondo capitolo non è stato da meno.

    Il merito è dato da una struttura narrativa costruita con intelligenza e da un'idea originale di fondo che esalta e amplia quanto raccontato nel primo film. Quasi due ore di numeri musicali irresistibili, dall'omonima “Mamma Mia” a “Dancing Queen” e “Fernando” fino a “When I Kiss The Teacher” che ne hanno fatto un seguito dal successo più che meritato. Se ti sei emozionato guardando Across the Universe (2007) e Yesterday (2019), puoi star certo che Mamma Mia! Ci risiamo ti ruberà il cuore.

    2. Sing 2 - Sempre più forte (2021)

    Uno dei film di animazione degli ultimi anni più riuscito che vedrete in circolazione. Il panda Buster Moon e i suoi cantanti hanno un sogno: esibirsi nel leggendario Redshore City. Per realizzarlo devono convincere a far tornare sul palco una leggenda del rock, il leone Clay Calloway. Se già Sing (2016) era uno spasso, con Sing 2 - Sempre più forte il regista e sceneggiatore Garth Jennings si è superato portando il racconto a dei livelli ancor più alti in termini di messa in scena e musiche.

    Un film che parla dell'importanza di mettere da parte la paura e superare i propri limiti, quelli che spesso ci autoimponiamo. La colonna sonora e le sequenze musicali sono da capogiro e nel corso di 110 minuti spaziano da “Girl on Fire” a “I Still Haven't Found What I'm Looking For” e “I Say a Little Prayer” regalando intrattenimento ed emozioni. Da recuperare se ti è piaciuto Trolls 2: World Tour (2020).

    1. Sister Act 2 - Più svitata che mai (1993)

    Per farti rendere conto di quanto Sister Act 2 - Più svitata che mai abbia lasciato un segno indelebile in chiunque lo abbia visto, ti basta sapere che la sequenza del concerto sulle note di “Oh Happy Days” ha raggiunto quota 78 milioni di visualizzazioni su YouTube. La riprova di quanto il film musicale con Whoopie Goldberg sia un successo senza pari e senza tempo. Questa volta la sua Deloris Van Cartier torna a vestire i panni di suor Maria Claretta per insegnare musica a una classe di liceali indisciplinati e svogliati, salvando la scuola parrocchiale dalla chiusura.

    Tra le scene cult impossibile poi non citare quella che vede Lauryn Hill intonare “Joyful Joyful” che lascia poi spazio a una sequenza corale trascinante. A oltre 30 anni dalla sua uscita, il film continua a collezionare fan e a dimostrare che se le storie sono scritte tenendo a mente l'importanza delle emozioni, il pubblico le premierà. Poco più di un'ora e 40 minuti di energia, commozione, divertimento e gioia.

  • Non solo “Stranger Things”: le migliori serie Sci-Fi da guardare su Netflix

    Non solo “Stranger Things”: le migliori serie Sci-Fi da guardare su Netflix

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Dai classici di Asimov, Philip K. Dick o William Gibson, la fantascienza non ha mai finito di stupire, e di farci riflettere. Universi fantastici, ma mai fantasy, dove trame e personaggi sono metafore per raccontare il nostro mondo e i limiti della conoscenza umana, tra tecnologia, filosofia contemporanea, neuroscienze o richiami alla sociologia sperimentale.

    Non solo robot giganti o viaggi interstellari, quindi, ma distopie, dimensioni quantiche, intelligenze artificiali e algoritmi fuori controllo. Il genere sci-fi ha sfumature infinite, così come infiniti sono gli stimoli che questo genere ha regalato al cinema e alle serie TV.  E tra le piattaforme streaming principali, Netflix è quella che più delle altre ne ha riscoperto il potenziale. Infatti, dopo le grandi saghe galattiche, la fantascienza sembrava finita nel dimenticatoio, o relegata tra gli stand di qualche Comic-Con, ma tra produzioni originali e scommesse azzeccate, il “tudum” ha riportato la popolarità del genere alle stelle. 

    È se l’universo è infinito e in espansione, anche il catalogo sci-fi di Netflix non scherza. In questa lista abbiamo provato a orientarci, tra supernove o buchi neri, con una guida essenziale alle migliori serie fantascientifiche presenti sulla piattaforma. 

    Neon Genesis Evangelion (1995)

    Un anime che ha fatto storia degli anni Novanta e, in generale, delle serie d'animazione giapponese. Dietro ai robot giganti e alle battaglie apocalittiche si nasconde una storia profonda e inquieta sull’identità e l’impossibilità di comunicare. Sullo sfondo temi etici e filosofici sul rapporto tra uomo e tecnologia, richiami biblici e cabalistici, simbolismo religioso e neuroscienze cognitive, Neon Genesis Evangelion è fantascienza esistenziale in purezza. Non a caso è uno dei titoli più iconici (e discussi) del genere. Non è una serie facile, ma un’esperienza che segna e rimane per chiunque sia disposto a lasciarsi trasportare in questo universo.

    Black Mirror (2011–oggi)

    Black Mirror è probabilmente la serie antologica che ha lanciato il genere sci-fi su Netflix. Un viaggio attraverso tutte le sfumature possibili del distopico con episodi quasi sempre slegati tra loro, ma la domanda al centro rimane la stessa: “Che succede quando la tecnologia ci sfugge di mano?”. Come suggerisce il titolo, Black Mirror è uno specchio oscuro attraverso cui leggere il presente, certamente estremizzato, ma in qualche modo intravedibile (almeno attraverso lo schermo del nostro telefono). Gli episodi sono legati dal tema della tecnologia, ma risultano anche abbastanza diversi fra loro per tono e genere, che difficilmente non ne troverete almeno uno che fa per voi.

    Sense8 (2015–2018)

    Otto sconosciuti in otto angoli diversi del mondo scoprono di essere connessi mentalmente ed emotivamente. Dopo aver rivoluzionato il genere con Matrix, le sorelle Wachowski tornano allo sci-fi per raccontare l’essenza dell’umano in una storia sull’identità, empatia, accettazione. Sense8 è una serie intensa e tra le più emozionanti dell’intero catalogo Netflix, da scoprire e riscoprire ancora. E se all’ultima puntata parte la standing ovation dal divano, non preoccupatevi, non siete i soli.

    Stranger Things (2016–oggi)

    Forse la più conosciuta e iconica tra le serie presenti sulla piattaforma. Atmosfere “spielberghiane”, richiami agli anni Ottanta e Novanta, una colonna sonora da brividi sullo sfondo di una trama che ha incollato allo schermo milioni di spettatori in tutto il mondo. Se non avete mai sentito parlare di Stranger Things (specialmente a ridosso dell’uscita della quinta e ultima stagione!) è forse il momento di uscire dalla caverna: questo è un titolo che ha lanciato lo sci-fi nella cultura pop contemporanea, imprescindibile per tutti gli appassionati di serialità. Chi cerca la fantascienza pura, dagli alieni agli esperimenti scientifici, non resterà deluso.

    The OA (2016–2019)

    Se non avete visto questa serie cult uscita nel 2016, è ora di recuperarla. The OA è una delle serie più visionarie che possiate scoprire tra viaggi interdimensionali, esperimenti segreti, spiritualità e misticismo: al centro della trama c’è un misterioso rapimento e una danza, ma non andiamo oltre: no spoiler! Forse non per tutti, ma se entrate nel mondo dell’Angelo Originario, difficilmente ne uscirete. Perfetta per chi cerca un bilanciato mix di fantascienza e fantasy, forse meno adatta a chi cerca un trama più leggera e meno contorta.

    Dark (2017–2020)

    Anche qui un misterioso rapimento, ma questa volta in una sperduta cittadina tedesca circondata dalla foresta. Ma quello che sembra l’inizio di un giallo si trasforma in un racconto di viaggi nel tempo, paradossi temporali e richiami all’eterno ritorno nietzschiano. Dark è una delle serie sci-fi più complesse e affascinanti degli ultimi anni. Se amate le atmosfere cupe e le trame labirintiche, qui troverete un capolavoro in cui perdervi (letteralmente). Si raccomanda una certa preparazione a ritrovarsi invischiati in un intreccio di vite e personaggi decisamente complesso. Se avete carta e penna a disposizione… usateli!

    Maniac (2018)

    I personaggi interpretati da Emma Stone e Jonah Hill partecipano a un misterioso esperimento farmaceutico. Da lì, comincia un viaggio surreale tra mondi alternativi, memorie rimosse e identità che si sovrappongono. Maniac è una miniserie brillante, visivamente spettacolare, unica nel suo genere. Questa serie è un mix di satira, psicologia e sci-fi psichedelica ambientata in una New York retrò-futuristica che la rende un gioiello incatalogabile, da gustarsi anche solo per il cast di fuoriclasse! Consigliata per chi ama un tocco di psicologia umana mischiato alla fantascienza.

    Love, Death & Robots (2019–oggi)

    Sul fatto che Netflix abbia sdoganato l’animazione per adulti non ci piove, ma con Love, Death & Robots ha portato il discorso a un altro livello. Si tratta di sperimentazione pura che esplora ogni angolo dello sci-fi, ma gettata dentro un caleidoscopio che va dal genere comedy al thriller psicologico. Questi episodi d’animazione 2D e 3D della durata di venti minuti ciascuno, ognuno visivamente sorprendente e diverso per trama e tematiche, compongono una serie antologica da gustarsi in pillole di fantascienza pura: una delizia per la mente e per gli occhi.

    The Umbrella Academy (2019–oggi)

    Sette fratelli adottivi, ognuno con un potere speciale (e una bella dose di traumi infantili), “arruolati” per salvare il mondo. Tratta dall’omonima graphic novel, The Umbrella Academy è una serie supereroistica con una vena sci-fi ben marcata, tra viaggi nel tempo, universi alternativi e un girotondo di apocalissi. Un po’ Ritorno al futuro, un po’ universo Marvel, ma senza essere nulla di tutto ciò. Se cercate una serie leggera e appassionante, ma diversa dal solito titolo sui supereroi, qui avrete pane per i vostri denti.

    Alice in Borderland (2020–oggi)

    Una Tokyo post-apocalittica, giochi di sopravvivenza di una crudeltà inaudita e un mistero da risolvere. Alice in Borderland porta lo sci-fi in Giappone con una serie che mescola adrenalina, katane e scenari distopici. Ogni gioco è una sfida mortale, ogni puntata aggiunge nuovi livelli al mistero, il tutto con evidenti rimandi al romanzo di Lewis Carroll. Il paragone con Squid Game o Hunger Games è dietro l’angolo, ma il tocco manga e le atmosfere gaming rendono unica questa serie, da vedere tutta d’un fiato. Perfetta per chi non cerca la fantascienza classica, ma qualcosa di più movimentato e distopico.

    Bodies (2023)

    Quattro epoche diverse. Lo stesso cadavere. Lo stesso punto esatto di Londra. È da qui che parte Bodies, una serie che inizia come un classico poliziesco, ma si trasforma presto in un vortice temporale dalla chiara anima sci-fi. C'è un detective vittoriano, uno degli anni Quaranta, uno del presente e una nel futuro. Nessuno sa dell’esistenza degli altri, eppure tutti stanno indagando sullo stesso omicidio. Otto episodi serrati, in cui il vero protagonista è il tempo e i suoi paradossi, perfetta per chi ama il thriller ma con una buona dose di fantascienza.

    Il problema dei 3 corpi (2024–oggi)

    Creata dagli autori di Game of Thrones (e già questo è un buon motivo per guardarla) Il problema dei 3 corpi è una serie ambiziosa, visivamente mastodontica. Il racconto parte dalla Cina degli anni Sessanta, da un messaggio alieno intercettato da una scienziata e una minaccia imminente (con tanto di countdown). Dalle domande filosofiche ai paradossi fisici, la serie porta tutto a un ritmo serrato, con una buona dose d’azione. Insomma, fantascienza al suo apice, per chi cerca intrattenimento ma anche una bella sfida cerebrale!

  • Preparate i fazzoletti! I 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni

    Preparate i fazzoletti! I 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Mancano pochi mesi all’uscita di quello che si preavvisa come uno dei film più strappalacrime del decennio. Stiamo parlando di Hamnet - Nel nome del figlio (2025), film con Jessie Buckley e Paul Mescal che ripercorre la storia d’amore di Agnes e William Shakespeare. La morte del loro figlio Hamnet, appena undicenne, scava un buco profondo nelle loro vite e nei loro cuori.

    Con l’arrivo del freddo e aspettando il film di Chloé Zhao, il tempo è dei migliori per mettersi sotto la coperta con una bevanda calda e far scorrere le lacrime. Per questo, Justwatch vuole proporvi i 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni. La scelta dei titoli è stata presa in base all’intensità delle storie raccontate e spaziando dai drammi familiari a quelli relazionali, senza dimenticarsi di quelli sociali.

    1. Manchester by the Sea (2016)

    Manchester by the Sea è un biglietto di sola andata verso una valle di lacrime. Il film è ricco di elementi di drammaticità assoluta, sia nel passato dei personaggi che nella storia che si sviluppa di fronte ai nostri occhi. Il clima freddo in cui è ambientata la vicenda non aiuta e fa da contorno perfetto ai temi della pellicola, tra cui il lutto e la depressione. Ad elevare il fattore lacrime ci pensa la magistrale prova di Casey Affleck con uno dei personaggi più tormentati e afflitti della sua carriera. La scena del confronto tra lui e l’ex moglie, interpretata alla grande da Michelle Williams, fa sgorgare fiumi a chiunque la veda.

    2. Moonlight (2016)

    Moonlight combina il dramma familiare alla Manchester by the Sea (2016) con temi sociali che rivedrete più avanti in Till: Il coraggio di una madre. Da un lato, la dura realtà di Chiron tra bullismo e una madre tossicodipendente non può lasciare indifferente nessuno. Dall’altro, il discorso sulla mascolinità, sull’identità nera e sull’essere gay in un contesto fortemente avverso provoca un dolore nello spettatore che si mischia con la rabbia. Le due emozioni scaturiscono dall’essere impotenti di fronte ai meccanismi apparentemente immutabili del mondo. La scelta del regista Barry Jenkins di mostrare il protagonista Chiron in tre fasi della sua vita contribuisce, infine, alla tristezza della pellicola, perché possiamo notare come i problemi del passato influenzano non solo il presente ma anche il futuro.

    3. Coco (2017)

    Coco affronta il tema del lutto come Manchester by the Sea (2016) attraverso un impianto della storia dolceamaro. I tocchi di avventura e comicità sono fondamentali in un film d’animazione per bambini, ma Coco (2017) non risparmia agli spettatori grandi e piccini la propria dose di lacrime. Dalla vicenda dello scheletro Héctor, sul punto di svanire per sempre se verrà dimenticato dai vivi, alla lotta di Miguel per diventare un musicista, la pellicola va a toccare le emozioni più profonde. Se non bastasse, la canzone Ricordami è la ciliegina sulla torta che vi farà singhiozzare.

    4. Un sogno chiamato Florida (2017)

    Un sogno chiamato Florida è simile a Moonlight (2016) nel mischiare il dramma familiare e la critica sociale. Il cuore degli spettatori si spezza di fronte alle condizioni di vita precarie della madre single Halley e di sua figlia Moonee. La fotografia caleidoscopica con colori pastello amplifica la tristezza della storia creando un contrasto che ci fa stare male. Allo stesso tempo, l’incapacità di Moonee, per la sua tenera età, di comprendere a fondo quello che sta succedendo intorno a lei ci fa empatizzare con la sua innocenza. Il finale tragicomico e a tratti surreale è il colpo di grazia che ci ricorda come molto spesso non ci sia via d’uscita.

    5. È nata una stella (2018)

    È nata una stella è una storia potente riproposta in diverse salse attraverso la storia del cinema. Nonostante la trama sia telefonata dalle precedenti versioni, il film di debutto alla regia per Bradley Cooper rimane un’esperienza potente e viscerale. La tragica storia d’amore tra il suo personaggio e Ally Campana (Lady Gaga) ci fa salire sulle montagne russe. Dalla vetta emozionante di un’amore che sboccia fino al baratro più profondo della sua conclusione, È nata una stella (2018) ha decifrato la formula per far piangere i suoi spettatori. Proprio come i colori di Un sogno chiamato Florida (2017) accentuano le emozioni negative, allo stesso modo gli aspetti romantici di questo remake rendono ancora più triste l’epilogo.

    6. Storia di un matrimonio (2019)

    Storia di un matrimonio è un altro dramma familiare che non lascia scampo. Il film di Noah Baumbach esplora con maestria la fine di un rapporto, condendo la storia con attimi comici fantastici e una grande dose di dolore. Sono proprio gli sprazzi umoristici a mandare in corto circuito lo spettatore. Similmente a È nata una stella (2018), ma con meno drammaticità, Storia di un matrimonio (2019) è un rollercoaster di emozioni. Passare dal piangere dalle risate a piangere e basta è il marchio di fabbrica della pellicola. Una menzione d’onore va a Scarlett Johansson e ad Adam Driver, le cui performance trainano l’intera storia.

    7. After Yang (2021)

    After Yang esamina il dolore della perdita attraverso lenti fantascientifiche, discostandosi dall’approccio prevalentemente pessimista del cinema sul tema dell’intelligenza artificiale. Come per i successivi Minari e Past Lives, ci troviamo di fronte a una pellicola che esprime il dolore in forma mite e paziente. Questo, però, non impedisce a After Yang (2021) di colpire dritto al cuore chiunque ne sperimenti la bellezza. Allo stesso tempo, lo spettatore è testimone di differenti forme di lutto, vissute sia da adulti che da bambini, rivolte verso un essere robotico. Con questo tocco artistico, il regista Kogonada cerca di espandere la capacità empatica di noi umani.  

    8. Minari (2021)

    Minari (2021) di Lee Isaac Chung tocca temi sociali simili a Un sogno chiamato Florida (2017), portando sullo schermo l’intima epopea di una famiglia di immigrati. Man mano che la sceneggiatura si sviluppa, questo nucleo familiare deve affrontare sfida su sfida. Sia le difficoltà economiche che quelle relazionali creano una forte empatia nei confronti dei personaggi, costruiti con un’umanità fuori dal comune. Qui non si tratta di piangere a dirotto per l’intensità della storia come in È nata una stella (2018). La tristezza di Minari (2021) è onnipresente e pacata e vi bagnerà le guancie in maniera leggera per tutta la sua durata.

    9. Till: Il coraggio di una madre (2022)

    Till: Il coraggio di una madre narra la vicenda realmente accaduta del quattordicenne Emmett Till, vittima della violenza razzista negli Stati Uniti. Tutti i film in questa lista contengono storie che vi porteranno alle lacrime. Tuttavia, la pellicola di Chinonye Chukwu colpirà a fondo proprio perché basata su una storia vera. Allo stesso tempo, Till: Il coraggio di una madre (2022) riesce a bilanciare il totale sconforto e l’orrore della vicenda mostrando la lotta della madre di Emmett per la giustizia. Così facendo, il film non cerca solo di riproporre un evento traumatico inaudito riaprendo la ferita mai del tutto chiusa. Al contrario, cerca anche di far luce su cosa fare per cicatrizzarla una volta per tutte.

    10. Past Lives (2023)

    Past Lives (2023) condivide con Minari (2021) un approccio più “minimalista” al concetto di tristezza. La storia d’amore mai realizzata tra Nora e Hae Sung è lontana anni luce dall’impeto della relazione tra Ally e Jackson in È nata una stella (2018). La forza trainante di Past Lives (2023) è il concetto del “cosa sarebbe successo se”. Questa emozione fortemente malinconica segna l’atmosfera della pellicola di Celine Song e la sua visione vi trasporterà su quelle frequenze. La regista è anche abilissima a farci capire fin dal primo istante l’impossibilità della loro unione, senza però farci distogliere lo sguardo grazie a un’estetica celestiale.

  • Dall’Alto Valyriano all'Alienese: la nostra classifica delle 10 migliori lingue inventate in film e serie TV

    Dall’Alto Valyriano all'Alienese: la nostra classifica delle 10 migliori lingue inventate in film e serie TV

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Il cinema e le serie TV riflettono la vita. Poco importa se le storie raccontate parlino di mondi antichi, razze aliene, pianeti lontani o giovani alienati. Sono mondi verosimili in cui si muovono personaggi divenuti, in più di un'occasione, delle icone cinematografiche. 

    A renderle tali spesso c'è anche lo zampino di sceneggiature attente a ogni singolo particolare, lingue comprese fatte di alfabeti, suoni e strutture grammaticali. Uno strumento che conferisce ancor più realismo e permette una nostra immersione totale nei racconti immaginati da autori e registi.

    JustWatch ha stilato una classifica delle migliori lingue inventate nei film e nelle serie TV.

    10. Minionese (Cattivissimo Me)

    Inglese, indonesiano, spagnolo, coreano, italiano, giapponese... C'è' un vero miscuglio di lingue reali dietro il minionese, l'idioma creato da Pierre Coffin e Chris Renaud per Cattivissimo Me (2010) e parlato dai Minions, le piccole creature gialle che vivono per servire i cattivi. Al suo interno una sequela di parole riconoscibili ma distorte per ottenere un effetto comico e di facile comprensione in ogni angolo del mondo.

    È lo stesso Coffin a prestare la voce a tutti gli ometti, modulando l'intonazione a seconda del contesto in cui vengono pronunciate. Più che una lingua vera e propria un calderone che prende in prestito parole conosciute su base internazionale – da “gelato” a “ciao” - e che sottolineano la natura caotica e senza logica dei Minions.

    9. Alienese (Futurama)

    Una delle sitcom animate più amate di sempre, Futurama (1999) è la creatura di Matt Groening più popolare dopo I Simpson (1987). Lo stesso fumettista, insieme allo sviluppatore David X. Cohen, ha creato l'alienese. Una lingua costruita con lo scopo di dare vita a momenti ironici e gag e presente fin dall'episodio pilota.

    Ne esistono due versioni: l'alienese 1, linguaggio semplice e di facile decifrazione, e l'alienese 2, un codice più complesso usato per inserire messaggi e Easter egg nascosti nel corso degli episodi. Nessuno dei protagonisti lo parla, ma viene usato da Groening su cartelli e insegne della New York del 2999. Un modo, a detta del suo creatore, vi far sentire i fan parte di un'élite e poter interagire con la serie a un livello più profondo.

    8. Na'vi (Avatar)

    Ideata dal linguista Paul Frommer, il na'vi è la lingua creata per i nativi di Pandora, il satellite primordiale abitato dalla specie aliena protagonista di Avatar (2009) di James Cameron. Un linguaggio che non conosce forma scritta e vive solo oralmente. Frommer ha preso spunto da un piccolo gruppo di parole immaginate dal regista per ampliare la lingua e renderla apprendibile al nutrito cast della pellicola inserendo, però, elementi grammaticali sconosciuti al nostro sistema linguistico.

    Nel film il na'vi viene imparato dagli umani per poter comunicare con il popolo di Pandora e creare una connessione tra realtà così distanti tra di loro. La frase che ricorre più volte nel corso della pellicola è “Oel ngati kameie”, traducibile come “Io ti vedo”. Un saluto accompagnato da un gesto della mano che rappresenta un riconoscimento dell'essenza altrui.

    7. Huttese (Guerre stellari)

    Ben Burtt. Un nome che forse il grande pubblico non conosce, ma al quale dobbiamo moltissimo in termini di cultura pop. È lui, montatore e progettista del suono, ad aver inventato il ronzio delle spade laser di Guerre stellari (1977), così come il verso di Chewbecca o l'huttese. La lingua aliena parlata dagli Hutt, specie a cui appartiene il celebre Jabba, che fa il suo esordio ne Il ritorno dello Jedi (1983).

    Debitrice di elementi del quechua e del filippino, l'huttese è conosciuto anche da molte altre razze aliene che appartengono alla malavita galattica. Caratterizzata da un suono gutturale, la lingua immaginaria incorpora anche alcuni elementi reali che la rendono più familiare all'orecchio dello spettatore.

    6. Serpentese (Harry Potter)

    Se cercare su Internet potreste imbattervi in siti che offrono lezioni per imparare il Serpentese. La lingua dei serpenti associata alla magia oscura nella saga cinematografica di Harry Potter (2001-2011). Un linguaggio misterioso e sibilante che nella sua forma fonetica è caratterizzato da una serie di sibili e suoni che replicano quelli dei rettili. J.K. Rowling non ha dato ai milioni di fan dei romanzi nessuna informazione grammaticale, ma in molti hanno tentato di ricostruire la sua sintassi partendo dalle frasi pronunciate nei libri e nei film.

    L'abilità di parlare Serpentese è conosciuta come Rettilofonia. Una capacità ereditaria legata a Salazar Serpeverde che vede tra i suoi discendenti Lord Voldemort. Anche il maghetto interpretato da Daniel Radcliffe è in grado di parlare questa lingua perché una scheggia dell'anima di Voldemort è imprigionata in lui.

    5. Nadsat (Arancia meccanica)

    Da poliglotta qual era, per Anthony Burgess era importante creare uno slang per Alex DeLarge e i suoi Drughi" che superasse la prova del tempo. Per questo nel romanzo ha dato vita a una lingua unica ripresa da Stanley Kubrick in Arancia Meccanica (1971). Una forma di inglese arcaico con influenze russe e Cockney creata anche per dare un senso di isolamento generazionale vissuto dai protagonisti rispetto alla società in cui vivono.

    Un linguaggio utilizzato dallo stesso Alex per raccontare la sua storia al lettore e per comunicare con gli altri personaggi, vittime delle sue violente azioni comprese. Il paradosso risiede nel suono giocoso della lingua, in netto contrasto con la condotta brutale dei Drughi.

    4. Eptapode (Arrival)

    Ispirato a Story of Your Life, racconto sci-fi di Ted Chiang, Arrival (2016) racconta gli sforzi della linguista Louise Banks con il volto di Amy Adams per comunicare con una razza aliena, gli etapode, e prevenire una guerra. Queste creature con sette arti comunicano attraverso due lingue, l'eptapode A (una lingua parlata incomprensibile) e l'etapode B (una semasiografia).

    Inventata dallo stesso Chiang, quest'ultima è caratterizzata da simboli circolari che permettono di rappresentare un concetto o un'intera frase. Un linguaggio non lineare che riflette il modo in cui il tempo viene sperimentato simultaneamente dalla razza aliena e che regala alla linguista protagonista la capacità di vedere il futuro dopo averla imparata.

    3. Dothraki e Alto Valyriano (Il trono di spade)

    Tra le lingue fittizie di più recente invenzione spiccano il Dothraki e l'Alto Valyriano create dal linguista David J. Peterson per Il trono di spade (2011-2019). La prima è la lingua parlata dai feroci guerrieri nomadi del khalasar. Il popolo equestre capitanato dal Khal Drogo di Jason Mamoa che basa la sua esistenza sulla guerra. Il loro è un linguaggio dal suono duro e aspro che trae ispirazione dal turco e dall'estone e che riflette lo spirito battagliero del suo popolo.

    L'Alto Valyriano, invece, prende spunto dal latino e si dipana in vari dialetti che guardano alle lingue romanze. Utilizzata in ambiti cerimoniali o da casate nobili come i Targaryen, è la lingua più iconica presente nella serie tratta dai romanzi di George R.R. Martin. Caratterizzata da una grammatica complessa, l'Alto Valyriano rappresenta il cuore stesso de Il trono di spade.

    2. Klingon (Star Trek)

    Similmente al Serpentese, anche per il Klingon è possibile accedere a corsi che insegnano a parlare la lingua fittizia sviluppata dal linguista Marc Okrand per Star Trek III - Alla ricerca di Spock (1984). Con un vocabolario di oltre 2500 parole e un sistema fonetico, il Klingon ha un suono duro e gutturale caratterizzato da una complessa struttura grammaticale – caratterizzata da oggetto-verbo-soggetto - che riflette la natura aggressiva dei guerrieri umanoidi.

    Negli anni è divenuta così popolare tanto da far sì che alcuni fan della saga sci-fi traducessero passaggi della Bibbia od opere di Shakespeare in Klingon, mentre nel 2000 un'opera lirica cantata interamente nella lingua aliena è stata presentata all'Aia.

    1. Elfico (Il Signore degli Anelli)

    È stato lo stesso J.R.R. Tolkien, filologo, glottoteta e linguista oltre che scrittore, a creare l'elfico. La lingua protagonista della trilogia fantasy de Il signore degli anelli (2001-2003) diretta da Peter Jackson. Per farlo si è ispirato al finlandese e al gallese. Sono numerosi i dialetti parlati dagli elfi, ma quelli più popolari e celebri restano il Quenya e il Sindarin.

    Due lingue con una grammatica e un vocabolario propri che rendono la mitologia legata ai romanzi e ai film ancor più completa e avvincente dando ai popoli che le parlano una maggiore tridimensionalità. Tolkien non si è limitato a inventare “solo” un sistema linguistico, ma ha dato vita anche a un doppio sistema di scrittura artificiale – il Tengwar e il Cirth – per conferire alle sue lingue un aspetto preciso fatto di lettere dal movimento elegante e antico.

  • Hai amato “Il Maestro”? Ecco altri 7 film che raccontano il mondo del tennis

    Hai amato “Il Maestro”? Ecco altri 7 film che raccontano il mondo del tennis

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    È tennis mania. Grazie, soprattutto al fenomeno Jannik Sinner, alle sue vittorie (compresa l’ultima alle Atp Finals di Torino) e alla scalata alla vetta della classifica mondiale. Dunque, non poteva arrivare in un momento migliore, il film di Andrea De Stefano, II Maestro (2025), interpretato da Pierfrancesco Favino.

    La pellicola, appena sbarcata nelle sale italiane, si aggiunge a un filone abbastanza consolidato negli anni, dove questa disciplina conferma di prestarsi molto bene alle esigenze del grande schermo (e non solo).

    Titoli come Borg McEnroe (2017), Match Point (2005) di Woody Allen o il recente Challengers (2021) di Luca Guadagnino. Tra un dritto, un rovescio e una volèe, sembra esserci una chiave di lettura di molte vicende esistenziali, raccontate in diverse pellicole. Ripercorriamole insieme. 

    Wimbledon (2004)

    Paul Bettany e Kristen Dunst sono i protagonisti di questa commedia romantica a tinte sportive, incentrata su un tennista inglese sul viale del tramonto. L’incontro con una giovane collega però lo aiuterà a ritrovare le motivazioni agonistiche di un tempo. Liberamente ispirato alla storia di Goran Ivanisevic, tennista croatoche nel 2001 trionfò a Wimbledon, sancendo l’unica vittoria da wild card nella storia del torneo. Wimbledon (2004) si conferma così una visione imperdibile non solo per gli appassionati di tennis, ma soprattutto per chi si lascia emozionare dalle storie di riscatto, specialmente se a sfondo sentimentale.

    Match Point (2005)

    “A volte, in una partita, la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro; con un po’ di fortuna, va oltre e allora si vince. Oppure no… e allora si perde”. È la frase che ci accompagna alla visione di un thriller che porta la firma di Woody Allen. Basterebbe già questo per avvicinarsi a una inedita incursione della cinematografia del regista di Io e Annie (1977) e Manhattan (1979), che si avvale di ottime interpretazioni, a partire da Jonathan Rhys Meyers e Scarlett Johansson. Perché Match Point (2005) non è proprio un film sul tennis. Lo sport in questione è una metafora centrale, con tutte le relative analogie, per una storia ambientata nell’alta borghesia londinese, dove forze invisibili decretano le sorti di una partita complessa chiamata vita. Ma la tensione vi terrà incollati al divano, nel seguire le conseguenze dell’ambizione sociale del protagonista.

    Borg McEnroe (2017)

    Se pensiamo all’equazione tennis-cinema, è impossibile non pensare a Borg McEnroe (2017). Probabilmente tra i migliori film mai realizzati sul tennis, che ripercorre la rivalità tra Bjorn Borg (Sverrir Gudnason) e John McEnroe (Shia LaBeouf) a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. La pellicola diretta da Janus Metz mette in scena la vita dentro e fuori dal campo di Borg e McEnroe, due campioni e due personalità agli opposti, che hanno scritto un capitolo indimenticabile della storia del tennis. È un dramma sportivo, che può ricordare Rush (2013), ambientato nella Formula Uno dei medesimi anni, incentrato sulla sfida tra James Hunt e Niki Lauda.

    La battaglia dei sessi (2017)

    Il film di Jonathan Dayton e Valerie Faris ripercorre la storica partita di tennis di inizio anni Settanta, nota come “la battaglia dei sessi”. Il 20 settembre 1973 si sono infatti sfidati sul campo l’ex campione Bobby Riggs (Steve Carell) e Billie Jean King (Emma Stone), la campionessa del momento. Un match dal forte valore simbolico, un tassello per la parità di genere nel mondo sportivo, all’alba dell’ascesa del movimento femminista. La battaglia dei sessi (2017) è un titolo imperdibile se siete alla ricerca di un dramma sportivo a impianto storico, di una visione avvincente, capace di affrontare temi sociali, ancora oggi decisamente attuali.

    Il quinto set (2021)

    Una storia di riscatto. Arriva dalla Francia Il quinto set (2021), con un protagonista che si ritrova a giocare la partita della vita. Oggi Thomas ha 37 anni, e in passato è stato una promessa del tennis. Nonostante la forma non sia dalla sua parte, decide di partecipare alle qualificazioni degli Open di Francia per dimostrare soprattutto a sé stesso di non essere al capolinea. Se cercate un film che parli di seconda possibilità, oltre che di tennis, siete sicuramente nel posto giusto. A maggior ragione se Wimbledon (2004) è stato di vostro gradimento, questa pellicola diretta da Quentin Reynaud non sarà da meno.

    Una famiglia vincente – King Richard (2021)

    È il film che ha valso l’Oscar a Will Smith. L’attore interpreta Richard Williams, padre delle sorelle Venus e Serena, e la sceneggiatura ripercorre il suo sogno di vederle diventare campionesse, mostrando la tenacia nel realizzare ciò che oggi è storia. Una famiglia vincente – King Richard (2021) parla di sacrificio, di ambizione, di perseveranza, ma non omette i lati oscuri del percorso. Una storia dove lo sport si fa di nuovo metafora della vita, che si trasforma in ossessione, in voglia di riscatto. È una pellicola che si farà apprezzare, oltre che dagli amanti di biopic, da chi è alla continua ricerca di storie incoraggianti, di successo.

    Challengers (2024)

    Il tennis secondo Luca Guadagnino. Anche se è bene sottolineare, come con Match Point (2005), Challengers (2024) non è proprio un film sul tennis, bensì usa questo sport per raccontare soprattutto le relazioni tra i protagonisti. È la storia di un triangolo sentimentale che vede al centro Tashi (Zendaya) contesa tra Patrick (Josh O’Connor) e Art (Mike Faist). Sono tennisti, ma soprattutto esseri umani, con le loro pulsioni, desideri e quant’altro. Un ménage à trois giocato come una partita, decisamente non adatto a un pubblico trasversale. Ma la forza della pellicola di Guadagnino risiede forse proprio in questo: tra un salto temporale e l’altro, e grazie a un ritmo avvincente, ci ricorda che attraverso lo sport è sempre possibile parlare della vita e delle sue molteplici sfaccettature.

  • 10 serie animate (per adulti) da vedere se ami la satira demoniaca di “Hazbin Hotel”

    10 serie animate (per adulti) da vedere se ami la satira demoniaca di “Hazbin Hotel”

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Se c’è una serie che nell’ultimo anno e mezzo ha rivoluzionato il modo di intendere l’animazione adulta, quella è Hazbin Hotel. 

    La seconda stagione ha confermato ciò che già si intuiva dalla prima: Vivienne Medrano ha creato un universo unico (cioè l’Hellaverse), capace di fondere musical, satira, demonologia, umorismo queer e un’estetica feroce e scintillante. Hazbin Hotel è un palco teatrale, i peccati diventano numeri cantati, e i personaggi – da Charlie a Angel Dust, da Alastor a Vox – esprimono tra una battuta e un balletto intere linee tematiche su identità, trauma, redenzione e potere.

    Il successo della serie non è solo nella creatività, ma nella sua capacità di parlare a un pubblico adulto senza rinunciare all’ironia caotica tipica del web: meme, montaggi rapidissimi, slang queer e un senso del ritmo che ricorda Broadway. La seconda stagione, su Prime Video dal 29 Ottobre, ha poi alzato ulteriormente il tiro: canzoni più complesse, worldbuilding ampliato, satira ancora più velenosa e un focus emotivo maggiore sui personaggi.

    Se dopo il binge ti senti in crisi d’astinenza da caos infernale, humor nero, meta-satira e personaggi moralmente disastrosi, ecco 10 serie animate adulte che catturano almeno un lato dello spirito di Hazbin Hotel tra musica, peccati, demoni, assurdità e cattiveria brillantinata.

    1. Helluva Boss (2020 – in corso )

    Helluva Boss è il primo titolo da citare se ami Hazbin Hotel, perché nasce dallo stesso universo narrativo creato da VivziePop. Qui seguiamo l’IMPs, un’agenzia di sicari demoniaci che viaggia sulla Terra per risolvere “problemi” di clienti infernali. Il tono è più violento, più volgare e ancora più imprevedibile rispetto alla serie madre, con episodi brevi che oscillano tra il musical emotivo e la comicità brutale. Anche in Helluva Boss i personaggi hanno traumi profondi, relazioni tossiche e ferite non rimarginate che emergono in modo caotico, proprio come accade ai protagonisti di Hazbin Hotel, ma si concentra più sulla quotidianità degli Hellborns, cioè i nati all’inferno, e sulle disparità sociali tra demoni, anziché sulla redenzione dei Sinners (ovvero gli esseri umani peccatori finiti all’Inferno dopo la morte), rispetto alla serie madre. È una serie che colpisce per worldbuilding, satira e improvvisi picchi di dramma, diventando la compagna ideale per chi vuole esplorare ancora più a fondo l’inferno di VivziePop.

    2. Big Mouth (2017 – 2025)

    Big Mouth sembra lontana dall’estetica demoniaca di Hazbin Hotel, ma in realtà le somiglianze sono fortissime: i “mostri degli ormoni” sono l’equivalente adolescenziale dei demoni di VivziePop. Sono creature che incarnano vizi, impulsi e paure in modo esagerato, caotico e irresistibilmente umoristico. La serie affronta temi come crescita, desiderio, ansia sociale e identità con un’ironia senza filtri che ricorda lo spirito dissacrante di Hazbin Hotel. Con episodi da 25–30 minuti, Big Mouth alterna satira, musica e momenti emotional che sorprenderebbero chiunque si aspetti solo comicità oltraggiosa. Se apprezzi i personaggi complessi, imperfetti e costantemente in lotta con i propri demoni interiori, questa serie ha esattamente quell’energia anarchica e sfacciata che stai cercando.

    3. Smiling Friends (2022 – in corso )

    Smiling Friends porta la satira assurda al livello massimo, con episodi fulminanti da 10–12 minuti che ricordano lo humour iper-stratificato di Hazbin Hotel. Segue due impiegati di un’agenzia che “porta felicità”, ma ogni tentativo finisce nel caos totale: creature inquietanti, animazioni che cambiano stile a metà scena, humor nero che rasenta il disturbante. È una serie imprevedibile, perfetta per chi ama l’estetica delirante e gli scarti improvvisi di tono. Come Hazbin Hotel, anche Smiling Friends nasconde dietro l’assurdità un commento sorprendentemente lucido sulla società moderna, sull’alienazione e sulla fragile psicologia dei suoi personaggi. È l’esempio di come l’animazione adulta possa giocare senza regole, mantenendo però una coerenza narrativa affilata e intelligente.

    4. Inside Job (2021 – 2022)

    Inside Job è la risposta cyber-complottista a Hazbin Hotel: una serie dove tutto ciò che immaginiamo sul potere occulto è vero e gestito da una burocrazia delirante. La protagonista, Reagan Ridley, è una scienziata brillante ma disastrata emotivamente, travolta da daddy issues, burn-out e traumi affettivi che ricordano la vulnerabilità dei personaggi di VivziePop. Il tono mescola satira politica, cultura pop e momenti sinceri di fragilità psicologica. Con episodi da 25 minuti, Inside Job costruisce un mondo ricco di esseri assurdi, cospirazioni e follia istituzionale. È ideale per chi ama Hazbin Hotel per la sua capacità di unire caos, comicità corrosiva e drama emotivo — ma con una cornice scientifico-paranoica tutta sua.

    5. Rick and Morty (2013 – in corso )

    Rick and Morty resta uno dei riferimenti fondamentali per chi apprezza l’umorismo feroce e nihilista di Hazbin Hotel. Il rapporto tra Rick e Morty è un vortice di affetto disfunzionale, dipendenze affettive e distruzioni cosmiche, simile ai legami tormentati dei personaggi di VivziePop. Ogni episodio (20–25 minuti) è un mix di follia sci-fi, satira feroce e improvvise frasi che fanno male quanto un coltello. Come Hazbin Hotel, anche Rick and Morty usa il surreale per raccontare la fragilità umana: solitudine, ricerca di significato e autocondanna. È una serie che non ha paura di spingere il tono al limite, mantenendo però un’intelligenza narrativa che l’ha resa cult.

    6. Panty & Stocking with Garterbelt (2010)

    Panty & Stocking with Garterbelt è l’anima gemella punk e scandalosa di Hazbin Hotel: colori acidi, demoni, caos estetico e un ritmo delirante che non concede tregua. Le due protagoniste, angeli decaduti e sboccati, combattono mostri mentre inseguono sesso, zuccheri e auto-gratificazione in un universo visivo che cambia stile in ogni episodio. La serie è famosa per la sua comicità volgare ma brillante, per i numeri musicali e per la satira feroce contro moralismi e doppi standard. Un recentissimo sequel, New Panty & Stocking with Garterbelt (2025), è stato mandato pochi mesi fa. 

    Come Hazbin Hotel, anche Panty & Stocking gioca con l’anime trash, il pop americano e la cultura club, creando un mix esplosivo che oggi è ancora più rilevante. Se cerchi energia pura e un’estetica demoniaca da rave-party, questa è la tua serie.

    7. Disenchantment (2018 – 2023)

    Disenchantment, firmata da Matt Groening (il papà dei Simpson e di Futurama), porta l’umorismo sarcastico in un regno medievale pieno di mostri, demoni e magie controproducenti. La protagonista Bean è una figura tormentata, ribelle e autodistruttiva, che incanala perfettamente quel mix di fragilità e caos tipico dei personaggi di Hazbin Hotel. Il suo rapporto con il demone Luci è uno dei punti forti della serie: un “diavoletto sulla spalla” che ricorda molto l’ironia maligna dell’Inferno. Con episodi da 25–28 minuti e un’ambientazione fantasy decadente, Disenchantment racconta traumi familiari, dipendenze, perdite e crescita personale con una leggerezza solo apparente. È ideale per chi ama mondi pieni di creature infernali, ma vuole anche un sottotesto sorprendentemente malinconico.

    8. The Midnight Gospel (2020)

    Psych-spirituale, lisergica e filosofica, The Midnight Gospel è una serie unica nel suo genere. Segue il podcaster interdimensionale Clancy in mondi assurdi abitati da zombie, maghi e creature cosmiche, mentre dialoghi profondissimi esplorano morte, psiche, trauma, meditazione e spiritualità. È una serie sorella di Hazbin Hotel per la capacità di unire estetica psichedelica, caos visivo e uno struggente bisogno di redenzione interiore. Ogni episodio (20–25 minuti) è un viaggio emotivo potentissimo, con dialoghi presi da podcast reali che si fondono a una narrazione animata che è pura arte visionaria. The Midnight Gospel non è semplice intrattenimento: è un’esperienza sensoriale ed emotiva. Perfetta per chi ama gli universi narrativi che usano demoni, mondi paralleli e colori folli per parlare della vulnerabilità umana.

    9. Moral Orel (2005 – 2008)

    Moral Orel è una satira cupa, tagliente e sorprendentemente tragica sul fanatismo religioso e sulle ipocrisie della società americana. Anche se visivamente opposta a Hazbin Hotel, con uno stop-motion semplice e “innocuo”, la serie nasconde un cuore nerissimo: traumi familiari, abusi emotivi, solitudine e disperazione. Man mano che procede, diventa sempre più complessa e dolorosa, rivelando un inferno psicologico grande quanto quello dei personaggi di VivziePop. La forza di Moral Orel è proprio la capacità di contrapporre un’estetica ingenua a temi adultissimi e disturbanti. Chi ama Hazbin Hotel per il suo mix di satira, critica morale e introspezione troverà qui uno dei suoi predecessori più radicali e influenti.

    10. Haunted Hotel (2025 – in corso )

    Haunted Hotel porta la comicità adulta nel soprannaturale con un tono leggero ma pieno di trovate brillanti. La serie racconta un albergo infestato dove fantasmi e creature ultraterrene convivono con ospiti umani ignari, creando situazioni surreali e dialoghi esilaranti. Come Hazbin Hotel, anche Haunted Hotel reinterpreta l’aldilà con ironia, trasformando luoghi “spaventosi” in spazi di caos comico e interazioni imprevedibili. Gli episodi (brevi e scattanti) seguono un ritmo rapido, ricco di punchline, ma tra le righe catturano anche la malinconia e il bisogno di connessione che caratterizzano molti personaggi sovrannaturali. Una serie ideale per chi ama vedere mostri e demoni alle prese con problemi molto umani — ma senza mai rinunciare al divertimento. E poi, diciamolo, Abaddon sarebbe un ospite perfetto per l’Hazbin Hotel!

  • 10 serie TV che mettono in scena la nostalgia degli anni '80 e '90 meglio di “Stranger Things”

    10 serie TV che mettono in scena la nostalgia degli anni '80 e '90 meglio di “Stranger Things”

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Capelli cotonati, colori sgargianti, walkie talkie, musicassette, giochi da tavolo. Guardare Stranger Things (2016) è come tuffarsi nel passato e rivivere gli anni '80. 

    Un decennio fatto di eccessi che si affacciava verso nuove tecnologie e a un'idea di futuro più simile al nostro presente. La serie dei fratelli Duffer ha riscritto l'immaginario legato a quell'epoca catapultandoci nell'immaginaria Hawkings, nell'Indiana, grazie a una bambina chiamata Undici e al gruppo di amici coetanei che incontra sul suo cammino.

    Ma sono svariate le serie TV che in questi anni hanno ambientato le loro storie durante la presidenza Reagan o la guida del governo di Margaret Thatcher, tra Guerra Fredda e Guerra delle Falkland, la paura dell'AIDS e la cultura del consumo. In vista della quinta e ultima stagione della serie Netflix, JustWatch ha stilato una classifica delle serie TV che hanno messo in scena la nostalgia anni '80 e '90 meglio di Stranger Things.

    10. Halt and Catch Fire (2014)

    Ci sono un visionario, un ingegnere e una programmatrice. No, non è l'inizio di una barzelletta a tema tecnologico, ma la base da cui parte Halt and Catch Fire. La serie ambientata negli anni '80 durante la rivoluzione dei personal computer. Quattro stagioni per 40 episodi da 40 minuti che raccontano l'evoluzione dell'industria informatica attraverso le storie e le invenzioni di chi quella realtà la vive dall'interno, mostrandoci gli albori di un mondo nel quale oggi siamo completamente immersi.

    Qui la nostalgia risiede tutta nell'atmosfera che pervade la serie e vede i protagonisti spinti da una bramosia creativa in cui l'orizzonte delle possibilità sembra sconfinato e tutto è caratterizzato da un senso di ottimismo. Senza dimenticare di mostrare anche lo spirito di competizione e la nascita della cultura hacker. Se hai amato Mad Men (2007) e ti sei divertito con Silicon Valley (2014), non puoi perderti Halt and Catch Fire.

    9. Red Oaks (2014)

    Colori pastello, completi da tennis bianchi, acconciature voluminose, musica spensierata. Se vuoi vedere una serie TV che cattura lo spirito più solare e leggero degli anni '80, Red Oaks è quella giusta. Al centro dello show il giovane studente universitario David Myers. Indeciso su cosa fare della sua vita, il ragazzo sceglie di passare l'estate del 1985 a lavorare come istruttore di tennis in un lussuoso country club.

    Una commedia che intreccia il coming of age grazie al confronto con più personaggi coetanei del protagonista e le pressioni vissute dalla famiglia per dare forma al suo futuro. Tre stagioni da 26 episodi da circa 30 minuti che fotografano un mondo pre social in cui tanto è debitore dei film di John Hughes come The Breakfast Club (1985) e Una pazza giornata di vacanza (1986), ma che guarda anche a un classico più recente come Freaks and Geeks (1999).

    8. Wet Hot American Summer: First Day of Camp (2015)

    Elizabeth Banks, Bradley Cooper, Amy Poehler, Paul Rudd, Jason Schwartzman, Jon Hamm, Kristen Wiig. Sono solo alcuni dei moltissimi attori e comici di alto profilo protagonisti di Wet Hot American Summer: First Day of Camp, la serie TV che li vede interpretare – da adulti - un gruppo di adolescenti al loro primo giorno di campeggio nell'estate del 1981. Uno show profondamente comico e surreale che parodizza le commedie adolescenziali di quegli anni con sguardo tenero e sfacciato.

    La comicità è volutamente demenziale così come la recitazione è goffa e la trama oltre l'assurdo. Se vuoi vedere una serie TV di puro svago che al tempo stesso celebra e canzona gli anni '80 difficilmente troverai qualcosa di più divertente. E se una stagione da 8 episodi da 30 minuti non ti basta, puoi sempre recuperare il film del 2001, Wet Hot American Summer, e la serie sequel del 2017 Wet Hot American Summer: Ten Years Later.

    7. Physical (2021)

    Fasce, scaldamuscoli, body. C'è tutto l'immaginario legato alle lezioni di aerobica di Jane Fonda nelle tre stagioni di Physical. Ma nei suoi 30 episodi da mezz'ora, la serie li contrappone all'oscurità che pervade il cuore e la mente della sua protagonista. Una casalinga di San Diego di metà anni '80 profondamente insoddisfatta della sua vita e con un grave disturbo alimentare.

    Sarà proprio il mondo dell'aerobica a lanciarla verso una nuova stagione della sua esistenza, trasformandola in un'imprenditrice del mondo fitness. Sarcastica quanto cupa, la serie guarda con spirito critico a un periodo storico in cui le donne erano ben più ingabbiate dentro modelli di perfezione irraggiungibili rispetto al nostro presente. Se hai amato le wrestler di Glow non puoi perderti Physical.

    6. Pose (2018)

    Nella New York a cavallo tra fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, Pose fotografa la società del tempo e la sua evoluzione da un punto di vista ben preciso. Quello dell'ascesa dell'era Trump da un lato e quello della cultura delle ballroom dall'altro, seguendo le vite di chi anima la scena underground della città. Quello che ne esce è un omaggio ai membri della comunità LGBTQIA+ in un momento storico segnato dall'epidemia di AIDS e da una forte chiusura mentale.

    Ispirandosi al documentario del 1990 di Jennie Livingston, Paris is Burning, le tre stagioni da 26 episodi offrono uno sguardo inedito su un periodo storico cruciale per la lotta al razzismo, alla discriminazione di genere e all'omofobia. Senza mai dimenticare, però, di dare spazio a costumi ed esibizioni strabilianti ed audaci.

    5. The Americans (2013)

    Se si pensa agli anni '80, oltre alle VHS di Jane Fonda che fa fitness e i jeans a vita alta, viene subito in mente un altro simbolo di quegli anni non proprio trascurabile: la Guerra Fredda che impazzava tra Stati Uniti e Unione Sovietica. L'elemento che fa da sfondo a The Americans, la serie TV con Keri Russell e Matthew Rhys nei panni di Elizabeth e Philip Jennings, coppia di spie del KGB che vive sotto copertura come una tipica famiglia americana a Washington D.C. durante l'amministrazione Reagan.

    Una doppia vita resa ancor più difficile da due figli cresciuti nella patria del consumismo e da un vicino agente dell'FBI. Qui la ricostruzione di quel decennio passa attraverso la spy story, con una grande ricerca per i dettagli e la credibilità storica senza abbandonarsi ad eccessi caricaturali. A rendere le sei stagioni - per un totale di 75 episodi da circa 50 minuti – ancor più credibili, l'uso della tecnologia del tempo e il conflitto dei personaggi tutto giocato tra le ideologie agli antipodi dei due Stati. Da recuperare se Deutschland 83 (2015) e Homeland – Caccia alla spia (2011) ti hanno appassionato.

    4. Glow (2017)

    Una serie sull'empowerment femminile dove, però, gli stereotipi sul gentil sesso sono sfruttati per sfidare le aspettative degli uomini e della società. Al centro di Glow un cast corale, che spazia da Alison Brie a Betty Glipin, dove troviamo le storie di donne emarginate e in difficoltà che decidono di unirsi al Gorgeous Ladies of Wrestling, gruppo di lottatrici professioniste protagoniste di un programma TV.

    Un tripudio di ombretti coloratissimi e body attillati per uno show che abbraccia ed eleva il kitsch come emblema di un decennio all'insegna dell'esagerazione. Trenta episodi divisi in tre stagioni che oscillano tra i 30 e i 40 minuti in cui i fallimenti, le difficoltà e le conquiste delle protagoniste si muovono tra umorismo e dramma. Se sei attratto dalle storie al femminile che vanno oltre i cliché come Orange Is the New Black (2013), Glow ti stupirà.

    3. Derry Girls (2018)

    Semplicemente irresistibile. Derry Girls è tutto ciò che si può desiderare da una serie TV. Risate, lacrime, personaggi indimenticabili e un'ottima scrittura. Ambientato negli anni '90, lo show racconta le disavventure di un gruppo di adolescenti - Erin, Orla, Clare, Michelle e James - che frequentano una scuola cattolica dell'Irlanda del Nord nel pieno dei Troubles. Una pagina drammatica della storia irlandese vissuta con cinismo dai suoi giovani protagonisti.

    Tre stagioni dove i drammi e le scoperte tipiche dell'adolescenza si fondono con eventi storici nel corso di 19 episodi in cui la nostalgia per gli anni '90 è vissuta attraverso i riferimenti alla cultura pop e alla musica dell'epoca. E se vuoi approfondire le tue conoscenze sul conflitto nord irlandese, puoi vedere Non dire niente (2024).

    2. The Goldbergs (2013)

    Si scrive “nostalgia” si legge The Goldbergs. La serie creata dal produttore e sceneggiatore Adam Goldberg in cui racconta la sua infanzia all'interno della sua famiglia negli anni '80 a Jenkintown, Pennsylvania. Una storia di vita quotidiana, fatta di caos e conflitti tipici di ogni nucleo casalingo, la cui particolarità risiede nella veridicità degli episodi messi in scena ispirati ai filmini che lo stesso Goldberg filmava da ragazzino e che scorrono sui titoli di coda.

    Dieci stagioni per 229 episodi che ricreano l'estetica di quegli anni grazie a una maniacale attenzione ai costumi e alle scenografie oltre che alla cultura pop del periodo. Tra le guest star personaggi iconici del decennio come Chuck Norris, Hulk Hogan e David Hasselhoff. Da non perdere se sei fan di That '70s Show (1998) e Fresh Off the Boat (2015).

    1. Pam & Tommy (2022)

    Pamela Anderson e Tommy Lee. La star di Baywatch (1989) e il batterista dei Mötley Crüe. Una delle coppie più iconiche degli anni '90 protagonista di uno degli scandali più famigerati del decennio: il furto del loro sex tape diffuso illegalmente nel 1997. Ma Pam & Tommy, interpretati magnificamente da Sebastian Stan e Lily James, è molto di più. È il racconto dell'impatto che quel furto ha avuto sulle loro vite a livello emotivo e professionale, un ritratto dell'ossessione per le celebrità e le insidie per la privacy legate al nascente Internet.

    Un decennio che ha gettato le basi per il nostro presente in cui le immagini circolano senza consenso e tutti possono immortalare qualsiasi momento, anche il più intimo, senza pensare alle conseguenze per se stessi e per gli altri. Otto episodi di poco meno di un'ora da vedere se hai apprezzato la ricostruzione storica e la riflessione culturale di The People v. O. J. Simpson: American Crime Story (2016).

  • Dalla musica al cinema: i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi

    Dalla musica al cinema: i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il cinema e la musica sono, da sempre, arti che comunicano l’una con l’altra. Non solo le colonne sonore sono elementi fondamentali nella magia della settima arte: il cinema ha immortalato sul grande schermo storie musicali di successo come Bohemian Rhapsody (2018) o Rocketman  (2019). I contatti tra i due mondi non finiscono qui. Molti cantanti hanno lasciato temporaneamente il palcoscenico per approdare sul set.

    L’ultima arrivata è Adele –già premio Oscar per la canzone dei titoli di apertura di Skyfall (2012)– da poco scritturata per una parte nel prossimo film di Tom Ford Cry to Heaven.

    Per festeggiare la scesa in campo di Adele, questa lista di JustWatch ripercorre i 10 migliori debutti sullo schermo di cantanti famosi. Per la scelta delle posizioni abbiamo tenuto conto delle performance dei musicisti, ma anche della qualità delle pellicole. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di includere artisti provenienti da generi differenti e decenni diversi.

    10. Lady Gaga - Machete Kills (2013)

    Prima di bucare lo schermo con performance da protagonista in È nata una stella (2018) e Joker: Folie à Deux (2024), Lady Gaga faceva il suo debutto sul grande schermo in Machete Kills di Robert Rodriguez. Il sequel del cult di sangue Machete (2010) vede Lady Gaga condividere con Walton Goggins, Antonio Banderas e Cuba Gooding Jr. il ruolo di Cameleón, un sicario in grado di cambiare il proprio aspetto. Seppur il suo sia un ruolo di secondo piano, la cantante italo-americana riesce a fare sua l’atmosfera iperbolica di questo moderno film di serie B. Lady Gaga appare convincente sia nella scena d’azione che la vede protagonista, sia in quella seguente dai tratti surreali.

    9. Harry Styles - Dunkirk (2017)

    Nonostante i concerti sold out in tutto il mondo, deve essere stato difficile per Harry Styles esordire al cinema in un film di Christopher Nolan. Se a questo aggiungiamo una piccola scena dove si è trovato di fronte a Cillian Murphy, la pressione deve essere stata alle stelle. L’ex One Direction si è però dimostrato all’altezza, regalando una delle performance migliori all’interno di Dunkirk. Sia nelle scene dove è richiesta una recitazione più fisica, sia in quelle dove il dialogo è centrale, Styles ha dato prova della sua capacità di adattamento nei panni del soldato Alex. Essendo anche un film sulla Seconda Guerra Mondiale, il cantante ha potuto mostrare il meglio di sé in scene drammatiche dalla forte intensità.

    8. Janelle Monáe - Moonlight (2016)

    Moonlight è stato uno dei film fenomeno del 2016 e si è aggiudicato l’Oscar per il Miglior film. La pellicola di Barry Jenkins è un film coming-of-age come il prossimo in classifica e vive dei suoi momenti drammatici e dell’estetica perfetta. Moonlight (2016) è anche l’occasione di vedere il debutto pregevole della cantante Janelle Monáe. L’artista interpreta Teresa, la fidanzata dello spacciatore Juan (Mahershala Ali). La sua presenza sullo schermo è ridotta ma molto significativa. A livello tematico, Teresa esprime l’amore che brilla in una situazione molto drammatica e cupa. Sul piano della recitazione, Janelle Monáe affronta il suo personaggio con compostezza, senza svolazzi ma con atteggiamenti posati. Quando si dice less is more.   

    7. Sting - Quadrophenia (1979)

    Quadrophenia è la bibbia dei mod, la sottocultura inglese simboleggiata dalle vespe e dai parka verde militare. Questo film coming-of-age anni ‘70 è una classica storia di ribellione giovanile dove paura del futuro, sprezzo delle regole ed emozioni forti sono i protagonisti. Nell’universo british di questo cult, Sting si cala nei panni di Ace, un mod più grande che il protagonista Jimmy (Phil Daniels) prende a esempio. La sua figura è fondamentale per il concetto chiave della crescita che accomuna tutti i film coming-of-age. Jimmy aspira a essere come Ace perché non ha ancora trovato la sua vera identità come persona. Sul versante attoriale, Sting fa suo il personaggio esprimendo una grande autenticità.

    6. Tupac Shakur - Juice (1992)

    Tupac Shakur al sesto posto con Juice ha bisogno di una piccola premessa. Il rapper, infatti, aveva tecnicamente esordito al cinema in Nient'altro che guai (1991). Tuttavia, 2pac appariva nei panni di sé stesso insieme agli altri componenti del suo gruppo di allora, i Digital Underground. Il primo vero film in cui recita un personaggio fittizio è proprio il cult crime di Ernest R. Dickerson. Juice (1992) è famoso proprio per la sua prova di Shakur nei panni di Bishop, un giovane che si immerge sempre più nel mondo criminale. La parabola del personaggio è perfettamente interpretata dal rapper, che mostra grande maturità e la capacità di trasmettere emozioni complesse.

    5. Janet Jackson — Poetic Justice (1993)

    Gli anni ‘90 sono stati il periodo d’oro di tanti esordi di stelle della musica afroamericana. Dopo Tupac Shakur, è ora il turno di Janet Jackson con Poetic Justice. Senza farlo apposta, il primo ruolo di Jackson la vede affiancata proprio dal rapper. Nel film di John Singleton la cantante pop è Justice, una parrucchiera con il dono della poesia. Dopo l’esordio intenso del regista, che trovate più avanti nella classifica, Poetic Justice (1993) diminuisce i toni senza dimenticare gli aspetti sociali. Questo film sentimentale dai toni drammatici trova Jackson in grande forma. Il suo personaggio deve esprimere a 360 gradi le emozioni umane, da quelle più leggere a quelle più intense, e la popstar è impeccabile in ogni sfumatura.

    4. David Bowie - L'uomo che cadde sulla Terra (1976)

    Oltre a Tupac, un’altra premessa deve essere fatta per David Bowie e la sua maestosa prova ne L'uomo che cadde sulla Terra. Tecnicamente, il genio inglese aveva fatto il suo debutto in The Virgin Soldiers (1969), ma come comparsa non accreditata. Quindi, per noi il film sci-fi di Nicolas Roeg è il suo vero debutto al cinema. E che debutto! Al contrario di Harry Styles, non deve essere stato difficile per Bowie interpretare un alieno, visto che l’artista è da sempre stato considerato tale per la sua musica e stile visionario. La parte dell’umanoide Thomas Jerome Newton è perfetta per le sue corde e il cantante cattura lo schermo con le sue movenze e la sua recitazione.

    3. Ice Cube - Boyz n the Hood - Strade violente (1991)

    Come già detto, ecco a voi il debutto di John Singleton come regista, il cult dai toni drammatici e crime Boyz n the Hood - Strade violente. Uno dei film che ha rivoluzionato gli anni ‘90, Boyz n the Hood (1991) contiene uno dei debutti più formidabili da parte di un cantante, ovvero Ice Cube nei panni di Doughboy. Il ruolo di un membro di una gang si addice alla personalità artistica di Cube, nota per la sua durezza e per la sua poetica di strada. Tuttavia, il rapper deve andare oltre la classica rappresentazione del gangster tutto d’un pezzo e tosto. Dopo un tragico evento che colpisce la sua famiglia, le emozioni di Doughboy assumono un carattere sempre più profondo e Ice Cube riesce a esprimerle con grande genuinità.

    2. Barbra Streisand - Funny Girl (1968)

    Funny Girl di William Wyler è il debutto di una delle migliori cantanti-attrici di sempre, la leggendaria Barbra Streisand. Il film è un biopic e vede l’artista interpretare Fanny Brice, una comica e cantante americana. Un esordio in un musical dai toni comici sembra un’impresa ma non per Streisand. Nonostante sia il suo primo film, la cantante non solo brilla nelle parti musicali, cosa che dovremmo aspettarci dalle sue corde vocali. Streisand è ritmica e precisa anche nel recitare il copione, aspetto fondamentale per una commedia. Il risultato è un film di debutto stupefacente, che le garantisce la nomination e la vittoria agli Oscar come Migliore attrice.

    1. Jennifer Hudson - Dreamgirls (2006)

    Vincere un Oscar è un’impresa. Vincere un Oscar con il ruolo di esordio è quasi impossibile. Vincere un Oscar al primo ruolo essendo una cantante è inaudito. Ma fare tutte e tre le cose con una parte di supporto è un’impresa impossibile e inaudita. A meno che tu non ti chiami Jennifer Hudson. Con Dreamgirls, l’artista ha fatto letteralmente la storia. Il personaggio di Hudson, Effie White, è basato sulla vicenda di Florence Ballard, una delle cantanti delle Supremes. C’è poco da dire sulla performance di Hudson. Seppur il film non sia convincente nella sua interezza, la cantante rimane il punto di forza più grande della pellicola, con numeri musicali da urlo e una recitazione da diva del cinema.

  • 100 anni de “Il Fantasma dell’Opera”: la nostra classifica dei migliori 10 adattamenti

    100 anni de “Il Fantasma dell’Opera”: la nostra classifica dei migliori 10 adattamenti

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Nel 2025 Il Fantasma dell’Opera compie 100 anni sullo schermo: un secolo esatto dal film del 1925 con Lon Chaney, l’adattamento che ha scolpito per sempre l’immaginario del fantasma mascherato, dell’opera parigina e dell’amore impossibile tra ombra e luce.

    È raro che una figura letteraria attraversi così tante epoche senza perdere fascino, ma il Fantasma di Gaston Leroux ci riesce perché incarna qualcosa di universale: il desiderio di essere visti, amati, accettati… anche quando ci sentiamo mostruosi. Nel tempo è diventato un archetipo, un mito gotico palpitante che ha sedotto l’horror classico, il melodramma, il musical e persino il cinema sperimentale.

    Ogni decennio ha reinventato la sua storia: dagli anni ’40 hollywoodiani ai remake Hammer, dalla psichedelia glam di De Palma alla versione pop del 2004, fino alle letture italianissime e barocche di Dario Argento. Il musical di Andrew Lloyd Webber – e le sue versioni filmate – ha poi trasformato la leggenda in un fenomeno globale, aggiungendo una dimensione romantica e sensuale che continua a conquistare generazioni.

    Per celebrare il centenario, abbiamo raccolto i migliori 10 adattamenti che hanno definito, trasformato o ribaltato il mito del Fantasma. Tra perle gotiche, cult imprevedibili, musical immortali e rivisitazioni radicali, ecco la nostra classifica definitiva.

    1. Il fantasma dell’opera (1925) 

    Il primo grande adattamento cinematografico de Il fantasma dell’opera rimane un punto di riferimento imprescindibile. Il film del 1925, con Lon Chaney nel ruolo del Fantasma, è un capolavoro del cinema muto e dell’espressionismo americano. Chaney — che curò personalmente il trucco, diventato leggendario — costruisce un personaggio disturbante, tragico e intensamente fisico. La sua interpretazione è un equilibrio perfetto tra orrore e pathos, capace di generare empatia nonostante l’aspetto mostruoso.

    Il film è memorabile anche per la sua messa in scena: la grande scalinata, la mascherata, gli inseguimenti nei sotterranei sono diventati iconici. Pur privo di dialoghi sonori, riesce a creare un’atmosfera gotica densa, quasi ipnotica, che ancora oggi cattura. È l’adattamento che ha definito l’immaginario del Fantasma per un secolo intero. Essenziale, monumentale e sorprendentemente moderno, è un’opera che ogni appassionato dovrebbe vedere almeno una volta.

    2. The Phantom of the Opera at the Royal Albert Hall (2011)

    Realizzato per celebrare i 25 anni del musical di Andrew Lloyd Webber, The Phantom of the Opera at the Royal Albert Hall è film-concerto considerato da molti la versione definitiva dell’opera teatrale che completamente riscritto il canone de Il Fantasma dell’Opera. Ramin Karimloo dona al Fantasma un’intensità quasi dolorosa, mentre Sierra Boggess illumina il ruolo di Christine con una combinazione perfetta di fragilità e forza. Il Royal Albert Hall diventa un vero palcoscenico cinematografico: non solo una ripresa teatrale, ma un evento filmico curato nel dettaglio.

    Il valore di questa versione sta nella capacità di catturare ciò che il musical ha significato per decenni di spettatori: romanticismo tragico, numeri memorabili, tensione palpabile tra amore e ossessione. Ogni primo piano, ogni movimento di camera, ogni nota orchestrale è studiata per amplificare l’emozione. Per molti fan, questo è Il fantasma dell’opera nella sua forma più pura: un’esperienza totale, immersiva, impossibile da non amare.

    3. Il fantasma dell’opera (1943) 

    L’adattamento del 1943 de Il Fantasma dell’Opera è una delle versioni più affascinanti del mito, realizzata nel pieno dell’epoca d’oro di Hollywood. Il Fantasma interpretato da Claude Rains è meno terrificante e più tragico, un uomo spezzato dalle circostanze che trova nella musica l’ultima ancora di salvezza. A differenza di altre versioni, questo film mette grande cura nella narrazione emotiva e romantica, valorizzando Christine come figura forte e determinata.

    Il Technicolor contribuisce a creare un’atmosfera quasi fiabesca, con scenografie lussuose e un gusto per il melodramma orchestrale che lo distingue dalle letture più cupe. L’opera lirica diventa un personaggio a sé: costumi, arie, scenografie e movimenti di massa ampliano lo spettacolo. Pur prendendosi molte libertà rispetto al romanzo, il film riesce a catturare lo spirito tragico del Fantasma e lo traduce in eleganza e sentimento. Un classico hollywoodiano di grande fascino.

    4. Il Fantasma dell’Opera (1962) 

    La versione del 1962 de Il Fantasma dell’Opera, prodotta dalla Hammer, è un gioiello del gotico britannico. Più malinconico che spaventoso, il film offre una reinterpretazione del Fantasma come figura tragica, un compositore derubato e ridotto alla follia. Herbert Lom dà vita a un Fantasma profondamente umano, tormentato, capace di suscitare una sincera empatia.

    L’atmosfera è il grande punto di forza: nebbia, corridoi umidi, luci basse, scenografie teatrali che sembrano uscite da un incubo elegante. La Hammer abbandona il sensazionalismo e punta a una tragedia intima, accentuando il rapporto quasi paterno tra il Fantasma e Christine. La componente horror c’è, ma non domina: è un adattamento più drammatico che spaventoso, perfetto per chi ama il gotico emotivo. Non sempre citato tra i migliori, merita invece di essere riscoperto per la sua delicatezza e per l’originalità dell’approccio.

    5. Il Fantasma del Palcoscenico (1974)

    Con Il Fantasma del Palcoscenico, Brian De Palma reinventa completamente il mito, trasformandolo in un musical rock satirico e psichedelico. È un film folle, ribelle, modernissimo ancora oggi: un mix di Faust, Il fantasma dell’opera e cultura glam anni ’70. Il Fantasma di William Finley è un artista ingenuo e sfruttato, vittima di un’industria musicale cannibale guidata dal diabolico produttore Swan, interpretato da Paul Williams.

    De Palma usa il mito per denunciare lo show business, il culto della celebrità e la manipolazione del talento. Il film alterna comicità nera, melodramma, horror pop e numeri musicali irresistibili. Visivamente è un tripudio di split screen, colori acidi e trovate registiche che sono diventate cult. All’uscita fu un fiasco, oggi è venerato come uno dei più originali adattamenti del Fantasma. Un’opera audace, anarchica, impossibile da classificare: pura estasi cinefila.

    6. Il fantasma dell’opera (2004) 

    Il Fantasma dell’Opera di Joel Schumacher è forse l’adattamento più divisivo… ed è proprio questo a renderlo irresistibile. Visivamente barocco, saturo di velluti, candele e scenografie monumentali, è una vera dichiarazione d’amore al melodramma gotico. Gerard Butler incarna un Fantasma meno mostruoso e più passionale, quasi un anti-eroe romantico, mentre Emmy Rossum offre una Christine luminosa e sorprendentemente matura nonostante l’età.

    Schumacher trasforma il musical in un’esperienza pop, estetica e sensuale, che ha segnato un’intera generazione. Il film rallenta, indugia, amplifica: ogni scena è costruita per essere iconica, dal ballo in maschera alla scena finale nel cimitero. Criticato all’uscita, rivalutato nel tempo, oggi è un cult camp, perfetto per chi cerca un Fantasma più fiabesco che terrificante. E soprattutto è l’adattamento che più di tutti ha portato nuovi spettatori nella storia immortale di Leroux.

    7. Il fantasma dell’opera (1998)

    L’adattamento di Dario Argento de Il Fantasma dell’Opera è uno dei più audaci e controversi. Qui il Fantasma non è sfigurato: è una presenza quasi animale, istintiva, nata nelle viscere della terra e legata ai sotterranei dell’Opera come fosse parte dell’edificio stesso. Julian Sands interpreta un Fantasma sensuale, primitivo, più vicino a una creatura selvaggia che a un genio tormentato.

    Argento privilegia l’atmosfera sopra la narrazione: corridoi infiniti, scenografie barocche, violenza improvvisa, gesti melodrammatici e musica invadente. È un film che divide, ma mai banale. Per alcuni è un'occasione mancata, per altri una perla gotica del cinema italiano anni ’90. Di certo è una lettura unica, irripetibile, che esplora il mito senza paura di distanziarsi dal canone. Per chi ama il cinema argentiano, è un capitolo essenziale della fase più estetica del regista.

    8. Love Never Dies (2012)

    Love Never Dies immagina cosa succede dopo il finale del musical di Webber, portando Fantasma, Christine e Raoul nella Coney Island dei primi del ’900, un luogo di illusioni, spettacoli e desideri proibiti. Il Fantasma è ora un impresario chiamato “Signore Y”, ossessionato dal talento di Christine e incapace di lasciarla andare. Questa versione filmata non è solo un sequel: è un’opera visiva e musicale sorprendentemente matura, più oscura e più tragica della precedente.

    I numeri musicali sono grandiosi, la scenografia è un labirinto di neon e ombre, e la relazione tra i protagonisti diventa più complessa, adulta, straziante. Nonostante la ricezione controversa, Love Never Dies è perfetto per chi desidera una versione più malinconica del mito, dove la bellezza della musica combatte con la condanna del destino. Un’opera che divide, ma che emoziona profondamente chi sa lasciarsi andare.

    9. Il fantasma dell’opera (1989) 

    Il Fantasma dell’Opera del 1989 porta il mito di Leroux in pieno territorio slasher, sfruttando la presenza magnetica di Robert Englund, già icona horror grazie a Freddy Krueger. Qui il Fantasma non è una figura romantica né un genio tormentato, ma un assassino sanguinario segnato da un patto con il diavolo, pronto a usare la musica e la seduzione come armi. La struttura narrativa alterna passato ottocentesco e presente newyorkese, rendendo la storia un curioso ibrido tra gotico classico e horror metropolitano anni ’80.

    Il film gioca con il gusto dell’eccesso: smembramenti, trappole brutali, atmosfere cupe e scenografie teatrali che esaltano il lato più pulp del mito. Non è fedele al romanzo, ma proprio questa libertà lo rende un titolo ideale per chi vuole scoprire come Il fantasma dell’opera sia riuscito a sopravvivere adattandosi ai generi più diversi. Una versione sfrontata, esagerata, incredibilmente divertente nella sua ferocia.

    10. Il fantasma dell’Opera (miniserie TV, 1990) 

    Considerata da molti appassionati la trasposizione più fedele al romanzo, Il Fantasma dell’Opera è una miniserie elegante, lenta e profondamente letteraria. Charles Dance offre una delle interpretazioni migliori del Fantasma: non un mostro, non un villain, ma un uomo colto, complesso, ferito dalla vita. La serie esplora a fondo la psicologia dei personaggi, la loro morale, le ambiguità e la sofferenza nascosta tra le mura dell’Opera.

    Lontana dallo spettacolo del musical e dal gotico più estremo, questa versione punta tutto sulla sostanza emotiva del testo originale. Le scenografie sono raffinate, la regia misurata, il tono drammatico e romantico senza scivolare nel melodramma. È l’adattamento ideale per chi vuole avvicinarsi al romanzo nella sua forma più autentica: un Fantasma umano, malinconico, narrativamente ricchissimo.

  • Da “La Signora in giallo” a “High Potential”: le 10 migliori serie TV con detective amatoriali

    Da “La Signora in giallo” a “High Potential”: le 10 migliori serie TV con detective amatoriali

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Il piccolo schermo negli anni ha saputo regalarci detective formidabili, burberi, solitari, dall’intuito infallibile. Ne sono un esempio la coppia Matthew McConaughey e Woody Harrelson in True Detective (2014), l’incontenibile Cordelia Cupp di The Residence (2025) e i protagonisti di un cult come Law & Order - I due volti della giustizia (1990). 

    Ma è anche vero che la storia della serialità è ricca di detective amatoriali. Quelli che si sono trovati nel posto sbagliato al momento giusto. Uomini e donne con i quali per noi spettatori è più facile immedesimarsi e magari immaginare di poter risolvere un caso intricato! JustWatch ha stilato una lista delle 10 migliori serie TV con protagonisti detective amatoriali.

    10. Monterossi - La serie (2022)

    Cinico per natura e con una venerazione sconfinata per Bob Dylan, Carlo Monterossi è un autore televisivo che ne ha viste tante nella sua vita. Un uomo disincantato interpretato con efficacia da Fabrizio Bentivoglio vittima di un tentativo di omicidio che decide di indagare su chi volesse fargli le penne in una Milano blues come la musica che ama ascoltare. È il protagonista di Monterossi - La serie, serie che porta i romanzi di Alessandro Robecchi sul piccolo schermo. 

    La regia è affidata a Roan Johnson, già dietro la macchina da presa de I delitti del BarLume. Se lì l'ambientazione è solare, qui l'atmosfera è malinconica. Non manca mai, però, una buona dose di umorismo rigorosamente black spesso regalato da personaggi surreali che circondano il protagonista mosso da una forte sete di giustizia nonostante il suo atteggiamento apparentemente distaccato. Due stagioni per 11 episodi perfette per chi ama i crime dalle tinte cupe come Rocco Schiavone (2016), ma che non rinunciano a strappare una risata nella sua ora scarsa di durata.

    9. Castle – Detective tra le righe (2009-2016)

    Un poliziesco sì, ma tinto di una nota romantica. È Castle - Detective tra le righe, la serie TV che segue le vicende dello scrittore di gialli Richard Castle con il volto di Nathan Fillion chiamato a collaborare con la squadra capeggiata dalla detective della NYPD Kate Beckett (Stana Katic). Tra i due non scorre subito buon sangue, anzi. Ma la chimica è palpabile e non tarda a manifestarsi, rappresentando una delle colonne portanti della serie. 

    È proprio la loro relazione umana e sentimentale ad evolversi nei 40 minuti che compongono ognuno dei 173 episodi divisi nell’arco di 8 stagioni, mentre insieme lavorano per risolvere i vari casi che sono chiamati ad affrontare. La tensione romantica intrecciata a quella investigativa crea un mix brillante, sebbene nel corso dei vari capitoli ci siano stati momenti più riusciti di altri. Tra battute e frecciatine pungenti, Castle - Detective tra le righe è una di quelle visioni confortanti capaci di intrattenere alternando indagini e batticuore. Da recuperare se hai apprezzato Bones (2005).

    8. Padre Brown (2013)

    Se amate l'Inghilterra rurale e i gialli classici, Padre Brown è la serie giusta per passare una serata sul divano alla ricerca di un colpevole. Basata sui racconti di G.K. Chesterton, la serie vede il sacerdote cattolico con il volto di Mark Williams cercare di portare a galla la verità spesso dopo che la polizia ha messo dietro le sbarre la persona sbagliata. Il parroco di St. Mary. A Kembleford conosce l'animo umano e ha un grande intuito. 

    Doti che usa per ficcare il naso dove non dovrebbe. Ambientata nei primi anni '50, la serie è un'ottima combinazione di mistero, umorismo, riflessione ed empatica. Un crime leggero ma ben congegnato dalla durata di 50 minuti che, nel corso di 11 stagioni, ti immergerà nei verdi paesaggi della campagna inglese, tra chiese, omicidi e personaggi eccentrici. Un altro detective dilettante che usa la testa al posto della pistola. E se ti diverte vedere personaggi improbabili come Angela Merkel in versione detective come in Miss Merkel - Morte al cimitero, non puoi perderti Padre Brown.

    7. Miss Marple (1984)

    Mai dubitare di una (apparentemente) innocua signora anziana. È la lezione che possiamo imparare dalla visione di Miss Marple, la serie TV basata sul personaggio protagonista degli omonimi romanzi di Agatha Christie interpretata da Joan Hickson. È lei a incarnare alla perfezione l'essenza dell'eroina letteraria, tutta cappellini e raziocinio. Una serie che guarda con fedeltà al materiale originale portando in scena le atmosfere tipiche della provincia inglese. 

    Miss Marple, con il suo piglio perspicace e sereno, svela intrighi e segreti che si celano dietro la facciata serena dei villaggi inglesi che diventano le scene del crimine sulle quali si ritrova a indagare osservando e collegando i vari indizi raccolti. Dodici episodi che coprono gli altrettanti romanzi e che, nella loro durata di due ore, hanno un'impronta cinematografica. Così come per La Signora in giallo, anche Miss Marple è la serie adatta per chi predilige le risoluzioni logiche, piuttosto che inseguimenti e sparatorie.

    6. I delitti del BarLume (2013)

    L'umorismo toscano, la provincia e un barista detective con il volto di Filippo Timi aiutato da quattro vecchietti in pensione. Basata sui romanzi di Marco Malvaldi, I delitti del BarLume è quanto di più vicino al cozy mystery di stampo anglosassone. Solo che qui ci troviamo nella fittizia Pineta e a fare da sfondo alle indagini c'è un bar trasformato in quartier generale per scambiare intuizioni, confidenze e investigazioni amatoriali. Arrivato alla tredicesima stagione per un totale di 27 episodi, lo show non ha mai perso la sua unicità data dall'unione di una forte identità con la componente crime diluita da situazioni comiche al limite del grottesco. 

    Un giallo leggero costellato di personaggi bizzarri come Monterossi che farà la gioia di chiunque voglia vedere una serie fresca e divertente senza perdere la tensione data dagli omicidi attorno a cui ruotano le puntate da 90 minuti. Una delle migliori produzioni italiane per la sua vivacità di scrittura e la capacità di fidelizzare il suo pubblico. Un crimine e una partita a carte alla volta.

    5. Afterparty (2022)

    Una piccola gemma televisiva: Afterparty. Una mystery comedy che ruota attorno a un omicidio avvenuto durante una rimpatriata del liceo. A guidare le indagini una detective fuori dagli schemi con il volto di Tiffany Haddish. Ma a investigare, nella speranza di non essere scoperti, ci pensano anche i personaggi di Ben Schwartz e Sam Richardson, due degli invitati alla festa che rischiano di finire sulla lista dei sospettati. 

    Meno di 50 minuti per gli 8 episodi della prima stagione, ognuno debitore a un genere differente. Ed ecco allora il musical che lascia spazio al thriller o alla commedia romantica rispetto a chi degli invitati è chiamato a raccontare la sua versione. Se amate i rompicapo, le storie viste da prospettive differenti e le trame ingegnose come in Only Murders in the Building e Murderville (2022), avete trovato la vostra prossima serie TV del cuore.

    4. High Potential (2024)

    High Potential è la serie perfetta per chi ama le indagini sul piccolo schermo, ma ha un debole per chi non si prende troppo sul serio. Merito della sua protagonista, Morgan Gillory, una scoppiettante madre single di 3 figli con un QI eccezionalmente alto che, da donna delle pulizie della polizia di L.A. viene reclutata per diventarne consulente. Remake statunitense di Morgane – Detective geniale (2021), la serie deve molto alla sua protagonista interpretata da una trascinante Kaitlin Olson. 

    Un look sgargiante, lunghi capelli biondi e un'intelligenza fuori dal comune per un procedurale all'apparenza standard che la protagonista eleva grazie al suo innato carisma. L'evoluzione del rapporto con il suo partner, il detective Adam Karadec (Daniel Sunjata), dapprima ostile e poi di reciproca stima, offre anche una componente più umana al racconto che si estende all'approccio di Morgan ai casi chiamata a risolvere. Una stagione da 13 episodi - con una seconda in arrivo - che si lascia guardare tutta d’un fiato.

    3. A Murder at the End of the World (2024)

    Chi ha visto e amato The OA (2016) conosce già il talento smisurato e anticipatore di Brit Marling in coppia con Zal Batmanglij. Con A Murder at the End of the World realizzano un thriller psicologico con protagonista la giovane hacker detective Darby Hart di Emma Corrin. È lei, nel corso di 8 episodi da oltre un’ora di durata, a dover risolvere una serie di omicidi all'interno di un lussuoso edificio nel cuore dell'Islanda. 

    Mentre la serie omaggia i classici del genere alla Agatha Christie, il suo tratto distintivo è la modernità dei temi trattati, dall'intelligenza artificiale ai cambiamenti climatici. Una miniserie che pone molte domande sull'attualità mentre costruisce una trama stratificata giocata su due piani temporali differenti. Avvincente, suggestiva, profonda, A Murder at the End of the World è intrattenimento intelligente sorretto da un grande cast dove l'alchimia tra il personaggio di Corrin e quello di Harris Dickinson illumina lo schermo. Da vedere se ti è piaciuto La donna della cabina numero 10 (2025).

    2. Only Murders in the Building (2021)

    Un po' un omaggio, un po' una bonaria presa in giro dell'ossessione collettiva per il true crime. Only Murders in the Building fin dal suo esordio ha saputo distinguersi per l'intelligenza della sua scrittura e la sua trama così ben congegnata da scivolare via che è un piacere nei suoi episodi che oscillano tra i 30 e i 40 minuti di durata. Qui di detective amatoriali ce ne sono addirittura 3 e hanno il volto di Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez. Tutti inquilini dello stesso elegante edificio di New York scenario di un omicidio che darà il via alle loro indagini portate avanti grazie a un podcast, ovviamente truce crime! 

    Un giallo dalle atmosfere comedy che celebra il genere mentre gli infonde nuova linfa grazie a un approccio originale quanto irresistibile. Al resto ci pensano due mostri sacri come Martin e Short che funzionano alla grande con Gomez riuscendo ad abbracciare un pubblico ampio e variegato. Una vera delizia che vi divertirà con situazioni improbabili, colpi di scena e grandi prove attoriali. Ma non solo: perché nell'unione di tre vite così diverse c'è anche il racconto di un'amicizia che va oltre l'età anagrafica. Cinque stagioni da recuperare - con una sesta già confermata che porterà i protagonisti a Londra - se Poker Face (2023) e Morte e altri dettagli (2024) ti hanno divertito. 

    1. La signora in giallo (1984-1996)

    Impossibile non aver passato almeno un pomeriggio della propria vita in compagnia di Jessica Fletcher e una delle sue indagini. La scrittrice di best-seller che ha fatto la storia del piccolo schermo grazie alle 12 stagioni de La Signora in giallo in cui ha risolto casi di omicidio ovunque si trovasse. La serie, anche se andata in onda tra il 1984 e il 1996, non ha perso il suo fascino che risiede tutto in una protagonista intelligente e arguta e in una formula narrativa dal retrogusto familiare condensata nei 45 minuti di durata dei suoi episodi.

     Niente violenza o azione al cardiopalma, quanto un crime paradossalmente confortante nel suo approccio “casalingo”, merito anche della placida Cabot Cove sullo sfondo. La serie perfetta per chi cerca il brivido del mistero, ma ama i gialli vecchia scuola tutta logica e osservazione. Un classico intramontabile che presto avrà un suo reboot con protagonista Jamie Lee Curtis. Molto probabilmente si tratterà di un film pensato per lo streaming al cui timone siedono i registi Phil Lord e Chris Miller (Spider-Man - Un nuovo universo, 2018) con il contributo della produttrice Amy Pascal (Venom, 2018).

  • Da “Gintama” a “One Punch Man”: i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi farti una bella risata!

    Da “Gintama” a “One Punch Man”: i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi farti una bella risata!

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Quando hai bisogno di spegnere il cervello, staccare dall’ansia quotidiana e ridere fino alle lacrime, l’animazione giapponese tira fuori il meglio di sé. La comicità anime è un universo vastissimo: slapstick surreale, parodia totale dei cliché otaku, commedie scolastiche scatenate, humor nero, demenzialità pura e personaggi così assurdi da diventare irresistibili.

    In un’epoca in cui l’offerta è sterminata e spesso ci si perde tra mille titoli, vale la pena tornare ai fondamentali: quegli anime che, indipendentemente dal mood o dal momento, riescono sempre a strapparci una risata sincera. Per aiutarti a scegliere, abbiamo raccolto i 10 anime più divertenti da guardare quando vuoi davvero farti una bella risata. Ognuno rappresenta una sfumatura diversa dell’umorismo giapponese e include anche un titolo consigliato simile, perfetto per continuare la maratona all’insegna del buon umore.

    1. Gintama (2006 – 2018)

    Gintama è probabilmente la serie più divertente che l’animazione giapponese abbia mai prodotto: un mix letale di parodia, comicità slapstick, non-sense, citazioni meta e improvvisi momenti drammatici che ti colgono di sorpresa. Il protagonista Gintoki, samurai pigro e allergico allo sforzo, vive in un Edo futuristico dominato dagli alieni e si ritrova in situazioni sempre più assurde: da battaglie per l’ultimo gelato in offerta a guerre intergalattiche risolte con rutti e minacce ridicole. Il ritmo è frenetico, i personaggi secondari diventano subito iconici e l’umorismo rompe continuamente la quarta parete. È l’anime ideale quando vuoi ridere senza freni e al tempo stesso affezionarti a un cast gigantesco e irresistibile.

    Se vuoi qualcosa di altrettanto incontenibile e parodico, prova Excel Saga (1999 – 2000), un cult caotico che non conosce regole.

    2. Saiki K. – The Disastrous Life of Saiki K. (2016 – 2019)

    Saiki K. è la definizione perfetta di commedia brillante: un protagonista implosivo, sarcastico, potentissimo… e disperato dal desiderio di vivere una vita normale. Saiki ha poteri psichici che lo renderebbero un supereroe, ma per lui sono solo un disturbo quotidiano. La comicità nasce dal contrasto tra il suo mutismo esasperato e la follia iperattiva dei compagni di classe, ognuno ridicolmente sopra le righe: dall’esaltato wannabe eroe al maschio alfa che crede di essere un boss degli anime shonen. L’alternanza di episodi brevissimi, gag fulminanti e humour deadpan la rende una serie perfetta da maratonare, soprattutto quando sei in cerca di leggerezza pura.

    Se ami la comicità veloce e i personaggi deliranti, guarda Haven’t You Heard? I’m Sakamoto (2016), un altro gioiello di humour surreale.

    3. Nichijou (2011)

    Nichijou (2011) è l’incarnazione dell’assurdo comico: un anime che prende la quotidianità scolastica e la porta direttamente nell’iperbole totale. Le scene più banali – un compito in classe, una discussione, un incontro casuale – diventano esplosioni teatrali di umorismo, con animazioni esagerate che trasformano un semplice schiaffo in una scena da kolossal d’azione. La serie alterna momenti di poesia, nonsense puro, slapstick e un ritmo perfetto, capace di sorprenderti in ogni episodio. È un’opera che funziona anche grazie alla dolcezza dei personaggi, tutti incredibilmente imperfetti e irresistibili nella loro goffaggine.

    Se ti piace il non-sense elegante, prova Azumanga Daioh (2002 – 2003), uno dei precursori della comicità scolastica “assurda ma tenera”.

    4. KonoSuba – God’s Blessing on This Wonderful World! (2016 – 2024)

    KonoSuba (2016 – 2024) è l’anti-isekai definitivo: invece di eroi virtuosi e mondi epici, ci regala un gruppo di incapaci adorabili. Kazuma è un protagonista sarcastico come pochi, e le sue compagne – Aqua la dea idiota, Megumin ossessionata dalle esplosioni e Darkness la paladina masochista – creano un perfetto disastro comico ad ogni missione. L’umorismo nasce dal sabotaggio continuo delle aspettative del genere, trasformando ogni quest in una spirale di fallimenti divertentissimi. Il ritmo è rapido, il dialogo brillante e il modo in cui i personaggi crescono (poco, pochissimo) è parte del fascino della serie.

    Se vuoi un altro fantasy comico, prova Cautious Hero (2019), che gioca in modo spassoso sulle aspettative del genere.

    5. One Punch Man (2015 – in corso)

    One Punch Man (2015 – in corso) unisce azione spettacolare e uno humour irresistibile. Saitama è l’eroe più forte di tutti i tempi, ma ha un problema: si annoia mortalmente perché sconfigge qualsiasi nemico con un solo pugno. La comicità nasce proprio dalla sua apatia totale di fronte al caos: mentre mostri catastrofici distruggono la città, lui pensa agli sconti al supermercato. L’animazione è di altissimo livello, e le battute sono fulminanti, soprattutto quando mettono alla berlina i cliché degli anime shonen e dei supereroi.

    Se vuoi un’altra satira dell’eroismo, guarda Mob Psycho 100 (2016 – 2022), divertente, profonda e altrettanto originale.

    6. The Devil Is a Part-Timer! (2013 – 2023)

    The Devil Is a Part-Timer! è un’idea geniale trasformata in una commedia irresistibile: cosa succede se il Signore dei Demoni arriva nel nostro mondo… e deve lavorare in un fast-food per tirare avanti? La serie sfrutta alla perfezione il contrasto tra la grandeur sovrannaturale e le miserie quotidiane: affitti, orari di lavoro, offerte speciali e turni di notte. Lucifer, angeli e eroi finiti male diventano colleghi problematici e coinquilini ingestibili. Il risultato è una satira fresca, piena di gag, situazioni grottesche e un protagonista sorprendentemente umano.

    Se ami gli isekai ribaltati, prova Re:Creators (2017), dove i personaggi delle opere di fantasia piombano nel nostro mondo.

    7. Detroit Metal City (2008)

    Detroit Metal City (2008) è un’anomalia geniale: un anime rock demenziale, volgare e intelligentissimo. Segue Negishi, un ragazzo timidissimo che sogna il pop svedese ma viene trascinato a forza nel ruolo di Krauser II, frontman di una band death-metal estrema. Il contrasto tra la sua personalità reale e il suo alter ego demoniaco crea alcune delle gag più esilaranti mai viste, spesso al limite dell’assurdo. La serie è breve, ma ha un ritmo devastante e una comicità aggressiva che non lascia respiro.

    Se ti intriga la satira musicale, prova Aggretsuko (2018 – 2023), una commedia che usa il metal per raccontare lo stress della vita adulta.

    8. Prison School (2015)

    Prison School è l’apice della commedia volgare giapponese, ma sarebbe riduttivo etichettarlo solo così: è una serie che prende lo humour “hard”, lo esaspera fino al grottesco e lo trasforma in una macchina di gag visive e tempi comici impeccabili. La trama è già una dichiarazione d’intenti: cinque ragazzi vengono ammessi in una scuola esclusivamente femminile e, dopo essere stati sorpresi a spiare le ragazze negli spogliatoi, finiscono letteralmente in una “prigione scolastica”. Lì iniziano punizioni paradossali, giochi di potere e momenti talmente eccessivi da diventare irresistibili. Ciò che rende Prison School così divertente è il contrasto tra l’estrema serietà con cui i personaggi vivono ogni situazione e la totale assurdità degli eventi. Le espressioni esasperate, la regia iper-drammatica e la fisicità dei protagonisti costruiscono una comicità che funziona perché consapevolmente sopra le righe.

    Se ti piace l’umorismo estremo ma intelligente, uno dei titoli più vicini per spirito è Shimoneta: A Boring World Where the Concept of Dirty Jokes Doesn’t Exist (2015), che porta la satira sessuale in un’altra direzione assurda e provocatoria, ma altrettanto irresistibile.

    9. Daily Lives of High School Boys (2012)

    Daily Lives of High School Boys (2012) prende un concetto semplicissimo – la vita quotidiana di tre ragazzi del liceo – e lo trasforma in una sequenza continua di gag memorabili. Le conversazioni assurde, gli esperimenti stupidi, le scenette improvvisate diventano piccole perle di comicità adolescenziale. Il cast è ampio, le situazioni sempre nuove e il tono spazia dal non-sense più totale all’umorismo imbarazzato che ricorda davvero come si parla e si gioca tra amici. È un anime che riesce a far ridere proprio perché cattura la spontaneità dell’età, trasformandola in un delizioso caos.

    Se vuoi un’altra commedia scolastica brillante, prova Hyouka (2012), più misteriosa ma con interazioni altrettanto divertenti.

    10. Great Teacher Onizuka (1999 – 2000)

    Great Teacher Onizuka (1999 – 2000) è una delle commedie più amate di sempre, grazie al suo protagonista: Eikichi Onizuka, ex teppista che diventa insegnante… con metodi decisamente poco ortodossi. L’anime alterna humour esagerato, situazioni assurde, critica sociale e momenti sinceramente emotivi, costruendo un equilibrio perfetto tra risata e crescita. Le classi problematiche, gli studenti ribelli, le sfide quotidiane: tutto diventa occasione per trasformare Onizuka in un eroe improbabile e irresistibile. È una serie che fa ridere di gusto, ma lascia anche molto di più. 

    Se vuoi un’altra serie scolastica con un tocco anarchico, guarda Sakamichi no Apollon (2012), più drammatica ma con un cuore pulsante altrettanto forte.

  • Tutti i film e le serie TV con Serena Rossi (e la nostra classifica dei migliori 10 titoli)

    Tutti i film e le serie TV con Serena Rossi (e la nostra classifica dei migliori 10 titoli)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Serena Rossi è stata al centro di alcuni tra i migliori film e le migliori serie TV uscite in Italia negli ultimi anni. L’attrice napoletana ha fatto breccia nel panorama nazionale con la parte di Carmen Catalano nella soap opera di culto Un posto al sole, dove ha lavorato anche con suo marito Davide Devenuto.

    L’attrice continua ad avere una carriera fitta di ruoli, con decine di apparizioni sul piccolo e grande schermo. Questa lista di JustWatch vi porta alla scoperta di tutti i film e le serie TV con Serena Rossi. Oltre all’elenco completo che trovate in fondo, abbiamo selezionato per voi cinque film e cinque serie TV che meglio rappresentano la bravura di Serena Rossi.   

    1. Song'e Napule (2014)

    Song'e Napule è l’esordio sul grande schermo di Serena Rossi, dopo già un decennio di presenze in TV. Il film dei Manetti Bros. la vede interpretare Marianna, sorella del cantante neomelodico Lollo Love (Giampaolo Morelli). L’attrice mostra di essere più che pronta per il salto sul grande schermo, contribuendo con il suo ruolo a creare una commedia crime irresistibile. Indimenticabile la prova di Morelli nei panni del neomelodico. Infine, lo stile dei fratelli Manetti è irresistibile, a partire dall’estetica che strizza l’occhio ai poliziotteschi anni ‘70. Una piccola gemma che verrà apprezzata da chi ha in casa un poster di Tomas Milian in Squadra volante (1974).

    2. Ammore e malavita (2017)

    Abituatevi a vedere il nome dei Manetti Bros. perché l’accoppiata con Serena Rossi ci ha regalato alcuni dei film italiani moderni più belli di sempre. Ammore e malavita ripropone molti elementi vincenti di Song'e Napule (2014), espandendo ancora di più l’universo sui generis dei Manetti. Torna il poliziesco made in Italy dei Settanta, questa volta sporcato ancora di più da virate in stile musical. Ritornano anche Morelli e Rossi, nei panni di una ex coppia che si incontra di nuovo dopo anni, in circostanze estremamente pericolose. Rossi appare in grande forma sia nelle scene drammatiche che in quelle più leggere, spiccando anche nelle prove musicali.

    3. Mia Martini - Io sono Mia (2019)

    Mia Martini - Io sono Mia è un biopic sull’omonima cantante, che restituisce allo spettatore alcune fasi della sua carriera, tra gioie artistiche e periodi drammatici. Nonostante la pellicola abbia qualche difetto, tra cui una durata forse troppo ristretta, Serena Rossi riesce a portare a casa una delle sue interpretazioni migliori. L’attrice si cala in maniera formidabile nei panni di Mia Martini, senza scimmiottarla per sembrarle identica ma catturandone l’essenza. Un po’ come fa Jeremy Allen White in Springsteen - Liberami dal nulla (2025). Se avete amato Fabrizio De André: Principe libero (2018), questo è il film che fa per voi.

    4. Diabolik (2021)

    Non si sbaglia mai con i Manetti Bros. Con Diabolik, i due spingono il pedale dell'acceleratore consegnando agli spettatori un film con uno dei budget più alti con cui abbiano mai lavorato. E si vede. Il film con Luca Marinelli, Valerio Mastandrea e Miriam Leone brilla per il suo valore estetico. La fotografia elegante ricorda a tratti Diabolik (1968), la prima trasposizione sullo schermo dell’antieroe del maestro Mario Bava. Con un cast così, poi, è difficile sbagliare. A partire proprio da Serena Rossi che, nonostante un ruolo di secondo piano, mostra come a volte una grande attrice possa mostrare la sua bravura anche in pochi minuti. Peccato per il ritmo a tratti troppo lento.

    5. Il treno dei bambini (2024)

    Il treno dei bambini si discosta dalle atmosfere leggere dei Manetti Bros. e vede Serena Rossi in chiave totalmente drammatica. L’attrice deve anche ricoprire un ruolo difficile, ovvero quello di una madre che cerca di tarpare le ali al figlio a causa della povertà. Un ruolo complesso che lascia lo spettatore a metà tra comprensione delle circostanze e critica delle azioni. La prova di Rossi è di grande impatto ed è per questo che la visione de Il treno dei bambini (2024) ci lascia così combattuti. Una menzione d’onore va anche alla regista Cristina Comencini, che non soffoca la storia con virtuosismi fuori luogo ma la esalta con una regia invisibile e posata.

    6. Il commissario Montalbano (2008)

    Come già detto, Serena Rossi ha partecipato ad alcuni dei titoli più famosi e importanti del Bel paese. Poteva forse mancare dalla serie TV simbolo dei primi anni 2000, ovvero Il commissario Montalbano? L’attrice appare nel primo episodio della stagione 7, intitolato La vampa d'agosto, e lo fa con una performance memorabile. Calandosi nei panni di una donna che cerca vendetta per la morte della sorella gemella, Rossi mostra una grande confidenza. La parte la vede coinvolta in scene di seduzione ma anche altamente drammatiche, riuscendo a sostenere entrambi i registri con disinvoltura. Non a caso, il poliziesco è un genere nel quale l’attrice sguazza senza alcun problema.

    7. Il clan dei camorristi (2013)

    Oltre al poliziesco, Rossi ci ha ormai abituati a grandi performance anche nel genere crime, come testimonia Ammore e malavita (2017). Il clan dei camorristi ne è l’ennesima conferma. Come ogni opera crime che si rispetti, a fianco dei personaggi dalla cattiva reputazione ci sono sempre persone che rappresentano la luce. Patrizia Teduccio interpretata da Serena Rossi rappresenta proprio il lato positivo della vicenda. Il ruolo richiede una prestazione drammatica e un range emotivo che l’attrice riesce a fare proprio. Il clan dei camorristi (2013) è da segnalare anche per la pregiata qualità visiva e per le prove dell’intero cast, tra cui Stefano Accorsi e Giuseppe Zeno.

    8. L'ispettore Coliandro (2016-2018)

    Dopo Il commissario Montalbano (2008), Serena Rossi non poteva lasciarsi sfuggire una parte in un’altra serie poliziesca di grande successo, quel cult chiamato L'ispettore Coliandro. L’attrice appare qui in due soli episodi, il secondo della stagione 5 e il secondo della stagione 7. Come per Diabolik (2021) e Il clan dei camorristi (2013), si tratta di un ruolo secondario che Rossi affronta con la stessa serietà di uno da protagonista. La parte di Ilaria, giovane donna per la quale Coliandro si invaghisce, è leggera ma con alcuni tocchi drammatici che non guastano. Ah, quasi dimenticavo: alla regia ci sono sempre loro, i Manetti Bros..

    9. Mina Settembre (2021-2025)

    Mina Settembre porta Serena Rossi nella città natale di Napoli per un ruolo da protagonista assoluta. L’attrice partenopea interpreta proprio il personaggio che dà il nome alla serie, un’assistente sociale che deve affrontare problemi quotidiani per migliorare il mondo in cui vive. La serie TV è perfetta per Rossi, raccontando ogni episodio con il giusto equilibrio tra commedia e dramma. La prova nei panni di Mina è molto naturale, con Rossi completamente nella parte. Mina Settembre (2021) non va persa anche per i bellissimi scorci della città del sole, che donano un tocco in più all’estetica dell’opera basata sui testi di Maurizio De Giovanni.

    10. Uonderbois: Il Tesoro Segreto di Napoli (2024)

    Uonderbois: Il Tesoro Segreto di Napoli è una serie TV targata Disney+ che mischia l’avventura con il dramma e la commedia, creando quasi un’atmosfera da realismo magico. Sempre ambientata a Napoli come Mina Settembre (2021), questa volta gli spettatori possono godersi sia le strade che i sotterranei della città. Serena Rossi continua ad alzare l’asticella interpretando qui un ruolo da villain. Se già si era calata in un mood simile ne Il commissario Montalbano (2008), qui l’attrice ha la possibilità di rivestire una parte da antagonista pura per più di un episodio. Il risultato è una prova potente e senza stonature, un’altra testimonianza della versatilità sempre più estesa di Serena Rossi.

  • “Charlie’s Angels”: tutti i film e le serie TV in ordine cronologico

    “Charlie’s Angels”: tutti i film e le serie TV in ordine cronologico

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Dagli anni ’70 a oggi, Charlie’s Angels ha attraversato la storia della cultura pop cambiando volto più volte, ma senza mai perdere la propria essenza: tre donne protagoniste, brillanti e intraprendenti, impegnate a risolvere missioni per conto di un misterioso benefattore invisibile che comunica solo con la sua voce, il mitico Charlie Townsend. 

    Un’idea nata per cavalcare la moda del “girl power”, ma all’epoca ancora profondamente influenzata dallo sguardo maschile. Tuttavia il format col tempo si è evoluto, mettendo più a fuoco un punto di osservazione femminile, con le protagoniste non più ritratte semplicemente come una miscela tra agenti segreti e pin-up.

    Un’ evoluzione che parte dal debutto televisivo del 1976 fino al ritorno sul grande schermo del 2019, che oggi potete vedere e riscoprire in streaming sulle maggiori piattaforme. Qui sotto la lista completa, in ordine cronologico, con cui guardare ogni film e serie.

    1. Charlie’s Angels – La serie originale (1976–1981)

    È qui che tutto comincia. Tre ex poliziotte – Sabrina Duncan (Kate Jackson), Jill Munroe (Farrah Fawcett) e Kelly Garrett (Jaclyn Smith) – vengono reclutate dalla misteriosa Townsend Agency per diventare investigatrici private. A coordinare il tutto è Charlie, la mente a capo dell’agenzia, che nessuno ha mai visto e che comunica solo attraverso la voce (quella di John Forsythe).La serie divenne un successo immediato: 5 stagioni, 115 episodi e un posto fisso nella cultura pop. Tra cambi di cast e missioni sempre più spettacolari, Charlie’s Angels lanciò per la prima volta un modello di squadra tutta al femminile, che verrà poi ripreso nei decenni successivi.

    2. Charlie’s Angels (2000)

    Dopo quasi vent’anni ritorna la saga, ma questa volta al cinema, e con una nuova generazione di Angeli. Cameron Diaz, Drew Barrymore e Lucy Liu interpretano Natalie, Dylan e Alex, tra arti marziali, spionaggio e look entrati nella storia del franchise. Il tono cambia: la trama è ironica, leggera, a tratti surreale, ma con scene d’azione più spettacolari rispetto all’originale. La missione questa volta ruota attorno alla misteriosa scomparsa di un genio dell’informatica, Eric Knox. Il film riaccende l’interesse sugli Angeli e mostra che il format può funzionare anche con un’estetica da blockbuster anni ’2000.

    3. Charlie’s Angels: Animated Adventures (2003)

    Nel 2003 arriva anche una mini-serie animata online, Charlie’s Angels: Animated Adventures. Composta da sei brevi episodi, si colloca cronologicamente tra i due film con Diaz, Barrymore e Liu, e racconta una missione segreta per ritrovare un U.S. Marshal di cui si sono perse le tracce. Pochi dialoghi, grafica essenziale, ma rimane un titolo utile per chi vuole completare l’universo narrativo del franchise.

    4. Charlie’s Angels - Più che mai (2003)

    Sempre nel 2003 esce Charlie’s Angels - Più che mai, ancora interpretato dal trio Diaz, Barrymore, Liu. Questa volta gli Angeli devono recuperare due anelli rubati, in cui sono contenute informazioni riservate sui testimoni sotto protezione. A loro si unisce Jimmy Bosley (Bernie Mac), fratello del precedente Bosley, e torna anche un’ex Angelo, Madison Lee (Demi Moore), mossa da intenzioni tutt’altro che nobili. Il film spinge sull’acceleratore: più azione, più comicità, più stile. Tuttavia il risultato non convinse il pubblico, e il franchise finì nel dimenticatoio per qualche anno.

    5. Charlie’s Angels – La serie reboot (2011)

    Nel 2011 si tenta un nuovo reboot televisivo. Questa volta il trio è formato da Kate (Annie Ilonzeh), Eve (Minka Kelly) e Abby (Rachael Taylor), affiancate dall’hacker John Bosley (Ramon Rodriguez). Ogni personaggio ha un passato difficile alle spalle, ognuno è alla ricerca di una seconda possibilità. Rispetto alla serie originale il tono è più serio e realistico, ma anche questa volta la serie non convince e viene cancellata dopo soli quattro episodi. Un’occasione mancata, ma comunque parte integrante della storia del franchise.

    6. Charlie’s Angels (2019)

    L’ultimo capitolo della saga – almeno finora – arriva nel 2019 con una nuova versione cinematografica firmata da Elizabeth Banks (che interpreta anche uno dei “Bosley”). Stavolta, la Townsend Agency è diventata una rete internazionale con team operativi in tutto il mondo, e i tre nuovi Angeli sono Kristen Stewart, Naomi Scott ed Ella Balinska. La loro missione? Impedire che una tecnologia per il risparmio energetico venga trasformata in un’arma letale. Il film unisce scene d’azione ma con un focus più femminista rispetto ai titoli precedenti, cercando di modernizzare la formula, ma senza tradirne le radici. Nonostante l’idea forte e un buon cast, il film non ottenne il successo sperato, tuttavia rimane un tassello importante nell’evoluzione della saga.

  • Da "Dragon Ball" a "Bleach": i 10 migliori anime shōnen di tutti i tempi

    Da "Dragon Ball" a "Bleach": i 10 migliori anime shōnen di tutti i tempi

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Lo shōnen è il cuore pulsante dell’animazione giapponese: il genere che più di ogni altro ha definito l’immaginario collettivo di intere generazioni. Avventure, poteri, rivalità, amicizia – ma anche perdita, sacrificio e crescita. Da Dragon Ball in poi, ogni decennio ha riscritto il linguaggio dell’epica giapponese, fondendo azione e formazione con stili sempre più maturi.

    Oggi lo shōnen non è più solo un racconto di battaglie: è una mitologia moderna che riflette paure e desideri del nostro tempo. Ecco i dieci anime shōnen che hanno lasciato un segno indelebile – pietre miliari che hanno cambiato la storia dell’animazione e continuano a ispirare i nuovi eroi del futuro.

    1. Dragon Ball Z (1996 – 2003)

    Creato da Akira Toriyama, Dragon Ball Z è l’archetipo dello shōnen moderno. Il viaggio di Goku da guerriero ingenuo a salvatore dell’universo ha plasmato generazioni di fan e definito l’idea stessa di “battaglia epica”. Ogni saga — dai Saiyan a Majin Bu — è una lezione di tensione narrativa e di escalation visiva. L’anime ha reso iconico il concetto di “power up” e la filosofia del superamento dei limiti, influenzando serie come Naruto e My Hero Academia. Pur datato nell’animazione, conserva un’energia e un ritmo ineguagliabili. È il punto zero dello shōnen: dove tutto è cominciato, e da cui tutto continua a nascere. Se ami l’evoluzione dei personaggi e i duelli infiniti, prova anche Yu Yu Hakusho (1992 – 1994), altro classico che fonde spiritualità e adrenalina.

    2. One Piece (1999 – in corso)

    Con oltre mille episodi e un fandom planetario, One Piece di Eiichiro Oda è più di un anime: è una saga epica sull’amicizia e la libertà. La ciurma di Cappello di Paglia incarna il sogno dell’avventura assoluta, tra mari in tempesta e misteri antichi. Oda costruisce un universo vastissimo e coerente, capace di mescolare umorismo, dramma e filosofia politica. Ogni personaggio è una storia di riscatto. One Piece è il manifesto dello shōnen come viaggio emotivo e collettivo, una lunga rotta verso la scoperta di sé. Se ami le avventure corali con mondi intricati, Fairy Tail (2009 – 2018) offre la stessa energia di gruppo e lo stesso spirito sognante.

    3. Naruto (2002 – 2007)

    Naruto di Masashi Kishimoto ha portato lo shōnen nel nuovo millennio, trasformando il tema della crescita in un dramma identitario. La storia del giovane ninja emarginato che sogna di diventare Hokage parla di solitudine, accettazione e destino. Il successo di Naruto deriva dalla sua struttura: duelli spettacolari, ma sempre legati a una ferita interiore. La serie esplora la ciclicità dell’odio e la ricerca di redenzione, anticipando il tono più maturo degli shōnen contemporanei. Con Naruto: Shippuden (2007 – 2017), la saga diventa un’epopea sulla memoria e il sacrificio. È l’anime che ha insegnato che la forza non sta solo nel chakra, ma nella capacità di non arrendersi mai. Se ti affascinano i ninja e i drammi psicologici, Blue Exorcist (2011 – 2025) condivide la stessa tensione tra eredità, peccato e destino.

    4. Attack on Titan (2013 – 2023)

    Con Attack on Titan, Hajime Isayama ha rivoluzionato lo shōnen, portandolo nel territorio del dramma politico e dell’horror esistenziale. Eren Jaeger e i suoi compagni lottano contro giganti mostruosi, ma la vera minaccia è l’uomo stesso. L’anime combina azione vertiginosa e riflessione filosofica sulla libertà, la vendetta e la manipolazione ideologica. È lo shōnen che ha osato sporcarsi di sangue e ambiguità morali, lasciando il pubblico diviso fino alla fine. Con la regia straordinaria di MAPPA, Attack on Titan ha ridefinito il concetto di epicità: non solo lotta, ma condanna e destino. Se ti affascinano le guerre morali e le trame corali, guarda Code Geass (2006 – 2008), un thriller mecha-politico con la stessa potenza tragica.

    5. Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009)

    Basato sul manga di Hiromu Arakawa, Fullmetal Alchemist: Brotherhood è una lezione di scrittura, ritmo e filosofia. I fratelli Elric, nel tentativo di riportare in vita la madre, commettono un errore irreparabile e pagano il prezzo della conoscenza. L’anime fonde azione, tragedia e metafisica, riflettendo sui limiti dell’ambizione umana. Ogni personaggio è tridimensionale, ogni arco narrativo trova una chiusura perfetta. È lo shōnen della maturità morale: non insegna a vincere, ma a capire. Se ami gli universi alchemici e i dilemmi etici, Death Note (2006) offre lo stesso equilibrio tra ingegno, colpa e potere.

    6. My Hero Academia (2016 – 2025)

    Kohei Horikoshi ha reinventato il concetto di eroe per la generazione contemporanea. My Hero Academia racconta un mondo in cui quasi tutti possiedono superpoteri, ma non tutti hanno un posto tra i “veri” eroi. Izuku Midoriya, fragile e determinato, diventa simbolo di resilienza e idealismo. L’anime fonde l’estetica americana dei supereroi con la sensibilità giapponese, esplorando temi come l’eredità, il coraggio e la disillusione. Con sequenze d’azione impeccabili e un cast corale di grande spessore, My Hero Academia è lo shōnen del nostro tempo: spettacolare, emotivo e profondamente umano. Se ami la riflessione sull’eroismo e il lato oscuro della giustizia, Tiger & Bunny (2011– 2022) è la sua versione più ironica e matura.

    7. Jujutsu Kaisen (2020 – in corso)

    Tra i nuovi giganti dello shōnen, Jujutsu Kaisen di Gege Akutami combina orrore urbano, filosofia esistenziale e combattimenti di straordinaria fluidità. Yuji Itadori non è un eroe classico: è un ragazzo che lotta contro l’assurdo e contro sé stesso. La serie riflette sull’equilibrio tra vita e morte, bene e male, con una scrittura corale che dà peso anche ai villain. Lo stile di animazione di MAPPA ha alzato l’asticella tecnica del genere, regalando scene d’azione diventate iconiche. Jujutsu Kaisen rappresenta la generazione post-Naruto: disillusa, ma capace di trovare forza nel dolore. Se cerchi lo stesso mix di esorcismo, violenza e spiritualità, Dorohedoro (2020) è un’alternativa visionaria e disturbante.

    8. Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba (2019 – in corso)

    Demon Slayer ha riportato l’animazione mainstream a livelli di spettacolo cinematografico. Il viaggio di Tanjiro e Nezuko è una parabola di amore fraterno, dolore e speranza. L’opera di Koyoharu Gotouge è visivamente stupefacente: lo studio Ufotable ha creato una sinfonia di colori e movimento che ha ridefinito lo standard dell’action. Ma il vero cuore della serie è emotivo: il coraggio di affrontare la perdita e proteggere ciò che resta umano anche tra i mostri. Con Mugen Train diventato il film anime più visto della storia, Demon Slayer è la dimostrazione che lo shōnen può ancora commuovere e stupire come nessun altro genere. Se ti emozionano i duelli tra bene e male con tocco gotico, Bleach: Thousand-Year Blood War (2022) amplifica la stessa tensione visiva e spirituale.

    9. Hunter x Hunter (2011)

    Yoshihiro Togashi, autore anche di Yu Yu Hakusho, ha firmato con Hunter x Hunter un capolavoro di complessità narrativa. Gon e Killua crescono tra duelli e rivelazioni, in un mondo che mette continuamente alla prova la loro moralità. Ogni arco narrativo è un esperimento: dal torneo classico al thriller psicologico, fino all’orrore della Chimera Ant. Togashi smonta i codici dello shōnen con intelligenza e crudele realismo. L’anime diretto da Hiroshi Kōjina mantiene ritmo e intensità per tutta la sua durata, pur restando incompiuto. È lo shōnen per chi cerca profondità e ambiguità: un viaggio nell’amicizia e nella perdita dell’innocenza. Se ami la complessità strategica e i mondi morali ambigui, guarda Magi: The Kingdom of Magic (2012 – 2013), altrettanto filosofico e avventuroso.

    10. Bleach (2004 – 2024)

    Con il ritorno di Bleach: Thousand-Year Blood War, la saga di Tite Kubo ha trovato la sua chiusura definitiva, confermandosi tra i pilastri dello shōnen classico. Ichigo Kurosaki, ragazzo capace di vedere gli spiriti, diventa il tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Kubo ha creato uno stile visivo inconfondibile, fatto di spade, pose e silenzi che evocano più il cinema che il fumetto. La nuova serie ha rispolverato il fascino estetico di un anime che ha segnato gli anni Duemila, tra colonna sonora epica e design d’autore. Bleach è tornato per ricordarci che la vera forza di uno shōnen sta sempre nel suo stile e nella sua anima. Se ti appassiona la spiritualità guerriera e la mitologia dark, Black Clover (2017) riprende il testimone con energia giovane e battaglie magiche.

  • I migliori film sui serpenti da vedere prima dell’uscita del nuovo “Anaconda”

    I migliori film sui serpenti da vedere prima dell’uscita del nuovo “Anaconda”

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    I film di mostri ci hanno regalato dinosauri dalla forza distruttiva, creature aliene assetate di sangue umano o creature mitologiche di nuovo tra noi. Questo fortunato sottogenere che mescola horror e cinema d’azione ci ha tenuto svegli la notte anche con enormi serpenti. O di dimensione normale, visto il fattore paura di queste creature.

    Con l’imminente uscita di Anaconda, il reboot dell’omonimo cult con Jennifer Lopez, Ice Cube e Owen Wilson, qui a JustWatch vogliamo aiutarvi a scoprire i migliori film sui serpenti da vedere prima della pellicola con Jack Black e Paul Rudd. Abbiamo preferito una lista più contenuta perché, come potete immaginare, i film sui serpenti molte volte oltrepassano di gran lunga il livello tollerabile di trash. Non temete, però. Questa lista ne contiene abbastanza per chi stia cercando queste atmosfere. In alternativa potrete anche gustarvi un paio di interpretazioni più “autoriali” del sottogenere e un blockbuster inaspettato.

    6. King Cobra (1999)

    King Cobra è un buon inizio per chi voglia esplorare il sottogenere. Il livello di trash è contenuto e, nonostante la trama a tratti molto semplice, il film porta a casa un buon risultato. Ciò che rimane impresso nella mente è proprio il mostro protagonista, un cobra reale di 9 metri. Al posto di ricorrere alla computer grafica, il team di King Cobra (1999) ha costruito la creatura solamente con effetti pratici. Vista la qualità ancora altalenante delle tecniche CGI a quei tempi, questa scelta vale alla pellicola un posto in questa classifica. Menzione d’onore per Pat Morita, l’immortale Miyagi di Karate Kid (1984), qui nel ruolo di un cacciatore di serpenti. 

    5. Snakes on a Plane (2006)

    Il livello di trash cresce in maniera esponenziale con Snakes on a Plane. Tuttavia, anche questo lato del sottogenere doveva comparire nella lista in tutto il suo sfarzo. Se cercate un film trash alla Sharknado (2013) ma con gli animali dalla lingua biforcuta come protagonisti, l’avete trovato. La pellicola con Samuel L. Jackson è ricca di linee di dialogo indimenticabili, di scene d’azione impensabili e di grandi pennellate comiche che bilanciano il tutto. Non si tratterà forse di uno dei migliori film che vedrete nella vostra vita, ma Snakes on a Plane (2006) non può non essere annoverato tra i migliori film di serpenti della storia del cinema. Per questo lo trovate al quinto posto.

    4. La tana del serpente bianco (1988)

    Come vi avevo promesso, la lista contiene anche due approcci più “autoriali” al sottogenere. Dopo la ventata kitsch di Snakes on a Plane (2006), La tana del serpente bianco di Ken Russell abbassa i toni trash senza però lasciare a casa l’umorismo. La pellicola brilla per le prove oltremodo convincenti del cast, in primis di Hugh Grant e di Amanda Donohoe. Allo stesso modo, l’infusione di toni soprannaturali e di immagini vampiresche rinfrescano questo film di serpenti, differenziandosi dagli stilemi classici. A coronare un film ben riuscito ci pensa la fotografia eccezionale di Dick Bush. Il quarto posto è più che meritato.

    3. Anaconda (1997)

    Anaconda è indubbiamente il film più famoso del sottogenere e un cult senza tempo. Il podio è più che dovuto, anche se il film di Luis Llosa non va oltre il terzo posto. A pesare c’è una sceneggiatura non sempre sul pezzo e alcune performance sottotono da parte del cast. Ciò non toglie che Anaconda (1997) sia dotato di una grande fotografia e di spunti comici molto divertenti. Senza tralasciare la prova “unica” di Jon Voight, improbabile cacciatore di serpenti paraguaiano. È indubbio che ci troviamo di fronte a una scelta sbagliata da parte del direttore del cast, ma l’attore riesce comunque a rimanere impresso nella mente dello spettatore per l’accento a dir poco buffo e la prova bombastica. La prossima volta, però, meglio scritturare un attore paraguaiano.

    2. Green Snake (1993)

    Dopo le pennellate trash di Snakes on a Plane (2006) e Anaconda (1997), questa lista si ribilancia con Green Snake del maestro del cinema cinese Tsui Hark. Questa pellicola è un calderone che mescola romcom, dramma e film d’azione. Il secondo posto è automatico grazie alla forza visiva dell’opera, trainata sia dalla fotografia caleidoscopica di Ko Chiu-Lam e alla mano pregiata del regista. Il film si discosta dal classico snake movie, non essendo un horror ma mantenendo atmosfere soprannaturali attinte dal folklore cinese. I serpenti sono comunque al centro del racconto, anche se si tratta di spiriti capaci di assumere sembianze umane.

    1. Harry Potter e la camera dei segreti (2002)

    Fino a prova contraria, il basilisco è forse il serpente più imponente mai visto al cinema. Se aggiungiamo il fatto che l’unico modo per parlare con questo mostro sia conoscere il serpentese, tutto ciò rende Harry Potter e la camera dei segreti un vero e proprio film di serpenti. Dopo l’inizio della saga in chiave quasi fiabesca con Harry Potter e la pietra filosofale (2001), La camera dei segreti (2002) fa da apripista alla virata verso toni dark da Il prigioniero di Azkaban (2004) in poi. Il secondo capitolo con il maghetto più famoso di sempre funziona anche per la presenza del basilisco, mostro che rimane nascosto fino al finale del film, ma che trasmette tutta la carica ansiolitica della pellicola proprio con la sua assenza quasi totale.

  • Da “La vendetta del Signor S.” a “Cattivissimi a Natale”: tutti i film dei Me contro Te in ordine di uscita

    Da “La vendetta del Signor S.” a “Cattivissimi a Natale”: tutti i film dei Me contro Te in ordine di uscita

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Non c'è bambino nato nei primi anni 2000 che non conosca Luigi Calagna e Sofia Scalia. O meglio: Luì e Sofì. La coppia di fidanzati siciliani che dal 2014 ha iniziato a pubblicare video su YouTube fino a diventare un vero e proprio fenomeno. 

    Se i primissimi contenuti erano legati a challenge che li vedevano uno contro l'altra, ben presto il duo ha iniziato a realizzare video dedicati a un pubblico di giovanissimi, diventando i loro beniamini.

    Complice il proliferare dei social, la loro popolarità è cresciuta a dismisura finendo per trasformarli in un vero e proprio brand fatto di libri, giochi e album di figurine. Non poteva restarne escluso il cinema che li ha visti sbancare al botteghino con le loro storie pensate per il mondo dell'infanzia. JustWatch ha stilato una lista dei film dei Me contro Te in ordine cronologico.

    1. Me Contro Te: Il Film - La vendetta del Signor S. (2020)

    Poco più di 60 minuti per il debutto cinematografico del duo di youtuber con Me Contro Te: Il Film - La Vendetta del Signor S, che vede il loro malvagio nemico cercare vendetta dopo una serie di sconfitte subite per mano dei due. La coppia viene imprigionata nel laboratorio sotterraneo del villain e sostituita da dei cloni. Ecco allora che i due protagonisti dovranno fare tutto ciò che è in loro potere per sventare il suo complotto.

    Un esordio che replica sul grande schermo la formula che li ha resi celebri: un linguaggio e una storia semplici, canzoni e umorismo. Criticato per un intreccio eccessivamente esile, il film è stato un successo al box office che ha fatto ritrovare al suo giovane pubblico il tocco dei loro amati Sofì e Luì. Una pellicola che non si discosta molto dai contenuti pensati per YouTube, ma che consolida la forza della coppia nel saper attirare un grande pubblico.

    2. Me Contro Te - Il mistero della scuola incantata (2021)

    Con un David dello spettatore e 4 milioni di euro di incasso, Me Contro Te - Il Mistero della Scuola Incantata è un ulteriore tassello decisivo per costruire la fortunata strada dei Me contro Te al cinema. Questa volta la trama è attraversata da un'atmosfera mystery con la coppia chiamata a presenziare alla riapertura di una scuola rimasta chiusa per anni. Ma, anche questa volta, lo zampino del Signor S non tarda a guastare i loro piani.

    Parte così per i due una missione in cui scopriranno vecchi segreti e andranno alla ricerca di un tesoro. Questa volta l'intreccio è più solido rispetto all'esordio, mentre non mancano momenti musicali o scene comiche. Un'ora di intrattenimento leggero, sempre focalizzato sull'importanza dell'amicizia e del saper fare squadra nel momento del bisogno.

    3. Me Contro Te - Persi nel Tempo (2022)

    Con Me Contro Te - Persi nel Tempo, Luì e Sofì allargano i loro orizzonti narrativi e ci portano indietro nel tempo. Più precisamente nell'antico Egitto. Tutta colpa di un incidente con una clessidra magica che catapulta i due e i loro amici tra faraoni e mummie. Lì dovranno trovare un modo per riparare la clessidra e tornare al presente mentre si ritrovano a dover fronteggiare una nuova nemica.

    L'ambientazione inedita regala all'incursione cinematografica del duo nuova linfa così come l'introduzione di una nuova antagonista. La semplicità dell'intreccio e della messa in scena rimangono la cifra distintiva, così come l'utilizzo di brani musicali e tematiche legate all'amicizia e al coraggio. Poco più di un'ora e 10 minuti di durata che ricorda Piccoli Brividi (1995) e Una notte al museo 2 – La fuga (2009).

    4. Me Contro Te: Missione Giungla (2023)

    Quarto film per Luì e Sofì che in Me Contro Te: Missione Giungla si recano in una foresta tropicale per un'importante missione di ricerca, ma l'avventura si trasforma presto in una lotta contro il tempo per fermare l'ennesimo piano malefico dei loro nemici. Senza contare che, questa volta, la coppia deve anche guardarsi le spalle da un traditore che si nasconde tra i loro amici.

    Questa volta il tema dell'amicizia vive uno step in più perché deve confrontarsi con la delusione e la sfiducia. Tra le sfide che i protagonisti devono affrontare c'è anche quella di un ambiente ostile fatto di pericoli naturali. La trama resta prevedibile e immediata, pensata per un pubblico molto giovane. Con una durata di 73 minuti, il film si rifà alle atmosfere di classici come Jumanji (1995) e Dora e la città perduta (2019).

    5. Me Contro Te - Il Film: Vacanze in Transilvania (2023)

    Come suggerisce il titolo Me Contro Te - Il Film: Vacanze in Transilvania ci catapulta in una dimensione gotica, tra vecchi castelli e creature misteriose. Sofì e Luì si recano in Transilvania insieme ai loro amici per ostacolare i piani della banda dei Malefici di rubare un diamante custodito nel castello del conte Dracula capace di oscurare il Sole.

    Al quinto film la sceneggiatura introduce un messaggio sull'accettazione della diversità grazie alle creature presenti nel film e rende l'esperienza per il pubblico più entusiasmante grazie alle atmosfere lievemente horror che l'attraversano. Un'ora e cinque minuti dove musica, miti e coreografie fanno da sfondo al racconto. Da guardare con i più piccoli se Hotel Transylvania (2012) vi ha divertito.

    6. Me Contro Te - Operazione Spie (2024)

    Il film, finora, più movimentato dei Me contro Te. La coppia di protagonisti deve vedersela con tutti i loro nemici - Signor S, Perfidia, Viperiana e Serpe - racchiusi nell'alleanza dei Malefici. Sono loro a convincere il mondo che i due sono dei criminali, costringendoli a dimostrare la loro innocenza. Per farlo finiscono addirittura per viaggiare nel tempo provando a cambiare l'infanzia del Signor S e, di conseguenza, il futuro.

    In Operazione Spie la spy story incontra la fantascienza e rende il film più strutturato rispetto ai precedenti. Un'avventura sempre all'insegna della leggerezza indirizzata ai più piccoli, ma che mostra elementi più maturi nella scrittura e nella messa in scena. Un'ora tonda da recuperare se sei fan di Ritorno al futuro (1985) e Spy Kids (2001).

    7. Me Contro Te Presenta: Cattivissimi a Natale (2024)

    Con Me contro Te presenta: Cattivissimi a Natale, Luì e Sofì si confrontano con uno spin-off natalizio dove tutti i loro storici nemici - Signor S, Perfidia e sua figlia Velenia - tornano in scena. Ma questa volta la prospettiva è capovolta grazie a un elfo di Babbo Natale che decide di sabotare la consegna dei regali ai bambini buoni. Saranno proprio i cattivi a dover intervenire per salvare le Feste.

    Con questo film la coppia si inserisce in quel fortunato filone cinematografico ambientato nel periodo natalizio veicolando il messaggio che anche i villain hanno delle emozioni (specie se devono agire per il proprio tornaconto). L’umorismo è tutto giocato su questa inversione di passo che crea delle situazioni paradossali. Se Il Grinch (1996) è il tuo film natalizio del cuore, Cattivissimi a Natale saprà come divertirti nei suoi 68 minuti.

  • Easter Egg in “Stranger Things”: ecco 10 film famosi che hanno ispirato la serie

    Easter Egg in “Stranger Things”: ecco 10 film famosi che hanno ispirato la serie

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Negli anni ‘90 c’erano le risate di Friends (1994), l’inquietudine di Twin Peaks (1990), l’arrivo dei teen drama con Dawson’s Creek (1998) o ancor prima di Beverly Hills 90210 (1990). Gli anni ‘2000, con le gangster stories de I Soprano (1999), The Wire (2002), o Breaking Bad (2008).

    Poi sono arrivati gli anni dieci, con titoli hollywoodiani a tutti gli effetti e serie maestose come House of Cards (2013) o Game of Thrones (2011). Ma è nella seconda metà di questo decennio che il gioco è cambiato una volta per tutte, con l’affermarsi definitivo dello streaming, Netflix in primis, seguita poi dai grandi colossi lanciati da Disney, Amazon o Apple. 

    Un mercato da miliardi di dollari, che ha spinto le piattaforme a espandersi sempre di più, fino a prodursi le serie “in casa”. E se il primo grande esempio rimane Black Mirror (inizialmente prodotto da Channel 4, nel 2015 acquisito da Netflix), è nel 2016 con Stranger Things che la casa del tu-dum ha iniziato a mostrare i muscoli, a far vedere che anche le piattaforme potevano dar vita a produzioni monstre. “Si può fare!” avrà gridato qualcuno nel quartier generale di Los Gatos in California.

    Con la storia di Undici, Mike e soci, Netflix ha creato la serie che più di altre è riuscita a rapire gli spettatori, a spostare definitivamente lo sguardo dal grande al piccolo schermo on-demand. Il titolo che ha definito la serialità contemporanea. Quasi paradosso, a pensarci bene, perché nonostante il ritmo della serie, ultra-contemporaneo, Stranger Things è allo stesso un viaggio nell’iconografia degli anni Ottanta. 

    I Duffer Brothers hanno costruito Hawkins come un archivio vivente di film, serie, musica e letteratura, un luogo dove convivono la meraviglia di Spielberg, il terrore di Carpenter e le inquietudini di Stephen King. Un racconto che non si limita alla nostalgia, ma che rielabora quelle atmosfere, restituendo ai nuovi spettatori la magia di un’epoca d’oro del cinema. 

    Ora che Stranger Things si prepara alla quinta e ultima stagione, il cerchio si chiude. La serie che ha ridefinito la cultura pop e riportato sugli schermi un immaginario “lontano”  si congeda dal pubblico che l’ha seguita per quasi un decennio. Un buon momento per tornare alle origini, riscoprendo alcuni dei film che l’hanno ispirata e che ancora oggi pulsano sotto la superficie dell’Upside Down.

    Star Wars 

    La Forza è potente a Hawkins. I poster sulle pareti delle camerette dei protagonisti, i loro giocattoli, le citazioni a non finire tra Lando e R2-D2: i rimandi alla “galassia lontana lontana” sono tantissimi. Lo stesso Mike paragona Undici a Yoda, Dustin prova a farle sollevare un modellino di Millennium Falcon con la forza del pensiero, in una scena che prende a piene mani dall’addestramento Jedi di Luke Skywalker. È proprio il percorso di Eleven, infatti, il richiamo più evidente alla saga di Lucas. Un padre che diventa nemico da sconfiggere, il duello interiore per controllare il potere che scorre dentro di lei, continuamente in sospeso tra luce e ombra, tra pericolo e salvezza. Star Wars (1977) è la leggenda cinematografica dietro ogni titolo sci-fi che si rispetti, e Stranger Things non fa eccezione.

    E.T. – L’extra-terrestre 

    Tra tutti gli easter eggs presenti nella serie, E.T. (1982) è probabilmente uno dei più evidenti. Il bambino che nasconde un essere misterioso nello scantinato, un gruppo di scienziati malvagi disposti a tutto per rinchiuderlo in laboratorio, l’amicizia indissolubile tra il protagonista e il piccolo alieno. E ancora, l’immagine dei ragazzi in bici che sfrecciano (e volano) nel buio, il costume di Halloween indossato da Undici, il modo in cui Mike le mostra i propri giocattoli, tutto viene dal capolavoro di Spielberg. I Duffer Brothers riprendono quella sensibilità, quella storia di un'amicizia “impossibile”, e la mettono tutta dentro Stranger Things. Il nucleo emotivo della serie è tutto qui, sull’altro come amico e non come un mostro che spaventa.

    I Goonies

    Una cosa è certa, la serie di Netflix non esisterebbe senza I Goonies (1985). La banda di ragazzini ‘outsider’ che parte per un’avventura guidati da una mappa a dir poco improvvisata, diretti verso un mondo sotterraneo e una verità nascosta che nessun adulto sembra in grado di vedere. La loro unica certezza e l’amicizia che li lega. Mike, Dustin, Lucas e Will sembrano presi direttamente dal film di Richard Donner, le dinamiche del gruppo sono le stesse di Mikey, Chunk, Mouth e Data. Ma l’omaggio più evidente è l’arrivo di Sean Astin, l’indimenticabile Mikey che torna in Stranger Things nei panni di Bob, volto onesto e un po’ impacciato, il tipo di adulto che i Goonies sarebbero potuti diventare.

    Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977)

    Il legame tra Stranger Things e Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) è più sottile, ma non sarà certamente sfuggito ai fan di Spielberg. Infatti, se da una parte Roy Neary diventa ossessionato da un segnale misterioso che solo lui sembra percepire, nella serie dei Duffer Brothers, Joyce Byers vive la stessa situazione quando capisce che le luci di casa stanno comunicando con suo figlio intrappolato nel Sottosopra. A Hawkins le lettere dipinte sul muro, nel Wyoming la riproduzione della Torre del Diavolo costruita in salotto. Entrambi i personaggi vengono guardati come fossero impazziti, fraintesi da chi li circonda, ma ostinati verso quel segnale, verso l’intuizione che qualcosa di “altro” là fuori, o là sotto, stia cercando un contatto.

    Ghostbusters 

    L’omaggio a Ghostbusters (1984) è uno dei più riconoscibili e teneri dell’intera serie. All’inizio della seconda stagione, è Halloween del 1984 e Mike, Lucas, Dustin e Will arrivano a scuola vestiti come gli acchiappafantasmi, con tute beige e zaini protonici costruiti in garage. Il riferimento è un colpo di genio, dato che il film di Ivan Reitman era uscito pochi mesi prima, divenendo un instant classic del genere sci-fi comedy. Il tipo di film che quattro piccoli nerd appassionati del paranormale avrebbero sicuramente trasformato in un costume di gruppo. Una scena che prende il cuore, con i quattro che arrivano a scuola fieri dei loro costumi fatti in casa, ma la reazione della classe è fredda, ed è quello il momento in cui capiscono di non essere più dei bambini.

    Poltergeist 

    Per capire casa Byers il riferimento è uno soltanto, Poltergeist (1982). Una villetta americana come le altre, finché le luci non iniziano ad accendersi da sole, le pareti a deformarsi, suoni provenienti da un’altra dimensione in cui è stata imprigionata la piccola della famiglia. Le stesse immagini, seppur con qualche differenza, vengono riprese in Stranger Things, dove la casa della famiglia Byers diventa un ponte verso un mondo popolato da mostri e presenze inquietanti, con Will che cerca di comunicare attraverso le luci per scappare dalla sua prigione. Dal film di Tobe Hooper sono riprese le stesse atmosfere inquietanti, la casa trasformata da luogo che protegge a portale minaccioso aperto verso un luogo mostruoso. Su questo parallelismo gioca l’intera prima stagione.

    La Cosa 

    La Cosa (1982) è il riferimento che più ha influenzato il modo in cui Stranger Things rappresenta l’orrore. Nel capolavoro di John Carpenter la creatura non ha una forma definibile, ma imita gli esseri umani, si deforma, è indistinguibile dalle persone, ed è qui che sta il terrore. Lo stesso meccanismo torna nella serie con il Mind Flayer e con i “Flayed”, persone controllate dall’interno e completamente svuotate, richiamo evidente a un altro cult come L’invasione degli ultracorpi (1956). Lo stesso design ideato per il Demogorgone, con la testa che si apre in più strati, ricorda molto le trasformazioni create da Rob Bottin con i suoi effetti speciali a cui i Duffer, nonostante il largo utilizzo del digitale, hanno voluto rendere omaggio.

    Fenomeni paranormali incontrollabili 

    Firestarter (1984) è probabilmente il riferimento più diretto per capire l’origine di Undici. Nel film tratto dal romanzo di Stephen King, una bambina con poteri psichici cresce all’interno di un programma governativo che vuole trasformarla in un’arma. Le somiglianze sono ovvie: esperimenti di telecinesi fatti sui bambini sacrificati come cavie, l’infanzia costretta tra le pareti asettiche di un laboratorio, addirittura il sangue dal naso della protagonista, quando il suo potere supera il limite. Stranger Things riprende questa struttura e la amplia. Come Charlie nel film, Eleven non ha scelto i suoi poteri, li subisce e ne ha paura. L’idea stessa di essere identificata con un numero e non con un nome è un’eredità diretta. Ma la serie introduce qualcosa di diverso, un lato più umano e luminoso: la possibilità per Undici di trovare una famiglia e di costruire la propria identità fuori dal laboratorio.

    Alien 

    Anche se Alien (1979) non viene citato apertamente come altri titoli in questa lista, la sua impronta estetica è comunque evidente in tutto ciò che riguarda il Sottosopra. Nel film di Ridley Scott, la nave Nostromo diventa il “nido” dello Xenomorfo, tra pareti ricoperte di sostanze organiche, uova, e quel verso inimitabile, che ha fatto la storia del cinema horror fantascientifico.  L’Upside Down riprende questa atmosfera quasi alla lettera, costruendo un ambiente minaccioso e oscuro, che respira e reagisce come un organismo unico. Lo stesso Demogorgone richiama le creature disegnate da H.R. Giger, sia nella struttura che (soprattutto) nel suo modo di cacciare. Come in Alien anche in Stranger Things la tensione nasce dal sentimento claustrofobico per cui il mostro non è uno solo, ma un ecosistema intero.

    Akira 

    Dal Giappone arriva il riferimento forse più sorprendente. Akira (1988) di Katsuhiro Ōtomo è un capolavoro che ha ridefinito la fantascienza animata, le sue tracce si sentono ovunque in Stranger Things. Esperimenti di telecinesi, bambini con numeri al posto dei nomi, poteri che sfuggono al controllo; la storia di Tetsuo e Kaneda è un riflesso di Eleven e dei laboratori di Hawkins in cui è rinchiusa. Come Tetsuo teme di diventare qualcosa che non comprende, Eleven vive lo stesso conflitto, tra paura di sé e l’esigenza di trovare il proprio posto nel mondo. L’estetica cambia, ma la struttura emotiva è la stessa. È il riferimento che dà a Stranger Things uno sguardo più ampio, meno nostalgico, capace di intrecciare il cinema americano degli anni ’80 con le ossessioni della fantascienza giapponese.

  • “The Truman Show” e altri 9 film che hanno previsto il futuro, tra tecnologia e voyeurismo

    “The Truman Show” e altri 9 film che hanno previsto il futuro, tra tecnologia e voyeurismo

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Molti film raccontano del passato e lo fanno stimolando la voglia di nostalgia delle persone. Altri si occupano del presente, cercando di capirne l’essenza. Altri ancora costruiscono visioni immaginarie del futuro, con la speranza di crearne una versione verosimile.

    Alcuni film, però, non solo ci stupiscono con futuri realisticamente plausibili. Con nostro grande spavento, sembrano predire il futuro con previsioni che diventano realtà. Questa lista passa in rassegna 10 film che hanno predetto il futuro e ci hanno mostrato la pericolosità del presente in cui viviamo. Dalla ricerca spasmodica della fama in Re per una notte ai dati come merce primaria in Johnny Mnemonic, questi titoli sono dei veri e propri Nostradamus.

    1. Blade Runner (1982)

    Blade Runner è uno dei tanti capolavori di Ridley Scott e uno dei film sci-fi più belli di tutti i tempi. La magnificenza della fotografia di Jordan Cronenweth, le scene cult come il discorso di Roy Batty sotto la pioggia e l’epica colonna sonora synth di Vangelis non rendono meno sinistro il futuro ipotizzato dal film. Su tutto, il crescente timore per l’avanzare dell’intelligenza artificiale e i dilemmi morali dell’utilizzo di tale tecnologia. Fortunatamente, Blade Runner (1982) non è stato solo l’uccello del malaugurio. La pellicola con Harrison Ford e Sean Young ha intuito, seppur con le dovute differenze, l’avvento delle videochiamate.

    2. Re per una notte (1982)

    Re per una notte (1982) non ha nulla a che fare con le atmosfere fantascientifiche e distopiche di Blade Runner (1982), ma le sue profezie sono altrettanto tetre. Al centro della storia c’è Rupert Pupkin, un comico interpretato egregiamente da Robert De Niro. L’uomo è ossessionato dal diventare famoso e la sua fissazione si trasforma in mania quando incontra Jerry Langford (Jerry Lewis), un noto presentatore e comico. Re per una notte (1982) espone in maniera eloquente come alcune persone siano disposte a tutto pur di diventare famose. Allo stesso tempo, il culto delle celebrità, che tuttora domina le vite di molte persone, viene criticato con durezza.

    3. Videodrome (1983)

    Con le sue visioni body horror apocalittiche, Videodrome del maestro David Cronenberg lascia molti spettatori attoniti e pietrificati ancora oggi. Tuttavia, oltre a pistole che entrano nello stomaco o che si collegano a un soggetto penetrandone la carne, il cult con James Woods e Deborah Harry fa molta più paura per le sue previsioni. Da un lato, c’è l’effetto della tecnologia sulla vita dell’individuo, che in Videodrome (1983) si materializza attraverso tumori al cervello. Dall’altro, il film indugia sui gusti sempre più violenti ed estremi del pubblico e sui tentativi moralisti di fermare questa escalation, simboleggiati nel film dalla Spectacular Optical.

    4. Akira (1988)

    Akira condivide con Blade Runner (1982) un’ambientazione futuristica urbana. Se la Los Angeles del 2019 del film non assomiglia per nulla alla città degli angeli, ciò non vale per Neo-Tokyo e l’odierna capitale giapponese. Con le dovute esagerazioni possibili solo grazie all’animazione, Akira (1988) porta sullo schermo una versione fin troppo accurata del soffocante e claustrofobico paesaggio urbano di Tokyo. I grattacieli dominano la silhouette, lasciando poco spazio alle aree verdi e rendendo la vita nella metropoli mal sopportabile. Le città come distese di palazzi non è l’unico presagio diventato realtà. Nel film, la città è attraversata da proteste anti-governative, avvenute anche nella vera Tokyo per impedire lo svolgimento delle Olimpiadi in pieno momento COVID.

    5. Natural Born Killers (1994)

    Se state cercando un’ulteriore analisi sui temi della fama dopo Re per una notte (1982), Natural Born Killers è il film che fa per voi. Questa volta, però, non sono i protagonisti a cercare a tutti i costi di essere famosi. La scia omicida di Mickey e Mallory diventa uno spettacolo grazie ai media, che li dipingono come eroi maledetti amplificando la loro aura. La spettacolarizzazione dei crimini violenti sulle televisioni di mezzo mondo e la grande popolarità delle serie e dei documentari true crime sono solo alcuni dei sintomi che descrivono una realtà simile a quella in Natural Born Killers (1994). Lo stesso si potrebbe dire per la figura, fin troppo veritiera, di Wayne Gale (Robert Downey Jr.), un giornalista assetato di notizie che non si ferma davanti a nulla.

    6. Johnny Mnemonic (1995)

    Johnny Mnemonic (1995) è un cult anni ‘90 con un cast tra i più variopinti di sempre: Keanu Reeves, Takeshi Kitano, Dolph Lundgren e Ice-T. Questa stravaganza sci-fi può lasciarvi sbigottiti al principio con scelte a dir poco audaci, tra cui la presenza di un delfino hacker. Tuttavia, Johnny Mnemonic (1995) colpisce nel segno quando presagisce l’emergere di multinazionali talmente potenti da governare il mondo. Non solo, questo tech noir di Robert Longo è premonitore nel descrivere i dati come una merce fondamentale nel panorama economico della storia. Se nel 1995 ciò sembrava distopico, oggi ci appare quasi come un dettaglio innocuo, visto che già viviamo in questa realtà.

    7. Strange Days (1995)

    Come per Videodrome (1983), Strange Days espone alcuni effetti nefasti del rapporto tra tecnologia e umanità, predicendo il futuro in cui viviamo oggi. È impossibile non vedere parallelismi tra la dipendenza di alcuni personaggi del film per la realtà virtuale e l’ossessione per la vita digitale di oggi. Tanto che Lenny Nero, il personaggio principale di Strange Days (1995) dell’immenso Ralph Fiennes, è uno spacciatore di realtà virtuale che vende illegalmente ricordi di altre persone conservati in dischetti appositi. Da notare anche come l’aspetto voyeuristico di alcuni clienti di Nero, che richiedono contenuti digitali legati al sesso e alla violenza, sia simile alla voglia odierna di materiale estremo.

    8. Nemico pubblico (1998)

    Nemico pubblico è il film per eccellenza che mette in chiaro la pericolosità delle tecnologie avanzate quando si tratta di sorvegliare i cittadini. Con quindici anni di anticipo rispetto alle rivelazioni di Edward Snowden, il film con Will Smith e Gene Hackman si focalizza sull’estremo potere della NSA, la National Security Agency. Come per ogni grattacapo riguardo la privacy, il dilemma tra libertà e sicurezza è al centro del dibattito nel film. Le vicende di Nemico pubblico (1998) fanno eco anche alle leggi antiterrorismo (varate pochi anni dopo in seguito ai fatti dell’11 settembre 2001) in riferimento all’inasprirsi delle misure di sorveglianza della popolazione. Non a caso, il film si apre con un membro del Congresso che si oppone a leggi simili.

    9. The Truman Show (1998)

    Se unite il voyeurismo di Strange Days (1995) e la critica ai media di Natural Born Killers (1994) otterrete The Truman Show, molto meno sanguinoso degli altri due film ma non meno efficace. Il classico cult con Jim Carrey, Laura Linney e Ed Harris è come un Grande Fratello all’insaputa del protagonista dello spettacolo, Truman Burbank. Il valore fittizio della sua vita mette i brividi ma, la cosa più sconcertante, è l’atteggiamento del pubblico che segue lo show. Le loro vite sono scandite da quella di Truman e le somiglianze con l’odierna ossessione di alcuni spettatori per i loro spettacoli preferiti è lampante. Per certi versi, The Truman Show (1998) è anche l’antesignano dell’avvento del fenomeno degli streamer, con la vita di Truman filmata 24 ore su 24.

    10. The Matrix (1999)

    Gli spettatori di The Matrix nel 1999 forse non avranno creduto ai loro occhi dopo aver visto il livello estremo di sviluppo tecnologico presente nel film. Soprattutto la vasta presenza dell’intelligenza artificiale. Al giorno d’oggi, il proliferare di questa tecnologia e la costruzione di robot AI sempre più avanzati rendono l’universo di The Matrix (1999) meno visionario è più realistico. Inoltre, il nome del film è entrato nel gergo comune per indicare il concetto di realtà simulata. Con studi scientifici che cercano ancora oggi di scoprire se la realtà in cui viviamo sia fittizia, il film delle sorelle Wachowskis potrebbe essere una previsione tra le più orrorifiche.

  • Tutti i film di e con Roberto Benigni (e la nostra classifica degli 8 migliori titoli)

    Tutti i film di e con Roberto Benigni (e la nostra classifica degli 8 migliori titoli)

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Classe 1952, Roberto Benigni è uno degli interpreti più riconoscibili del panorama culturale italiano. È indiscutibile la sua importanza per la storia del cinema italiano. La carriera del comico, attore e regista di origine toscana è stata infatti costellata di traguardi importanti, che hanno anche prodotto dei veri e grandi classici, alcuni dei quali noti a livello globale.

    L’esordio dietro la macchina da presa arriva con Tu mi turbi (1983), che lo porta nel corso degli anni successivi a dedicarsi sempre di più a progetti da lui scritti e diretti. Il successo internazionale con La vita è bella (1997), tre premi Oscar, tra cui quello per miglior interpretazione maschile, il primo per un attore italiano e in assoluto per un non anglofono. Determinante nel corso degli anni la collaborazione con lo scrittore Vincenzo Cerami e con Giuseppe Bertolucci, quest’ultimo indicato da Benigni come mentore e amico. Sicuramente le pellicole dell’artista toscano possono essere ricordate più per la sua presenza scenica e per il suo straordinario talento di applicare un registro ironico e leggero, a volte anche sopra le righe, a contesti anche drammaticamente seri.

    Ecco quindi una panoramica su tutti i film di e con Roberto Benigni: nell’articolo troverete i suoi 8 migliori titoli secondo noi, mentre in fondo è disponibile una lista completa.

    Tu mi turbi (1983)

    Opera prima di Roberto Benigni, Tu mi turbi  (1983) è una commedia a episodi. Qualcuno di essi può piacere di più, qualcun altro di meno, l’esordio dietro alla macchina da presa rimane comunque una sorta di manifesto artistico per l’attore determinato a edificare una struttura narrativa attorno al suo talento di trattare con umorismo temi complessi o scomodi, in questo caso rompendo il tabù del sacro. Consigliato a chi è interessato ad approcciarsi a uno dei primi lavori di Benigni alla ricerca delle radici di un peculiare stile comico e a chi vuole farsi un’idea complessiva della sua filmografia.

    Non ci resta che piangere (1984)

    Un film a quattro mani, interpretato e diretto dalla coppia Benigni-Troisi. Esistono diverse versioni di Non ci resta che piangere (1984), e ad oggi in streaming è disponibile la versione cinematografica. È un classico imperdibile tra le commedie degli anni Ottanta, che mette assieme due leggendari attori comici italiani. Da guardare per assistere a una chimica, frutto di improvvisazione sul set e di una genialità artistica, che ha dato vita a una serie di battute che ancora oggi sono rimaste nell’immaginario collettivo. Se poi cercate una storia di personaggi contemporanei catapultati nel passato, nel caso specifico nel 1492, l’anno in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, siete assolutamente nel posto giusto.

    Il piccolo diavolo (1988)

    Roberto Benigni e Walter Matthau insieme. La strana coppia per un film particolarmente eccentrico, che fu campione d’incassi, incentrato su un sacerdote americano che a seguito di un esorcismo si ritrova ad aver a che fare con un diavoletto, deciso a restare sulla terra per scoprirla. Il piccolo diavolo (1988) è una commedia surreale che ancora oggi ha lasciato il segno, pensiamo all’indimenticabile battuta “modello numero 4: Giuditta” pronunciata durante la messa dal “piccolo diavolo”. Imperdibile per chi è alla ricerca di un piccolo cult, con una leggenda come Matthau.

    Johnny Stecchino (1991)

    Tra le commedie più famose di Benigni, Johnny Stecchino (1991) è brillante. Una sceneggiatura che fa ridere e pensare, che attraverso il tema del doppio (e dunque si avvale di una duplice interpretazione di Benigni) e dell’equivoco consegna agli spettatori un film che vuole sicuramente prendersi gioco della mafia. È una pellicola che presenta dei parallelismi con l’opera successiva del regista e attore, che riesce a parlarci di attualità regalando allo stesso tempo un sorriso. Probabilmente potrebbe non essere particolarmente apprezzata da chi non ama gli approcci leggeri a temi scomodi, e dunque a chi è avverso a un genere che ha fatto la fortuna del nostro cinema, ovvero quello della “commedia all’Italiana”.

    Il mostro (1994)

    Una storia che richiama il caso di cronaca del mostro di Firenze attraverso la vicenda di Loris un uomo che viene scambiato per un assassino seriale che sta massacra le donne per la periferia della Capitale. Come Johnny Stecchino (1991), anche Il mostro (1994) è una commedia degli equivoci, con tutte le gag che ne conseguono che ci regala un’altra delle prove artistiche tra le più interessanti dell’attore toscano, prima del passaggio a un’altra fase. Da non perdere se volete guardare un film che intrecci la comicità e l’orrore, non sottraendosi dal voler fare anche stavolta della critica sociale.

    La vita è bella (1997)

    Il capolavoro di Roberto Benigni. La vita è bella (1997) segna l’apice della sua maturità artistica, e lo consacra una volta per tutte sulla scena internazionale. Tre premi Oscar vinti, tra cui per miglior interpretazione, per una pellicola che tratta l’Olocausto da una prospettiva inedita. È il film che ti mostrano a scuola, ricordo di averlo visto per la prima volta in classe alle elementari e di non aver mai dimenticato la scena della traduzione fittizia dell’ufficiale tedesco da parte del protagonista Guido (Benigni)  in merito alle regole del campo di concentramento. Un’opera importante e commovente, che tutti dovrebbero guardare e riguardare, proprio per riflettere su una delle pagine più drammatiche mai conosciute dalla nostra storia.

    Pinocchio (2002)

    Tra i film italiani più costosi di sempre (circa 45 milioni di euro), Benigni scrive, dirige e interpreta il protagonista del celebre romanzo di Carlo Collodi, “Le avventure di Pinocchio”. Reduce dalla straordinaria avventura de La vita è bella (1997), il kolossal non fu accolto positivamente, soprattutto negli Stati Uniti (probabilmente per la naturale difficoltà ad accettare l’attore nei panni del personaggio principale). Nonostante alcune scelte positive di cast, ad esempio funziona il duo dei fichi d’india come il gatto e la volpe, così come nella cura dei costumi, della scenografia e degli effetti digitali, non è una pellicola per tutti bensì per gli amanti della comicità dell’attore toscano e soprattutto se interessati a vederla applicata alla storia di Pinocchio. Pensare che poi Benigni tornò a recitare in un altro adattamento cinematografico del libro di Collodi, Pinocchio (2019) di Matteo Garrone, stavolta indossando i panni di Geppetto.

    La tigre e la neve (2005)

    “Innamoratevi”. La tigre e la neve (2005) contiene uno dei monologhi più famosi del cinema italiano. Memorabile e strizza l’occhio ad altre scene cult come la salita sulla cattedra del Professor Keating de L’attimo fuggente (1989). Il film racconta la storia di Attilio (Benigni), poeta e uomo innamorato di Vittoria (Nicoletta Braschi), disposto persino ad andare in Iraq per salvarle la vita. C’è chi ci ha visto un tentativo di ripetere la fortunata operazione de La vita è bella (1997) con risultati molto lontani, ma l’ultima opera cinematografica firmata Benigni può essere adatta a chi è alla ricerca di una commedia dolceamara, che sappia raccontare gli echi di una tragedia con un tono fiabesco, parlando soprattutto di amore e poesia.

  • 10 film d’animazione giapponese (non Ghibli) da vedere assolutamente

    10 film d’animazione giapponese (non Ghibli) da vedere assolutamente

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’eredità dello Studio Ghibli è talmente grande da rischiare di oscurare tutto ciò che esiste al di fuori delle opere di Miyazaki e Takahata.

    Eppure, negli ultimi vent’anni, il cinema d’animazione giapponese ha vissuto una vera rinascita grazie a registi che, pur non appartenendo al celebre studio, ne condividono lo spirito poetico, l’amore per la natura, la cura per i personaggi e l’ambizione emotiva. Che si tratti di fiabe moderne, racconti di formazione, distopie malinconiche o storie intime di perdita e rinascita, il Giappone continua a produrre opere visivamente splendide e profondamente umane.

    Ecco quindi 10 film non-Ghibli imperdibili per chi ama quel tipo di sensibilità: avventure magiche, mondi paralleli, sentimenti puri e un’animazione che accarezza lo sguardo.

    1. Your Name. (Makoto Shinkai, 2016)

    Makoto Shinkai firma con Your Name. uno dei più grandi successi dell’animazione giapponese moderna. La storia di Mitsuha e Taki, due adolescenti legati da un misterioso scambio di corpi e da un destino che travolge spazio e tempo, unisce romanticismo, fantascienza e dramma con precisione quasi musicale. L’animazione è spettacolare: cieli, luci, paesaggi urbani e rurali diventano parte dell’emozione narrativa, amplificandone ogni momento.

    È un film che parla di mancanze, ricordi, connessioni invisibili, del modo in cui qualcuno può entrare nella nostra vita senza che ce ne accorgiamo. Se ti piacciono le storie che intrecciano destino e sentimento, Weathering With You (2019) porta avanti la poetica di Shinkai con un’altra storia d’amore sospesa tra magia e modernità.

    2. Viaggio verso Agartha (Makoto Shinkai, 2011)

    Diretto da Makoto Shinkai, Viaggio verso Agartha è uno dei suoi film più “ghibliiani”, un omaggio dichiarato all’epica fantastica e ai mondi sotterranei de Il castello nel cielo. Seguiamo Asuna, una ragazza che scopre un regno misterioso chiamato Agartha, dove vita e morte si sfiorano continuamente. L’animazione è lussureggiante: montagne, fiumi, creature primeve e antiche rovine danno al film un’atmosfera mitologica e malinconica. Shinkai parla di lutto, desiderio e accettazione con una maturità sorprendente, creando un racconto d’avventura che è anche un viaggio interiore.

    Se cerchi un’altra storia fantasy con un viaggio emotivo e un mondo misterioso, puoi recuperare anche Origin: Spirits of the Past (2006), che unisce ecologia, perdita e meraviglia in modo altrettanto evocativo.

    3. Wolf Children (Mamoru Hosoda, 2012)

    Mamoru Hosoda firma uno dei film d’animazione più delicati degli ultimi anni. Wolf Children  segue la giovane Hana mentre cresce da sola due figli metà umani e metà lupi dopo la morte dell’amato compagno. È un’opera che esplora maternità, isolamento, libertà e identità, con una dolcezza che richiama l’intimità dei film di Takahata. La natura è presenza costante: i campi, la neve, le stagioni che scorrono sembrano respirare con i protagonisti.

    Il film emoziona perché parla di crescere lasciando andare, un tema universale. Se ami il racconto familiare poetico e il rapporto con la natura, Mirai (2018), sempre di Hosoda, offre un’altra esplorazione ricca di sensibilità.

    4. La ragazza che saltava il tempo (Mamoru Hosoda, 2006)

    Con La ragazza che saltava il tempo, Mamoru Hosoda reinterpreta un classico della fantascienza giapponese trasformandolo in un dolce e fragile racconto di formazione. Makoto, la protagonista, scopre di poter saltare indietro nel tempo e usa il potere con leggerezza… finché ogni scelta non inizia a pesare sulle vite degli altri.

    È un film su rimpianti, prime passioni, l’incapacità di stare fermi e l’inevitabile arrivo dell’età adulta. L’animazione è pulita e luminosa, con un realismo quotidiano che rende i momenti emotivi ancora più incisivi. Se ami storie romantiche e fantascientifiche legate al destino, prova The Tatami Galaxy (2010), che gioca con le timeline alternative in un modo brillante e totalmente imprevedibile.

    5. Una lettera per Momo (Hiroyuki Okiura, 2011)

    Di Hiroyuki Okiura, Una lettera per Momo è un gioiello di sensibilità visiva e narrativa. Racconta di una ragazzina che si trasferisce su un’isola dopo la morte del padre, portandosi dietro una lettera incompleta. Qui scopre tre spiriti buffi che la seguono ovunque — e tra risate, lacrime e timori, Momo impara a fare spazio al dolore e alla speranza.

    Il film ricorda Takahata per la dolcezza del quotidiano e Miyazaki per l’apparizione di creature spiritose, ma resta profondamente originale nel modo in cui tratta il lutto. Se cerchi un’altra storia intima che lega umani e spiriti, Il ragazzo e l’airone (2023) dialoga con la stessa sensibilità, pur in una tonalità più visionaria.

    6. L’uovo dell’angelo (Mamoru Oshii, 1985)

    Scritto e diretto da Mamoru Oshii, L’uovo dell’angelo è un’opera unica: una fiaba oscura, simbolista e quasi muta, tornata da poco sul grande schermo. Segue una misteriosa ragazza che protegge un grande uovo in un mondo desolato, mentre un enigmatico ragazzo la accompagna in un viaggio attraverso rovine silenziose.

    Il film è puro cinema d’autore: metafore religiose, riflessioni sull’origine della vita, atmosfere gotiche e un’estetica che ricorda più Tarkovskij che l’animazione tradizionale giapponese. È un’esperienza ipnotica, per chi cerca un’opera radicale e profondamente contemplativa. Se ami l’animazione sperimentale e simbolica, Belladonna of Sadness (1973) è un altro capolavoro visionario fuori dagli schemi.

    7. Summer Wars (Mamoru Hosoda, 2009)

    Ancora Mamoru Hosoda, qui in una delle sue opere più energiche. Summer Wars unisce vita familiare e cyber-avventura in un mix irresistibile: Kenji, un liceale geniale ma timido, viene trascinato nella colorata e caotica famiglia Jinnouchi proprio mentre un’intelligenza artificiale attacca la rete mondiale OZ.

    Il film alterna vita domestica, tradizioni giapponesi e un immaginario digitale vivace e brulicante. È un racconto sulla forza della comunità e sull’importanza delle relazioni in un mondo iperconnesso. Se ti intrigano mondi digitali e identità online, Dennō Coil (2007) porta ancora più in profondità il tema della realtà aumentata e dell’infanzia in rete.

    8. In questo angolo di mondo (Sunao Katabuchi, 2016)

    Sunao Katabuchi firma una delle opere più commoventi degli ultimi anni. In questo angolo di mondo segue Suzu, una giovane donna che cerca di costruire una vita serena nella Hiroshima degli anni ’40, tra guerra, ristrettezze e quotidianità.

    È un film che celebra i piccoli gesti, la resilienza femminile e la luce che resiste anche nei momenti più bui. L’animazione, acquarellata e morbida, amplifica la fragilità del racconto. Un capolavoro pacato, che parla di sopravvivenza e dignità con una grazia rara. Se cerchi un’altra storia di guerra vista attraverso gli occhi di donne, Il diario di Anne Frank (Anne No Nikki, 1995) è un’opera poco nota ma di forte impatto.

    9. The Boy and the Beast (Mamoru Hosoda, 2015)

    Mamoru Hosoda torna con un racconto potente sulla crescita e il bisogno di appartenenza. Il giovane Ren, orfano e arrabbiato, finisce in un mondo parallelo popolato da creature antropomorfe e diventa apprendista di Kumatetsu, una bestia burbera ma dal cuore grande.

    The Boy and the Beast è una storia di legami trovati, rabbia trasformata, famiglia scelta. L’animazione è fluida e muscolare, con combattimenti coreografati che sostengono un percorso emotivo sincero e profondo. Se ami i racconti maestro-allievo e i mondi paralleli, guarda anche Dororo (2019), un anime crudo e poetico che rielabora il tema della crescita attraverso prove e legami intensi.

    10. Lu e la città delle sirene (Masaaki Yuasa, 2017)

    Diretto da Masaaki Yuasa, Lu e la città delle sirene è un’esplosione di invenzioni visive e ritmo. Racconta di Kai, un adolescente solitario che stringe amicizia con Lu, una sirena che ama danzare e portare vita ovunque.

    Lo stile di Yuasa è dinamico, fluido, quasi liquido — perfetto per animare l'oceano, la musica e l’amicizia. Il film parla di paura del diverso, crescita e legami che cambiano la vita. È una storia luminosa, vibrante e piena di gioia contagiosa. Se ami l’animazione che esce dai binari del realismo, Night Is Short, Walk On Girl (2017) dello stesso Yuasa è un’altra corsa folle e indimenticabile.

  • Tutti i film e le serie TV di Stephen King ambientati a Derry

    Tutti i film e le serie TV di Stephen King ambientati a Derry

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    La città immaginaria di Derry, nel Maine, è uno dei luoghi più inquietanti e iconici del multiverso di Stephen King. Se Castle Rock è il cuore mitologico del suo universo narrativo, Derry è la sua parte oscura: un luogo maledetto, attraversato ciclicamente dal Male e teatro di sparizioni, violenze e misteri che passano di generazione in generazione.

    Con l’arrivo di IT: Welcome to Derry (2025), la nuova serie prequel legata all’universo cinematografico di IT, è il momento perfetto per capire come questa città infestata sia diventata, negli anni, un personaggio vero e proprio.

    Derry non è solo la casa di Pennywise: compare in altri romanzi di King, fa capolino in adattamenti inaspettati e si insinua come riferimento nascosto in film ambientati altrove. Qui trovi tutti i film e le serie TV “di Derry”, in ordine di uscita, con una guida per orientarti e scoprire le connessioni interne.

    1. IT (1990) — Miniserie TV

    La miniserie IT (1990) è il punto di partenza obbligato per chi vuole esplorare Derry sullo schermo. Pensata per la TV, divisa in due parti (infanzia e età adulta), oggi mostra tutti i segni del tempo: effetti speciali artigianali, ritmo televisivo anni ’90, un’estetica un po’ kitsch. Ma proprio questi elementi, uniti all’interpretazione leggendaria di Tim Curry come Pennywise, le hanno garantito lo status di cult assoluto. 

    Derry qui è la quintessenza della provincia corrotta: vicini che non vedono, adulti che fingono, una città che lascia scomparire i bambini senza reagire davvero. Il Club dei Perdenti, tra biciclette, fogne e stanze chiuse a chiave, incarna il lato luminoso di un luogo altrimenti marcio. È perfetta come “iniziazione” all’universo visivo di King – e come confronto diretto con i film più recenti. Se ti piace l’atmosfera horror televisiva old school, vale la pena recuperare anche The Stand (1994), altro grande adattamento TV tratto da King, con la stessa vibrazione apocalittico-pop.

    2. Dreamcatcher (2003)

    Dreamcatcher (2003) è uno degli adattamenti più divisivi di Stephen King: un flop al botteghino, ma col tempo diventato un piccolo cult per chi ama le cose “troppo” – troppo lunghe, troppo assurde, troppo estreme. 

    La storia parte da un gruppo di amici cresciuti a Derry, legati da un trauma infantile e da strani poteri mentali. Anni dopo, li ritroviamo in una baita sperduta tra neve, foresta e… invasione aliena. Il film mescola horror del corpo, fantascienza grezza e dramma dell’amicizia maschile in modo totalmente sbilanciato, ma proprio per questo affascinante. Derry non è sempre al centro della scena, ma è la radice dell’orrore e del legame tra i protagonisti: è lì che qualcosa si è spezzato per sempre. Se invece ti intriga l’idea di King che gioca con fantascienza e claustrofobia, The Mist (2007) è una scelta perfetta: meno confusionario, ma altrettanto spietato.

    3. Bag of Bones – Miniserie (2011)

    Con Bag of Bones (2011) entriamo nel territorio del King più malinconico e gotico. La miniserie in due parti, tratta dall’omonimo romanzo, segue lo scrittore Mike Noonan (Pierce Brosnan), che dopo la morte improvvisa della moglie si rifugia nella casa al lago a TR-90. Derry non è l’ambientazione principale, ma è la sua città di partenza: è lì che la sua vita “normale” si spezza e dove si colloca parte delle radici emotive del personaggio. 

    La storia è un mix di ghost story, mistero giudiziario e tragedia razziale legata al passato del luogo. Il ritmo è più lento rispetto agli horror cinematografici, ma proprio questa dilatazione permette di assaporare l’atmosfera: pioggia, case di legno, suoni al piano di sopra, sogni infestati. È l’opera giusta se ti interessa il King delle colpe ereditate e dei fantasmi che chiedono giustizia prima che pace. Se ami questo tipo di horror soprannaturale lento e carico di rimorsi, Gerald’s Game (2017) è un altro adattamento che lavora molto su trauma e memoria.

    4. It (2017)

    Con IT (2017) Andy Muschietti rilancia Derry in chiave moderna e fa del romanzo un fenomeno pop globale. Il film copre solo la parte dell’infanzia, spostando gli eventi agli anni ’80 e puntando forte sull’aspetto coming-of-age: il Club dei Perdenti è un gruppo di ragazzə credibilmente imperfetto, in cui è facilissimo riconoscersi. 

    Derry è ricostruita con attenzione quasi feticista: i viali alberati, le case borghesi dove si consuma la violenza domestica, la scuola, la biblioteca, il luna park, fino alle fogne – cuore nero della città. Pennywise (Bill Skarsgård) è meno “umano” di quello di Curry e più mostruoso, ma Derry resta l’altro vero villain: è l’ambiente che alimenta bulli, abusi, silenzi. Il film miscela paura fisica (jump scare, deformazioni, inseguimenti) e paura emotiva (famiglie tossiche, isolamento) con grande efficacia. Se ti piace questa combinazione di nostalgia anni ’80, bambini in pericolo e horror sovrannaturale, Stranger Things (2016 – in corso) è il naturale compagno di visione, anche se non è tratto da King.

    5. IT – Capitolo Due (2019)

    IT – Capitolo Due (2019) riprende il filo a 27 anni di distanza, riportando il Club dei Perdenti ormai adulto a Derry per chiudere i conti con Pennywise. Il tono è più cupo e frammentato: l’orrore non è più solo nella creatura, ma in ciò che ognunə di loro è diventato, nelle vite costruite sopra a un trauma mai davvero elaborato. 

    Derry sembra quasi cambiare volto: stessa città, ma come distorta dalla memoria. Ogni navigazione negli spazi (la scuola, il vecchio quartiere, il ristorante cinese, la casa di Neibolt Street) è un viaggio nei ricordi, nelle colpe e nelle bugie che hanno permesso all’orrore di tornare. Non è un film perfetto – il ritmo è irregolare, qualche gag stona – ma è molto interessante come racconto di ritorno a casa, dove “casa” è il luogo da cui si è scappati.

    Se ti interessa il tema del trauma a lungo raggio in chiave horror, Doctor Sleep (2019) lavora in modo simile sul rapporto con il passato de Shining.

    6. IT: Welcome to Derry – Serie TV (2025)

    Chiudiamo con la novità più attesa: IT: Welcome to Derry (2025), serie HBO che fa da prequel ai film di Muschietti. Siamo nel 1962, in piena Guerra Fredda e a ridosso di uno dei massacri più famosi della mitologia di IT: l’incendio del Black Spot, locale frequentato dalla comunità nera. Al centro ci sono la famiglia Hanlon – con Leroy, nonno del futuro Mike – e un gruppo di ragazzə che iniziano a percepire che qualcosa, sotto Derry, si è di nuovo svegliato. 

    La serie espande il lore della città e di Pennywise, ma soprattutto lavora su trauma generazionale, razzismo e paura come strumento di potere. Derry qui è esplicitamente un organismo malato, contaminato da orrori storici e sovrannaturali insieme: caserme, cinema, fogne e quartieri periferici diventano tutti parte di un grande teatro dell’incubo. Se ti piacciono le serie in cui la città è il vero mostro, From (2022– in corso) è un’altra storia di luogo maledetto che inghiotte chi ci entra.

  • “After”: tutti i film in della saga drammatica romantica in ordine cronologico

    “After”: tutti i film in della saga drammatica romantica in ordine cronologico

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Tutto è iniziato nel 2013 quando Anna Todd ha pubblicato su Wattpad, un social di lettura e una community online di scrittori self-published, alcuni capitoli di After. Una fanfiction dedicata a Harry Styles, membro dei One Direction, che nel giro di pochi mesi ha riscosso l'attenzione della stampa e di oltre un miliardo di lettori online diventando un fenomeno letterario. 

    Da lì a poco, il cinema si è interessato ad acquisirne i diritti per trasformarla prima in un film e poi in una saga cinematografica. Il racconto di una storia d'amore travagliata, quella tra Tessa Young e Hardin Scott, che ha intercettato il favore di un pubblico di giovanissimi lettori/spettatori. Poco importa delle critiche che vogliono il racconto a tratti ripetitivo e che alcuni elementi della relazione messa in scena siano considerati tossici.

    JustWatch ha stilato una lista con tutti i film di After che puoi vedere in ordine cronologico.

    1. After (2019)

    Il capitolo introduttivo grazie al quale conosciamo la studiosa e seria Tessa e il tormentato e ombroso Hardin. Due opposti che finiscono per non riuscire a fare a meno l'una dell'altro. After è un perfetto esempio di film young adult che dà corpo e voce ai personaggi e alle emozioni che i lettori hanno provato leggendo la fanfiction di Anna Todd. A funzionare davvero, al di là di una scrittura superficiale e un eccesso di inverosimiglianza, è la chimica tra i due protagonisti interpretati da Josephine Langford e Hero Fiennes Tiffin.

    Poco più di un'ora e 30 minuti il cui il dramma adolescenziale incontra tematiche più adulte grazie all'incontro tra il prototipo della brava ragazza e quello del bad boy per antonomasia. Il primo tassello di un percorso alla scoperta dell'amore giovanile. Se hai amato The Kissing Booth (2018), non puoi perdertelo.

    2. After 2 (2020)

    Adattamento del romanzo After – Un cuore in mille pezzi, questo sequel non ha fatto altro che consolidare il successo mondiale della saga. Il film riparte un mese dopo gli eventi raccontati nel primo capitolo e approfondisce le dinamiche tossiche tra Tessa e Hardin dopo la loro prima brutale rottura soffermandosi sui temi di fiducia e perdono. Anche in After 2 i pregi e difetti sono i medesimi. L'amore totalizzante quanto malsano tra i due è il sole attorno al quale gravitano tutti gli altri elementi.

    Un film che in 105 minuti spinge ancor di più il piede sull'acceleratore del dramma sentimentale anche grazie all'introduzione di una terza figura che porta a destabilizzare il già complicato equilibrio tra i due protagonisti. Una pellicola incentrata maggiormente sul lato ossessioni delle relazioni alle prese con gelosia e perdono. Se film come Vicino all'orizzonte (2019) ti emozionano, non resterai deluso da questo secondo capitolo.

    3. After 3 (2021)

    Con questo terzo capitolo, trasposizione di After – Come mondi lontani e After - Anime perdute – il racconto fa un passo in avanti grazie all'introduzione di sotto trame che arricchiscono la storia. Su tutte le complesse relazioni familiari dei due protagonisti. After 3 si muove tra passato, presente e futuro mentre Tessa e Hardin affrontano ostacoli che mettono alla prova la loro relazione.

    Un'ora e quaranta che cambia la prospettiva del racconto e si fa ancor più intimo raccontando la crescita personale di Tessa decisa a realizzare i suoi sogni professionali trasferendosi a Seattle. Se I primi due capitoli erano più fisici, qui il focus è concentrato sulla psicologia dei personaggi e la tensione che segreti e legami familiari fanno affiorare. Da recuperare se hai apprezzato Uno splendido errore (2023).

    4. After 4 (2022)

    Capitolo “ponte” che traghetta la saga verso la sua conclusione. Questa volta il testo di riferimento è After – Amore infinito che vede la relazione di Tessa e Hardin subire una pesante battuta d'arresto dovuta anche dalle conseguenze relative alla scoperta di segreti che li mettono in crisi. After 4 racconta di personaggi più maturi che si evolvono e cercano di trovare un loro equilibrio individuale. Ma quello che spicca è il retrogusto di una struttura narrativa fin troppo familiare.

    Tra i punti di forza dei 96 minuti del film c'è la scelta di separare i due personaggi principali concentrando la narrazione sulle rispettive individualità e problematiche. Questo permette di riflettere sul ruolo delle relazioni e su quanto possano contribuire o meno ad aiutarci a superare e sconfiggere i nostri demoni. Da vedere se ti è piaciuto Da ciao ad addio (2022).

    5. After 5 – Capitolo finale (2023)

    Con After 5 - Capitolo finale si conclude la saga cinematografica di Tessa e Hardin. Adattamento di After – Come mondo lontani e After – Anime perdute, questo capitolo chiude il cerchio di una relazione a dir poco tumultuosa. A due anni dalla loro rottura, i protagonisti si ritrovano e si scoprono cambiati. Più maturi, più lucidi, più posati. Specie Hardin che sembra volersi riscattare non solo agli occhi di Tessa, ma anche a quelli degli spettatori.  Un finale di un'ora e 30 minuti che fa la gioia di tutti i fan dei libri per una saga dichiaratamente al loro servizio.

    Se dovessimo rintracciare gli elementi più rilevanti della pellicola, sarebbero senza dubbio la riflessione sul percorso di crescita del protagonista maschile e l'attenzione al tema della salute mentale. Due tematiche molto attuali che permettono di far riflettere e aiutare il pubblico di giovanissimi a cui la storia di Tessa e Hardin è indirizzata.

  • Da "A proposito di Davis" a "Frankenstein": i migliori film e serie TV con Oscar Isaac

    Da "A proposito di Davis" a "Frankenstein": i migliori film e serie TV con Oscar Isaac

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A Venezia 82 Oscar Isaac è stato protagonista di due film, Frankenstein (2025) di Guillermo del Toro e In the Hand of Dante (2025) di Julian Schnabel. Titoli agli antipodi che ben sintetizzano la pluralità di generi con i quali l'attore si confronta fin dall'inizio della sua carriera. 

    Con un diploma della prestigiosa Julliard in tasca, Isaac ha debuttato sul grande schermo nel 2002 inAll About the Benjamins al fianco di Eva Mendes per poi prendere lentamente sempre più spazio fino a farsi notare da grandi nomi. È così che Steven Soderbergh lo sceglie per una piccola parte in Che – L'argentino (2008), Ridley Scott lo chiama per Nessuna verità (2008) e Robin Hood (2010) e Madonna lo sceglie per W.E. - Edward e Wallis (2011).

    Ma la svolta è del 2013 quando Joel e Ethan Coen gli offrono il ruolo da protagonista in A proposito di Davis (2013) che gli ha regalato una nomination ai Golden Globes. Da lì in poi la sua carriera ha preso il via permettendogli di dimostrare il suo talento in opere sempre diverse, dai blockbuster come Star Wars – Il risveglio della Forza (2015) agli sci-fi come Ex-Machina (2015).

    JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Oscar Isaac.

    9. Dune (2021) 

    Ci aveva già pensato David Lynch nel 1984 con Dune a portare sul grande schermo l'omonimo romanzo fantascientifico di Frank Herbert scritto 20 anni prima. Nel 2021 anche Denis Villeneuve si è cimentato in un adattamento cinematografico dell'opera. Il nome giusto per dare vita a una pellicola immersiva e visivamente impressionante. Ambientato in un futuro in cui l'umanità vive sul sabbioso pianeta Arrakis, unica fonte della preziosa “spezia” che dà il dono della premonizioni, il film segue Paul Atreides, un giovane nobile interpretato da Timothée Chalamet il cui destino si intreccia proprio con quello della spezia.

    Oscar Isaac interpreta il duca Leto Atreides, padre del protagonista, leader compassionevole guidato dal senso di giustizia che l'attore fa trasparire nella sua interpretazione. Nel suo Leto c'è tutta la dignità e il tormento del suo personaggio che permette al pubblico di empatizzare con lui nonostante la sua breve presenza sullo schermo. Villeneuve, dal canto suo, dà vita a un'esperienza cinematografica totale, tra vermi delle sabbie, deserti vastissimi e navi spaziali. Dal ritmo denso e rarefatto, campi lunghissimi ed effetti speciali ben congegnati, Dune è un adattamento degno del romanzo che ne traduce in immagini le pagine. Se la regia di Villeneuve in Arrival (2016) e Blade Runner 2049 (2017) ti ha entusiasmato, non puoi perdere il film e il suo sequel,Dune - Parte 2 (2024).

    8. Frankenstein

    Guillermo Del Toro ha desiderato realizzare un adattamento del romanzo di Mary Shelley da sempre. Il risultato è un'opera dal respiro sontuoso che rende omaggio al classico della letteratura gotica, ma va oltre trovando una sua voce nella decisione di fare della Creatura interpretata da Jacob Elordi un simbolo di solitudine. Oscar Isaac è il barone Victor Frankenstein che lo porta in vita spinto da una profonda ossessione. 

    L'attore porta in scena il dolore e l'ego del suo personaggio mostrandoci come l'arroganza possa deteriorare dall'interno un individuo. Due ore e 30 minuti di pura bellezza, tra inquadrature che sembrano dipinti e un'attenzione maniacale per i dettagli. Se il cinema di Del Toro e i “mostri” che lo abitano – daIl labirinto del fauno (2006) a La forma dell'acqua - The Shape of Water (2017) - ti emozionano, non puoi perderti Frankenstein.

    7. Moon Knight (2022)

    Per Moon Knight Oscar Isaac si è fatto letteralmente in due. L'attore è il protagonista della miniserie della Fase 4 del MCU in cui interpreta Steven Grant, mite e timido dipendente della National Gallery appassionato di egittologia che scopre di soffrire di un disturbo dissociativo che lo porta a condividere l'identità con l'ex mercenario Marc Spector. Un uomo dall'opposta personalità che veste i panni di Moon Knight, eroe che combatte il crimine.

    Sei episodi da 40/50 minuti che si inseriscono in quel filone di innovazione narrativa e stilistica di molte serie TV Marvel, da WandaVision (2021) a Loki (2021). Dallo spirito avventuroso come Indiana Jones e i predatori dell'arca perduta (1981) e ricco di elementi soprannaturali come in Ghostbusters (1984), lo show affronta il tema della salute mentale mentre si muove tra azione e thriller. Isaac, che per il doppio ruolo ha detto di essersi lasciato guidare dalla lettura di A Fractured Mind di Robert B. Oxnam, è bravissimo nell'alternare e interpretare le due personalità modificando completamente voce e postura e costituendo il cuore pulsante della serie.

    6. Ex Machina (2014)

    Basterebbe la scena del ballo sulle note di Get Down Saturday Night di Oliver Cheatham a fare di Ex Machina un cult e regalare a Oscar Isaac un posto nella storia del cinema contemporaneo. Ma c'è molto di più. Debutto alla regia di Alex Garland, il film è un thriller sci-fi dai tratti profetici e anticipatori. La storia è quella di Caleb (Domhnall Gleeson), programmatore chiamato a interagire con Ava, una macchina umanoide dotata di intelligenza artificiale (Alicia Vikander), nell'isolata tenuta del suo capo, Nathan Bateman (Isaac).

    Un film che nell'arco di 108 minuti stupisce per la sua riflessione sull'etica legata all'IA, la coscienza, il rapporto uomo/macchina e la manipolazione immersa in un'atmosfera claustrofobica accentuata dal lavoro sul suono. Un elemento tipico dei film di Garland che ritroveremo anche in Civil War (2024) e Warfare – tempo di guerra (2025). Isaac, nel modellare la figura di un genio carismatico quanto ambiguo, gioca tutta la sua performance sul linguaggio del corpo e gli stati d'animo di Bateman, affascinante prima, feroce poi. Uno dei personaggi più seducenti della sua carriera. Se ami i racconti di fantascienza con protagonisti androidi come Westworld – Dove tutto è concesso, l'esordio di Garland fa al caso tuo.

    5. 1981: Indagine a New York (2014)

    Oscar Isaac e Jessica Chastain sono amici fin dai tempi della Julliard. Non è stato difficile per loro, quindi, portare sullo schermo un legame che risultasse autentico. I due interpretano Abel Morale, capo di un'impresa che distribuisce carburante, e sua moglie Anna. Mentre l'uomo cerca di espandere il commercio deve anche difendersi da continui furti e minacce che minano la riuscita del suo sogno imprenditoriale.

    J.C. Chandor ambienta1981: Indagine a New York sullo sfondo di una città attraversata da un'ondata di violenza mentre, in poco più di due ore, riflette sulle ombre del sogno americano, sulla corruzione e i veleni in seno al capitalismo. Isaac, elegantissimo nei suoi abiti di fine sartoria, ci regala una prova di grande controllo che sembra guardare alle grandi interpretazioni di Al Pacino e Robert De Niro mentre incarna un personaggio moralmente complesso. Se ami il cinema di Sidney Lumet e pellicole come Serpico (1973) o Il principe della città (1981), il film di J.C. Chandor non ti deluderà.

    4. Il collezionista di carte (2021)

    Paul Schrader è uno dei pilastri del cinema statunitense. Un autore che è tornato, più e più volte, sugli stessi temi per raccontarli attraverso angolazioni differenti. Con Il collezionista di carta sceglie di farlo attraverso William Tell (Isaac), ex carceriere di Abu Ghraib che si reinventa giocatore di poker dopo aver trascorso otto anni in carcere per violazione dei diritti umani. Schrader costruisce un film in cui, nell'arco di 1 ora e 52 minuti, riflette su trauma, redenzione, violenza e rivalsa. Sullo sfondo il regista punta il dito sull'implicazione degli Stati Uniti nella guerra in Iraq, tra conseguenze psicologiche e responsabilità materiali. 

    Lo fa attraverso una regia che si muove tra le atmosfere soffocanti e deliranti dei flashback e momenti di puro controllo e compostezza. Elementi che si ritrovano tutti nell'interpretazione di Oscar Isaac che, come ex militare e giocatore di poker sa come gestire e sopprime le emozioni. Un'interpretazione enigmatica e poco verbosa, tutta giocata sul linguaggio del corpo. Se ritieni Taxi Driver (1976) un capolavoro indiscusso e hai visto First Reformed - La creazione a rischio (2017) e Il maestro giardiniere (2022), non puoi non recuperare il tassello centrale della Trilogia della Redenzione di Paul Schrader.

    3. Scene da un matrimonio (2021)

    Oscar Isaac e Jessica Chastain tornano ad interpretare una coppia a sette anni di distanza da 1981: Indagine a New York. Ma questa volta la loro relazione è in crisi profonda e l’unico avvertimento che ci sentiamo di dare è di prepararti a farti spezzare il cuore. Scena da un matrimonio è il remake firmato da Hagai Levi del classico di Ingmar Bergman e segue la storia di Mira e Jonathan. Marito e moglie dalla vita sentimentale apparentemente salda che si sbriciola davanti ai nostri occhi. Una miniserie in 5 episodi dal sapore teatrale che affonda nel profondo delle dinamiche psicologiche di entrambi i personaggi restituendoci una disamina cruda e onesta della fine di un amore.

    Insieme Chastain e Isaac sono straordinari e permettono una totale immersione emotiva da parte di noi spettatori. In particolare, l’attore è più che convincente nel mostrare l’evoluzione del suo personaggio. Inizialmente attonito e incredulo, Jonathan fa uscire tutta la sua rabbia e risentimento di uomo tradito. Se hai pianto tutte le tue lacrime guardando l’originale del 1973 e Storia di un matrimonio (2019), questa miniserie promette di farti replicare l’esperienza.

    2. A proposito di Davis (2013)

    Il film della svolta per Oscar Isaac e un’interpretazione assolutamente indimenticabile. I fratelli Coen lo scelgono per prestare voce e corpo a Llewyn Davis, cantante folk talentuoso quando incredibilmente sfortunato che cerca invano di sfondare a New York negli anni ‘60. L’attore sembra nato per il ruolo al quale infonde tutta la frustrazione e la disillusione di un artista che non vede riconosciuto il valore della sua musica. Struggente la sequenza in cui, sulle note di The Death of Queen Jane, si esibisce per un grosso produttore discografico che non ne capisce il talento.

    Passando di divano in divano e di locale in locale, il film è una sorta di racconto on the road che in poco meno di due ore parla di fallimento, occasioni mancate e ambizione. A rendere ancor più potente la prova di Isaac il fatto che l’attore non si è limitato a recitare, ma ha anche interpretato ogni brano. A proposito di Davis è da recuperare se hai amato Blaze (2018), splendido biopic diretto da Ethan Hawke e dedicato alla storia vera del musicista folk Blaze Foley.

    1. Show Me a Hero (2015)

    Inizia sulle note di Gave It a name di Bruce Springsteen Show Me a Hero, meravigliosa miniserie diretta da Paul Haggis dedicata alla storia vera del sindaco di Yonkers Nick Wasicsko (Isaac) che, alla fine degli anni '80, si trovò fronteggiare una decisione federale che imponeva la costruzione di abitazioni per famiglie povere nei quartieri benestanti. Sei episodi scritti, diretti e interpretati magistralmente in cui si racconta di un Paese attraversato da forti tensioni sociali e razziali attraverso l'idealismo di un giovane politico.

    L'attore ci ha regalato una prova indimenticabile abbracciando tutto l'impegno, la dedizione, le preoccupazioni, l'empatia e il dolore di un uomo che voleva davvero fare la differenza per la sua comunità. Una performance dalla quale è impossibile distogliere lo sguardo per uno show capace di fotografare un momento storico degli Stati Uniti che continua a riecheggiare nel nostro presente. Se consideri The Wire (2002) una delle migliori serie mai realizzate, stai pur certo che Show Me a Hero non ti deluderà.

  • Aspettando “Wicked: For Good”: i 10 migliori musical passati dal palco allo schermo

    Aspettando “Wicked: For Good”: i 10 migliori musical passati dal palco allo schermo

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con l’arrivo al cinema di Wicked: For Good (2025), seconda parte dell’attesissimo adattamento del musical di Broadway, il genere torna a essere protagonista del grande schermo. Wicked – Parte 1 (2024) ha già incantato il pubblico con la sua miscela di spettacolarità, emozione e riflessione sull’identità: due streghe opposte e inseparabili che riscrivono il mito del Mago di Oz.

    Ma non è un caso isolato — il musical cinematografico vive un momento di rinascita, sospeso tra nostalgia e innovazione. Negli ultimi vent’anni Hollywood ha riportato in auge il grande spettacolo cantato, con registi capaci di unire linguaggio teatrale e forza visiva. Dai classici di Broadway reinventati per il cinema alle opere originali che ne raccolgono l’eredità, ecco dieci musical imperdibili che hanno trasformato la musica in emozione pura.

    1. Wicked – Parte 1 (2024)

    Diretto da Jon M. Chu, Wicked – Parte 1 porta finalmente sul grande schermo la storia di Elphaba e Glinda, le due streghe di Oz divise da ideali, invidia e destino. Cynthia Erivo e Ariana Grande regalano interpretazioni magnetiche, mentre la regia mescola spettacolo e intimità con equilibrio sorprendente. L’universo di Oz viene reinventato con una fotografia che alterna luce e ombra, come riflesso del conflitto interiore delle protagoniste. La colonna sonora, già cult, mantiene intatto il potere emotivo del musical originale, regalando nuovi arrangiamenti che amplificano la drammaticità. È un film che parla di diversità, libertà e amicizia femminile, anticipando un secondo capitolo che promette di essere ancora più oscuro. Se ami le fiabe rivisitate in chiave adulta e musicale, Into the Woods (2014) offre la stessa fusione di magia e malinconia.

    2. Les Misérables (2012)

    Tom Hooper firma con Les Misérables un’opera epica e intima al tempo stesso. Basato sul celebre romanzo di Victor Hugo, il film mette in scena l’eterna lotta tra giustizia e redenzione, tra la miseria umana e la speranza. Hugh Jackman, Anne Hathaway e Russell Crowe cantano dal vivo in ogni scena, creando un’intensità rara per un musical. Ogni sguardo e respiro diventa parte della melodia. L’uso insistito del primo piano fa entrare lo spettatore nell’anima dei personaggi, rendendo “I Dreamed a Dream” una delle performance più struggenti mai viste sul grande schermo. Visivamente grandioso e narrativamente potente, Les Misérables è una sinfonia di dolore e fede. Se ami i musical storici e impegnati, Evita (1996) di Alan Parker con Madonna è un altro racconto di rivoluzione e sacrificio.

    3. Moulin Rouge! (2001)

    Con Moulin Rouge!, Baz Luhrmann reinventa il musical come spettacolo sensoriale totale. Ambientato nella Parigi fin de siècle, il film racconta l’amore impossibile tra Christian (Ewan McGregor), poeta idealista, e Satine (Nicole Kidman), stella del cabaret. È un’esplosione visiva di colori, montaggi frenetici e canzoni iconiche, da “Your Song” a “Come What May”. Luhrmann intreccia musica pop contemporanea e tragedia romantica, creando un’estetica che ha ridefinito il linguaggio del genere. Sotto la superficie luccicante, il film nasconde un cuore malinconico: quello di un amore destinato a spegnersi come le luci del palcoscenico. Se ami le storie d’amore impossibili e la fusione tra musica e cinema, Across the Universe (2007) di Julie Taymor trasforma i Beatles in una ballata psichedelica e politica.

    4. Chicago (2002)

    Con Chicago, Rob Marshall riporta il musical classico di Broadway alla ribalta, con un linguaggio cinematografico fresco e seducente. Catherine Zeta-Jones, Renée Zellweger e Richard Gere dominano la scena in un vortice di jazz, crimine e seduzione. La storia di due donne che trasformano l’omicidio in spettacolo è una satira feroce sul potere dei media e sulla spettacolarizzazione della violenza. Ogni numero musicale diventa un atto teatrale nella mente dei personaggi, in un gioco di piani narrativi perfetto. Vincitore di sei Oscar, Chicago è un musical che parla di ambizione, cinismo e desiderio di gloria. Se ti affascinano le protagoniste femminili carismatiche e l’ironia dark, Burlesque (2010) con Christina Aguilera e Cher riprende la stessa energia sensuale e teatrale.

    5. The Rocky Horror Picture Show (1975)

    Un fenomeno culturale senza tempo. The Rocky Horror Picture Show non è solo un musical, ma un rito collettivo di libertà e trasgressione. Tim Curry, leggendario Dr. Frank-N-Furter, guida un cast sopra le righe in un delirio di rock, latex e parodia fantascientifica. Il film ha sfidato le convenzioni di genere e sessualità, diventando manifesto del cinema queer. Ogni proiezione è una festa: pubblico, citazioni e travestimenti si fondono in un’esperienza unica. Oltre il kitsch e l’eccesso, resta un film sorprendentemente sincero sul desiderio di essere sé stessi. Se ami i musical anticonformisti e punk, Hedwig and the Angry Inch (2001) racconta con poesia e rabbia il viaggio di un’artista alla ricerca della propria identità.

    6. The Phantom of the Opera (2004)

    Joel Schumacher porta sul grande schermo il musical di Andrew Lloyd Webber con sfarzo visivo e sentimento gotico. The Phantom of the Opera è una storia di amore, ossessione e deformità che si consuma tra i corridoi dell’Opéra di Parigi. Gerard Butler, Emmy Rossum e Patrick Wilson interpretano una tragedia romantica dove la musica è voce dell’anima. Ogni inquadratura è un quadro barocco, ogni nota un urlo represso. Il film cattura l’essenza del mito — l’artista maledetto che ama troppo — con una sensibilità che fonde eros e dolore. Se ami le storie di passione e mostruosità, Il Gobbo di Notre Dame (1996) della Disney offre un dramma altrettanto intenso e struggente.

    7. West Side Story (2021)

    Steven Spielberg reinterpreta uno dei musical più amati di sempre con un’eleganza e un’energia che lasciano senza fiato. West Side Story racconta ancora una volta l’amore tra Tony e Maria, sospeso tra due mondi divisi dall’odio e dal pregiudizio. Spielberg unisce rispetto filologico e innovazione, regalando coreografie dinamiche e un’attenzione rara al contesto sociale. La musica di Bernstein e le parole di Sondheim suonano più attuali che mai. È un film che parla di appartenenza, sogno e giustizia, ricordando che il musical può ancora cambiare il modo in cui guardiamo la realtà. Se ami i musical urbani e vitali, In the Heights (2021) di Jon M. Chu offre lo stesso spirito di comunità e riscatto.

    8. Tick, Tick... Boom! (2021)

    Diretto da Lin-Manuel Miranda, Tick, Tick... Boom! è la biografia musicale di Jonathan Larson, autore del leggendario Rent. Andrew Garfield offre una delle performance più sentite della sua carriera, incarnando l’artista diviso tra sogni e paure. Il film è un inno alla creatività e al tempo che fugge, con canzoni che raccontano il sacrificio di chi vive per l’arte. Ogni scena vibra di passione e malinconia, e il ritmo del montaggio cattura la frenesia della vita di Larson. È un musical intimo e moderno, capace di commuovere anche chi non ama il genere. Se ti affascina la tensione tra arte e ambizione, La La Land (2016) di Damien Chazelle ne amplifica il romanticismo e il disincanto.

    9. Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007)

    Tim Burton trasforma l’opera di Stephen Sondheim in un cupo poema visivo. Sweeney Todd è un musical gotico dove Johnny Depp e Helena Bonham Carter incarnano due anime dannate: un barbiere assassino e la sua complice fornaia. La Londra vittoriana diventa un inferno teatrale di sangue e rimpianto, con brani che uniscono ironia macabra e lirismo tragico. Burton fonde melodramma e horror con un’estetica inconfondibile, costruendo un musical dove ogni nota è una ferita. Un’esperienza visiva potente e spaventosa, che canta la vendetta come se fosse un’opera d’amore. Se ami i musical dark e grotteschi, Repo! The Genetic Opera (2008) spinge l’horror musicale verso la pura follia.

    10. Mamma Mia! (2008)

    Un trionfo di leggerezza e nostalgia. Mamma Mia! di Phyllida Lloyd porta sullo schermo le canzoni degli ABBA in un vortice di allegria, amore e panorami da sogno. Meryl Streep, Amanda Seyfried e un cast irresistibile trasformano una storia familiare semplice in una festa collettiva. Ogni brano — da “Dancing Queen” a “The Winner Takes It All” — diventa una dichiarazione di libertà e vitalità. È un film che invita a lasciarsi andare, a cantare e a non avere paura del tempo che passa. Se ami i musical pop e colorati, The Greatest Showman  (2017) con Hugh Jackman regala la stessa energia trascinante e lo stesso spirito positivo.

  • 10 film famosi nominati per il Peggior Film dell’Anno che non ti aspetteresti (o forse sì!)

    10 film famosi nominati per il Peggior Film dell’Anno che non ti aspetteresti (o forse sì!)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    I Razzie Award sono il contraltare degli Oscar. Se questi ultimi premiano ogni anno i migliori film che si sono visti in sala, i Razzie vengono assegnati ai peggiori. Tra le varie categorie a cui nessun film vuole ambire c’è il temutissimo Peggior film dell’anno. Una nomination a questa categoria può essere fatale, immaginatevi uscirne vincitori.

    I Razzie Award non guardano in faccia a nessuno e nel corso della loro storia molti film famosi sono si sono ritrovati nominati per il Peggior film dell’anno. Questa lista vi fa scoprire 10 titoli tra i più conosciuti che, secondo i Razzie, si sono meritati la nomination alla categoria più temuta di tutte. Tra cult indimenticabili e blockbuster hollywoodiani, non crederete ai vostri occhi. Almeno, in alcuni casi.

    1. I cancelli del cielo (1980)

    Oggi può sembrare strano che un capolavoro come I cancelli del cielo fosse nominato per il Peggior film dell’anno. La nostra visione del western revisionista di Michael Cimino è il frutto di anni e anni di rivalutazioni che hanno portato alla riscoperta di questa magnificenza. Quando uscì, però, il film scivolò non di poco al box office, mandando quasi in rovina la United Artists. Allo stesso tempo, il flop de I cancelli del cielo (1980) segna la fine dell’era d’oro della Nuova Hollywood e, con essa, l’epilogo della grande libertà artistica lasciata ai registi dagli studios. D’ora in poi, il controllo della produzione da parte dei conglomerati hollywoodiani diventò sempre più capillare.

    2. Waterworld (1995)

    Di flop in flop, passiamo ora a Waterworld, il cult che ha quasi distrutto la carriera di Kevin Costner. L’attore era al top a inizio anni ‘90, con successi strepitosi come Balla coi lupi (1990), Robin Hood - Principe dei ladri (1991) e Guardia del corpo (1992). Ma la seconda metà del decennio si prospettava tra le più difficili della sua carriera. Waterworld (1995) era ai tempi il film più costoso mai prodotto, ma al box office i risultati furono deludenti. Il film poteva convincere grazie ai set maestosi e al mondo post-apocalittico presentato, ma una sceneggiatura debole e personaggi mal costruiti hanno affossato fin dall’inizio la pellicola. Dopo decenni, Waterworld (1995) rimane un cult che, nonostante la nomination ai Razzie, ha saputo ritagliarsi un piccolo spazio nel cuore dei fan della fantascienza.

    3. L'ultimo dominatore dell'aria (2010)

    L'ultimo dominatore dell'aria è noto per non essere riuscito a replicare sul grande schermo la magia della serie TV da cui è tratto, ovvero quel capolavoro di Avatar - La leggenda di Aang (2005). Le premesse sembravano delle migliori, con la regia affidata a M. Night Shyamalan. Tuttavia, L'ultimo dominatore dell'aria (2010) pecca su più fronti, dai deboli effetti speciali alle prove non sempre convincenti del cast. Questo film è rimasto talmente in profondità nel dimenticatoio che, forse, molti si erano scordati della sua nomination ai Razzie. Al contrario de I cancelli del cielo (1980), però, è difficile controbattere alle critiche.

    4. Cinquanta sfumature di grigio (2015)

    Se Waterworld (1995) e I cancelli del cielo (1980) hanno avuto delle performance deludenti ai botteghini, questo non vale certo per quel fenomeno pop chiamato Cinquanta sfumature di grigio. Nonostante i giudizi poco lusinghieri della critica, il film di Sam Taylor-Johnson ha totalizzato più di mezzo miliardi di incassi, rimanendo sulla bocca di tutti dopo la sua uscita. La nomination ai Razzie per il Peggior film, però, non sembra del tutto fuori luogo. Il film non esprime tutta la potenza sovversiva e iconoclasta della relazione al centro della storia, risultando più un'operazione di marketing che una versione moderna di 9 settimane e ½ (1986). Dov’è la provocazione artistica che tutti si aspettavano?

    5. Morbius (2022)

    Forse il peggio per Morbius non è stata la nomination ai Razzie per il Peggior film, ma l’ondata di meme tratti dal film che ha travolto il web. Non contenti della flebile prova ai box office, alla Sony decisero di riproporlo nelle sale, con risultati ancora deludenti. Qui il discorso vale come per L'ultimo dominatore dell'aria (2010). Molti fan hanno voluto cancellare dalle loro menti Morbius (2022) e, forse, non si sono accorti della nomination ai premi più temuti di Hollywood. Tuttavia, basta vedere la pellicola con Jared Leto e Matt Smith per rendersi conto che, in fin dei conti, poteva anche andare peggio. Morbius (2022) poteva vincere il premio di Peggior film dell’anno, senza suscitare nessuno scandalo.

    6. Blonde (2022)

    Per la fortuna di Leto & Co., il Razzie è andato a Blonde, il biopic di Andrew Dominik sulla vita di Marilyn Monroe. Questa produzione di Netflix è il classico esempio di tanta forma e poca sostanza. Se da un lato la fotografia è magnifica, con un alternarsi di colore e bianco e nero, il succo del film lascia un retrogusto amaro dopo i titoli di coda. Blonde (2022) tenta di fare luce sull’incubo che Marilyn Monroe ha vissuto durante i suoi anni di fama, tra abusi psicologici e fisici da parte degli uomini che ha incontrato sul suo cammino. Tuttavia, il film non fa che cadere nello stesso errore, diventando esso stesso un veicolo di sfruttamento dell’immagine dell’icona. 

    7. Pinocchio (2022)

    Con successi stratosferici come Ritorno al futuro (1985), Forrest Gump (1994) e Flight (2012), siamo sicuri che Pinocchio sarà uno dei film meno ricordati di Robert Zemeckis. Anche perché nello stesso anno è uscita quella perla di Pinocchio di Guillermo del Toro (2022). Il film di Zemeckis sfoggia un mix di computer grafica e live-action che stuzzica la curiosità, ma la sceneggiatura non convince appieno con momenti che tendono quasi alla noia. Allo stesso tempo, visti gli innumerevoli adattamenti per il cinema del romanzo per bambini di Collodi, far uscire un’altra versione di Pinocchio deve essere motivato da innovazioni e riletture originali. Cosa che non vale per Pinocchio (2022). 

    8. Winnie-the-Pooh - Sangue e miele (2023)

    Winnie-the-Pooh - Sangue e miele diventerà con il tempo un cult per molti. Ciò non toglie che la pellicola di Rhys Frake-Waterfield non poteva evitare la nomination a Peggior film dell’anno. Non basta la scelta provocatoria e sui generis di accostare uno dei personaggi più amati dai bambini a scenari da fiumi di sangue. Winnie-the-Pooh - Sangue e miele (2023) rimane un film dimenticabile che fatica a decollare. Anche la scelta di utilizzare la CGI in alcune scene splatter non aiuta, soprattutto perché gli effetti pratici sono migliori per il loro potenziale realistico. Non vi sorprenderà sapere che il film non solo è stato nominato come Peggior film dell’anno. Ha anche vinto il premio!

    9. Joker: Folie à Deux (2024)

    Come ho letto altrove online, sono convinto anch’io che Todd Phillips abbia voluto autosabotare Joker: Folie à Deux. Del resto, il suo predecessore Joker (2019) era un film perfettamente riuscito e a sé stante che non aveva bisogno di un secondo capitolo. Con lo spirito del suo protagonista, Phillips ha confezionato un sequel che non mette d’accordo nessuno e che “sputa” nel piatto del primo capitolo. Proprio come la tempra anarchica e autodistruttiva di Joker, il film fa di tutto per non accontentare nessuno, dall’uso del formato musical al ridimensionamento della scala della sceneggiatura. Il paradosso, però, rimane. Non riuscendo, il film riesce nel suo intento.

    10. Megalopolis (2024)

    Megalopolis è forse il progetto più ambizioso di Francis Ford Coppola ed è un film che ha lasciato parecchi insoddisfatti nelle sale, proprio come Joker: Folie à Deux (2024). Il film era il progetto della vita per Coppola, che ha investito una buona parte del denaro per la sua produzione. La pellicola è, senza dubbio, ambiziosa e di una portata gigantesca, dall’immenso cast alla rilettura del declino degli Stati Uniti in chiave Impero Romano. Non basta il grande cuore di Coppola per impedire che Megalopolis (2024) venga nominata per i Razzie. Sfortunatamente, dalle performance non convincenti degli attori all’esuberante tocco kitsch, Megalopolis (2024) non fa giustizia a uno dei registi più influenti di sempre.

  • “La signora in giallo” presto un reboot: ecco tutti i film e la serie TV con Jessica Fletcher

    “La signora in giallo” presto un reboot: ecco tutti i film e la serie TV con Jessica Fletcher

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    La conferma è arrivata dalla diretta interessata. Jamie Lee Curtis, intervistata da Entertainment Tonight ha dichiarato che sarà lei a diventare il nuovo volto de La signora in giallo, la serie TV crime con protagonista Angela Lansbury nei panni della scrittrice di best-seller gialli Jessica Fletcher con una predilezione per risolvere casi di omicidio.

    Un reboot prodotto da Universal Pictures che vede al timone del progetto i registi Phil Lord e Chris Miller (Spider-Man - Un nuovo universo, 2018) con il contributo della produttrice Amy Pascal (Venom, 2018). Molto probabilmente si tratterà di un film pensato per lo streaming e alla sceneggiatura sono già state confermate Lauren Schuker Blum e Rebecca Angelo, penne dietro il successo di Dumb Money: Non chiamateli sprovveduti (2023).

    In attesa di vedere Jamie Lee Curtis in azione, JustWatch ha stilato una lista delle serie e dei film con protagonista la detective amatoriale più famosa di sempre.

    1. La signora in giallo (1984-1996)

    Se uno spettatore qualsiasi nato dagli anni '70 in poi dovesse stilare una classifica delle serie TV che hanno fatto da sfondo alla propria adolescenza e vita adulta, La signora in giallo ricoprirebbe sicuramente una delle prime posizioni. Per anni è bastato accendere la TV e trovare in onda uno dei 263 episodi da 45 minuti che compongono le 12 stagioni dello show con protagonista la scrittrice di best-seller e detective amatoriale Jessica Fletcher.

    Di base a Cabot Cove, Massachusetts, per poi viaggiare in giro per il mondo grazie al suo lavoro, Jessica - interpretata da Angela Lansbury - ha risolto casi ovunque si trovasse. Tutto merito del suo intuito infallibile che, unito, a una buona dose di ironia e a un'ambientazione casalinga fa della serie un cozy mystery imperdibile. Un giallo classico dalla struttura sempre simile a se stessa, ma contraddistinto da casi nuovi di episodio in episodio. Un evergreen senza tempo, da ri(vedere) se adori gli investigatori amatoriali comeMiss Marple (2004) e Padre Brown (2013).

    2. Vagone letto con omicidio (1997)

    Vagone letto con omicidio inaugura il ciclo dei quattro film per la TV realizzati dopo la conclusione della serie. Jessica Fletcher si trova su un treno diretto a El Paso dove fa la conoscenza di Sarah, testimone oculare in un caso di omicidio. Quando la giovane donna scompare dal convoglio senza che il treno si sia mai fermato, ecco che la detective si mette sulle sue tracce.

    Per chiunque abbiamo amato lo show originale, questo film è una felice prosecuzione delle atmosfere e del tono de La signora in giallo. La durata di un'ora e 40 minuti permette poi un maggiore approfondimento delle varie linee narrative e un'attenzione maggiore ai personaggi secondari che una puntata televisiva non permette. Se sei un fan dei romanzi di Agatha Christie e dei relativi adattamenti cinematografici come Assassinio sull'Orient Express (2017), difficilmente resterai deluso.

    3. Appuntamento con la morte (2000) 

    Il titolo originale, A Story to Die For, esemplifica alla perfezione il movente dietro l'omicidio al centro di Appuntamento con la morte, secondo film TV legato all'universo televisivo de La signora in giallo. Jessica Fletcher si ritrova coinvolta nelle indagini sull'omicidio di uno scrittore, ex capo del KGB, avvenuto ad un convegno letterario. Una morte che catapulta la protagonista al centro di una spy story fatta di segreti di Stato e spie legate al passato della vittima.

    Come spesso è accaduto anche nel corso della serie, la protagonista si ritrova a destreggiarsi in un ambiente ostile che non vede di buon occhio il tentativo di una detective amatoriale di risolvere il caso. In 95 minuti, la pellicola offre un bilanciato equilibrio tra il tono tipico delle storie di spionaggio e l'atmosfera familiare del cozy mystery. Se ami gli intrecci intricati tipici di Poirot (1989), apprezzerai anche questo film TV.

    4. L’ultimo uomo libero (2001) 

    Con L'ultimo uomo libero ecco che l'universo investigativo legato a La signora in giallo cambia tono facendosi più serio e legato a tematiche storiche. Questa volta, infatti, Jessica si ritrova a indagare su un vecchio segreto di famiglia che la porta a viaggiare da Cabot Cove fino al profondo sud degli Stati Uniti. È lì che indaga sulla morte, avvenuta nell'800, di uno schiavo appartenuto a una sua antenata.

    Una linea narrativa che permette al film di mostrare un approccio di investigazione diverso, legato a vecchi documenti e testimonianze dell'epoca, e di affrontare una delle pagine più oscure della storia statunitense. Se le investigazioni su crimini del passato al centro di Cold Case - Delitti irrisolti (2003) ti affascinano, L'ultimo uomo libero è il film che fa per te.

    5. La ballata del ragazzo perduto (2003) 

    Chi ha guardato la serie originale sa bene come non ci sia luogo o circostanza che possa fermare la scrittrice detective dall'investigare. Neppure se si trova in vacanza. È quello che accade ne La ballata del ragazzo perduto, quarto e ultimo film legato alla serie TV. All'inizio della pellicola Jessica si trova in Irlanda per trascorrere qualche giorno di relax. Lì assiste alla lettura del testamento di Eamon Byrne che ha organizzato una "caccia al tesoro" tra gli eredi per trovare un tesoro segreto che costringe i membri della sua famiglia a mettere da parte vecchi rancori.

    Ma quando alcuni di loro iniziano a morire misteriosamente, ecco che la nostra detective non ha altra scelta se non quella di iniziare a investigare. Un capitolo conclusivo all'altezza delle stagioni televisive e in cui gli elementi tipici del giallo si intrecciano con quelli della tradizione gotica. Se hai trovato irresistibili i parenti serpenti di Cena con delitto - Knives Out (2019), ti consigliamo di non perderti le due ore de La ballata del ragazzo perduto.

  • Le 10 sigle di serie TV famose diventate virali (e impossibili da dimenticare)

    Le 10 sigle di serie TV famose diventate virali (e impossibili da dimenticare)

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Alcune sigle non sono solo l’inizio di una puntata: sono un rituale, un richiamo immediato a un mondo che ci si apre sullo schermo. Bastano una manciata di note per rivedere Tony Soprano alla guida, il trono di spade mentre si costruisce, biciclette che corrono (e volano) nel buio di Hawkins. 

    Alcune theme song sono diventate talmente tanto famose che non si sono limitate a introdurre le serie, ma ne sono diventate esse stesse cuore pulsante. In questa lista ne ricordiamo alcune tra le più iconiche.

    The Simpsons – “The Simpsons Theme” (Danny Elfman)

    Pochi secondi bastano per catapultarci subito nella scuola elementare di Springfield. Il brano composto da Danny Elfman porta un'orchestra sullo skateboard di Bart, alla centrale nucleare con Homer, in auto con Marge e Maggie, duetta al sax con Lisa. Una sigla perfetta per I Simpsons (1989), una musica che esplode, si ripiega su sé stessa, che mette subito il buon umore. Ogni generazione la riconosce all’istante, e ogni volta è come tornare a casa, davanti al divano più famoso del mondo. Una serie perfetta per tutti, in ogni momento della giornata, se non avete mai visto nemmeno un episodio probabilmente vivete su Marte, se li avete già visti tutti, è sempre tempo per un re-watch.

    Willy, il principe di Bel-Air – “Yo Home to Bel-Air” (DJ Jazzy Jeff & The Fresh Prince)

    Non serve nemmeno dire il titolo: basta iniziare con “Questa è la maxi-storia di come la mia vita è cambiata…" e tutti sanno il resto. Will Smith ha scritto e interpretato la sigla di Willy, il principe di Bel-Air (1990) con ironia e ritmo perfetti, per una theme song che incarna alla perfezione il personaggio portato in scena della serie. È un racconto in rima, essenziale per la trama, pensata e realizzata per fare parte della storia di Willy, non soltanto per introdurla. Un ponte tra hip-hop e cultura pop, diventato manifesto della TV di quegli anni. Una delle serie simbolo delle sitcom americane anni ‘90, da riscoprire per chi cerca una comicità leggera e per ritrovare le radici di uno degli attori più amati di Hollywood.

    Friends – “I’ll Be There for You” (The Rembrandts)

    Ci sono sigle che diventano parte del DNA di una generazione, e quella di Friends (1994) è una di queste. I’ll Be There for You è diventata più di una canzone, è un manifesto della tv anni ‘90, un inno per i milioni di spettatori che hanno amato Ross, Rachel, Monica, Chandler, Joey e Phoebe. Quel riff di chitarra, quei quattro battiti di mani, sono stampati a fuoco nella storia della cultura pop contemporanea, impossibile separarli dal Central Perk. Questa è probabilmente la sitcom più iconica di sempre, perfetta per una serata tra amici (ovviamente). Rivedere la New York di quegli anni, poi, è sempre un tuffo nella nostalgia.

    I Soprano – “Woke Up This Morning” (Alabama 3)

    Non c’è sigla che racconti un personaggio come Woke Up This Morning racconta Tony Soprano. Quel viaggio in macchina, le nuvole di fumo, il passaggio dal Lincoln Tunnel ai sobborghi del New Jersey. La canzone di Alabama 3 usata in apertura de I Soprano (1999) trasforma una semplice routine in un’epopea suburbana. È minacciosa, sensuale, un brano che avrebbe funzionato anche da solo, ma diventato così potente proprio grazie a questa serie leggendaria. Questa è la serie definitiva per tutti gli amanti del genere crime, da vedere e rivedere, da questo titolo il mondo delle serie non è più stato lo stesso, e il paragone con i film è andato sempre più ad assottigliarsi.

    CSI: Scena del crimine – “Who Are You” (The Who)

    Una canzone già iconica, ancora prima della serie, ed è per questo che le chitarre degli Who e l’urlo di Roger Daltrey hanno aiutato ( e non poco) anche Horatio e il team di CSI (2000) a prendersi un loro posto tra le serie crime anni ‘2000. Un titolo amatissimo da generazioni di spettatori, a cui la sigla iniziale dava subito il giusto appeal fin dalle battute finali. Certo, il copyright per questa canzone non deve essere costato poco, ma la scelta di metterla all’inizio di ogni puntata è sicuramente stata vincente. Se sei un amante delle indagini, delle storie che raccontano il lato investigativo, questa è la serie che fa per te. Non manca l’azione, questa è il titolo perfetto per i fan del genere poliziesco.

    The Wire – “Way Down in the Hole” (Tom Waits)

    Ogni stagione cambia voce, ma il significato resta identico, tenere “il diavolo in fondo al buco” come canta Tom Waits nel brano scelto come sigla di The Wire (2002). Parla della lotta quotidiana per non cedere al male, specchio perfetto della serie. Una sigla oscura, viscerale, sporca come i vicoli e la corruzione di Baltimora, con la voce di Tom Waits che si intreccia alla perfezione della trama. Oscura, minacciosa, definita una delle serie più belle e riuscite di sempre, se non avete mai visto The Wire  rimarrete sorpresi dalla sua intensità, dal suo ritmo frenetico, è come trovarsi a bordo della volante durante un inseguimento.

    The O.C. – “California” (Phantom Planet)

    “California, here we come.” Bastano quelle parole per essere già in viaggio verso il sogno californiano. La canzone dei Phantom Planet, scelta quasi per caso, è diventata un inno generazionale. Racconta l’adolescenza dorata e malinconica dei primi anni Duemila, quando tutto sembrava possibile, e il passaggio all’età adulta, i desideri, le fughe, le illusioni. È la sigla che ha reso The O.C. (2003) un fenomeno pop, una di quelle melodie che restano anche quando il sole tramonta su Newport Beach. Ritornare a questa serie, a quelle atmosfere, a quei personaggi, per qualcuno potrebbe essere un colpo al cuore, ma se cercate una serata di nostalgia e spiagge californiane questa è la serie per voi. E poi, diciamocelo, The O.C. è forse la serie teen più iconica di sempre.

    Il Trono di Spade – “Main Title” (Ramin Djawadi)

    Una sigla maestosa, imponente, come la saga di cui racconta nelle sue note. Il violoncello di Ramin Djawadi ha dato a Il Trono di Spade (2011) l’introduzione perfetta, ci porta dritto nelle trame di casa Targaryen e nell’Inverno oltre il muro a nord di Westeros. Anche qui, bastano una manciata di note per capire subito di quale serie si parla, pochi secondi per ritornare a tutte le emozioni della serie, e ogni volta il re-watch è dietro l’angolo. Un titolo tra i più celebrati nella storia delle serie, una delle trame più appassionanti mai realizzate, perfetta per chi ama le storie di intrighi, battaglie leggendarie e i drammi etici. Visivamente è forse la serie più potente inclusa in questa lista, se non l’avete mai vista (pazzi!) fate spazio in calendario, non riuscirete più a staccarvene.

    Stranger Things – “Stranger Things Theme” (Kyle Dixon & Michael Stein)

    Oscura, sintetica, ipnotica. La sigla di Stranger Things (2016) è un viaggio nel tempo, un ritorno diretto agli anni Ottanta e ai suoi sintetizzatori. Una sigla che omaggia Carpenter, Spielberg, e tutti i simboli di un decennio fatto di luci al neon, pettinature improbabili quanto il mullet di Steve, ma anche dal lato oscuro oltre il glitter. Il brano racchiude le atmosfere della serie, con i suoi toni inquietanti e misteriosi, portandoci dritti nel sottosopra insieme a Undici. Sta arrivando la quinta (e ultima ) stagione, e se siete tra i pochissimi che non l’hanno mai vista questo è il momento di recuperare. Perfetta per chi ama le atmosfere vintage e il genere sci-fi anni ‘80, ma realizzato con i ritmi delle serie contemporanee, dal teen al dark, in questa serie c’è tutto quello che state cercando.

    The White Lotus – “Aloha!” (Cristóbal Tapia de Veer)

    Tamburi tribali, voci isteriche, archi che esplodono. Il tema della seconda stagione The White Lotus è una danza inquietante, che parte da toni ancestrali fino ad andare verso un ritmo incalzante, quasi techno, in un crescendo continuo. Un brano minaccioso e inquietante, che ritrae l’oscurità oltre le apparenze raccontata nella serie. La sigla diventò virale fin dal primo episodio, tanto che tantissimi fan rimasero delusi dalla scelta di non usarla più per introdurre la terza stagione. Il genere crime qui si intreccia alla critica sociale, ambientazioni mozzafiato con una trama che tiene attaccati allo schermo per tutto l’episodio, ogni stagione di TWL è una gemma, perfette anche da guardare scollegate, soprattutto le prime.

  • I 10 anime più attesi dell’inverno 2026

    I 10 anime più attesi dell’inverno 2026

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’inverno 2026 si preannuncia come una delle stagioni più esplosive per gli appassionati di anime. Tra grandi ritorni e nuove serie pronte a sorprendere, i prossimi mesi saranno dominati da sequel amatissimi e da debutti che promettono di ridefinire i generi fantasy e action. Dopo un 2025 da record per il medium, con l’ascesa di Solo Leveling (2024 - in corso) e l’impatto di Dan Da Dan (2024 - in corso), il nuovo anno consolida la tendenza verso storie complesse, direzione artistica raffinata e colonne sonore cinematografiche.

    Dai mondi malinconici di Frieren al caos maledetto di Jujutsu Kaisen, passando per i nuovi isekai con un tocco sociale, la stagione invernale 2026 mescola introspezione, spettacolo e grandi emozioni. Ecco i 10 anime più attesi e perché non dovreste perderveli.

    Frieren – Oltre la fine del viaggio, Stagione 2 (2023 - in corso)

    Dopo aver conquistato pubblico e critica, Frieren torna con la seconda stagione per continuare il suo viaggio nell’anima e nel tempo. L’anime, tratto dal manga di Kanehito Yamada e Tsukasa Abe, si conferma una delle opere fantasy più poetiche degli ultimi anni. Questa nuova parte approfondirà il passato di Frieren e il destino dei suoi compagni, mantenendo quell’equilibrio perfetto tra malinconia e speranza. La forza della serie resta nella sua lentezza contemplativa, una riflessione sull’immortalità e sul significato dei legami.

    Chi ha amato Made in Abyss (2017) o Mushoku Tensei ( 2021 - in corso) troverà anche qui una profondità emotiva e visiva rara, con un’anima che continua a brillare anche dopo la fine del viaggio.

    Jujutsu Kaisen – Stagione 3 (2020 - in corso)

    Il ritorno di Jujutsu Kaisen è probabilmente l’evento anime dell’inverno. Dopo la conclusione shock della seconda stagione, MAPPA promette una terza parte ancora più cupa e intensa, che adatterà l’attesissimo “Culling Game Arc”. Yuji Itadori e Megumi Fushiguro affronteranno un mondo devastato dalla guerra tra stregoni e maledizioni, in una spirale di violenza e rivelazioni.

    Le aspettative sono altissime, anche per la qualità tecnica e la regia, sempre al limite dell’eccesso. La serie resta un caposaldo dello shōnen moderno, con la capacità di combinare spettacolo, filosofia e tragedia. Se ami la tensione mitologica e l’estetica urbana del dolore, Jujutsu Kaisen 3 sarà il tuo must-watch.E se vuoi prolungare l’esperienza, allora ti consigliamo di vedere Demon Slayer (2019 - in corso) o Chainsaw Man (2022 - in corso).

    Oshi no Ko – Stagione 3 (2023 - in corso)

    Dopo due stagioni di successo, Oshi no Ko torna con una terza parte destinata a scavare ancora più a fondo nel mondo dello showbiz e nella psicologia dei suoi protagonisti. Il nuovo arco narrativo porterà Aqua e Ruby in un gioco sempre più crudele tra realtà e performance, dove ogni sorriso nasconde un segreto.

    Il fascino di Oshi no Ko resta nella sua fusione di critica sociale e dramma identitario, con una costruzione narrativa che alterna momenti pop e abissi emotivi. La terza stagione promette nuove rivelazioni sulla famiglia di Aqua e Ruby, con quest’ultima più al centro della scena, e una riflessione ancora più tagliente sul prezzo della fama. Per chi ha amato Perfect Blue (1998) o The Idolm@ster: Million Live! (2023), questo ritorno sarà imperdibile.

    Hell’s Paradise – Stagione 2 (2023 - in corso)

    L’atteso sequel di Hell’s Paradise ci riporta nell’isola dell’immortalità, dove Gabimaru e Sagiri devono affrontare nuove prove tra paradiso e inferno. L’anime tratto dal manga di Yuji Kaku aveva conquistato il pubblico con il suo mix di spiritualità, sangue e romanticismo brutale.

    La seconda stagione promette di alzare la posta in gioco con una tensione ancora più mistica e visivamente straordinaria. Hell’s Paradise è un racconto di sopravvivenza e redenzione che esplora il confine tra vita e morte con una sensibilità rara nel genere action. Chi ama l’estetica cupa e la lotta interiore dei protagonisti di Attack on Titan (2013 - 2023) o Dororo (2019) troverà qui la stessa intensità emotiva.

    My Hero Academia: Vigilantes – Stagione 2 (2025 - in corso)

    Lo spin-off di My Hero Academia (2016 - 2025) torna per approfondire la storia dei vigilantes: eroi senza licenza che agiscono ai margini della società. My Hero Academia: Vigilantes ha saputo distinguersi dal titolo principale per il tono più adulto e per l’esplorazione delle zone grigie della giustizia.

    La seconda stagione promette nuovi personaggi e una narrazione più cupa, dove i protagonisti dovranno scegliere tra legalità e necessità. Con una regia dinamica e un’anima più street rispetto alla serie madre, Vigilantes 2 unisce l’adrenalina shōnen a un realismo urbano più crudo. Gli appassionati di Tokyo Revengers (2021 - 2023) troveranno qui lo stesso mix di azione e disperazione.

    Trigun: Stargaze (2026)

    Trigun (1998) torna ancora una volta per reinventarsi. Dopo il successo di Trigun Stampede (2023), lo studio Orange prepara Trigun: Stargaze, un sequel che promette di ampliare la mitologia di Vash the Stampede con nuovi personaggi e un tono più malinconico.

    Il suo fascino resta nell’unione tra estetica western e riflessione etica: Vash, il pacifista armato, continua a essere una delle figure più complesse dell’animazione giapponese. Stargaze si prospetta come un viaggio cosmico tra memoria e redenzione, con l’animazione in CGI pronta a superare se stessa. Se amate l’anime poetico e filosofico, in bilico tra azione e spiritualità, troverete qui l’erede naturale di Cowboy Bebop (1998) e Samurai Champloo (2004).

    Fire Force – Stagione 3, Parte 2 (2019 - in corso)

    La saga finale di Fire Force entra nel vivo. Dopo la prima parte, la seconda promette esplosioni visive e rivelazioni cosmiche che legheranno definitivamente la serie a Soul Eater (2008), dello stesso autore Atsushi Ōkubo.

    Shinra e i suoi compagni della Fire Force Company 8 affrontano un mondo ormai sull’orlo dell’estinzione, mentre la narrazione diventa sempre più simbolica e metafisica. Fire Force ha sempre unito azione spettacolare e riflessione religiosa, e questa parte conclusiva sembra destinata a spingere entrambi gli elementi al massimo. Gli amanti dell’action ultradinamico e dell’animazione “in fiamme” apprezzeranno le sue ambizioni da apocalisse spirituale.

    Sentenced to Be a Hero – Stagione 1 (2026)

    Tra le novità più intriganti della stagione, Sentenced to Be a Hero sovverte i cliché del fantasy eroico con ironia e amarezza. Il protagonista, condannato a essere un eroe contro la sua volontà, deve salvare un mondo che non vuole. L’anime alterna battaglie epiche a momenti di riflessione sul concetto stesso di giustizia e sacrificio.

    Con una regia che bilancia commedia nera e tragedia morale, Sentenced to Be a Hero si prospetta come una delle sorprese dell’anno. Gli appassionati di Re:Zero (2016 - in corso) o Konosuba (2016 - 2024) troveranno qui un tono più cupo, ma ugualmente tagliente, in grado di unire azione e critica sociale.

    Isekai Office Worker: The Other World’s Books Depend on the Bean Counter – Stagione 1 (2026)

    Un titolo lunghissimo per un’idea originale: un contabile viene catapultato in un altro mondo e deve salvare un regno… bilanciando il bilancio. Isekai Office Worker mescola fantasy e commedia lavorativa, giocando con il contrasto tra burocrazia e magia.

    Basato sulla light novel di Yatsuki Wakatsu, l’anime promette personaggi brillanti, umorismo intelligente e una vena romantica inaspettata. È la risposta perfetta per chi vuole un isekai più maturo e autoironico, in linea con The Devil Is a Part-Timer! (2013 - 2024) o That Time I Got Reincarnated as a Slime (2018 - 2024). L’inverno 2026 potrebbe consacrarlo come la sorpresa feel-good della stagione.

    Chained Soldier – Stagione 2 (2024 - in corso)

    L’action-fantasy di Chained Soldier torna con la sua seconda stagione dopo l’esplosivo debutto. Ambientata in un mondo dove portali dimensionali hanno aperto la via a esseri mostruosi e poteri sovrannaturali, la serie racconta il rapporto ambiguo tra il protagonista Yuuki e la sua comandante Kyouka.

    Con la sua miscela di erotismo, azione e strategia militare, Chained Soldier 2 promette di ampliare l’universo narrativo e le dinamiche di potere tra i personaggi. È un anime adrenalinico e sensuale, in cui la forza femminile è al centro della tensione narrativa. Chi ama titoli come High School DxD (2012 - 2018) o Kill la Kill (2013) non potrà perderselo.

  • Da “Euphoria” a “Frankenstein”, ecco i 5 migliori film e serie TV con Jacob Elordi

    Da “Euphoria” a “Frankenstein”, ecco i 5 migliori film e serie TV con Jacob Elordi

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Segnatevi questa data sul calendario: 12 febbraio 2026. Il giorno in cui nei cinema arriverà la versione di Emerald Fennell di Cime Tempestose con protagonisti Margot Robbie e Jacob Elordi, rispettivamente nei panni di Catherine e Heathcliff. Ma da poco, dopo il passaggio a Venezia 82, abbiamo anche l’occasione di ammirare l'attore in Frankenstein (2025) di Guillermo del Toro.

    Due progetti molto distanti ma accomunati da una visione audace e originale. La stessa che guida le scelte professionali dall'attore australiano, classe '97, che dopo aver accantonato la trilogia di The Kissing Booth (2018-2021) grazie alla quale ha ottenuto una grande popolarità, ha sempre scelto progetti che lo mettessero di fronte a prove e personaggi complessi.

    JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Jacob Elordi da recuperare sulle principali piattaforme.

    5. Saltburn (2023)

    Prima di Cime Tempestose, Emerald Fennell ha voluto Jacob Elordi per il suo secondo film da regista, Saltburn, contribuendo a consolidarne il “mito”. L'attore interpreta Felix Catton, un giovane aristocratico carismatico che racchiude la quintessenza del privilegio e dell'agiatezza sociale ed economica. A fargli da contraltare l'Oliver Quick di Barry Keoghan, studente di umili origini che incontra a Oxford e del quale diventa amico inserendolo nel suo agiato mondo.

    Fennell sceglie il doppio registro del thriller psicologico e della satira sociale per raccontare in oltre due ore l'ossessione e la repulsione verso la classe agiata. Provocatorio, opulento, disturbante e con almeno due scene cult: la sequenza sulle note di Murder on the Dance Floor e quella della vasca da bagno che vede indiretto protagonista proprio Elordi. La sua è una performance affascinante, specie nella dinamica con Keoghan che permette ai due interpreti di esplorare una relazione fatta di molte ombre. Da recuperare se hai apprezzato Una donna promettente (2020), Parasite (2019) eIl talento di Mr. Ripley (1999).

    4. Oh, Canada - I Tradimenti (2024)

    “Se fosse stato 40 anni fa, sarebbe stato lui il ragazzo che avrei scelto per American Gigolo (1980)”. Con un endorsement del genere da parte di Paul Schrader, è evidente come Jacob Elordi abbia le porte di Hollywood spalancate. Lo sceneggiatore di Taxi Driver (1976) lo ha scelto per interpretare la versione giovane del personaggio interpretato da Richard Gere in Oh, Canada - I tradimenti, adattamento di Foregone di Russell Banks.

    La storia è quella del celebre documentarista Leonard Fife che, malato terminale, decide di rilasciare un'ultima intervista in cui svela le bugie raccontate per tutta la vita. Tutto per nascondere un segreto che lo tormenta da 50 anni. Una provocatoria riflessione di 96 minuti sulla memoria, i rimpianti e il ruolo dell'arte mentre Schrader mette in scena le sfumature di un'esistenza divisa tra verità e menzogne.

    Elordi è magnetico nei panni di un giovane uomo che colleziona errori ed esperienze di vita. Vulnerabile, travolgente, tormentato, ambizioso. Il suo Leonard è un concentrato di emozioni che segna una riga netta rispetto alle sue interpretazioni “giovanili” e lo proietta in un cinema altro. Se hai amato la trilogia della redenzione di Paul Schrader composta da First Reformed - La creazione a rischio (2017), Il collezionista di carte (2021) e Il maestro giardiniere (2022), non puoi perderti Oh, Canada.

    3. Euphoria (2019)

    Quello di Nate Jacobs in Euphoria è il ruolo che ha permesso a Elordi di affrancarsi da parti e titoli più commerciali e meno profondi e dare una direzione specifica alla sua carriera. Il suo quarterback manipolatore e simbolo di una mascolinità tossica è parte di un grande cast – da Zendaya a Hunter Shaffer - scelto da Sam Levinson per dare vita a un ritratto dell'adolescenza fatto di droghe, traumi, amicizia e sesso.

    Tra una colonna sonora iconica, uno stile crudo e un'identità visiva iper-riconoscibile , Euphoria ha infuso il teen drama di elementi del tutto inediti con un'attenzione particolare all'inclusione, la salute mentale e le dipendenze. L'interpretazione di Elordi è pura dinamite e dimostra tutto il talento del giovane attore che infonde in Nate vulnerabilità, rabbia, violenza e fragilità nascoste dietro una corazza di illusoria sicurezza. Due stagioni – in trepidante attesa per la terza – per un totale di 16 episodi di circa sessanta secondi da vedere se ti mancano le storie dei protagonisti di Skins (2007) o hai apprezzatoI May Destroy You (2020).

    2. Priscilla (2023)

    Se Sofia Coppola ti vuole per interpretare il re del rock'n'roll Elvis Presley, non puoi che accettare all'istante. Poco importa quanto l'idea ti terrorizzi, specie se il punto di vista sulla storia è quello della moglie Priscilla, interpretata da una grande Cailey Spaney. La storia parte dal loro primo incontro e prosegue attraverso gli anni del matrimonio a Graceland fino al doloroso divorzio. Quasi due ore intrise di malinconia e sguardo sognante dove Coppola aggiunge un nuovo capitolo alla sua personale esplorazione del coming of age intrecciata al racconto di una relazione malsana e sbilanciata.

    Tra gli elementi più riusciti del film c'è proprio la scelta di mostrare un Elvis totalmente diverso da quello dell'immaginario collettivo. Elordi ci restituisce una figura seducente quanto manipolatrice, insicura quanto solitaria. L'uomo dietro il mito. Se sei appassionato del cinema di Sofia Coppola e le sue storie di crescita umana come Lost in Translation - L’amore tradotto (2003) e Marie Antoinette (2006), non puoi non vedere Priscilla.

    1. Frankenstein (2025)

    Il film che Guillermo del Toro ha desiderato realizzare sin da bambino. Frankenstein è la creazione cinematografica realizzata omaggiando il classico gotico di Mary Schelley, ma che ha tradito per renderlo profondamente suo. Visivamente ricchissimo, il film pone al centro la storia dello scienziato Victor Frankenstein con il volto di Oscar Isaac e della sua Creatura interpretata da Elordi. Due ore e 30 minuti che riflettono su solitudine, empatia, violenza, perdono.

    Il ruolo, finora, più riuscito nella carriera di Elordi che nasconde il suo volto dietro il trucco e fa un lavoro importante sul corpo. Ma, soprattutto, infonde la Creatura di dolore, fragilità, tristezza e umanità. Una prova intensa che porta a riflettere sul concetto di mostro. Da vedere se ti ha emozionato La forma dell’acqua - The Shape of Water (2017) e sei un estimatore delle altre trasposizioni cinematografiche del romanzo, dal classico del 1931, Frankenstein, diretto da James Whale a Frankenstein di Mary Shelley (1994) di Kenneth Branagh.

  • Da “Good Boy” a “DogMan”: i 10 migliori film dove il cane… non muore!

    Da “Good Boy” a “DogMan”: i 10 migliori film dove il cane… non muore!

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Dite la verità, quante volte vedendo un film – soprattutto un horror – in cui sbuca il simpatico muso di un cane, avete temuto per la sua sorte? Un rapporto quello tra cinema e animali a quattro zampe che ha una lunga storia. Basti pensare ad Alice in Wonderland, cortometraggio diretto da Cecil Hepworth nel 1903 in cui facciamo la conoscenza Blair, considerato il primo cane a comparire in un film.

    La lista è poi lunga: dal leggendario Lassie fino a Rin Tin Tin, passando per un'altra icona degli anni '90 come Beethoven, protagonista dell'amata saga. Come non citare poi i cani di Keanu Reeves in John Wick (2014), oppure il cucciolo di bovaro salvato da Christian Bale in Equilibrium (2002), il fedele Akita Inu visto nello strappalacrime Hachiko (2009) o l'impavido Indy protagonista assoluto di Good Boy.

    Se la regola d'oro a Hollywood è “non fate mai morire i cani”, JustWatch ha stilato la classifica delle 10 migliori pellicole in cui il miglior amico dell’uomo non muore.

    10. Prey (2022)

    In Prey di Dan Trachtenberg, la protagonista è Naru (Amber Midthunder), al suo fianco c’è Sarii, il suo fedele cane. Insieme, si ritrovano ad affrontare una minaccia letale: dallo spazio profondo arriva un temibile Predator, che sconvolge la vita della sua tribù. Tra location meravigliose e azione mozzafiato, quello di Trachtenberg è un ritorno alle origini del franchise. Il film sfrutta al meglio due elementi: l'ambientazione selvaggia e la protagonista dal sangue comanche, alle prese con una caccia tesa e brutale dove l'astuzia vince sulla forza. Menzione al finale che entusiasma e non delude le aspettative. Se sei un fan della saga sci-fi iniziata nel 1987 con Predator, non puoi non vedere questo capitolo. 

    9. Io e Lulù (2022)

    L'esordio alla regia di Channing Tatum (affiancato dall'amico Reid Carolin) è esaltato dall'amore per i cani. Protagonista l'ex soldato Jackson Briggs, affetto da disturbo da stress post-traumatico, che accetta di scortare Lulù, una problematica cagnolina - anch'essa ex militare - al funerale del suo padrone. I due intraprendono un avventuroso viaggio, catartico ed emozionante. Alla fine, il loro legame sarà indissolubile. Divertente, poetico e sicuramente commovente, Io e Lulù illumine il rapporto d'amicizia tra i due protagonisti, sottolineando quanto i cani possano essere fondamentali per mitigare depressione e stress. Se ti sei emozionato guardando Attraverso i miei occhi (2019) con Milo Ventimiglia, questo road movie non sarà da meno.

    8. Chi è senza colpa (2014)

    Quando si parla di alchimia cinematografica tra uomo e cane, non può non venire in mente Chi è senza colpa. Tutto merito della coppia vincente composta da Tom Hardy e un cucciolo di pitbull. Il film di Dennis Lehane - ispirato al racconto “Animal Rescue” - mette al centro un’amicizia “approvata” addirittura dall'American Humane Association, che ha applaudito il legame tra i due. Nonostante la presenza nel film anche di Noomi Ra e e James Gandolfini, è il "binomio uomo-cane" a rubare la scena e a formare il legame più toccante in un avvincente crime-drama. Ambientato nel sottobosco criminale di Brooklyn, il film inizia proprio quando il protagonista Bob salva un cucciolo abbandonato, sfidando così la malavita locale. Se ti affascinano le storie criminali ambientate nella Grande Mela come 1981: Indagine a New York (2014) con Oscar Isaac, non perdere il film di Lehane.

    7. Snatch – Lo strappo (2000)

    L’eclettismo di Guy Ritchie per uno dei cult movie di inizio Millennio. Snatch – Lo strappo, con protagonista Brad Pitt, intreccia una serie di storie criminali ambientate nella Londra dei bassifondi, dove si mischiano diamanti rubati, truffe, scommesse clandestine e personaggi eccentrici. Tra i personaggi principali anche un simpatico Staffordshire Bull Terrier, che ingoia proprio il prezioso diamante. Scena cult: il “cattivissimo” Tony di Vinnie Jones che si rifiuta di sparargli affermando: “Tutti ma non i cani”. Un film brillante e frenetico, in cui violenza, ironia e stile visivo si fondono. Dietro la coltre pop, una commedia criminale che non rinuncia ad essere emotiva. Se hai adorato i 7 Psicopatici (2012) di Martin McDonagh, preparati a divertirti con la banda di Guy Ritchie.

    6. DogMan (2023)

    Forse il film “definitivo” sul valore della fedeltà secondo gli amici a quattro zampe. Luc Besson, come da tradizione, cambia ancora registro e tono: per DogMan sceglie l'estetica pulp per raccontare l'epopea di un outsider, ossia Douglas (Caleb Landry-Jones), un uomo emarginato e segnato da un’infanzia violenta, che trova rifugio e amore nei suoi cani (decine e decine), usandoli come mezzo di riscatto e di vendetta contro una società crudele. Diverse le razze presenti in scena, seguite sul set da numerosi addestratori nascosti dietro la scenografia. Ovviamente i cani si riveleranno decisivi ai fini della sceneggiatura, diventando parte integrante. Un film cupo e intenso, ma anche emotivo e poetico, ben supportato dalla dolorosa prova di Caleb Landry-Jones. Se Léon (1994) è il tuo film preferito del regista francese, DogMan non ti deluderà.

    5. Gli spiriti dell’isola (2022)

    Gli animali sono centrali né Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh. Enfatizzano l'anima pura del protagonista, Pádraic, interpretato da Colin Farrell. Con lui, oltre ad un simpatico asino, anche uno splendido Border Collie, vispo, intelligente ed elegante. Al centro della trama la rottura inspiegabile tra Pádraic e Colm (Brendan Gleeson), una volta amici inseparabili. Una divisione improvvisa che sconvolge la vita di un piccolo villaggio irlandese. Il cane di Pádraic rappresenta la lealtà incondizionata. La sua presenza silenziosa raffigura una forma pura di affetto in un mondo dominato da disillusione e conflittualità. Splendide location e prove magistrali del cast per un film ironico e umano, ben racchiuso nel finale che non esclude il protagonista a quattro zampe rendendolo una figura risolutiva e fondamentale. Se hai apprezzato il talento di Colin Farrell ne La ballata di un piccolo giocatore, ti conquisterà anche ne Gli spiriti dell’isola.

    4. Good Boy (2025)

    Lo ha chiarito subito il regista Ben Leonberg: il cane Indy, protagonista di Good Boy, alla fine della pellicola non muore. Sarebbe stato assurdo il contrario, perché il film, tra i più interessanti ed emozionanti horror recenti, esalta la fedeltà e l'amore di questi animali, pronti ad affrontare qualunque pericolo pur di difendere l'amico umano. Good Boy narra di un'infestazione soprannaturale, vista attraverso gli occhi di un cane (un Nova Scotia Duck Tolling Retriever che appartiene davvero al regista). Il film illumina con poesia e commozione l'elaborazione della perdita, si sofferma sul tema del coraggio e sulla necessità di lasciar andare le persone amate. Se ami gli horror alternativi con protagonisti cani come Cujo (1983), film tratto dal romanzo di Stephen King, non perderti il lungometraggio di Ben Leonberg.

    3. Il silenzio degli innocenti (1991)

    Che ci fa una barboncina cotonata in uno dei film thriller-horror più inquietanti di sempre? Chiedetelo alla tirocinante dell'FBI Clarice Starling (Jodie Foster) che, ne Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, ha il compito di interrogare il famigerato cannibale Dr. Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) nella speranza di ottenere informazioni su un serial killer a piede libero. Con l'aiuto di Lecter, Clarice riesce a rintracciare l'inafferrabile Buffalo Bill e a salvare la sua ultima vittima. Per fortuna, nonostante lo spargimento di sangue, la dolce cucciola Precious riesce a sopravvivere. Una pellicola impeccabile, che unisce tensione e intelligenza, senza rinunciare al terrore più puro. Straordinario Anthony Hopkins nei panni di un personaggio tanto malvagio quanto elegante. Se sei rimasto sconvolto da Seven (1995), non perderti il film di Demme.

    2. C'era una volta a... Hollywood (2019)

    La violenza scenica è uno dei capisaldi narrativi di Quentin Tarantino. Eppure, il regista ha più volte detto che quella sugli animali e sui cani non è contemplata. In C'era una volta a... Hollywood accanto alla star in declino Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) e la sua controfigura Cliff Booth (Brad Pitt) troviamo la pitbull Brandy. I tre incrociano personaggi reali come Sharon Tate e Charles Manson, ma sarà proprio Brandy “il fedele cane di Cliff” a sbrogliare la situazione, rivelandosi una vera e propria deus ex machina. Il nono film di Tarantino è anche uno dei suoi migliori, capace di riscrivere con arguzia e passione una pagina oscura e controversa della storia americana. Un'opera evocativa e carismatica, come i suoi protagonisti. Se ami le storie che parlano di cinema come Bowfinger (1999) con Steve Martin, la pellicola di Tarantino fa al caso tuo.

    1. Umberto D. (1952)

    Capolavoro neorealista italiano firmato da Vittorio De Sica su sceneggiatura di Cesare Zavattini. Umberto D. segue il girovagare di un anziano (interpretato da Carlo Battisti, attore non professionista) che, tra povertà e solitudine cerca di conservare la propria dignità. Sullo sfondo una Roma impassibile appena uscita dalla guerra. Ad affiancarlo, l'unico affetto sincero: quello del suo cagnolino Flaik. Sarà proprio il cane a salvargli la vita in un finale toccante e memorabile. Oltre ad essere riconosciuta universalmente come una delle pietre miliari del cinema, la pellicola di De Sica sintetizza il significato di amore tra uomo e cane. Un amore salvifico, nonché antidoto contro l'indifferenza sociale. Se ti sei emozionato con il film francese del 2008 con Jean-Paul Belmondo, Un uomo e il suo cane, l’opera di De Sica ti farà piangere a dirotto.

  • 10 film storici che ci hanno "mentito” (ma che amiamo comunque)

    10 film storici che ci hanno "mentito” (ma che amiamo comunque)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Quando la storia si mischia con Hollywood, la prima certezza è che il risultato finale sarà epico e grandioso. La seconda (quasi) certezza è che non sempre il lato storico verrà rispettato fino in fondo. Infatti, scelte creative per i più svariati motivi portano gli sceneggiatori e i registi a prendersi qualche libertà. Tutto per rendere i film più intrattenenti e d’impatto. Questa lista passa in rassegna 10 film storici che contengono alcune inaccuratezze, ma che perdoniamo perché sono rimasti nei nostri cuori per le più svariate motivazioni.

    La lista è composta da film molto conosciuti, anche se non tutte le pellicole sono note per i loro scivoloni storici. Alcune, invece, sono passate alla storia anche per queste inaccuratezze. Ultima cosa, attenzione perché il testo contiene alcuni spoiler.

    1. Braveheart - Cuore impavido (1995)

    Braveheart - Cuore impavido fa parte di quei film leggendari le cui inesattezze storiche ci fanno chiudere un occhio. O entrambi. Diretta e interpretata da Mel Gibson, l’epica avventura di William Wallace, ribelle sostenitore di una Scozia indipendente dalla monarchia inglese, ha scaldato i cuori di molti. Dalle scene di battaglia all’amore con Murron, passando per i memorabili discorsi di Wallace, il film ce la mette tutta per elevare a leggenda il personaggio. E ci riesce tanto da farci dimenticare che Wallace non fu mai soprannominato “cuore impavido”. Inoltre, i kilt indossati dai ribelli non appariranno nella “moda” scozzese prima di tre secoli successivi. Ma il grido di libertà di William Wallace fa spazzare via qualsiasi errore storico!

    2. Titanic (1997)

    Se parliamo di film storici che si sono “macchiati” di alcune inaccuratezze, Titanic è tra i titoli da non escludere. Dopo decenni, la pellicola con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet rimane tra i primi della lista quando si tratta di drammi storici. Il lascito del classico di James Cameron trascende i due miliardi e passa di botteghino, essendo entrato nella cultura popolare di mezzo mondo. Tuttavia, Titanic (1997) non è immune dagli scivoloni storici. Prendiamo, per esempio, in considerazione la figura di William Murdoch. Il responsabile del ponte di comando non riesce a mantenere i nervi saldi, sparando a due passeggeri prima di suicidarsi. In realtà, le circostanze della fine di Murdoch nel vero affondamento del Titanic rimangono incerte.   

    3. Shakespeare in Love (1998)

    Shakespeare in Love ha distrutto il box office nel 1998, portandosi a casa quasi 290 milioni di dollari contro un investimento di soli 25. Non solo, ha battuto nient’altro che Salvate il soldato Ryan (1998) aggiudicandosi l’Oscar come Miglior film. Questa commedia romantica in costume riscrive in chiave moderna la figura di Shakespeare, ma facendolo va oltre la realtà storica. Nel film, il mitico autore inglese si innamora di una nobildonna interpretata da Gwyneth Paltrow e questa passione diventa una fonte d’ispirazione per completare il celeberrimo Romeo e Giulietta. Peccato che ciò non corrisponde alla verità, in quanto Shakespeare adattò la tragedia da un poema. 

    4. Il gladiatore (2000)

    Vi ricordate come Braveheart - Cuore impavido (1995) ci faccia dimenticare delle sue inesattezze storiche grazie alla sua epicità. Lo stesso vale per il classico di Ridley Scott Il gladiatore. Dalle frasi passate alla storia di Massimo Decimo Meridio alla colonna sonora di Hans Zimmer e Lisa Gerrard, passando per le scene spettacolari all’interno del Colosseo, Il gladiatore (2000) è tra gli esempi più brillanti di genere kolossal. Tuttavia, come ogni film storico di Hollywood che si rispetti, le inesattezze storiche non mancano. La più grande, che serve a enfatizzare il livello drammatico dell’opera, è l’uccisione da parte di Commodo del padre e Imperatore Marco Aurelio. In realtà, il vecchio Imperatore morì per cause naturali.

    5. Il patriota (2000)

    Mel Gibson si aggiudica un’altra posizione nella classifica dopo Braveheart (1995) con Il patriota di Roland Emmerich. L’attore australiano interpreta il soldato Benjamin Martin impegnato nella guerra d’indipendenza americana. Come prevedibile, un film come questo non poteva non reggersi sulla divisione buoni e cattivi, ovvero americani e inglesi. Infatti, Martin viene descritto come un uomo integerrimo che lotta con onore contro il nemico. Dall’altro lato, invece, gli ufficiali inglesi sono crudeli soldati che si accaniscono sulle loro vittime. È risaputo, però, che in guerra non ci sono né santi né eroi. Infatti, le figure storiche che hanno ispirato il personaggio di Benjamin Martin non erano di certo estranei alla violenza brutale e disonorevole.  

    6. Troy (2004)

    Potrebbe forse mancare La guerra di Troia, meglio conosciuto con il titolo inglese di Troy, da una lista come questa? Il film epico di guerra con Brad Pitt, Eric Bana e Diane Kruger è un peccato di gola che va visto almeno una volta nella vita. Il film è tutto ciò che potremmo aspettarci da un kolossal hollywoodiano: pomposo, commerciale e storicamente inaccurato. Due degli errori più grandi riguardano proprio il personaggio principale di Achille. Impossibile non menzionare come l’eroe dell’Iliade non entrò mai a Troia, morendo prima del trucco di Ulisse del cavallo di legno. Allo stesso tempo, il revisionismo de La guerra di Troia (2004) ha completamente eliminato il fatto che Achille non fosse etero. Forse, però, è pretendere troppo da un film del 2004.

    7. Marie Antoinette (2006)

    Marie Antoinette è una rivisitazione molto personale e stilosa da parte di Sofia Coppola della famosa regnante francese. La pellicola ripercorre in chiave pop alcuni passaggi della vita della regina, nella cui parte troviamo una strepitosa Kirsten Dunst. Dalla colonna sonora post-punk a un paio di Converse nell’armadio immenso di Maria Antonietta, il film mette subito in chiaro l’approccio post-moderno intrapreso dalla regista. A coronare le inaccuratezze storiche ci pensano le luci all’interno della reggia di Versailles, non a lume di candela ma alimentate dall’elettricità. Tuttavia, Marie Antoinette (2006) è una visione imperdibile proprio per queste libertà artistiche e senza dimenticare l’aspetto visivo superbo.  

    8. The Imitation Game (2014)

    The Imitation Game ha raccontato la straordinaria vicenda di Alan Turing, il mago della crittografia che durante la Seconda Guerra Mondiale ha decifrato i messaggi tedeschi per conto del governo britannico. Il film di Morten Tyldum ha ricevuto numerose candidature agli Oscar ed è stato un successo ai botteghini. Tanti hanno amato l’incredibile storia di Tuning, anche se il film pecca di diverse inaccuratezze storiche. Tra queste, la più grande è aver implicato Tuning in uno scambio di favori con una spia sovietica. L’uomo non avrebbe rivelato l’identità della spia in cambio di non essere denunciato per la sua omosessualità, considerata un reato in quegli anni. Questo fatto, però, non è mai accaduto.

    9. L'ora più buia (2017)

    Come per The Imitation Game (2014), L'ora più buia è ambientato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale. Al centro dell’opera di Joe Wright c’è Winston Churchill, primo ministro britannico interpretato perfettamente da Gary Oldman. L’attore si è anche portato a casa l’Oscar come Miglior attore proprio per questo ruolo. L'ora più buia (2017) brilla per la regia di Wright, per le prove di tutto il cast e per una sceneggiatura coinvolgente, tesa e ricca di momenti emozionanti. Come la scena di Churchill che prende la metro e parla ai comuni cittadini. Peccato che non ci siano prove che questo fatto sia accaduto! Senza dimenticare di quando il politico inglese scambia due parole con un uomo di colore: le risapute tendenze razziste di Churchill rendono la scena inverosimile e assurda.

    10. La favorita (2018)

    Dopo essere entrato nel panorama hollywoodiano con The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017), Yorgos Lanthimos ha cementato del tutto la sua posizione oltremare con La favorita. Questo dramma storico con tocchi di umorismo nero ha ricevuto nove nomination agli Oscar, con Olivia Colman che si è aggiudicata la statuetta per l’interpretazione magistrale della regina Anna. Al centro della vicenda c’è la lotta tra le cugine Abigail e Sarah per diventare la favorita della regnante. Ed è qui che Lanthimos si concede la libertà artistica di mostrare un tentato omicidio da parte di Abigail nei confronti di Sarah. Pur essendo vero il conflitto tra le due, mai le due arrivarono a minacciare la vita dell’altra.

  • Da “Mank” a “The Dropout”: i migliori film e serie TV con Amanda Seyfried

    Da “Mank” a “The Dropout”: i migliori film e serie TV con Amanda Seyfried

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Se il suo ultimo film, The Testament of Ann Lee, ha diviso critica e pubblico alla Mostra del Cinema di Venezia 82, la prova di Amanda Seyfried è riuscita comunque a centrare il segno. Non di certo una novità, perché l'attrice, con caparbietà e talento, è riuscita a ritagliarsi via via uno spazio sempre più importante ad Hollywood. Non è poi da tutti esordire con un ruolo da villain in un cult generazionale come Mean Girls (2004).

    Se Mean Girls è stato il suo titolo di debutto, facendola notare al pubblico, sarà poi il musical Mamma mia! (2008) a consacrarla come una vera e propria star. Film dopo film, ha spaziato tra cinema e serie tv, come l'ultima serie arrivata in streaming, Long Bright River - I cieli di Philadelphia (2025). Non solo, Amanda Seyfried è stata diretta da grandi nomi come Joe Wright, Atom Egoyan, Simon Curtis, Paul Schrader e Dito Montiel.

    In attesa di vederla sullo schermo con Una di famiglia (The Housemaid), JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Amanda Seyfried.

    8. The Crowded Room (2013)

    Una prova oscura, tesa, carica. Un ruolo complicatissimo, declinato secondo il linguaggio seriale. Amanda Seyfried colpisce e stupisce nella parte di Rya Goodwin, psichiatra che interroga Billy Milligan, ragazzo accusato di pesanti crimini – dagli stupri alle rapine – scavando attraverso un passato segnato da traumi e abusi. Il caso è entrato nella storia come la prima assoluzione negli Stati Uniti per infermità mentale, rivista in chiave seriale da The Crowded Room. Dieci puntate da un'ora ideate da Akiva Goldsman e basate sul romanzo Una stanza piena di gente di Daniel Keyes. Particolarmente apprezzata dal pubblico anche per via della performance umana ed empatica della Seyfried. Da vedere se sei una grande fan di Mindhunter (2017) o Presunto Innocente (2024).

    7. Mean Girls (2004)

    Il debutto di Amanda Seyfried sul grande schermo coincide con un ruolo volutamente sopra le righe, enfatizzando il cliché della bionda svampita. Nella commedia scritta da Tina Fey, l'attrice, interpreta infatti Karen Smith, membro delle Barbie, capitanate dalla spietata Regina George, con il volto di Rachel McAdams. Lungo i novanta minuti di durata, le Barbie daranno filo da torcere a Cady Heron (Lindsay Lohan), appena arrivata nella loro scuola. La Seyfried non si risparmia nell'assurda dimensione di un ruolo divertente, esagerando il più possibile. Senza dubbio, una parte integrante di una pellicola diventata un must. Se ami il film, non perdete il musical del 2024, Mean Girls, oppure Bottoms (2023) di Emma Seligman.

    6. Mamma Mia! (2008)

    Non è facile essere la figlia di Meryl Streep, eppure Amanda Seyfried, ancora giovanissima, non si tira indietro entrando a far parte di un film iconico. Nel musical diretto da Phyllida Lloyd, e basato sulle canzoni degli ABBA, la Seyfried interpreta Sophie, in procinto di sposarsi. Non ha mai conosciuto suo padre, e allora decide di invitare tutti e tre gli uomini che potrebbero aver avuto una relazione con la mamma, Donna Sheridan. Canta, balla e recita: l'attrice dimostra coraggio e bravura, presenza scenica e qualità interpretativa, mischiandosi agli spunti tipici di un musical di Broadway. Memorabile la sua interpretazione di Honey, Honey in duetto con Ashley Lilley e Rachel McDowall. Se cantare è la tua passione e hai amato Wicked (2024) e The Greatest Showman (2017), non ti resta che tuffarti in Mammia Mia!.

    5. Les Misérables (2012)

    Ancora un musical tra le migliori interpretazioni di Amanda Seyfried. Nel 2012 Tom Hooper dirige l'adattamento hollywoodiano del romanzo di Victor Hugo, affidando alla Seyfried il ruolo di Cosette, spiegando di essere stato convinto dalla bravura dell'attrice sia nella recitazione che nel canto. Nonostante Seyfried confiderà di essere stata spaventata dalla prova canora. Famigerata la trama del film (e del romanzo), che racconta dell'ex detenuto Jean Valjean, uscito di prigione dopo vent'anni per aver rubato un tozzo di pane, braccato dall'ispettore Javer. Sullo sfondo Parigi e la rivoluzione francese. Un'opera mastodontica da 158 minuti, ancora attuale e politica, in cui Seyfried, come già fatto in Mamma mia!, non sfigura al fianco di grandi nomi (da Hugh Jackman a Anne Hathaway), ritagliandosi un ruolo importante e determinante. Se hai cantato e ballato con West Side Story (2021) e ami i musical potenti come Hamilton (2020), Les Misérables ti sorprenderà.

    4. Twin Peaks (2017)

    Non tutte le attrici possono dire di essere state dirette da David Lynch. Il visionario regista, infatti, l'ha voluta in Twin Peaks, serie evento – nonché terza stagione legata all'originale del 1990 – tornata in tv nel 2017, come sequel diretto dell'episodio Oltre la vita e la morte. La serie, divisa in diciotto puntate da un'ora, riprende la storia del mitico Dale Cooper ancora bloccato nella Loggia Nera, mentre il suo doppio è posseduto da BOB nel mondo reale. Amanda Seyfried nella serie interpreta Becky Burnett, figlia dei personaggi “storici” Bobby Briggs e Shelly Briggs. Appena quattro puntate per lei, ma una prova in grado di restare impressa, lasciandosi andare e affidandosi alla visione unica e inconfondibile di David Lynch, che definirà “tutto il meglio rappresentato dal cinema”. Se sei fan del cult anni '90, allora non perdere True Detective (2014) e Outer Range (2022).

    3. First Reformed - la creazione a rischio (2017)

    In First Reformed, Amanda Seyfried fa coppia con Ethan Hawke sotto la direzione di un maestro come Paul Schrader. La storia racconta di un pastore in crisi di fede, afflitto da un trauma personale e dalla disperazione per il cambiamento climatico. L'uomo intraprende un oscuro percorso di radicalizzazione dopo aver incontrato l’'ambientalista Mar, con il volto di Seyfried. Una parte complicata e oscura, che arriva dopo diversi ruoli più leggeri affrontati dall'attrice. Basti pensare a Ted 2 (2015) o Natale all'improvviso (2015). Ciononostante, Amanda Seyfried risponde con una prova asciutta, sicura e profonda, andando oltre le apparenze. Come dimostra il bellissimo e intenso finale. Se vuoi chiudere l'ideale trilogia targata Paul Schrader dopo Il collezionista di carte (2021) e Il maestro giardiniere (2022), non puoi non vedere First Reformed.

    2. Mank (2020)

    Candidata all'Oscar e ai Golde Globe, una delle migliori interpretazione di Amanda Seyfried. David Fincher l'ha voluta per il suo Mank, regalandole il ruolo tutt'altro che facile di Marion Davies. Dietro al film dalla durata di due ore e undici minuti, la vicenda annosa di una delle più famose diatribe cinematografiche della storia: di chi è la sceneggiatura di Quarto Potere, scritta nel 1941? Di Orson Welles o di Herman J. Mankiewicz? In sottrazione, la Seyfried tratteggia il profilo di Marion Davies, attrice attiva negli anni Trenta nonché interesse amoroso e ispirazione di Mankiewicz. Figura centrale nel film, così come nel dietro le quinte di Quarto potere, torna a vivere grazie alla prova di Seyfried, occhi grandi e capelli cotonati, declinando con passione una perfetta diva di Hollywood. Se le storie vere ti affascinato e hai apprezzato Saving Mr. Banks (2013) o L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (2015), recupera Mank.

    1. The Dropout (2022)

    Una storia vera direttamente tratta dall'omonimo romanzo di Rebecca Jarvis per quella che è la miglior interpretazione di Amanda Seyfried. Un Golden Globe sulla mensola e una candidatura agli Emmy per la Elizabeth Holmes tratteggiata dall'attrice. In otto episodi da cinquanta minuti, la miniserie illumina l'ascesa e la fragorosa caduta di Holmes e della sua società di biotecnologie, la Theranos. Un cammino ambizioso, mosso da una forte determinazione, sfociando però in diverse frodi portate alla luce dall'esposizione mediatica. Seyfried non si tira indietro costruendo una persona e non un personaggio. Una prova efficace, ben aderente allo spirito della serie, in un'inaspettata alternanza di tonalità. Se la tua passione sono le storie vere medical in stile Dopesick (2021) e Painkiller (2023), allora non farti scappare The Dropout.

  • Il meglio della Mega Movie Week: tutti i titoli imperdibili da acquistare e noleggiare dal 3 al 9 novembre

    Il meglio della Mega Movie Week: tutti i titoli imperdibili da acquistare e noleggiare dal 3 al 9 novembre

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Destreggiarsi nella miriade di film disponibili in digitale può essere un'impresa ardua, specie se il tempo che abbiamo a disposizione è sempre meno. Fortuna vuole che sia arrivata la Mega Movie Week che per sette giorni offre la possibilità di scegliere tra una selezione di titoli da acquistare o noleggiare a prezzi imperdibili.

    Tra le pellicole più recenti e di maggior successo presenti sulle principali piattaforme, troviamo un mix variegato che comprende blockbuster internazionali e film d'animazione per tutta la famiglia, storie dell'orrore e grandi saghe cinematografiche passando per film drammatici ed esordi folgoranti.

    JustWatch ha stilato una classifica dei 10 migliori film da vedere durante la Mega Movie Week, ma in fondo all'articolo potete trovare la lista completa del "meglio" di questa settimana speciale!

    10. Il Gladiatore II (2025)

    L'eredità era di quelle impegnative. Confrontarsi con il classico del 2000 con protagonista Russell Crowe nei panni di Massimo Decimo Meridio e proseguire la storia iniziata 25 anni fa. Ma a Ridley Scott le sfide devono piacere parecchio. Ed è per questo che ha deciso di tornare nell'antica Roma con Il Gladiatore II per dare vita a un nuovo kolossal in costume.

    Questa volta il protagonista ha il volto di Paul Mescal nei panni di Lucio, romano fatto schiavo e costretto a lottare nel Colosseo all'ombra di un difficile quadro politico mentre cerca di portare a termine la sua vendetta. Un film che, come il precedente, si confronta con il concetto di eredità morale e corruzione figlia della sete di potere. Un'esperienza cinematografica fatta di articolate sequenze d'azione e combattimenti nell'arena più celebre del mondo per un'opera di due ore e mezza in cui il personale si mescola con la Storia mentre parla di giustizia, onore e ideali. Da non perdere se ti piaccioni i titoli in costume come Ben-Hur (1959) o Troy (2004).

    9. Piccole cose come queste (2024)

    Presentato in anteprima al Festival di Berlino del 2024, Piccole cose come queste è l'adattamento cinematografico del romanzo breve di Claire Keegan. Una storia ambientata nell'Irlanda del 1985 in cui un commerciante di carbone, Bill Furlong (Cillian Murphy), scopre l'orrore tenuto nascosto dietro le mura di un convento gestito da suore in cui orfani e ragazze madri subiscono atrocità. Un dramma storico lucido e teso trainato dalla potente interpretazione di Murphy nei panni di un uomo onesto che cerca solo di fare la cosa giusta. 

    La pellicola si inserisce in quel filone di cinema sociale che, in questo caso specifico, vuole smascherare l'ipocrisia in seno alla Chiesa. La regia di Tim Mielants, con il quale l'attore è recentemente tornato a lavorare in Steve (2025), non scade mai nell'eccesso preferendo raccontare con stile asciutto la tempesta emotiva, i dilemmi e i dubbi che attraversano il protagonista nell'arco di circa 90 minuti. Se film come Philomena (2013), Magdalene (2002) e Il caso Spotlight (2015), ti hanno emozionato e indignato, non puoi perderti Piccole cose come queste.

    8. Heretic (2024)

    Mai lasciarsi tentare dal profumo di una torta ai mirtilli appena sfornata. Lo sanno bene le due giovani missionarie mormone protagoniste di Heretic. Un horror thriller con Hugh Grant nei panni di un uomo apparentemente innocuo, che nasconde però una natura spaventosamente sadica.

    Ambientato quasi esclusivamente all'interno di una casa, il film vede le due ragazze vittime di un gioco di sopravvivenza brutale in cui saranno messe alla prova sulla base di domande a sfondo religioso. Una pellicola che parla della facilità con la quale la nostra mente può essere manipolata, delle insidie del fanatismo e della fede che non lascia spazio al dubbio. I registi Scott Beck e Bryan Woods, già sceneggiatori diA Quiet Place - Un posto tranquillo (2018), per un'ora e 40 minuti si divertono a giocare con noi spettatori costruendo un'atmosfera claustrofobica ricca di suspense e terrore.

    7. Jurassic World - La rinascita (2025)

    Cosa dire di Jurassic World - La rinascita se non che qualsiasi amante del primo capitolo della saga e del cinema di Steven Spielberg dovrebbe vederlo? Settimo titolo del franchise nato nel 1993, il film è nettamente superiore alla trilogia di Jurassic World (2015-2022) che lo precede. Ambientata nel 2027, la pellicola si muove in un mondo sempre meno interessato ai dinosauri ormai relegati in zone inaccessibili all'uomo.

    Ma una spedizione capitanata da Zora Bennett, agente sotto copertura con il volto di Scarlett Johansson, e dal paleontologo Henry Loomis di Jonathan Bailey si avventura in quei luoghi per recuperare il loro DNA, indispensabile nella creazione di un farmaco salvavita per l'uomo. Se ami il grande cinema di intrattenimento, l'azione degna di Indiana Jones e il tempio maledetto (1984) e l'adrenalina che solo un faccia a faccia con un Velociraptor può dare, devi recuperare il film diretto da Gareth Edwards. Poco più di 120 minuti che ogni amante del cinema degli anni '90 apprezzerà.

    6. 28 anni dopo (2025)

    Danny Boyle e Alex Garland in coppia non deludono mai. Con 28 anni dopo realizzano un nuovo capitolo della saga horror sci-fi iniziata nel 2002 con 28 giorni dopo e proseguita nel 2007 con27 settimane dopo. Il risultato è un film profondamente attuale che, oltre a espandere l'universo narrativo iniziato oltre 20 anni fa, riflette in modo estremamente lucido sul presente.

    Al centro il viaggio di una famiglia che da un'isola sopravvissuta all'epidemia di rabbia prova a raggiungere la terraferma in cerca di aiuto. Un racconto frenetico e crudo fatto di tensione e violenza in cui la regia di Boyle realizza sequenze visivamente notevoli mentre parla di memoria (privata e collettiva), famiglia e sopravvivenza. Se sei un fan dei primi due capitoli e hai apprezzatoI figli degli uomini (2006) e World War Z (2013), non resterai deluso.

    5. Superman (2025)

    Il primo film del nuovo corso del DC Universe capitanato da James Gunn che ne è anche regista e sceneggiatore. Chi non ha amato le atmosfere cupe dei film di Zack Snyder può tirare un sospiro di sollievo. Superman è un film che, in due ore e 15 minuti, torna alle origini dei fumetti e ci regala un Uomo d'Acciaio più luminoso e in costante bilico tra la sua identità aliena e l'amore per il genere umano a cui sente di appartenere.

    David Corenswet è la scelta giusta per incarnare il supereroe che nasconde la sua identità dietro gli occhiali da vista di Clark Kent. Così come la Lois Lane di Rachel Brosnahan è perfetta nel tenere testa e spalleggiare Big Blue. Una pellicola che guarda all'oggi assumendo contorni politici nel racconto di villain che vogliono imporre il loro potere sul prossimo attraverso l'appropriazione delle terre altrui. Se hai nostalgia del Superman (1978) di Christopher Reeves, il film di James Gunn fa al caso tuo.

    4. Alien: Romulus (2024)

    Oltre 45 anni dopo il primo capitolo del franchise horror-fantascientifico di Ridley Scott, Alien: Romulus torna a raccontare una storia che riporta alle origini. La pellicola diretta da Fede Álvarez è un midquel ambientato cronologicamente tra Alien (1979) e Alien – Scontro finale (1986). Ambientato nel 2142, il film vede al centro del racconto un gruppo di giovani colonizzatori che si ritrova a confrontarsi con l'alieno superpredatore Xenomorfo in una stazione spaziale abbandonata.

    Un'atmosfera claustrofobica e tesa che porta in scena, in poco meno di due ore, tutto l'orrore viscerale che ha fatto la storia della saga resa celebre da Ridley Scott. Un omaggio capace, però, di dare vita a una propria mitologia fatta di tensione e terrore. Se hai amato i capitoli precedenti è impossibile non vedere questo nuovo tassello del franchise.

    3. Dragon Trainer (2025)

    Se vi siete emozionati con il film d'animazione omonimo del 2010, preparatevi a rivivere le stesse sensazioni con Dragon Trainer, remake live-action diretto da Dean DeBlois. Un compito non facile confrontarsi con un titolo tanto amato e provare a infondergli la stessa magia. Eppure l'incantesimo si è replicato. Merito dell'amicizia apparentemente impossibile tra il giovane vichingo Hiccup e il drago Sdentato.

    Una storia lunga due ore che parla di accettazione del diverso e del superamento dei pregiudizi che mantiene intatta la carica emotiva anche grazie alla fedeltà alla trama originale. Un film perfetto per essere visto da tutta la famiglia e che abbraccia un pubblico di qualsiasi età. Se vuoi commuoverti con una storia piena di epica e cuore, non puoi perderti questo live action!

    2. Challengers (2024)

    Si tratta di un dramma psicologico travestito da film sportivo per una delle opere più riuscite di Luca Guadagnino. Quella che vede protagonisti Tashi (Zendaya), ex prodigio del tennis diventata allenatrice dopo un brutto infortunio, Patrick (Josh O'Connor), giocatore talentuoso quanto indolente, e Art (Mike Faist), campione che non riesce più a vincere e vorrebbe appendere la racchetta al chiodo.

    È un film di sudore e di sguardi Challengers, di desiderio e gemiti di fatica e piacere, di ferite e mani sul corpo. Un film di soggettive e rallenty in cui Guadagnino rende sensoriale la sceneggiatura di Justin Kuritzkes e ci regala un film seducente che, in 2 ore e 11 minuti, gioca con le linee temporali e le regole del tennis per parlare di relazioni. Sfacciata e indimenticabile la colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross. Se avete amato Closer (2004) e avete un debole per i drammi dalla forte componente sentimentale, non potete perdervi questo film.

    1. C’è ancora domani (2023)

    Il film italiano che ha riportato il nostro cinema in giro per il mondo vincendo decine di premi e battendo record su record al botteghino. Stiamo parlando del debutto dietro la macchina da presa di Paola Cortellesi conC'è ancora domani. Un film girato in bianco e nero e ambientato nella Roma del 1946 che usciva a fatica dalla miseria della seconda guerra mondiale. La protagonista è Delia (interpretata dalla stessa Cortellesi), moglie di un marito violento e madre che vorrebbe per sua figlia un futuro diverso dal suo.

    Un film di poco più di due ore intriso di delicatezza e ironia. Le armi con le quali parla di violenza domestica e della società di ieri e di oggi poi non così diverse. Un inno alla forza delle donne, uno sguardo pieno di amore alle nostre madri e nonne che hanno lottato per conquistare la loro e la nostra emancipazione. Un classico moderno che merita di essere visto e rivisto per ricordarci di non dare per scontata la nostra libertà e di continuare a combattere per mantenerla tale.

  • “Notte prima degli esami”: arriva il sequel! Ecco i film precedenti da recuperare nell’attesa

    “Notte prima degli esami”: arriva il sequel! Ecco i film precedenti da recuperare nell’attesa

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Non c’è due senza tre. A vent’anni di distanza dalla commedia generazionale di Fausto Brizzi, Notte prima degli esami (2006), che sancì il suo esordio da regista, e a sedici da Notte prima degli esami – Oggi (2010), è in arrivo Notte prima degli esami – Remix (2026).

    La pellicola, stavolta diretta da Tommaso Renzoni, che firma la sceneggiatura con lo stesso Brizzi, è prevista nelle sale cinematografiche per il prossimo 19 marzo 2026, a ben cento giorni dal vero esame di maturità. Operazione nostalgia oppure un aggiornamento? In attesa di scoprire sul grande schermo la maturità ai tempi dei social, ecco una breve panoramica sui film precedenti, e soprattutto dove è possibile recuperarli in streaming.

    Notte prima degli esami (2006)

    Opera prima di Fausto Brizzi, Notte prima degli esami (2006) è una commedia generazionale che ha conquistato il pubblico sin dal suo debutto. Ispirandosi all’omonima canzone di Antonello Venditti del 1984, il film racconta le vicende di un gruppo di giovani amici alle prese con l’esame di maturità nella Roma di fine anni Ottanta. Protagonisti sono Nicolas Vaporidis e Cristiana Capotondi, rispettivamente nei panni di Luca Molinari e Alice Martinelli. Accanto a loro il compianto Giorgio Faletti, che interpreta il padre di Alice e, allo stesso tempo, professore di lettere di Luca, soprannominato “la carogna” da ben quattro generazioni di studenti. Una commedia che ha toccato le corde degli spettatori, con battute che sono rimaste impresse, come quella pronunciata dal professore al giovane protagonista: “Vedi Molinari, l'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa... l'importante è quello che provi mentre corri”.  Notte prima degli esami (2006) è consigliato a chi cerca un film che è diventato un vero e proprio cult, una commedia capace di emozionare più di una generazione. È rimasta infatti nel cuore di chi ha vissuto la maturità, specialmente negli anni Ottanta, e continua ancora oggi a coinvolgere i giovani che si trovano ad affrontare un momento così indimenticabile della vita. 

    Notte prima degli esami – Oggi (2010)

    Gli esami non finiscono mai…tantomeno con la vittoria dell’Italia ai mondiali del 2006. Notte prima degli esami – Oggi (2010) abbandona gli anni Ottanta per spostare il racconto nel presente (di allora). Non è un vero e proprio sequel di Notte prima degli esami (2006), nonostante ritroviamo Luca Molinari (Nicolas Vaporidis), stavolta alle prese con un nuovo amore, Azzurra (Carolina Crescentini), biologa marina poco più grande. Stavolta maggior spazio al confronto generazionale, con uno sguardo approfondito nella famiglia del protagonista, alle prese con il padre Paolo (Giorgio Panariello), che non ne vuole sapere di crescere. Ma la sostanza rimane (più o meno) la stessa tanto che allora Brizzi, tornato nella cabina di regia, definì l’operazione con il neologismo “newquel”. Da non perdere se avete apprezzato il precedente capitolo, di cui mantiene quella leggerezza senza però eguagliarne la grandezza.

    Notte prima degli esami – Remix (2026)

    La maturità ai tempi dei social.  Notte prima degli esami - Remix (2026) prende le mosse proprio dal voler raccontare di come siano cambiati quei ragazzi sui banchi di scuola, dalla fine degli anni Ottanta, passando per il 2006 fino ai giorni nostri. Il film diretto da Tommaso Renzoni uscirà nelle sale con 01 Distribution all’alba della prossima primavera, il 19 marzo 2026. Nel cast Tommaso Cassissa, Adriano Moretti e Alice Maselli tra i giovani, mentre tra gli adulti Gianmarco Tognazzi e Sabrina Ferilli, che interpreterà la versione al femminile del ruolo che fu magistralmente interpretato dal compianto Giorgio Faletti, il Professor Martinelli. La sceneggiatura è firmata dallo stesso Renzoni con Fausto Brizzi.

  • Dopo “Il Mostro”: 10 film di serial killer che ti terranno con il fiato sospeso

    Dopo “Il Mostro”: 10 film di serial killer che ti terranno con il fiato sospeso

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Dopo aver deliziato il pubblico di intere generazioni con la serie TV di culto Romanzo criminale - La serie (2008) e l’altrettanto magnifica ZeroZeroZero (2020), Stefano Sollima è tornato al formato serie con Il Mostro (2025). Ancora una volta al centro del suo sforzo creativo c’è il crimine italiano.

    Tuttavia, al contrario di Romanzo criminale - La serie (2008), lo show non parla di gangster, bensì di un serial killer. Non uno qualunque, ma il più famigerato nella cronaca nera dello Stivale: il Mostro di Firenze. Dopo aver guardato la serie targata Netflix, forse vi verrà voglia di calarvi ancora di più nell’oscurità, continuando a esplorare opere incentrate su killer seriali. In questo caso, questa lista è perfetta per voi, perché vi propone 10 film di serial killer da considerare dopo la visione de Il Mostro (2025).

    1. La rabbia giovane (1974)

    La follia omicida del Mostro di Firenze si è dipanata per lunghi anni, attraversando completamente gli anni settanta. Per questo motivo, un film di quella decade non poteva mancare dalla lista. La rabbia giovane è il folgorante esordio di Terrence Malick, liberamente ispirato da fatti reali. Il film, infatti, si focalizza su una scia di omicidi commessi da una coppia di giovani, interpretati magistralmente da Martin Sheen e Sissy Spacek. La rabbia giovane è indimenticabile non solo per le performance dei due protagonisti, ma anche per la mano sublime di Malick e dei tre direttori della fotografia Brian Probyn, Tak Fujimoto e Stevan Larner. Ogni inquadratura è perfetta e i colori che vengono sprigionati su pellicola lasciano a bocca aperta.

    2. L'elemento del crimine (1984)

    L’impatto visivo de La rabbia giovane può essere ritrovato anche ne L'elemento del crimine, anche se con scelte estetiche completamente diverse. Il film è un altro esordio di un regista mastodontico, ovvero Lars Von Trier. Fin dall’inizio, l’idea di cinema del regista danese è radicale ed estrema. A cominciare da una fotografia dai toni seppia a tratti tossica, che trasforma le classiche tonalità marroni in sfumature arancioni. Questa scelta non è solo stilistica, ma aiuta anche lo spettatore a immergersi nel mondo distopico in cui è ambientata la trama. Quest’ultima è l’altro punto di forza dell’esordio di Von Trier, perché tratta il tema del serial killer con toni noir moderni. Dall’uso dell’ipnosi al contestato metodo con il quale il detective protagonista caccia il killer, L'elemento del crimine si distingue positivamente dai film dozzinali sui serial killer.

    3. Manhunter - Frammenti di un omicidio (1986)

    Hannibal Lecter è, senza dubbio, uno dei serial killer più conosciuti e temuti nel panorama filmico. La sua esclusione era impossibile. Tuttavia, la scelta poteva cadere sul classico Il silenzio degli innocenti (1991) o sul primo film in cui la figura di Lecter appare. Come potete vedere, la seconda opzione ha prevalso ed eccoci con Manhunter - Frammenti di un omicidio. Il film di Michael Mann mantiene intatta la formula del regista americano. Trame focalizzate sull’elemento crime, livello estetico fuori dal comune e un’impronta psicologica nella costruzione dei personaggi. Meno conosciuta del film con Jodie Foster e Anthony Hopkins, quest’opera deve essere assolutamente vista da tutti i fan dei film sui serial killer.

    4. Assassini nati - Natural Born Killers (1994)

    Quando si parla di killer seriali, gli anni ‘90 ci hanno regalato perle estremamente pregiate. Prima di parlarvi di uno dei film più famosi di quella decade, non si poteva omettere Assassini nati - Natural Born Killers. Lo spirito anarchico e strafottente di Mickey e Mallory, i protagonisti del film di Oliver Stone, assomiglia senza dubbio a quello di Kit e Holly de La rabbia giovane. Questa volta, però, la follia omicida di Mickey e Mallory è incontenibile e grondante sangue. Oltre alla violenza estrema, il film è ricordato per la sua critica esplicita ai mass media, sempre in cerca di una notizia a tutti i costi, e per le interpretazioni sublimi dei due protagonisti, Woody Harrelson e Juliette Lewis.

    5. Seven (1995)

    Non c’è lista di film sui serial killer che si rispetti senza l’inclusione di Seven. Il film di David Fincher con Brad Pitt e Morgan Freeman è un viaggio sanguinoso attraverso i sette peccati capitali. Uno dei film più amati degli anni ‘90, Seven colpisce ancora a distanza di anni per il suo valore estetico e per la grandiosa atmosfera dark della trama. L’unica pecca che va a intaccare l’eredità di questo thriller horror è il finale. Con un materiale così creativo, l’epilogo della vicenda poteva essere construito in maniera diversa, mantenendo alto il livello già visto nel resto dell’opera. Nonostante ciò, basta la performance sublime di Kevin Spacey per riequilibrare del tutto le cose.

    6. American Psycho (2000)

    Di folli criminali, la filmografia a stelle e strisce ne è piena. Ma pochi hanno raggiunto il livello di pazzia e crudeltà di Patrick Bateman, immortalato per sempre in American Psycho da Christian Bale. Se i protagonisti de La rabbia giovane e Assassini nati - Natural Born Killers sono pieni di emozioni contrastanti, Bateman è freddo, distaccato e chirurgico fino al momento dell’esplosione omicida. Questa sua natura si riflette anche nella fotografia, che esalta il carattere glaciale del protagonista con luci che mai si azzardano a infondere calore. American Psycho è ormai un cult grazie alla prova indelebile di Bale e ad alcune sequenze passate alla storia, come quella della routine mattutina di Bateman.

    7. Memorie di un assassino (2003)

    Memorie di un assassino è uno dei thriller polizieschi più belli mai realizzati. Il film di Bong Joon Ho lascia chiunque sbalordito con una potenza visiva imbattibile. Il regista sa posizionare la camera dove è necessaria, non sbagliando un’inquadratura che sia una. I colori spenti e slavati della fotografia fanno da complemento a una storia buia ispirata a fatti realmente accaduti. Allo stesso tempo, come ogni poliziesco che si rispetti, Memorie di un assassino risucchia lo spettatore nel suo mondo e non gli fa distogliere lo sguardo dallo schermo grazie a una trama serrata e ricca di dettagli. Uno dei migliori film degli anni 2000 creato da uno dei migliori registi contemporanei.

    8. Zodiac (2007)

    Zodiac è un classico moderno del genere serial killer e, forse, il film più riuscito di David Fincher. La pellicola cerca di portare sullo schermo le vicende reali del Killer dello Zodiaco, uno degli assassini seriali più conosciuti di sempre. Con teorie di alcuni che collegano la sua figura a quella del Mostro di Firenze, Zodiac è stato tra i primi film che ho preso in considerazione per la lista. Al contrario di Seven, dove la forma tendeva a sovrastare la sostanza, il film con Jake Gyllenhaal e Robert Downey Jr. piega tutto in favore della trama. Questo non vuol dire che Zodiac non contenga movimenti di macchina impeccabili e una fotografia da urlo. Semplicemente, tutti questi elementi vanno a braccetto con una trama ricca di tensione ed estremamente coinvolgente che vi farà dimenticare dei 157 minuti di durata.

    9. The Chaser (2008)

    Con The Chaser vi aspettano due ore frenetiche di inseguimenti, indizi da collegare e un serial killer da trovare. Il film di Na Hong-jin è una corsa continua, anche se la pellicola riesce a conservare attimi di introspezione. Il livello tecnico dell’opera è senza discussione, basterebbe vedere anche altri titoli come The Yellow Sea (2010) e Goksung - La presenza del diavolo (2016) per comprendere l’occhio sublime del regista. Similmente a Zodiac, però, è la trama e la costruzione dei personaggi che chiudono l’affare. Sarete, sì, sorpresi dal pregio estetico di The Chaser, ma la storia disturbante del film vi terrà a occhi spalancati e con il fiato sospeso fino all’epilogo da bocca aperta.

    10. I Saw the Devil (2010)

    Terminiamo questi consigli con un’altra bomba sudcoreana, I Saw the Devil diretto da Kim Jee-woon. Se pensate che Seven o American Psycho siano disturbanti, tenetevi forti. La pellicola con Lee Byung-hun e Choi Min-sik potrà di certo ammaliarvi con una fotografia da capogiro, soprattutto nelle scene notturne. Ma quello che non vi lascerà indifferenti sarà il livello di crudeltà con il quale il serial killer protagonista finisce le sue vittime. Come per Memorie di un assassino, bellezza e orrore si fondono in una pellicola che è impossibile da dimenticare dopo la sua visione. I Saw the Devil è la mostruosità elevata ad arte.  

  • “Springsteen – Liberami dal nulla” e altri 10 migliori biopic musicali di sempre

    “Springsteen – Liberami dal nulla” e altri 10 migliori biopic musicali di sempre

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    C’è qualcosa di irresistibile nei biopic musicali. Il modo in cui riescono a farci entrare nelle storie di chi ha trasformato la propria vita in musica, di chi ha saputo raccontare il mondo attraverso una melodia o una frase scritta su un taccuino. Film in cui il cinema si incrocia con la musica, in cui si raccontano le canzoni e gli album attraverso le vite di chi li ha scritti.

    In questo solco arriva Springsteen – Liberami dal nulla, (2025) il nuovo film con Jeremy Allen White dedicato a Bruce Springsteen. Un film in cui il volto del Boss viene indagato nei suoi lati più intimi e inedito, portandoci in un viaggio che intreccia il senso del successo e del fallimento, il peso della memoria e del senso di colpa, tra le strade polverose del New Jersey e i fantasmi della sua giovinezza.

    E proprio da questa uscita nasce la nostra lista dei migliori music biopic di sempre: film che, come Liberami dal nulla, non si accontentano di celebrare un mito, ma cercano la persona dietro la leggenda. Dalla furia punk di Control (2007) alla visione pop e glitter di Rocketman (2019), passando per la malinconia di Walk the Line (2005) o la poesia beatnik di Io non sono qui (2007), ecco dieci titoli imperdibili che raccontano cosa significa vivere (e sopravvivere) per la musica.

    24 Hour Party People (2002)

    Più che un biopic, 24 Hour Party People è una festa dedicata alla scena musicale di Manchester tra anni ’70 e ’90. Michael Winterbottom racconta la nascita di Joy Division, New Order e Happy Mondays attraverso Tony Wilson, geniale fondatore della Factory Records. Questo film porta dritto dentro i party del mitico club The Haçienda, raccontando la follia di un’epoca dove tutto sembrava possibile, con un ritmo difficilmente eguagliabile. Perfetto per chi quest’estate è corso alla reunion degli Oasis e per chi sa a memoria Supersonic (2016), e non vede l’ora di scoprire le atmosfere della MADchester da cui nacquero i fratelli Gallagher.

    Ray (2004)

    Tra tutti i biopic inclusi in questa lista, Ray è certamente quello in cui l’attore protagonista (Jamie Foxx) è riuscito davvero a incarnare il corpo e l’anima dell’artista ritratto. L’infanzia, la cecità, il razzismo, il dolore, la capacità di superare ogni difficoltà grazie alla musica. Un biopic classico ma commovente, capace di vibrare tra gospel, blues e R&B, nel racconto di chi ha imparato a trasformare la sofferenza in arte. La storia travolge, la musica figurarsi, la prestazione di Foxx è impressionante per come riesce a riportare in scena il ritratto di Charles, tanto da valergli un Oscar come migliore attore. Forse qualche tocco risulterà un po’ idealizzato per rispecchiare le esigenze del cinema, ma questo è il film perfetto per chi ama le storie di riscatto, ancora meglio se raccontate attraverso l’arte.

    Walk the Line (2005)

    Con Walk the Line, James Mangold racconta la vita di Johnny Cash come una grande ballata country fatta di colpa, amore e redenzione. Joaquin Phoenix dà voce e corpo al “Man in Black” con intensità magnetica, mentre Reese Witherspoon (premiata con l'Oscar) riesce a portare sullo schermo un lato inedito di June Carter. Questo è un biopic nel senso più letterale del termine, un film che attraversa la vita del cantante, dall’ infanzia fino alle dipendenze a al riscatto di un uomo che ha trasformato il dolore in musica, ma sempre mantenendo al centro la storia d’amore più avvincente delle storia della musica pop. Consigliatissimo ai fan della musica di Cash, perfetto per chi cerca il lato più umano e tenero dietro la leggenda.

    Last Days (2005)

    Più che un biopic questo è il racconto di un’atmosfera asfissiante, del buio che circondò gli ultimi giorni di Kurt Cobain. Con Last Days Gus Van Sant firma uno dei suoi lavori più poetici e radicali, portando in scena la storia di Blake, alter ego del cantante dei Nirvana, toltosi la vita il 5 aprile del 1994. Il protagonista è ritratto in toni apatici, quasi come fosse un fantasma, tra silenzi e malinconia sospesa. Michael Pitt, in una delle sue prove migliori, prende sulle spalle un film che indaga il dolore, catturando la solitudine di un artista intrappolato nel proprio mito. Un film duro, non per tutti, ma consigliato a chi cerca un titolo che vada oltre il semplice biopic, capace di raccontare il buio di uno degli artisti più tormentati del rock.

    Control (2007)

    Anton Corbijn trasforma la tragedia di Ian Curtis in un bianco e nero di struggente bellezza. Sam Riley è straordinario nel ruolo del frontman dei Joy Division, un ragazzo fragile intrappolato tra l’arte, la malattia e la paura del successo. Ogni inquadratura sembra respirare il dramma e l’angoscia che circondava la figura di Curtis, tra i palazzi grigi di Manchester, le stanze spoglie, la distanza tra persone che non riescono più a parlarsi. Control non racconta una rockstar, ma il suo dolore e la depressione. Questo film è molto più di un semplice biopic, ma è cinema puro, fatto di musica, silenzi e sguardi. Come in Last Days l’atmosfera è claustrofobica, non consigliabile se cercate un titolo leggero, ma perfetto se volete un ritratto profondo e commovente di un anti-rockstar fragile e umana.  

    Io non sono qui (2007)

    Premessa doverosa, se cercate un biopic su Bob Dylan nel senso classico del termine, il consiglio è recuperare l’ottimo A Complete Unknown (2024), sempre che non l’abbiate già visto. Infatti, rispetto al film con Timothée Chalamet, in Io non sono qui Bob Dylan viene decostruito attraverso sei volti e sei anime che insieme compongono l’essenza di un artista inafferrabile. Cate Blanchett, Christian Bale, Heath Ledger, un cast che non cerca di riportare Dylan sullo schermo, ma di cogliere il cuore della sua poetica, dei personaggi delle sue canzoni, la libertà di essere continuamente altro da sé. Il film attraversa epoche, stili e linguaggi; è un esperimento audace, poetico, disorientante, ma anche incredibilmente fedele allo spirito del suo protagonista. Io non sono qui è per chi ama il cinema che apre porte su mondi impensabili e indefinibili, un viaggio dentro le metamorfosi infinite di un artista eterno. 

    Cadillac Records (2008)

    Con Cadillac Records, Darnell Martin ci porta nella Chicago anni Cinquanta, dove il blues diventa la voce di un’America che cambia. Adrien Brody è Leonard Chess, il fondatore dell’etichetta che lanciò Muddy Waters, Chuck Berry e Etta James. Con una versione da panico di At Last, Beyoncé regala una prova da attrice che andò oltre ogni previsione, straordinaria nei panni di Etta, capace di riportare la malinconia e che bruciò la cantante. Il film è un omaggio alle radici della musica moderna, un racconto corale che intreccia talento, dolore e discriminazione. È per chi ama i film che uniscono memoria e ritmo, perfetto per chi voglia scoprire le vere origini del rock and roll.

    Bohemian Rhapsody (2018)

    Oltre le righe, esagerato, maestoso, Bohemian Rhapsody è un film tale e quale al suo protagonista. Qui Freddie Mercury è ritratto a fondo, da un Rami Malek che riuscì a portare sullo schermo i lati più fragili e le insicurezze di uno dei frontman più potenti e carismatici di sempre. Una performance che valse all’attore protagonista l’Oscar del 2018, per un film che (nonostante qualche libertà narrativa sulla storia dei Queen) riesce a riportare pienamente la personalità di Mercury. Da applausi le scene in cui viene raccontato il concerto del Live Aid: cinema puro, sembra di essere a Wembley nel 1985. Un film che parla di libertà e identità, perfetto per chi cerca un ritratto larger-than-life come la voce del suo protagonista.

    Rocketman (2019)

    La storia di Elton John ma raccontata attraverso gli eccessi, i colori sfavillanti, i lati più teatrali del Baronetto della musica, ritratto nel suo lato più emotivo e nella sua immaginazione sfrenata. Più che un biopic questo è un musical vero e proprio, in cui l’attore protagonista Taron Egerton ha reinterpretato le canzoni più amate dai fan, Tiny Dancer, Your Song e, ovviamente,  Rocketman. Un film travolgente, che esplora la carriera e le cadute di Elton John, tra la fama planetaria e la solitudine del protagonista. Un film potente e realizzato con precisione, perfetto per chi ama il genere biopic ma nel suo lato più musicale e spettacolare.

    Elvis (2022)

    Solo Baz Luhrmann (Moulin Rouge, 2001)  poteva raccontare Elvis Presley con questa potenza visiva. Un film che è la perdizione di quella Las Vegas, la fama leggendaria e il suo lato oscuro, il luccichio del successo e le ombre della solitudine. Attraverso la performance impressionante di Austin Butler, Elvis diventa un caleidoscopio attraverso l’America che ha creato e distrutto il mito del Re, tra fan in delirio e il controllo ossessivo del suo manager, interpretato da Tom Hanks. Ogni scena è in equilibrio tra eccesso e malinconia, un musical barocco che restituisce il peso del mito e la fragilità dell’uomo. Elvis è per chi ama il cinema che osa, il melodramma rock che non ha paura di esagerare.

    Springsteen – Liberami dal nulla (2024)

    Bruce Springsteen non è solo il soggetto, ma l’anima stessa del racconto. Liberami dal nulla intreccia confessione e mito, portandoci dentro la mente di un artista che ha sempre trasformato la fragilità in forza e la provincia americana in poesia universale. Le immagini scorrono come una delle ballad del Boss, tra solitudine, fede e redenzione, fino a diventare un autoritratto sul senso di inadeguatezza e sulla grazia del ricominciare. È un film che parla di musica, certo, ma anche di chi cerca la libertà sapendo che non la troverà mai del tutto. Un film profondo che offre uno sguardo inedito su Springsteen, consigliato soprattutto a chi vuole scoprire il lato più fragile dell’artista “Born In The U.S.A”.

  • Plot twist! 10 film con colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan (senza spoiler)

    Plot twist! 10 film con colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan (senza spoiler)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    I colpi di scena sono uno degli elementi che possono rendere un film memorabile. In alcuni casi, il colpo di scena è talmente efficace che il film si riduce a questo momento clou e nient’altro. In ogni caso, questa scelta creativa viene utilizzata per giocare con le emozioni degli spettatori e lasciarli esterrefatti. Ovviamente, se il colpo di scena funziona e non è telefonato.

    Questa lista di JustWatch vi propone 10 colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan. Ho scelto i film non solo in base all'unicità dei colpi di scena, ma anche considerando l’impatto di questi twist sulla totalità del film. In poche parole, questi colpi di scena devono avere senso nella trama generale della pellicola e non essere utilizzati solamente come una facile mossa per impressionare. Non ci sono spoiler!

    1. Fight Club (1999)

    Fight Club è uno di quei film che è diventato un tutt'uno con il colpo di scena principale. Il classico di David Fincher è sulla bocca di tutti quando si parla di colpi di scena nei film ed è per questo che non poteva mancare dalla lista. Fight Club (1999) è un grande esempio di come utilizzare un colpo di scena al servizio della trama e non come effetto fine a sé stesso. Basta riguardarlo per capire come le premesse per il coup de théâtre iconico vengano costruite in sordina. In questo modo, quando il twist avviene, lo spettatore ricollega questi indizi velati e ricostruisce a posteriori ciò che ha portato a questo colpo di scena. Questa, però, rimane la forza di Fight Club (1999). Gli indizi sono solo visibili a posteriori, impedendo allo spettatore di prevedere il colpo di scena.    

    2. Audition (2000)

    Il colpo di scena in Audition è un violento pugno allo stomaco, come molti altri capolavori eccessivi di Takashi Miike. Questo cambiamento improvviso nella trama non solo porta alla luce la vera natura di uno dei personaggi principali. È un vero cambiamento di atmosfera, oltre che di genere. Se per una buona parte di Audition (2000) assistiamo quasi a una commedia romantica con qualche tocco drammatico, il colpo di scena che introduce l’epilogo è una sferzata verso l’horror che nessuno poteva aspettarsi. Per lo meno, non con quel tipo di sfrontatezza, neanche per un maestro degli spettacoli eccessivi come Miike. Dopo decenni, questo cult rimane tra i preferiti della filmografia del regista giapponese anche grazie a questo colpo di scena impensabile.

    3. Memento (2000)

    Il 2000 è stato un anno ricco di colpi di scena iconici. Dopo la svolta orrorifica in Audition (2000), ecco un altro carico di questa lista. Memento è il film che ha cambiato per sempre la carriera di Christopher Nolan, grazie a una trama intricata, momenti di tensione fuori dal comune e il caro vecchio colpo di scena. Qui, la svolta è fondamentale perché mette chiarezza sulla vita fuori dal comune che conduce il protagonista Leonard (Guy Pearce). A mio avviso, la potenza di questo colpo di scena non si cela solamente nell’informazione svelata agli spettatori. È la decisione di Leonard dopo la rivelazione a lasciare ancora più aperta la bocca già spalancata di chi sta vedendo Memento (2000) per la prima volta.

    4. Old Boy (2003)

    Il colpo di scena di Old Boy è brutale tanto quanto quello di Audition (2000), anche se meno sanguinoso. Il secondo film della trilogia della vendetta di Park Chan-wook è sicuramente rimasto nella mente di molti proprio per la svolta improvvisa che lascia tutti esterrefatti. Il colpo di scena è anche simile a quello in Memento (2000) perché mette luce, finalmente, su ciò a cui lo spettatore ha assistito fino a quel momento. Old Boy (2003) non è solo riducibile a questa svolta, ma brilla anche per la magnifica prova di method acting dell’attore protagonista Choi Min-sik e per l’impareggiabile regia ultra tecnica di Park Chan-wook. Come gli altri due film citati in questo paragrafo, Old Boy (2003) è una di quelle pellicole difficili da dimenticare.

    5. Crazy, Stupid, Love (2011)

    Crazy, Stupid, Love è l’unica pellicola non drammatica presente nella lista. Fino a prova contraria, infatti, la tecnica del colpo di scena non è utilizzata solo in film dalle atmosfere seriose. Tuttavia, è proprio il contrasto tra i toni da commedia romantica e il momento drammatico della svolta che vale a Crazy, Stupid, Love (2011) una menzione nella lista. Come per Old Boy (2003), tutto ciò che avviene prima del colpo di scena è fondamentale perché serve a costruire le premesse per lo shock della rivelazione. Il film con Steve Carell, Ryan Gosling ed Emma Stone rimane uno degli esempi meglio riusciti dell’utilizzo di un colpo di scena in un film non drammatico.

    6. Prisoners (2013)

    Con Crazy, Stupid, Love (2011) finiscono le risate vere e proprie, anche se non mancano momenti ilari nel giallo moderno più avanti Cena con delitto - Knives Out. Prisoners di Denis Villeneuve è agghiacciante tanto quanto Audition (2000) e tratta del tema della vendetta similmente a Old Boy (2003). La vana ricerca di un colpevole da parte del protagonista trova la sua conclusione nel colpo di scena, ma quest’ultimo ha un effetto distruttivo sullo spettatore. Infatti, pur risolvendo il mistero non placa la frustrazione provata fino a quel momento, ma la esaspera. Lasciatemelo dire,  Prisoners (2013) non è adatto agli impazienti ed è decisamente sconsigliato ai deboli di cuore.

    7. Predestination (2014)

    Con Predestination entriamo in territori sci-fi e lo facciamo con una trama alla Nolan, arzigogolata e spalmata su diversi piani temporali. Il film con Ethan Hawke e Sarah Snook contiene un colpo di scena che lascia completamente disorientati gli spettatori. Nonostante i salti temporali rendano intricata la comprensione della pellicola alla prima visione, la svolta che cambia le carte in tavola è come un fulmine a ciel sereno. Nonostante non sia famoso come altre pellicole nella lista, questo film è diventato pian piano un cult proprio grazie al geniale colpo di scena che altera la mente di chiunque lo veda.

    8. Scappa - Get Out (2017)

    Il colpo di scena in Scappa - Get Out è tra i più terrificanti e agghiaccianti della lista e potrebbe competere con Audition (2000) e Old Boy (2003). Al contrario di Predestination (2014), la svolta di Scappa - Get Out (2017) non è impensabile. Tutti gli ingredienti del film fanno capire allo spettatore che ci sia qualcosa che non vada. Nonostante tutti gli indizi, però, nessuno poteva aspettarsi una rivelazione così macabra da far accapponare la pelle. Qui, il colpo di scena corona l’atmosfera di costante disagio che si percepisce man mano che la trama si dipana. Come i migliori horror, le persone apparentemente “normali” sono in realtà i veri mostri.

    9. Cena con delitto - Knives Out (2019)

    Rispetto a Scappa - Get Out (2017), i toni tornano a distendersi leggermente con Cena con delitto - Knives Out (2019). Dopo vari successi in ambito sci-fi, Rian Johnson torna a scenari da film del mistero con successo planetario. Costruito come un tipico whodunit hitchcockiano, Cena con delitto - Knives Out (2019) è un film completo tra trama, cast, regia, fotografia e contenuti. Come ogni giallo che si rispetti, però, il colpo di scena deve fare da padrone lasciando tutti a bocca aperta. Nel caso del film di Johnson, la svolta è inaspettata e perfettamente costruita per saziare la voglia di verità dello spettatore.

    10. Parasite (2019)

    Parasite è molto più del suo colpo di scena, anche se quest’ultimo è tra i più inaspettati e riusciti di sempre. Girato da un altro regista, il film avrebbe puntato ancora di più sul colpo di scena. Tuttavia, la bravura smisurata di Bong Joon Ho rende la svolta di Parasite (2019) solo un altro dei tasselli dell’opera, a cui si aggiungono una non velata critica sociale, inquadrature da maestro e una trama ricca di tensione fin dagli inizi. Il colpo di scena del film aggiunge un altro strato alla storia ed è strettamente legato al tema delle disuguaglianze sociali, risultando quindi non fine a sé stesso ma parte integrante del messaggio finale del film.

  • Da Laurie Strode a Sidney Prescott: le 10 migliori final girl del cinema horror

    Da Laurie Strode a Sidney Prescott: le 10 migliori final girl del cinema horror

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Quanti horror abbiamo visto in cui le vittime erano giovani donne indifese perseguitate da serial killer brutali? Innumerevoli. Ma è vero anche che la storia del cinema horror è costellata di eroine. Le cosiddette final girl. Quei personaggi femminili, cioè, che alla fine di un film dell'orrore sono gli unici ad essere sopravvissuti alla follia omicida dei loro antagonisti. 

    Un termine coniato nel 1987 dalla studiosa di cinema americano Carol J. Clover nel suo articolo, Her Body, Himself: Gender in the Slasher Film, in cui analizzava quali erano gli elementi che le rendevano tali.

    Quello che appare lampante è come si siano evolute nel corso dei decenni. Una trasformazione che è andata di pari passo con quella della società. Se all'inizio, infatti, erano donne in pericolo messe in salvo dall'eroe di turno, con il passare del tempo hanno assunto una loro indipendenza tale da far sì che non ci fosse più bisogno di una controparte maschile pronta a trarle in salvo.

    Se siete curiosi di scoprire chi sono, JustWatch ha stilato la classifica delle 10 migliori final girl di tutti i tempi.

    10. Tree Gelbman (Jessica Rothe) - Auguri per la tua morte (2017)

    Prendete la struttura narrativa di Ricomincio da capo (1993) e aggiungete un serial killer degno di Ghostface in Scream. Se l'idea vi stuzzica allora non potete perdervi Auguri per la tua morte. Horror comedy con protagonista Jessica Rothe nei panni di Tree Gelbman, studentessa universitaria uccisa la sera del suo compleanno che, la mattina seguente, si risveglia intrappolata in un loop temporale per il quale rivive costantemente il suo ultimo giorno.

    Se inizialmente Tree è il prototipo della ragazza superficiale ed egocentrica, con il passare dei giorni (e delle morti), la vediamo trasformarsi e confrontarsi con le sue mancanze e difetti mentre cerca di scoprire l'identità del suo assassino. Una final girl la cui salvezza sta tutta nella consapevolezza interiore che la trasforma in un essere umano migliore e le permette di trovare la giusta via per la salvezza.

    9. Grace Maccaullay (Samara Weaving) - Finché morte non ci separi (2019)

    Famiglia che vai, tradizioni che trovi. Potremmo sintetizzare così la trama di Finché morte non ci separi, black comedy con protagonista Samara Weaving nei panni della novella sposa Grace Maccaullay. Ma da neo moglie a final girl il passo è brevissimo. Quello che il marito non le ha mai detto è che la sua famiglia, allo scoccare della mezzanotte del giorno delle loro nozze, si riunirà per un macabro nascondino in cui tutti cercheranno di ucciderla per scongiurare una maledizione che credono affligga la loro ricca casata.

    È così che Grace è costretta a trasformarsi nel giro di una manciata di minuti da giovane donna in pericolo a predatrice a sua volta, utilizzando armi improvvisate per combattere i suoi aggressori e sopravvivere alla notte più lunga della sua vita. Una final girl astuta che utilizza il suo ingegno per salvarsi e capovolgere la situazione da incubo in cui si è ritrovata suo malgrado.

    8. Ginny Field (Amy Steele) – L'assassino ti siede accanto (1981)

    Ginny Field è la seconda final girl della saga horror Venerdì 13 iniziata nel 1980 con il film omonimo che ha visto protagonista l'Alice Hardy di Adrienne King e proseguita con L’assassino ti siede accanto. Abbiamo scelto di inserire Ginny nella nostra classifica perché per salvarsi dal sanguinario Jason Voorhees utilizza il suo intelletto e la sua formazione in psicologia infantile per confonderlo e manipolarlo. 

    A cinque anni di distanza dal massacro di Crystal Lake, infatti, la ragazza lavora come consulente in un campo estivo ritrovandosi faccia a faccia con il serial killer al quale, indossando il maglione della madre defunta, farà credere di essere lei per convincerlo a deporre la sua arma e guadagnare tempo per poterlo colpire. Un classico del genere horror per una final girl da manuale.

    7. Ellen Ripley (Sigourney Weaver) - Alien (1979)

    Qualcuno potrebbe storcere il naso e pensare che il genere fantascientifico non si sposi bene con le final girl. Ma soffermatevi un attimo a pensare a Ellen Ripley, la protagonista della saga di Alien con il volto di Sigourney Weaver. È uno dei membri dell'equipaggio dell'astronave Nostromo che, nel 2122, è in viaggio verso la Terra.

    Sono tutti immersi in uno stato di ipersonno, almeno fino a quando non ricevono una chiamata di emergenza da un altro pianeta che finisce per tradursi in una tragedia causata da una creatura aliena, lo Xenomorfo. È così che Ripley si ritrova ad essere una final girl in piena regola. Ma non c'è destino o fortuna nella sua salvezza, bensì una mente razionale e uno spirito da leader che la guidano con la freddezza necessaria per affrontare la minaccia extraterrestre.

    6. Sally Hardesty (Marilyn Burns) - Non aprite quella porta (1974)

    La sua risata isterica e terrorizzata sul retro di un pick-up mentre, ricoperta di sangue, riesce a mettersi in salvo dalla follia omicida di Leatherface è una delle sequenze più celebri e iconiche del cinema horror. Sally Hardesty è, senza ombra di dubbio, una delle final girl più importanti e celebri mai apparse sul grande schermo. A differenza di molti altri personaggi femminili protagonisti di pellicole appartenenti al genere dell'orrore, quello interpretato da Marilyn Burns in Non aprite quella porta è al centro di un'agonia fisica e psicologica raccapricciante che le costerà molto in termini di salute mentale.

    Molto distante dalle eroine femminili contemporanee che hanno un maggior potere in termini di azione e decisioni, Sally appartiene a un'altra categoria. Quella delle vittime che non attaccano il loro aggressore. Ma l'orrore che vive sulla sua pelle è la testimonianza di un potere maschile patriarcale e sessista che ha agito incontrastato a lungo.

    5. Maxine Minx (Mia Goth) – X: A Sexy Horror Story (2022) e MaXXXine (2024)

    Con la trilogia di X, Ti West ci regala un omaggio a grandi classici dell'horror come Non aprite quella porta e Psyco (1960). Al centro del primo e dell'ultimo capitolo, X: A Sexy Horror Story e MaXXXine, c'è la final girl con il volto di Mia Goth.

    Stiamo parlando di Maxine Minx, giovane ragazza desiderosa di sfondare a Hollywood che, grazie alla sua ambizione e a una buona dose di cinismo ed egoismo, riesce a sopravvivere alle mire omicide di una coppia di anziani prima e di un serial killer poi. Ben lontana dall'essere una vittima innocente, Maxine incarna il ritratto di una final girl determinata e con un suo lato oscuro. È proprio la sua sete di popolarità a tenerla in vita e a fare di lei una delle più popolari final girl degli ultimi 20 anni.

    4. Jaime "Jay" Height (Maika Monroe) - It Follows (2014)

    Maika Monroe è il volto della final girl del XXI secolo. A guardare alla sua filmografia, da Watcher (2022) a Non siamo soli (2022) fino a Longlegs (2024), sono molti i film nei quali l'attrice ha vestito i panni della protagonista alle prese con serial killer ed entità aliene malefiche. Ma con It Follows ha incarnato la final girl moderna per antonomasia in un film impossibile da dimenticare.

    L'attrice interpreta Jay, una ragazza che dopo un incontro sessuale resta vittima di una maledizione che consiste nell'essere inseguita da un'entità soprannaturale che può assumere qualsiasi forma. L'unico modo per liberarsene è attraverso un altro rapporto intimo. Un film terrificante perché la paura è tutta giocata sul piano psicologico. Un horror audace, intelligente, originale che ci regala una final girl terrorizzata quanto combattiva che affronta la minaccia impalpabile grazie alla sua arguzia e all'aiuto di un gruppo di amici.

    3. Julie James (Jennifer Love Hewitt) – Il franchise di So cosa hai fatto (1997)

    Sul terzo gradino del podio non poteva che esserci Julie James, interpretata da Jennifer Love Hewitt, nel franchise slasher iniziato con So cosa hai fatto (1997). Un film nato sulla scia del successo di Scream che ha saputo, però, creare una propria mitologia dell'orrore. La storia è quella di un gruppo di amici che, involontariamente, investe e uccide un uomo. Il gruppo stringe quindi un patto per coprire la loro responsabilità. 

    Ma, a un anno di distanza dall'incidente, un assassino munito di uncino li perseguita in cerca di vendetta. L'attrice è comparsa anche nel sequel del 1998, Incubo finale, e nel quarto capitolo della saga, So cosa hai fatto (2025). Da eroina teen e final girl anni '90, Julie James si è trasformata con il tempo in una sorta di mentore o punto di riferimento per un nuovo gruppo di adolescenti perseguitati dal Pescatore, passando loro il (nefasto) testimone.

    2. Sidney Prescott (Neve Campbell) - Il franchise di Scream

    Un anno prima di So cosa hai fatto, il pubblico ha fatto la conoscenza di quella che a tutti gli effetti è la reginetta delle final girl anni '90: Sidney Prescott. È lei la protagonista di Scream, saga slasher in cui un serial killer con la maschera di Ghostface tenta di ucciderla più e più volte. Non prima, però, di averla minacciata o provocata attraverso ripetute telefonate.

    Sidney, interpretata da Neve Campbell, è l'eroina che rifiuta l'etichetta di vittima e che resiste ai numerosi tentativi di omicidio grazie a una conoscenza profonda delle dinamiche horror. Una sopravvissuta che non si è lasciata spezzare dal male e dai traumi e che alla fuga ha sempre preferito il confronto con i suoi aggressori. Un modello per qualsiasi altra final girl futura.

    1. Laurie Strode (Jamie Lee Curtis) - Il franchise di Halloween

    Non poteva che essere Laurie Strode a svettare sul primo gradino del podio dedicato alle migliori final girl di tutti i tempi. La protagonista della saga di Halloween iniziata nel 1978,  interpretata da Jamie Lee Curtis, è l'esempio principe quando si parla di eroine horror.

    Da adolescente innocente braccata dal serial killer psicopatico che risponde al nome di Michael Myers, capitolo dopo capitolo, Laurie si trasforma in una combattente che non arretra di un centimetro per difendere se stessa o le persone che ama. Per arrivare a quella forza e consapevolezza, però, la donna attraversa un periodo caratterizzato da un forte stress post-traumatico e dall'alcolismo. Sarà la trilogia finale diretta da David Gordon Green, iniziata nel 2018, a permetterle una risalita emotiva che, a distanza di quasi 50 anni dal primo capitolo fa di lei ancora la final girl per eccellenza.

  • Da “A Knight of the Seven Kingdoms” a “Blade Runner 2099”: le serie TV più attese del 2026

    Da “A Knight of the Seven Kingdoms” a “Blade Runner 2099”: le serie TV più attese del 2026

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Puntuale come il ritorno in ogni stazione radio di All I Want for Christmas is You di Mariah Carey con l'arrivo del primo freddo, è arrivato quel momento dell'anno in cui si guarda a quello che arriverà per scoprire di quali nuove storie e personaggi faremo la conoscenza. 

    Se avremo la fortuna di tornare al Pittsburgh Trauma Medical Center al fianco del dottor Robby di Noah Wyle per la seconda stagione di The Pitt (2024), scoprire nuovi segreti sul passato dell'agente Xavier Collins di Sterling K. Brown in Paradise (2025) e sul campo da calcio con Jason Sudeikis per The Lasso 4 (2026), è anche vero che ci attendono nuove serie TV. Viaggeremo in mondi antichissimi e nel futuro, torneremo in cittadine infestate da vampiri e conosceremo più da vicino i dettagli di una storia d'amore romantica quanto tragica.

    Se vuoi scoprire di quali titoli di tratta, JustWatch ha stilato la classifica delle serie TV più attese del 2026.

    1. A Knight of the Seven Kingdoms

    Dopo Il trono di spade (2011-2019) e House of the Dragon (2022) è arrivato il momento del terzo adattamento televisivo de Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin basato sui racconti “Tales of Dunk” e “Tales of Egg”. Si tratta di A Knight of the Seven Kingdoms , serie composta da sei episodi che vedrà come protagonisti Ser Duncan l'Alto (Peter Claffey) e il principe Aegon Targaryen (Dexter Sol Ansell) che si nasconde dietro la falsa identità dello scudiero Egg.

    Ambientata circa un secolo prima degli eventi de Il trono di spade, di cui funge da prequel, la serie avrà un taglio on the road seguendo i due protagonisti nelle loro peregrinazioni e racconterà un periodo di pace permettendo di scoprire un lato inedito dei Sette Regni. Niente draghi nei cieli e un tono più leggero che, invece di concentrarsi su intrighi e lotte per il potere, avrà un'atmosfera più intima.

    2. American Love Story

    Primo capitolo del nuovo spin-off antologico firmato da Ryan Murphy, American Love Story ci mostrerà il dietro le quinte di una delle relazioni più glamour e tragiche del XX secolo. Quella tra John F. Kennedy Jr. (Paul Kelly) e Carolyn Bessette (Sarah Pidgeon), l'erede della più celebre dinastia statunitense e la pubblicitaria membro dell'élite di New York.

    Una relazione vivisezionata dai media e conclusasi con la loro morte dovuta a un fatale incidente aereo. Dopo l'horror con American Horror Story (2011) e il crime con American Crime Story (2018), questa volta Murphy punta sull'amore. Ma dietro la patina romantica ci sarà sicuramente una critica all'ossessione di stampa e opinione pubblica per le vite private dei volti noti attraverso una delle coppie più famose degli anni '90. Nel cast anche Naomi Watts nei panni di Jacqueline Kennedy Onassis.

    3. VisionQuest

    In questi anni la Marvel ci ha abituati a serie TV da generi e toni sempre diversi, esempio dell'attenzione a voler diversificare il più possibile per regalare al pubblico esperienze originali. Ora con VisionQuest si appresta a svelare un altro lato ancora del suo universo. Spin-off di WandaVision (2021) e conclusione della trilogia proseguita con Agatha All Along (2024), la serie è la numero 18 del MCU e vede Paul Bettany tornare a vestire i panni di Visione i cui ricordi sono stati ripristinati dopo essere stato fatto tornare in vita nel finale dello show con Elizabeth Olsen.

    Creata da Terry Matalas, già nome dietroStar Trek: Picard (2020), la serie sarà un viaggio alla ricerca della propria identità da parte del protagonista sorretta da un tono più filosofico. Secondo le prime indiscrezioni ogni episodio dovrebbe avere uno stile diverso proprio come WandaVision in ogni puntata rendeva omaggio a un'epoca diversa delle sitcom americane 

    4. Blade Runner 2099

    Ambientata 50 anni dopo Blade Runner 2049 (2017), Blade Runner 2099 espande ulteriormente l'universo sci-fi immaginato da Ridley Scott con il cult del 1982. La serie vede protagoniste Michelle Yeoh nei panni di Olwen, una replicante alla fine della sua vita, e Hunter Schafer in quelli di Cora, giovane donna che cambia continuamente identità fino a quando non scopre che il fratello è in pericolo.

    Una serie indubbiamente molto attesa visto il peso che il franchise ricopre nell'immaginario collettivo. A far ben sperare la presenza di Scott come produttore esecutivo, mentre la showrunner è Silka Luisa che aveva già avuto modo di farsi notare con la serie Shining Girls (2022). Nel cast anche il nostro Maurizio Lombardi.

    5. Spider-Noir

    Nicolas Cage e Spider-Man. Un'accoppiata decisamente insolita. Eppure Spider-Noir si appresta ad essere una delle serie più attese del 2026. Ambientato in una versione alternativa di New York City negli anni '30, lo show segue l'anziano investigatore privato e supereroe sfortunato ai tempi della Grande Depressione. Otto episodi intrisi di noir che immergono le atmosfere classiche del fumetto in un contesto del tutto inedito.

    Inoltre, la serie sarà disponibile sia a colori che in bianco e nero così da restare quanto più possibile fedele al genere d’appartenenza. Non aspettatevi battaglie tra i grattacieli della Grande Mela, ma un racconto debitore del cinema e della letteratura hard boiled che al ritmo forsennato preferisce un respiro lento. Nel cast anche Lamorne Morris e Brendan Gleeson.

    6. Buffy the Vampire Slayer: New Sunnydale

    Non chiamatelo reboot! Sarah Michelle Gellar ha sottolineato più volte che Buffy the Vampire Slayer: New Sunnydale è una prosecuzione della serie di fine anni '90. Un ritorno che fa battere il cuore a qualsiasi spettatore che in quegli anni è stato adolescente ed è cresciuto con il teen drama soprannaturale con protagonista la Cacciatrice.

    L'attrice, anche produttrice esecutiva insieme a Dolly Parton, torna a vestire i panni del suo leggendario personaggio, ma questa volta sarà una mentore chiamata a guidare una nuova prescelta, Nova (Ryan Kiera Armstrong). Nora e Lila Zuckerman, già acclamate per Poker Face (2025), prendono il posto di Joss Whedon come showrunner, mentre alla regia dell’episodio pilota c'è il premio Oscar Chloé Zhao. Esattamente come la serie originale, anche qui la giovane protagonista sarà affiancata da un gruppo di amici e personaggi ricorrenti.

    7. Lanterns

    Se vieni descritta come la True Detective (2014) dell'Universo DC, è impossibile non attirare l'attenzione del pubblico. Stiamo parlando di Lanterns, serie TV con protagonisti i personaggi di Lanterna Verde, Hal Jordan (Kyle Chandler) e John Stewart (Aaron Pierre), chiamati a indagare su un omicidio in Nebraska che li porta a scoprire un mistero di vasta portata.

    Otto episodi molto attesi che mescoleranno le atmosfere crime e cupe tipiche del poliziesco con quelle della mitologia legata ai fumetti DC. Alla guida della serie in veste di showrunner Chris Mundy, produttore e sceneggiatore di Ozark (2017) e della già citata True Detective, che ha creato lo show insieme a Damn Lindelof (Lost, 2004) e il fumettista Tom King.

  • “Il diavolo veste Prada 2” e altri legacy sequel imperdibili

    “Il diavolo veste Prada 2” e altri legacy sequel imperdibili

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

     Il Diavolo ri-veste Prada. L’attesa è alle stelle per il secondo capitolo de Il Diavolo veste Prada (2006), le cui riprese sono ancora in corso. L’uscita nelle sale è prevista il 1 maggio 2026, con il ritorno del cast originale: Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley Tucci. Da poco è stato anche annunciato un secondo capitolo di Sognando Beckham (2002), il cult che lanciò Keira Knightley e di Parminder Nagra.

    In questo caso, non è ancora noto se le attrici riprenderanno i loro ruoli. Ma cosa accomuna questi due film? L’essere dei “legacy sequel”. Non dei semplici sequel, in quanto pur riprendendo le storie delle precedenti pellicole a distanza di molti anni (addirittura anche trenta), si concentrano spesso su nuovi personaggi. Non sono allo stesso tempo nemmeno dei remake, in quanto tengono conto degli eventi raccontati in precedenza, e soprattutto riportano in scena gli stessi attori nei loro ruoli iconici. Nella Hollywood degli ultimi anni, e non solo, è un continuo proliferare di produzioni di questo tipo.

    Si parte dall’effetto nostalgia, che fa leva su un brand ben definito per richiamare i fan dal passato e allo stesso tempo ci si pone l’obiettivo di agganciare il pubblico dei nostri giorni attraverso l’introduzione di nuovi personaggi. Il passato e il presente si confrontano, e il passaggio di testimone tra generazioni è un elemento chiave. Nella nostra lista qualche esempio di “legacy sequel”, dal precursore Il colore dei soldi (1986) a Star Wars: Il risveglio della forza (2015). Soprattutto dove guardarli in streaming grazie alla nostra guida JustWatch, in attesa dei nuovi capitoli de Il Diavolo veste Prada e Sognando Beckham.

    Top Gun: Maverick (2022)

    Tra i più grandi incassi cinematografici nell’era post-covid, Top Gun: Maverick (2022) è un grande esempio di legacy sequel. A 36 anni da Top Gun (1986) ritroviamo Pete “Maverick” Mitchell (Tom Cruise), alle prese con la formazione di una nuova generazione di piloti. Tra le new entry Miles Teller, che interpreta Bradley, il figlio di Nick “Goose” Bradshaw, il migliore amico di Maverick, e Jennifer Connelly, che farà breccia nel cuore del protagonista. Un film con spettacolari sequenze d’azione aeree, che volutamente richiama quegli elementi che hanno fatto amare la precedente pellicola e allo stesso tempo guarda al futuro, specialmente con i nuovi personaggi. Chi ha amato il primo capitolo non può perderlo. Così come non può sottrarsi chi è alla ricerca di un buon film d’azione, capace di offrire un’esperienza coinvolgente, spaziando anche in momenti commoventi.

    Creed – Nato per combattere (2015)

    Spin-off di Rocky (1976), segue le vicende di Adonis Johnson (Michael B. Jordan), figlio illegittimo di Apollo Creed, che pur non avendo conosciuto il padre decide di seguirne le orme. Per allenarsi si affida a Rocky Balboa (Sylvester Stallone), ritiratosi da tempo, intraprendendo in una dura battaglia sul campo, e soprattutto a livello personale, per costruirsi una carriera di tutto rispetto. È una lettera d’amore al franchise, e allo stesso tempo è in grado di emozionare anche chi non si è mai approcciato ai film con Stallone. Un film che sarà apprezzato dagli amanti delle storie di riscatto, con un pizzico d’azione.

    Independence Day – Rigenerazione (2016) 

    Era il 1996 quando approdava nelle sale Independence Day. Esattamente vent’anni dopo arriva un sequel del kolossal sci-fi, nuovamente diretto da Roland Emmerich, tra i massimi esperti di disaster movie. Stavolta l’umanità è alle prese con una minaccia aliena più grande e il prezzo da pagare potrebbe essere più alto del solito per uscirne vincitori. Una storia imperdibile per gli appassionati di fantascienza, che riporta in scena vecchi protagonisti e ne introduce di nuovi. Chi ha apprezzato il film precedente si divertirà sicuramente, così come gli amanti delle pellicole che puntano sull’intrattenimento, ricche di effetti speciali, decisamente più d’impatto rispetto al passato.

    Bad Boys for Life (2020)

    Terzo capitolo del franchise Bad Boys, rimasto dormiente per quasi vent’anni, la storia vede il ritorno di Will Smith e Martin Lawrence nei panni dei due amatissimi detective protagonisti. Michael Bay abbandona la regia lasciando il testimone a Adil El Arbi e Bilall Fallah. L’intenzione era quella di richiamare la gloriosa operazione produttiva delle precedenti due pellicole. Il risultato potrebbe lasciare qualcuno perplesso, ma nel complesso si tratta di un action movie leggero, che intrattiene. Sicuramente consigliato a un pubblico giovane che vuole avvicinarsi alla saga, e agli amanti di “popcorn movies”alla Fast & Furious.

    Blade Runner 2049 (2017)

    È il sequel di Blade Runner (1982), tra i migliori film di fantascienza mai realizzati. Da Ridley Scott il testimone passa a Denis Villeneuve, il prossimo regista del James Bond targato Amazon MGM. A trent’anni dagli eventi del precedente capitolo, l’ufficiale K (Ryan Gosling), un blade runner della polizia di Los Angeles, riporta in luce un segreto che rischia di scatenare il caos e che lo costringe a scovare Rick Deckard (Harrison Ford). Una nuova avventura emozionante che riporta sullo schermo i replicanti, le atmosfere e i toni di una pellicola che inizialmente fu un flop e che venne rivalutata con il tempo, trasformandosi in un cult. Confronti generazionali a parte, è altamente consigliato di recuperare l’opera di Scott prima di guardare ciò che Villeneuve ha realizzato trentacinque anni dopo.

    Star Wars: Il risveglio della forza (2015)

    Primo capitolo della nuova saga di Guerre Stellari dopo l’acquisizione della LucasFilm. Con la regia di J.J. Abrams, si svolge trent’anni dopo Il ritorno dello Jedi (1983), riportando sullo schermo personaggi storici della saga, come Han Solo, Leia Organa e Luke Skywalker, e introducendo una nuova generazione, da Rey al villain Kylo Ren. È un buon “legacy sequel”, in quanto riesce a guardare al passato e allo stesso tempo ad aprirsi al futuro.

    Tron: Legacy (2010)

    L’esordio alla regia di un lungometraggio di Joseph Kosinski. Poco più di dieci anni prima dal suo Top Gun: Maverick (2022), si cimenta nel girare il secondo capitolo di Tron (1982), in cui riporta in scena i protagonisti originali, Jeff Bridges e Bruce Boxleitner. A 27 anni dagli eventi del primo film, si seguono le vicende di Sam Flynn, il figlio di Kevin (Bridges), che nell’indagare sulla scomparsa del padre si ritrova catapultato nel mondo dove è rimasto catapultato per vent’anni. È l’inizio di un incredibile viaggio dove i protagonisti saranno sospesi tra la vita e la morte. Come suggerito dal titolo, il discorso relativo all’eredità è centrale nel racconto, proprio attraverso quel rapporto padre-figlio che è il motore degli eventi. Più legacy sequel di così!

    Spider-Man: No Way Home (2022)

    Il terzo capitolo della saga cinematografica con Tom Holland nei panni nell’Uomo Ragno è un legacy sequel di due film ben precisi. Riprende infatti gli eventi del terzo film della trilogia diretta da Sam Raimi, Spider-Man 3 (2007), e del secondo capitolo di quella di Marc Webb, The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro (2014), riportando in scena alcuni tra gli interpreti originali, in primis Tobey Maguire e Andrew Garfield. Il rischio di combinare un pasticcio era elevatissimo, ma l’effetto nostalgia è davvero emozionante. I brividi nel rivedere il villain Green Goblin di Willem Dafoe, il Dottor Octopus di Alfred Molina, ma anche l’Electro di Jamie Foxx, ma sono tanti i momenti divertenti.

    Il colore dei soldi (1986)

    È considerato il padre dei legacy sequel. Diretto da Martin Scorsese, riprende la storia de Lo Spaccone (1961)e vede il ritorno di Paul Newman nei panni di Eddie Falson. L’idea di realizzare il progetto arrivò dallo stesso Newman, una volta messo mano sull’omonimo romanzo di Walter Tevis, che proseguiva le vicende raccontate nel precedente lavoro. Nel film si affianca a un giovane Tom Cruise, allora astro nascente della cinematografia internazionale, e la sua interpretazione gli ha fatto ottenere il suo unico Oscar. Un concreto passaggio di testimone, anche sullo schermo con una storia che mette in scena il rapporto tra passato e futuro.

  • TarantinoVerse: tutti i film di Quentin Tarantino ambientati nello stesso universo (e come riconoscerli)

    TarantinoVerse: tutti i film di Quentin Tarantino ambientati nello stesso universo (e come riconoscerli)

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Gangster che citano la Bibbia, cowboy dalla D muta, assassine dal nome di serpente e assetate di vendetta: nei suoi film Quentin Tarantino ha creato dei veri e propri universi, ciascuno abitato da personaggi indimenticabili, raccontati attraverso scene diventate pietre miliari nella storia del cinema.

    Ma quello che forse alcuni non sanno, è che questi universi sono collegati tra loro. Non esplicitamente come accade nel mondo Marvel, con titoli crossover o sequel, il filo rosso qui è più sottile. Piccoli dettagli, cognomi che ritornano, brand fittizi amati dai protagonisti, talvolta anche la Storia (quella con la S maiuscola) che prende pieghe diverse da come la conosciamo.

    E quindi, cosa collega Mr. Blonde a Shosanna? Bellatrix ha qualche connessione con Jules Winnfield? Procediamo con calma, e facciamo un po’ di ordine. D’altronde, è stato lo stesso Tarantino a raccontare che il suo universo è diviso in due mondi distinti…

    Il “TarantinoVerse” spiegato semplice: due mondi in uno

    Per capire meglio come funziona l’universo di Tarantino, bisogna riprendere una sua intervista rilasciata nel 2017, quando lo stesso regista raccontò come distinguere i due livelli narrativi che esistono nei suoi film.

    Da una parte abbiamo il cosiddetto “Realer-than-Real World”, il mondo “più reale del reale”. Qui incontriamo personaggi e storie che, per quanto improbabili, si muovono dentro una realtà simile alla nostra. Gangster dai nomi “colorati”, cacciatori di taglie o di nazisti, figure che – almeno in teoria – sarebbero potute esistere nel nostro mondo.

    Il secondo livello, invece, è più chiamato “Movie-Within-a-Movie Universe”, e qui il discorso si fa più complicato. Questi film – volutamente esagerati, quasi fumettistici – sono i film che i personaggi del primo universo andrebbero a vedere al cinema. Per intenderci meglio, questo è un universo di vampiri assetati di sangue, katane e arti marziali contro ogni legge della fisica, nulla di lontanamente reale. E come noi andiamo al cinema a gustarci un horror o un film d’azione, lo stesso varrebbe per Vincent Vega con Dal tramonto all’alba.

    Quali film fanno parte dei due universi?

    Fatta questa distinzione, vediamo quindi quali sono i film che appartengono a ciascun universo.

    Il mondo Realer-than-Real World: qui troviamo i personaggi che vivono in un mondo vicino al nostro, “reale” (o quasi). I film ambientati in questo universo sono:

    • Le Iene (Reservoir Dogs)
    • Pulp Fiction
    • Una vita al massimo ( True Romance, scritto da Tarantino)
    • Grindhouse - A prova di morte (Death Proof)
    • Bastardi senza gloria (Inglourious Basterds)
    • Django Unchained
    • The Hateful Eight
    • C’era una volta… a Hollywood (Once Upon a Time... in Hollywood)

    Il mondo Movie-Within-a-Movie Universe: qui ci sono i titoli che nel primo universo potrebbero esistere solo come finzione. In questo universo si ambientano:

    • Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2
    • Dal tramonto all’alba (From Dusk Till Dawn)
    • Natural Born Killers (sceneggiato da Tarantino, poi riscritto da Oliver Stone)

    Piccola nota a margine, Jackie Brown. Infatti, nonostante l’inconfondibile stile cinematografico e narrativo, questo film è considerato “autonomo”, ovvero non appartenente a nessuno dei due universi del “Tarantino Verse”, in quanto si tratta di un adattamento dal romanzo di Elmore Leonard.

    Quali sono i collegamenti? Nomi, famiglie e… hamburger

    Ora che sappiamo quali film appartengono a ciascun universo, bisogna chiarire un altro punto. Nei film di Tarantino non vedremo mai Django cavalcare con il tenente Aldo Raine, né la Sposa di Kill Bill tagliare la testa a qualche vampiro in Dal tramonto all’alba. Nessuna alleanza spettacolare in stile Iron Man e Thor.

    Nelle pellicole tarantiniane i collegamenti tra film (e universi) sono sottili, quasi invisibili, eppure ci sono, nascosti tra piccoli dettagli, spesso impercettibili dopo una sola visione, ma che creano un senso di continuità attraverso tutta l’opera del regista. Come? A volte tramite un cognome, altre con citazioni, persino marche di hamburger…

    Le famiglie che tornano da un film all’altro: in molti casi, Tarantino ha creato delle vere e proprie “dinastie” di personaggi, che vivono in film diversi ma che (forse) appartengono alla stessa famiglia.

    • I Vega: Vic Vega, alias Mr. Blonde di Le Iene, è il fratello maggiore di Vincent Vega, il gangster interpretato da John Travolta in Pulp Fiction. Tarantino aveva persino immaginato uno spin-off su di loro, purtroppo mai realizzato.
    • Gli Scagnetti: in Le Iene viene nominato Seymour Scagnetti, ufficiale di sorveglianza di Mr. Blonde. In Natural Born Killers, film scritto da Tarantino, appare Jack Scagnetti, poliziotto violento e vendicativo. Due poliziotti, stesso cognome, entrambi con un senso molto “personale” della legge e dell’ordine.
    • I Koons: in Pulp Fiction, il Capitano Koons (interpretato da Christopher Walken) racconta la storia dell’orologio di famiglia nascosto nel posto più impensabile. In Django Unchained, ambientato un secolo prima, uno dei criminali che Django uccide si chiama Craig Koons. Forse un antenato del Capitano?
    • I Nash, uno dei nomi più sfortunati del “TarantinoVerse”. Si parte con Marvin Nash, il poliziotto torturato dal Mr. Blonde interpretato da Michael Madsen ne Le Iene, sulle note di Stuck in the Middle with You. Ma il cognome Nash ritorna anche in Natural Born Killers, dove un altro Nash viene citato come una vittima dei protagonisti, e in Django Unchained, dove un fuorilegge con lo stesso nome fa una fine simile. Cambiano i tempi e le storie, ma i Nash, in un modo o nell’altro, finiscono sempre male.

    I marchi inventati che fanno da filo conduttore: ma non soltanto personaggi, perché Tarantino ha anche riempito i suoi film di brand o prodotti immaginari, che i personaggi consumano o citano nei dialoghi.

    • Big Kahuna Burger, il fast food hawaiano da cui arriva il celebre hamburger che Jules assaggia in Pulp Fiction. Ma la stessa catena è citata anche in Grindhouse, Dal tramonto all’alba e C’era una volta… a Hollywood.
    • Red Apple Cigarettes, il marchio di sigarette preferito da molti personaggi tarantiniani. Le troviamo fumate in Pulp Fiction, pubblicizzate in C’era una volta… a Hollywood, e persino citate in spagnolo in The Hateful Eight.
    • Fox Force Five, la serie tv mai andata in onda in cui Mia Wallace racconta di aver recitato in Pulp Fiction. La trama dell’episodio pilota sembra la scenografia di Kill Bill scritta ante-litteram: «cinque donne letali, ognuna con una specialità diversa».

    Tarantino riscrive la Storia (a modo suo)

    Ma le curiosità riguardanti il lavoro di Tarantino non finiscono qui. Oltre a collegare universi cinematografici, il regista ha creato mondi ucronici, film in cui la Storia come la conosciamo viene riscritta. Infatti, se da una parte questi film sono ambientati nel mondo “reale”, dall’altra Tarantino qui immagina un passato alternativo, più “cinematografico” per così dire.

    Prendiamo come esempio Bastardi senza gloria, dove Hitler e i suoi uomini vengono uccisi durante un attentato in un cinema parigino – metafora della potenza della settima arte?. E ancora, Django Unchained, in cui Tarantino prende una delle pagine più buie della storia americana e la ribalta: uno schiavo fugge dalla sua condizione, armato fino ai denti, e si vendica dei padroni che lo avevano ridotto in catene.

    Infine, in C'era una volta... a Hollywood, il regista riscrive uno dei capitoli più cupi della cronaca degli anni Sessanta, la strage compiuta dalla Manson Family. Nel mondo di Tarantino, Sharon Tate e i suoi amici vengono salvati da Rick Dalton e Cliff Booth, due personaggi immaginari, che quasi senza volerlo riscrivono il finale di quella notte.

    Il film finale: chiusura o nuovo inizio?

    Ora che sappiamo tutto (o quasi) dei dettagli che collegano gli universi e i personaggi di Tarantino, veniamo alla domanda delle domande. Tarantino tirerà mai i fili che collegano i suoi mondi? Magari nel suo attesissimo “ultimo film” di cui da anni si parla?

    Il regista, infatti, ha spesso parlato di The Movie Critic, il progetto che avrebbe dovuto essere il suo decimo e ultimo (?) film. Un titolo che tiene svegli la notte tutti gli appassionati di cinema e che, ovviamente, non poteva che scatenare rumors e congetture tra i fan.

    Sarà qui che il regista collegherà finalmente il "Realer-than-Real World" e il "Movie-Within-a-Movie Universe" come in una sorta di Avengers: Endgame? (perdonate il paragone). Oppure si tratterà di un’ultima storia indipendente, in cui il regista aggiungerà qualche dettaglio nascosto, lasciando le trame aperte, come è tipico del suo stile?

    Risposte non ne abbiamo, almeno non ancora, quindi meglio riguardarci tutti i suoi film, e qui sotto trovate tutte le informazioni su come rivederli e, magari, cercare nuovi collegamenti nel “TarantinoVerse”. Buona visione!

  • Da “The White Lotus” a “Succession”: le 10 migliori dark comedy da non perdere

    Da “The White Lotus” a “Succession”: le 10 migliori dark comedy da non perdere

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Chi l'ha detto che argomenti profondi e complessi come la violenza domestica, i traumi o la rabbia repressa non possono essere raccontati con una chiave comica? Fortunatamente esistono le dark comedies che, tra satira e umorismo nero, portano sul piccolo schermo una varietà di storie complesse e sfaccettate.

    Forse, seppur nella loro estremizzazione, ancor più simili alla vita reale. O perlomeno alle emozioni contrastanti che, prima o poi, viviamo tutti. Un genere tra i più popolari che ci ha regalato personaggi entrati a far parte della storia del piccolo schermo, da Kendall Roy in Succession a Tanya McQuoid in The White Lotus. JustWatch ha stilato la classifica delle migliori 10 dark comedies da vedere.

    10. Bad Sisters (2022)

    Se avete riso a crepapelle guardando Derry Girls (2018), sapete quanto possono essere divertenti le serie irlandesi. In Bad Sisters, oltre all'umorismo dark, si aggiunge una componente da dramma familiare e una da thriller. Al centro la storia delle cinque sorelle Garvey, da sempre protettive l'una con l'altra, che decidono di uccidere l'ossessivo, abusivo e manipolatore marito di una di loro. La serie si svolge su due piani temporali. Da un lato il presente con le indagini di una coppia di assicuratori che non vogliono pagare l'indennizzo, dall'altro il passato che mostra i vari tentativi di omicidio. Uno show che porta all'estremo tematiche molto attuali, dalla violenza domestica all'oppressione psicologica fino alla solidarietà femminile. Sempre oscillando, nelle sue due stagioni da 19 episodi di circa un'ora, tra parentesi drammatiche e altre esilaranti. Da vedere se sei fan di Big Little Lies – Piccole grandi bugie (2017).

    9. The End of the F***ing World (2017)

    Essere adolescenti può essere davvero complicato. Specie se sei convinto di essere uno psicopatico o sei annoiata dalla vita come i protagonisti di The End of the F***ing World. Ispirata alla graphic novel di Charles Forsman, la serie vede i due giovani decidere di fuggire dalle rispettive quotidianità per intraprendere un viaggio che li porterà a vagabondare per l'Inghilterra, tra incontri e situazioni improbabili. Ti affezionerai a James e Alyssa, due ragazzini profondamente soli alla disperata ricerca di una connessione. Un coming of age bizzarro, ironico, surreale, malinconico accompagnato da una grande colonna sonora che spazia da Graham Coxon a Bettye Swan, che tra voiceover, satira sociale e racconto delle criticità adolescenziali rapisce nelle sue due stagioni da 16 episodi che non raggiungono la mezz'ora. Imperdibile se hai apprezzatoI Am Not Okay With This (2020).

    8. Search Party (2016)

    Search Party andrebbe vista anche solo per la brillante interpretazione di Alia Shawkat nei panni della protagonista Dory. Una ventenne che non sa bene cosa fare della sua vita e si butta a capofitto a indagare sulla scomparsa di una sua compagna di università, coinvolgendo tre riluttanti amici. Ma la serie merita la visione anche per la sua capacità di evolversi e reinventarsi nel corso delle sue cinque stagioni. Un totale di 50 episodi di circa 20/30 minuti in cui si passa da atmosfere poliziesche a noir, dal thriller psicologico al procedurale mantenendo sempre intatto il suo tono da commedia dark. Tra i suoi punti di forza la critica a una società sempre più ossessionata dal proprio io e dalla fama. Da recuperare se hai adorato Only Murders in the Building (2021) e Dead to Me - Amiche per la morte (2019).

    7. Barry (2018)

    Anche i killer su commissione hanno passioni slegate alla professione. È il caso di Barry Berkman, l'ex marine diventato sicario a basso costo con il volto di Bill Hader. È lui il protagonista di Barry, spassosa dark comedy che vede l'uomo cercare di lasciare alle spalle il suo passato violento quando scopre di avere un talento per la recitazione. Quattro stagioni – da 32 episodi complessivi da 25/35 minuti – in cui lo show indaga la psiche del suo protagonista diviso tra i fantasmi della sua vita precedente e le difficoltà di restare in equilibrio tra due realtà che non devono incontrarsi. A rendere il tutto ancora più comico la presenza di Henry Winkler nei panni di Gene Cousineau, l'insegnante di recitazione estroso e melodrammatico del protagonista. Alla comicità, la serie contrappone però anche una riflessione sul cambiamento e la redenzione. Da recuperare se hai amato Killing Eve (2018) e Better Call Saul (2015).

    6. Beef - Lo scontro (2023)

    Un incidente stradale è la miccia che dà il via a Beef - Lo scontro. Una diapositiva di tutta la rabbia repressa che tratteniamo nel nostro quotidiano. Solo che i due protagonisti, un appaltatore di poco successo e una piccola imprenditrice, decidono di non ingoiare il rospo e dare il via a una faida che li porterà a raggiungere punte inverosimili. Protagonisti gli ottimi Steven Yeun e Ali Wong per una serie che parla di traumi, fallimento, frustrazione e autodistruzione. Il tutto mentre danno libero sfogo alla parte peggiore di loro stessi o a momenti di pura fragilità. Una serie emotivamente simile alle montagne russe dove il desiderio di vendetta va a braccetto con l'ossessione e il peso delle aspettative sociali sulle nostre vite. In attesa della seconda stagione con protagonisti Carey Mulligan, Oscar Isaac, Charles Melton, Cailee Spaeny e Youn Yuh-jung, puoi recuperare i 10 episodi del primo capitolo. Specie se tra le tue serie preferite ci sono titoli come Fargo e Killing Eve (2018).

    5. You’re the Worst (2014)

    Prendete due persone irrisolte, egocentriche e con tendenze autodistruttive e immaginate che inizino una relazione che non prevede nessuna implicazione sentimentale. Ma che poi, contro ogni previsione, quel rapporto si evolva in qualcosa di più profondo. È da questa premessa che prende il via You're the Worst, una piccola gemma che si diverte a smontare uno per uno i cliché delle commedie romantiche. Attraverso Jimmy e Gretchen, la serie - di 65 episodi da meno di mezz'ora distribuiti in 5 stagioni – mette in luce i lati meno brillanti e teneri delle relazioni mostrandone una prospettiva più autentica. Inoltre, anche grazie ai personaggi secondari, lo show parla di traumi e malattia mentale con autenticità. Se agli idilli romantici preferisci racconti più autentici come Fleabag (2016) e Lovesick (2014), You're the Worst è la dark comedy che fa al caso tuo.

    4. I May Destroy You – Trauma e rinascita (2020)

    Quello di Michaela Coel è un talento puro capace di guardare al presente e a tematiche complesse con uno sguardo acuto che non dimentica mai la lente dell'umorismo nero. Ne sono un esempio sia Chewing Gum (2015) che I May Destroy You – Trauma e rinascita. Se nella prima serie raccontava le peripezie di una protagonista che in tutti i modi cercava di perdere la verginità vista come un peso e una vergogna, nella seconda esplora il tema del consenso e del trauma. Lo fa attraverso la storia di una scrittrice emergente che cerca di ricostruire gli eventi della notte in cui è stata drogata subendo un'aggressione sessuale.Uno show crudo e onesto che usa il tono della dark comedy per mettere in scena un racconto in cui violenza, dramma e rabbia si intrecciano con un ritratto delle emozioni post-traumatiche della protagonista. Inoltre, a questo si aggiunge anche una fotografia del nostro presente, tra ansia social(e) e il peso delle aspettative legate al lavoro. Una stagione di 12 episodi di circa mezz'ora che per la forza della scrittura ricorda la voce di Phoebe Waller-Bridge e del suo Fleabag.

    3. Fargo (2014)

    In principio fu il capolavoro dei fratelli Coen datato 1996, poi Noah Hawley ha pensato di ideare una serie antologica che traesse ispirazione dal film, ma con storie e personaggi sempre diversi. È nata così Fargo, cinque stagioni da circa un'ora per 51 episodi ambientati in anni e luoghi diversi del Midwest. È lì che crimini efferati e personaggi sui generis prendono vita dietro una facciata di apparente tranquillità. Hawley è bravissimo a preservare il tono che ha reso il film un cult, intrecciando umorismo nerissimo e violenza brutale insieme al grottesco che si insinua in ogni capitolo. Ma è anche bravissimo nell'infondere freschezza alle sue storie. A contribuire alla riuscita della serie anche la scelta di affidarsi a un cast stellare che spazia da Billy Bob Thornton a Martin Freeman passando per Ewan McGregor a Kirsten Dunst. Attraverso i loro personaggi, Fargo mette in scena la natura umana divisa tra stupidità e malvagità e ci mostra come nessuno possa sfuggire al karma. Da non perdere se sei fan del film originale e se hai apprezzato Soldi sporchi (1998).

    2. The White Lotus (2021)

    Quella di Mark White è una satira sociale al vetriolo quando spassosa che, nel formato antologico, si prende beffe del mondo dei ricchi in contesti sempre diversi. Ad accumularli le sedi sparse per il mondo del White Lotus, lussuoso resort che dà il titolo alla serie e in cui le vite dello staff si intrecciano a quelle di facoltosi ospiti americani. Fin dall'inizio il pubblico è messo a conoscenza della morte di uno di loro e le puntate ripercorrono a ritroso gli avvenimenti che hanno portato a quel tragico evento. Tre stagioni – con una quarta già confermata – per 19 episodi che oscillano tra i 50 e gli 80 minuti e in cui al centro c'è una riflessione sulle dinamiche di classe, il potere e il privilegio bianco. Similmente a quanto raccontato in Succession, anche The White Lotus è una disamina sull'oscurità dell'animo umano in relazione al denaro, al sesso alla razza e alla supremazia sul prossimo.

    1. Succession (2018)

    Se Il Trono di Spade (2011) fosse ambientato ai giorni nostri vedrebbe protagonisti i personaggi di Succession. Una ricchissima e disfunzionale famiglia, guidata dal patriarca Logan Roy, a capo di un impero mediatico globale che si contende il controllo dell'azienda in una lotta per il potere e l'approvazione paterna.  Un racconto dai contorni shakespeariani dove il dramma familiare si mescola alla satira sociale e a una riflessione che non fa sconti alla corruzione dell'animo umano, alla meritocrazia e all'ambizione cieca ai tempi del capitalismo. Al centro personaggi moralmente raccapriccianti quanto irresistibili interpretati da un gruppo di attori strepitosi come Jeremy Strong, Brian Cox, Sarah Snook e Kieran Culkin. Quattro stagioni da 39 episodi totali da 60/70 minuti di durata per una serie davvero imperdibile, specie se sei fan di show come The White Lotus, Billions (2016) e House of Cards – Gli intrighi del potere (2013).

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