JustWatch PRO
HomeNovitàPiù visti Liste Sportguida
  • Tutti i film più attesi del 2026, tra sequel e nuovi titoli

    Tutti i film più attesi del 2026, tra sequel e nuovi titoli

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il 2026 si preannuncia come un anno ricco di sorprese per tutti gli amanti del cinema. Sembra proprio che le uscite del prossimo anno lasceranno tutti soddisfatti. Non importa se vi piacciono i blockbuster o i film di genere, il 2026 porterà con sé un altro grande anno di cinema. Per questo motivo, qui sotto trovate i 10 film più attesi del 2026 con le loro date d’uscita.

    Tra i titoli presi in considerazione, ho tenuto conto sia di film che provengono da saghe che pellicole a sé stanti. Inoltre, ho dato spazio non solo a film ad alto budget, ma anche a opzioni più contenute, se per contenute intendiamo 80 milioni di dollari per La Sposa! . Per questo motivo, non disperate se nella lista non compaiono titoli come Jumanji 3 o Toy Story 5. Infine, tutti i 10 film più anticipati del 2026 sono ordinati in base alla data di uscita italiana.

    1. 28 anni dopo - Il tempio delle ossa (15 gennaio 2026)

    Il 2025 è stato l’anno del ritorno per tutti i fan della saga di 28 giorni dopo (2002). A quasi vent’anni di distanza dal secondo capitolo 28 settimane dopo (2007) di Juan Carlos Fresnadillo, 28 anni dopo (2025) ha riportato al cinema la saga zombie e ha sancito anche il ritorno della collaborazione tra Danny Boyle e Alex Garland. Il grande risultato ai botteghini, più di 150 milioni di incassi, ha soffiato nuova linfa vitale sul franchise horror. Infatti, solo un anno dopo, 28 anni dopo - Il tempio delle ossa catapulta di nuovo gli spettatori nella Gran Bretagna post-apocalittica che ha caratterizzato tutta la saga. Se Boyle è presente solo in vece di produttore e Garland rimane lo sceneggiatore, i fan della saga possono stare tranquilli perché la regia è affidata a Nia DaCosta, che già aveva dimostrato tutta la sua bravura nel genere con Candyman (2021).

    2. Scream 7 (27 febbraio 2026)

    I fan dell’horror continueranno a gioire per tutto il 2026. A trent’anni esatti dall’uscita di Scream (1996), film leggendario dell’altrettanto leggendario regista Wes Craven, il settimo capitolo della saga è pronto a terrorizzare di nuovo. La saga che ha fatto impazzire gli amanti dell’horror ha rivoluzionato il sottogenere slasher decostruendolo, ma lasciando intatte le morti cruente da arma bianca. La formula di Scream è cambiata nel tempo senza mai risultare riciclata e Scream 7 sembra mantenere le promesse. Infatti, alla regia troviamo Kevin Williamson, già sceneggiatore del primo, secondo e quarto capitolo del franchise. Il killer dall’iconica maschera è pronto a tornare.     

    3. L'ultima missione: Project Hail Mary (marzo 2026)

    A quasi dieci anni di distanza da First Man - Il primo uomo (2018), Ryan Gosling torna nello spazio con L'ultima missione: Project Hail Mary. Il film di Phil Lord e Christopher Miller si posiziona a metà tra la grande narrativa sci-fi alla Interstellar (2014) o alla Sunshine (2007) con tocchi comici che sgrassano i temi cupi come in Mickey 17 (2025). Allo stesso tempo, ciò che rende L'ultima missione: Project Hail Mary (2026) uno dei film più attesi del 2026 è sicuramente il materiale narrativo da cui è tratta la sceneggiatura. Stiamo parlando del romanzo omonimo di Andy Weir, ormai un punto di riferimento nell’ambiente fantascientifico per un altro capolavoro poi trasposto sul grande schermo: Sopravvissuto - The Martian (2015).   

    4. La Sposa! (5 marzo 2026)

    Il prossimo anno sarà una festa continua per gli amanti degli horror. Se 28 anni dopo - Il tempio delle ossa (2026) e Scream 7 (2026) aprono le danze, La Sposa! (2026) di Maggie Gyllenhaal potrebbe portare il tutto a un livello superiore. Dopo la versione moderna di Frankenstein (2025) di Guillermo del Toro, l’attrice al suo secondo film da regista rivisita un classico dell’horror come La moglie di Frankenstein (1935). E dal teaser trailer rilasciato per la promozione del film, ci possiamo aspettare una versione che incrocia le tematiche gotiche e orrorifiche del materiale originale con atmosfere che ricordano, udite udite, i film gangster. Non a caso, La Sposa! (2026) è ambientato nella Chicago degli anni ‘30 perfettamente descritta nel classico di De Palma Gli intoccabili (1987).

    5. Star Wars: The Mandalorian and Grogu (20 maggio 2026)

    Star Wars: The Mandalorian and Grogu porta di nuovo sul grande schermo l’infinita e mai banale saga di Star Wars. Pensate che Star Wars: L'ascesa di Skywalker (2019) era uscito addirittura in epoca pre-COVID. Ovviamente, la pellicola in uscita a maggio 2026 funge da continuazione dell’amata serie TV di tre stagioni The Mandalorian (2019). Infatti, Pedro Pascal torna nei panni di Din Djarin e con lui ci sarà l’immancabile compagno di avventure Grogu, meglio noto come Baby Yoda. Se pensiamo alla restante parte del cast –tra tutti Sigourney Weaver e Jeremy Allen White– e alla regia affidata al re dei blockbuster moderni Jon Favreau, non possiamo che essere certi che la saga sia in buone mani.

    6. Odissea (16 luglio 2026)

    Christopher Nolan ci ha abituato a livelli di epicità fuori dal comune. Dal primo capitolo della trilogia dell’uomo pipistrello Batman Begins (2005) in poi, i film di Nolan hanno sempre mantenuto alta l’asticella in quanto a grandiosità. Dopo altri film storici, seppur ambientati in tempi moderni, come Dunkirk (2017) e Oppenheimer (2023), il regista inglese mette mano per la prima volta all’epica vera e propria. Non solo, il suo esordio nel genere Odissea si basa su uno dei testi più famosi e classici scritti da Omero. Se non bastasse il carattere mitologico a rendere leggendario questo film, a togliere ogni dubbio ci pensa il cast corale, anch’esso veramente epico: Matt Damon, Anne Hathaway, Tom Holland, Zendaya, Robert Pattinson, Lupita Nyong'o, Jon Bernthal e Charlize Theron tra gli altri.

    7. Spider-Man: Brand New Day (31 luglio 2026)

    Tom Holland avrà un 2026 molto movimentato. Oltre ad apparire in Odissea (2026), l’attore torna al cinema con una nuova trilogia sull’Uomo Ragno che si apre con Spider-Man: Brand New Day. Il film è anche la continuazione della trilogia precedente che comprende Spider-Man: Homecoming (2017), Spider-Man: Far from Home (2019) e Spider-Man: No Way Home (2021). Quest’ultimo film aveva incassato quasi 2 miliardi di dollari, entrando nella top 10 dei film più redditizi di sempre. Holland non è l’unico attore di Odissea (2026) a recitare nel film di Destin Daniel Cretton. Insieme a lui ritroveremo Jon Bernthal nei panni di Frank Castle, nient’altro che The Punisher. Visto il successo della trilogia precedente, Spider-Man: Brand New Day (2026) sembra destinato a inaugurarne un’altra con simili risultati.

    8. The Legend of Aang The Last Airbender (9 ottobre 2026)

    The Legend of Aang The Last Airbender ha sulle spalle una pressione non da poco. Dopo il finale dell’amata serie Avatar - La leggenda di Aang (2005), Hollywood aveva già provato a portare sul grande schermo la vicenda di Aang. Tuttavia, L'ultimo dominatore dell'aria (2010) si era dimostrato un film non all’altezza del materiale di riferimento, nonostante la presenza alla regia di M. Night Shyamalan. The Legend of Aang The Last Airbender (2026) di Lauren Montgomery e William Mata, però, già presenta dei buoni presupposti. A cominciare dalla scelta di affidarsi all’animazione e di stare il più lontano possibile dal formato live-action. Se poi pensiamo che la pellicola dovrebbe essere la prima di una trilogia, non ci dovrebbero essere più dubbi.

    9. Avengers: Doomsday (18 dicembre 2026)

    Un nuovo anno al cinema non potrebbe essere lo stesso senza il ritorno degli Avengers. Avengers: Doomsday vede di nuovo alla regia i veterani del MCU Anthony e Joe Russo e si unisce agli altri film sul team di supereroi diventandone la quinta installazione, oltre che trentanovesimo film del Marvel Cinematic Universe. Come per Odissea (2026), la pellicola vanta un cast chilometrico con le migliori star del momento, da Chris Hemsworth a Vanessa Kirby, passando per Ebon Moss-Bachrach e Letitia Wright. E Tom Holland, che come abbiamo detto non può che aspettarsi un 2026 a dir poco vivace. Ma la vera star del film potrebbe essere il villain che dà il nome a questo capitolo, interpretato da Robert Downey Jr..

    10. Dune: Part Three (18 dicembre 2026)

    Dopo il tentativo mal riuscito negli anni ‘80 da parte di David Lynch, la mastodontica raccolta di romanzi sci-fi di Frank Herbert ha trovato l’adattamento che meritava con la trilogia di Denis Villeneuve. Dopo Dune (2021) e Dune - Parte due (2024), il trittico del regista canadese con Timothée Chalamet e Zendaya si conclude con Dune: Part Three. Anche se poco si sa di questo epilogo, possiamo essere certi che porterà sullo schermo gli ingredienti che hanno reso magici i primi due capitoli. Immagini maestose, sequenze d’azione impressionanti, introspezione e intrighi politici saranno di nuovo le punte di diamante di Dune: Part Three (2026).

  • “La donna della cabina numero 10” e altri 10 thriller psicologici con protagoniste femminili

    “La donna della cabina numero 10” e altri 10 thriller psicologici con protagoniste femminili

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con La donna della cabina numero 10 (2025) il thriller psicologico torna a brillare grazie a una protagonista femminile complessa, fragile e insieme determinata. Ma la storia di donne che combattono contro i propri demoni – reali o interiori – attraversa tutto il cinema contemporaneo, trasformandosi in un linguaggio potente per esplorare paura, potere e identità.

    Dalla freddezza calcolatrice di Amy in Gone Girl (2014) alla follia perfettamente coreografata de Il cigno nero (2010), questi film mostrano donne che reagiscono al controllo e al trauma con forza e ambiguità. Quindi, ecco a voi dieci titoli da recuperare, dove il cuore pulsante del thriller è una protagonista indimenticabile.

    1. Gone Girl – L’amore bugiardo (2014) 

    Rosamund Pike firma un’interpretazione glaciale e perfetta nei panni di Amy Dunne, donna scomparsa e insieme regista del proprio destino. In Gone Girl, Fincher smonta il mito del matrimonio e dei media, trasformando la protagonista in un’icona del controllo. Amy è tutto ciò che la società non vuole che una donna sia: intelligente, vendicativa, capace di ribaltare la narrazione per sopravvivere. Il fascino del film sta nella sua ambiguità, nel confondere continuamente vittima e carnefice. Il suo ritratto ha ispirato una generazione di thriller al femminile, come Sharp Objects (2018), dove l’ossessione diventa una forma di potere.

    2. La ragazza del treno (2016) 

    Emily Blunt offre una delle performance più fragili e realistiche del cinema recente. Rachel, la protagonista di La ragazza del treno, è un’alcolista la cui memoria compromessa la rende inaffidabile perfino a sé stessa. Il film ci porta dentro la sua mente confusa, tra rimpianti, illusioni e un desiderio disperato di verità. L’empatia che Blunt suscita deriva proprio dalla sua vulnerabilità: la vediamo crollare, ma anche ricomporsi e affrontare la realtà. È un thriller domestico e psicologico che usa la soggettività come gabbia e specchio. 

    Chi ha amato l’introspezione sofferta di The Girl Before (2021) o la tensione domestica di The Undoing (2020) troverà in La ragazza del treno un dramma altrettanto torbido e sensuale.

    3. A Simple Favor – Un piccolo favore (2018) 

    Blake Lively e Anna Kendrick si muovono in un elegante gioco di specchi dove la manipolazione si traveste da amicizia. A Simple Favor è un thriller che mescola ironia, mistero e fashion con sorprendente equilibrio, mostrando due donne opposte che si definiscono a vicenda: la carismatica Emily e la ingenua Stephanie. Il film sovverte il classico binomio “buona e cattiva” e costruisce un duello psicologico in cui entrambe manipolano e si lasciano manipolare. La forza sta nella scrittura affilata e nella messa in scena lucente, che nasconde una crudeltà da noir. Chi ama le protagoniste ambigue apprezzerà anche Big Little Lies (2017 – 2019), dove il glamour diventa maschera di un trauma condiviso.

    4. Il cigno nero (Black Swan, 2010) 

    Natalie Portman vince l’Oscar per una delle interpretazioni più fisiche e devastanti mai viste. In Il cigno nero, Aronofsky trasforma la danza in un campo di battaglia mentale, dove la ricerca della perfezione coincide con la discesa nella follia. Nina è una protagonista tragica, imprigionata tra disciplina e desiderio, tra la purezza del Cigno Bianco e la sensualità oscura del Cigno Nero. La forza del film sta nella sua ambivalenza: la fragilità diventa estasi, la distruzione liberazione. È un viaggio nella mente femminile che ricorda i turbamenti psicologici di Perfect Blue (1998), altra storia di identità spezzata e sguardi che consumano.

    5. Promising Young Woman (2020) 

    Carey Mulligan dà vita a una delle eroine più complesse del cinema recente. In Promising Young Woman, Cassie trasforma il trauma in arma, fingendosi vulnerabile per smascherare l’ipocrisia patriarcale. Emerald Fennell costruisce un film che mescola il linguaggio pop con la rabbia del thriller morale, creando una tensione costante tra vendetta e compassione. Cassie non cerca la redenzione: cerca la verità, e in questo sta la sua forza. È un film che parla di dolore e controllo, ma anche di solidarietà femminile. Chi ama i racconti di rivalsa psicologica apprezzerà anche I Care a Lot (2021), dove Rosamund Pike incarna un altro tipo di potere corrotto.

    6. The Night House (2021) 

    Rebecca Hall domina The Night House con una performance di pura intensità emotiva. Dopo la morte del marito, la protagonista scopre segreti che la costringono a confrontarsi con il vuoto, la paura e la propria mente. Il film è un ritratto straordinario del lutto e della negazione, costruito con tensione sottile e malinconia profonda. Hall regge da sola l’intera narrazione, oscillando tra razionalità e allucinazione. Il suo sguardo incredulo e vulnerabile è ciò che tiene lo spettatore ancorato alla realtà. Chi ha amato l’orrore psicologico di Relic (2020) o Hereditary (2018) troverà in The Night House una riflessione più intima e umana.

    7. Run (2020)

    In Run, la giovane Kiera Allen sfida Sarah Paulson in un intenso confronto madre-figlia che scivola nel terrore domestico. La protagonista, costretta su una sedia a rotelle, scopre che la donna che la protegge potrebbe in realtà imprigionarla. Il film ribalta il paradigma della vittima, trasformando la fragilità fisica in determinazione pura. Allen offre una prova fisica e coraggiosa, sostenuta da una regia essenziale che amplifica il senso di oppressione. È un thriller asciutto, di tensione costante, dove la paura nasce dall’intimità familiare. Chi ama le protagoniste resilienti troverà echi simili in Room (2015) e Misery non deve morire (1990).

    8. La ragazza più fortunata del mondo (2022) 

    Mila Kunis sorprende in La ragazza più fortunata del mondo (2022), adattamento dell’omonimo romanzo di Jessica Knoll. La sua Ani sembra avere tutto: lavoro perfetto, fidanzato ideale, vita impeccabile. Ma dietro la superficie si nasconde un trauma che riaffiora con violenza. Il film esplora il tema dell’immagine femminile come costruzione sociale e sopravvivenza psicologica. Kunis mostra come la rabbia e la vergogna possano convivere, dando vita a una protagonista dura, sarcastica, ma profondamente umana. È una storia di resilienza che dialoga idealmente con The Morning Show (2019 – 2026) o Frammenti di lei (2022), altre opere in cui la maschera della perfezione si sgretola sotto la pressione della memoria.

    9. Last Night in Soho (2021) 

    Last Night in Soho è un sogno che si trasforma in incubo. Thomasin McKenzie interpreta Eloise, una giovane stilista che, trasferitasi a Londra, comincia a vivere visioni del passato attraverso gli occhi di una cantante misteriosa. Wright fonde thriller psicologico e horror pop in un’estetica accecante, dove la fascinazione per il glamour diventa pericolo. Eloise è ingenua e sensibile, ma il suo percorso è di risveglio e autodifesa. Il film riflette sul modo in cui le donne vengono consumate dallo sguardo maschile — letteralmente e simbolicamente. Chi ama atmosfere simili troverà in The Neon Demon (2016) o Black Mirror: San Junipero (nella terza stagione di Black Mirror) la stessa tensione visiva e malinconica.

    10. The Invitation (2016)

    Con The Invitation, Karyn Kusama costruisce un gioiello di paranoia lenta e implacabile. Tammy Blanchard incarna la forza inquietante di una donna che sembra serena ma nasconde un culto distruttivo. Il film è una riflessione sulla fede cieca, la manipolazione e la violenza psicologica di gruppo. Kusama, una delle poche registe a muoversi con coerenza nel thriller contemporaneo, firma un’opera in cui il pericolo è sempre fuori campo, trattenuto fino all’ultimo respiro. La protagonista femminile, magnetica e disturbante, è il cuore segreto del film. Chi ama il crescendo teso e ambiguo di Coherence (2013) o The Gift (2000) troverà qui una tensione altrettanto raffinata e glaciale.

  • “R.I.P (Roast In Peace)” e altri show italiani divertenti da vedere su Prime Video

    “R.I.P (Roast In Peace)” e altri show italiani divertenti da vedere su Prime Video

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con R.I.P (Roast In Peace) (2025), Prime Video inaugura la stagione più cattiva e divertente della comicità italiana. Dopo anni di stand-up “politicamente corretta”, questo show riporta in auge il gusto del sarcasmo senza filtri, il piacere del roast e quella sana cattiveria che fa ridere di tutto, persino della morte.

    Tra battute al vetriolo, ironia funebre e performance esagerate, R.I.P è già diventato un cult. Ma se vi siete divorati tutti gli episodi e avete ancora voglia di ridere con intelligenza (o di essere un po’ “roastati”), ecco 10 show comici italiani su Prime Video da vedere subito, tra improvvisazione, autoironia e momenti surreali che fanno a pezzi il buon gusto – nel modo migliore possibile.

    1. R.I.P (Roast In Peace) (2025)

    In R.I.P (Roast In Peace), le star vengono “celebrate” in un finto funerale dove amici e colleghi le prendono in giro con ironia mortale. Il tono è volutamente nero, ma l’autoironia vince su tutto: si ride della morte per celebrare la vita pubblica dei personaggi. L’ambientazione gotica, la regia elegante e la scrittura graffiante lo rendono un piccolo cult immediato. È il segno che la comicità italiana può spingersi oltre il politically correct. Se vi piacciono gli show di roast spietati, recuperate The Roast of Tom Brady (2024): il corrispettivo americano, ancora più feroce.

    2. LOL: Chi ride è fuori (2021 – in corso)

    Con LOL: Chi ride è fuori, Prime Video ha rivoluzionato l’idea di gara comica. Dieci comici professionisti chiusi in una stanza devono resistere alle risate mentre gli altri fanno di tutto per farli crollare. Il risultato è un’escalation di assurdità, giochi verbali e momenti esilaranti. Fedez, Frank Matano e Maccio Capatonda portano un ritmo televisivo nuovo, in cui il fallimento è parte dello spettacolo. È la versione più pop e giocosa del sadismo comico di R.I.P. Se amate il format ma volete vederlo in chiave internazionale, provate LOL: Last One Laughing Germany (2021 – in corso) stesso spirito, ma con humor teutonico imprevedibilmente efficace.

    3. Prova Prova Sa Sa (2022)

    Prova Prova Sa Sa è la celebrazione pura dell’improvvisazione. Frank Matano guida quattro comici in una serie di sfide assurde senza copione, dove la risata nasce dall’imprevisto. Michela Giraud, Francesco Mandelli, Edoardo Ferrario e Maccio Capatonda trasformano ogni scena in un piccolo esperimento d’arte comica.Rispetto al sarcasmo strutturato di R.I.P, qui regna il caos creativo. È la controparte istintiva del roast: dove lì si scrive per colpire, qui si inventa per sopravvivere. Se vi intriga la comicità d’improvvisazione, provate Game On! (2020 – 2021), altra competizione a base di follia e rapidità mentale.

    4. Celebrity Hunted – Caccia all’uomo (2020 – in corso)

    In Celebrity Hunted – Caccia all’uomo, le celebrità italiane devono fuggire da un team di investigatori professionisti. Lo show, a metà tra spy movie e reality, unisce tensione e ironia involontaria: il pubblico ride e tifa allo stesso tempo. Tra fughe rocambolesche e piani assurdi, è uno spettacolo di pura adrenalina travestito da thriller. Come R.I.P, gioca con la messa in scena e la vulnerabilità dei vip, ma lo fa in esterni e con il linguaggio dell’action. Se vi piace questo mix tra reality e satira, provate The Traitors: UK (2022 – in corso), un altro show dove la strategia e il bluff diventano intrattenimento puro.

    5. Dinner Club (2021 – in corso)

    In Dinner Club, Carlo Cracco abbandona la cucina patinata e si trasforma in compagno di viaggio per un gruppo di comici e attori. Luciana Littizzetto, Sabrina Ferilli, Fabio De Luigi e altri ospiti attraversano l’Italia tra cibo, risate e confessioni inattese. È uno dei programmi più eleganti di Prime Video, capace di fondere ironia, cultura gastronomica e autenticità. Se R.I.P dissacra la morte, Dinner Club celebra la vita attraverso la convivialità. Per chi ama i programmi culinari con comicità e cuore, consigliato Clarkson’s Farm (2021 – in corso): stesso mix di caos e tenerezza, ma in salsa britannica.

    6. Sono Lillo (2023 – in corso)

    Sono Lillo è la risposta surreale al culto delle celebrity. Dopo LOL, il comico romano ottiene una serie che trasforma il suo alter ego “Posaman” in simbolo del successo che divora la vita privata. La serie alterna sketch e momenti di meta-commedia, portando la riflessione sull’identità nel mondo dell’intrattenimento. Pur non essendo un reality, condivide con R.I.P la capacità di ironizzare su fama e immagine pubblica, mescolando risate e malinconia. Se apprezzate questo tipo di comicità consapevole, provate Inside Amy Schumer (US): altro esempio di satira intelligente sulla cultura pop.

    7. LOL Talent Show: Chi fa ridere è dentro (2023)

    In LOL Talent Show: Chi fa ridere è dentro, Mago Forest conduce una sfida tra giovani comici pronti a entrare nel cast ufficiale di LOL. Il programma è un laboratorio di nuove voci, con stand-up, sketch e momenti di improvvisazione. L’atmosfera è competitiva ma giocosa, e mostra la vitalità della comicità italiana emergente. Rispetto a R.I.P, qui la cattiveria lascia spazio alla scoperta, ma resta la voglia di spingere i limiti del linguaggio comico. Se volete scoprire talent show comici simili, guardate Last Comic Standing (2003 – 2015): il classico formato americano dedicato alla stand-up.

    8. Holiday Crush (2025)

    A un primo sguardo, Holiday Crush potrebbe sembrare un reality sentimentale nel solco di Too Hot to Handle (2020 – in corso) o Love Island (2015 – in corso). Ma il colpo di genio sta nel commento costante dei The Jackal, che osservano, ridono e commentano in tempo reale i partecipanti come in un gigantesco “reaction show”. Il meccanismo trasforma il trash in satira: il romanticismo artificiale diventa una scusa per ironizzare sul nostro modo di consumare i reality stessi. Con ospiti diversi a ogni puntata, da Cristina D’Avena a La Pina, Holiday Crush è un ibrido perfetto tra dating show e comicità di costume. Se vi piace questo tipo di metatelevisione ironica, provate Celebrity Watch Party (2020): celebrità che reagiscono ai programmi TV, con toni altrettanto spassosi.

  • Gli anime più disturbanti (e geniali) che i bambini non dovrebbero mai guardare

    Gli anime più disturbanti (e geniali) che i bambini non dovrebbero mai guardare

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Non tutto ciò che è disegnato è per bambini. Gli anime, da sempre, amano travestire i loro traumi sotto occhi giganteschi e melodie dolci, salvo poi scaraventarti nell’abisso dell’anima umana.

    Tra depressione, sangue, metafisica e filosofia, il Giappone ci ha regalato capolavori che non hanno niente di “infantile” — se non il coraggio di guardare il mondo senza filtri. Con l’uscita di serie sempre più audaci come Chainsaw Man (2022 – in corso) e Made in Abyss (2017 – 2022), vale la pena ricordare che l’animazione non è sinonimo di leggerezza. Ecco quindi 10 anime troppo incasinati, disturbanti o geniali per un pubblico bambino, ma perfetti per chi ama la complessità e le emozioni forti.

    1. Neon Genesis Evangelion (1995–1996)

    Il trauma di una generazione. Neon Genesis Evangelion sembra un mecha anime come tanti, ma dopo pochi episodi diventa un viaggio nel subconscio. Tra croci, apocalissi e crisi di identità, Hideaki Anno racconta adolescenti depressi costretti a salvare un mondo che li divora. L’angoscia esistenziale sostituisce l’eroismo, e ogni combattimento diventa un atto di autolesionismo collettivo. È una serie che parla di solitudine, fede e incapacità di amare — roba che nemmeno Freud avrebbe digerito. Da non mostrare a nessun minore di 16 anni (e forse nemmeno agli adulti troppo sereni). Se ti piace, prova Serial Experiments Lain (1998) ancora più rarefatto e alienante, ma ugualmente affascinante.

    2. Berserk (1997)

    Berserk è la leggenda più oscura mai animata: una tragedia medievale di potere, follia e carne. Seguiamo Guts, guerriero maledetto dalla violenza e dal destino, in un mondo dove gli dèi si nutrono di dolore. È un anime crudo, intriso di simbolismo religioso e sessualità disturbante. Le sequenze del “marchio” e dell’Eclissi sono tra le più traumatiche mai viste sullo schermo. Nonostante le diverse versioni, l’anima di Berserk resta sempre la stessa: disperata e grandiosa. Non è un anime da guardare, ma a cui bisogna sopravvivere. Ma se è questo tipo di epica vi appassiona, allora prova anche Claymore (2007), altra epopea dark fantasy di spade e mostri, dove la violenza è anche introspezione.

    3. Serial Experiments Lain (1998)

    In Serial Experiments Lain, la realtà è solo un’illusione di rete. Lain, una ragazzina introversa, scopre un mondo parallelo chiamato “Wired”, dove identità e corpo si dissolvono. L’opera di Ryutaro Nakamura anticipa tutto: Internet, avatar, alienazione digitale, depressione da schermo. Minimalista e spettrale, è un labirinto di dati e silenzi in cui ogni immagine pesa come un sogno. Non cercare di capirlo tutto: lasciati assorbire. È filosofia cibernetica mascherata da racconto di formazione. Consigliato anche Texhnolyze (2003), ancora più cupo, una discesa lenta nella disumanizzazione.

    4. Perfect Blue (1997)

    Satoshi Kon trasforma Perfect Blue in un thriller mentale degno di Hitchcock. Mima, idol pop in cerca di libertà, sprofonda nella paranoia dopo aver lasciato il mondo dello spettacolo. L’anime riflette sull’ossessione, sullo sguardo e sull’identità frantumata, anticipando temi come social media e body shaming. Il confine tra realtà e delirio svanisce, e ogni inquadratura ti costringe a dubitare dei tuoi occhi. Non è solo inquietante: è un capolavoro sul lato oscuro della celebrità. Sulla medesima scia, sebbene fuori dal panorama anime, Black Swan (2010) diretto da Darren Aronofsky che Perfect Blue l’ha praticamente adorato, e si vede.

    5. Paranoia Agent (2004)

    Con Paranoia Agent, Satoshi Kon colpisce ancora, raccontando un Giappone che implode sotto la pressione sociale. Un misterioso ragazzo con un bastone d’oro attacca persone disperate: da lì nasce un contagio di isteria collettiva. È un anime corale e disturbante, dove ogni episodio svela una diversa forma di follia. Sotto la superficie, però, c’è una critica feroce alla società del lavoro e alla cultura della fuga. Visionario, angosciante, irresistibile. Assolutamente da vedere anche Erased (2016), thriller temporale che esplora colpa e trauma, ma in chiave più accessibile.

    6. Ergo Proxy (2006)

    Ergo Proxy è un noir esistenzialista travestito da fantascienza. In una città cupa governata da androidi, Re-l Mayer indaga su una serie di omicidi che nascondono un segreto metafisico. Il tono è decadente, la regia astratta, i dialoghi densi di filosofia e religione. Ogni episodio è un enigma su cosa significhi essere vivi. È un anime che non ti spiega, ti sfida: perfetto per chi ama l’estetica cyberpunk e i dilemmi ontologici. Da vedere anche Ghost in the Shell: Stand Alone Complex (2002), stessa tensione tra umanità e tecnologia, ma con un ritmo più d’azione.

    7. Made in Abyss (2017– 2022)

    Non lasciarti ingannare dal design tenero: Made in Abyss è una discesa negli inferi. Due bambini esplorano un abisso popolato da orrori e misteri, in un crescendo di dolore fisico e psicologico. Ogni scoperta è una ferita, ogni episodio un trauma emotivo. L’opera alterna meraviglia e crudeltà, parlando di crescita e perdita con un’onestà devastante. Un contrasto disarmante tra estetica kawaii e contenuti da incubo. Se la strada della sofferenza è quella che cercate, non saremo noi a dissuadervi, ma anzi a indirizzarvi verso The Promised Neverland (2019), un altro racconto di infanzia e sopravvivenza che non risparmia colpi bassi.

    8. Devilman Crybaby (2018)

    Masaaki Yuasa reinterpreta il classico di Go Nagai in chiave psichedelica e apocalittica. Devilman Crybaby è un trip di sangue, sesso e disperazione: un’orgia visiva che esplode in tragedia cosmica. Akiro Fudo diventa l’angelo caduto di una generazione senza speranza. La violenza non è fine a sé stessa: è catarsi, è condanna. Un’opera che parla d’amore assoluto e autodistruzione come due lati della stessa fiamma. Consigliamo un’altra grande cult da non perdere: Akira (1988), lo stesso caos visivo, la stessa furia giovanile in un mondo in rovina.

    9. Chainsaw Man (2022 – in corso)

    Con Chainsaw Man, Tatsuki Fujimoto ridefinisce l’horror moderno. Denji è un ragazzo povero che si fonde con il suo demone per diventare un cacciatore di mostri con motoseghe al posto delle braccia. Ma dietro il sangue e l’assurdo, c’è un racconto crudo sulla solitudine, il desiderio e il bisogno di amore. Il tono oscilla tra splatter, ironia e malinconia esistenziale: pura follia contemporanea. Un anime che parla di generazione precaria e sogni spezzati, con la violenza come metafora della sopravvivenza. Se vi è piaciuto, allora potete proseguire sulla stessa scia con Jujutsu Kaisen (2020 – in corso) — più mainstream, ma con la stessa energia demoniaca e ritmica.

    10. Puella Magi Madoka Magica (2011)

    Sembra un tenero anime di maghette, ma Puella Magi Madoka Magica è un incubo travestito da fiaba. Dietro i colori pastello, si nasconde una storia di sacrificio e disperazione cosmica. Gen Urobuchi decostruisce il genere “magical girl” con crudeltà chirurgica, trasformando il sogno in condanna. Ogni episodio toglie un velo di innocenza, fino a un finale da vertigine metafisica. È l’infanzia che si autodistrugge per capire il mondo. E se volete continuare sulla stessa atmosfera, allora c’è Revolutionary Girl Utena (1997), altra gemma simbolista, dove femminilità e potere si sfidano sul terreno dell’allegoria.

  • Le 10 performance di method acting più famose

    Le 10 performance di method acting più famose

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il method acting è quella tecnica interpretativa che fa immedesimare completamente un attore o un’attrice nel ruolo che devono impersonare. Per farlo, un performer mima lo stile di vita, i vezzi o le caratteristiche peculiari di un personaggio, mantenendosi nella parte anche quando la camera è spenta. Rimanere nella parte, davanti e fuori dalla telecamera, durante tutta la durata delle riprese rende l’interpretazione autentica e “naturale”.

    Tuttavia, come vedrete nella lista, il method acting può spingersi oltre i confini convenzionali, richiedendo scelte difficili ed estreme. Nonostante ciò, alcuni attori o attrici rimangono fedeli a questa tecnica per il grande impatto sullo schermo. Ne sà qualcosa Daniel Day-Lewis, uno dei maestri del method acting, da poco ritornato alla recitazione in Anemone (2025). Non a caso, è l’unico attore nella lista che ho voluto premiare con due posizioni.

    Qui sotto trovate le 10 performance di method acting più famose. I criteri di scelta sono stati non solo la rilevanza nella cultura pop di queste prove attoriali, ma anche il livello di dedizione alla tecnica che gli attori e le attrici hanno dimostrato.

    10. Meryl Streep ne "Il diavolo veste Prada" (2006)

    Una delle attrici più importanti e dotate della settima arte, Meryl Streep non poteva mancare nella lista. Nonostante la parte di Miranda Priestly sia leggendaria, rimane al numero 10 della classifica perché Streep non è una classica attrice di method acting. Ne Il diavolo veste Prada, Streep ha voluto sperimentare con questa tecnica, ottenendo un risultato sorprendente nei panni dell’odiosa, autoritaria e perfezionista Priestly. Per calarsi nella parte, l’attrice si è auto isolata dal resto del cast ed è rimasta nella parte per tutta la durata delle riprese. Ciò le ha fatto guadagnare una nomination agli Oscar, ma l’esperienza le ha fatto mettere una croce sopra la tecnica. Il diavolo veste Prada (2006) rimane un classico con uno dei “cattivi” più famosi di sempre, al livello di Joker ne Il cavaliere oscuro.

    9. Al Pacino in "Scent of a Woman - Profumo di donna" (1992)

    Con interpretazioni stellari attraverso gli anni ‘70 e ‘80, tuttora stento a credere che Al Pacino abbia vinto il suo primo e ultimo Oscar nel 1993 per Scent of a Woman - Profumo di donna. Pacino è senza dubbio uno degli attori più famosi ad aver abbracciato il method acting e il film di Martin Brest è l’ennesima prova dell’efficacia e dei rischi associati alla tecnica. Oltre a rimanere sempre nella parte, Pacino ha utilizzato un bastone per non vedenti per muoversi. Se ciò non bastasse, l’attore non ha mai guardato negli occhi il cast né la troupe, arrivando anche a distorcere la sua visione. Risultato: cornea danneggiata. Se pensate che la nona posizione sia bassa, aspettate di scoprire cosa ha fatto Jamie Foxx per interpretare Ray Charles.

    8. Choi Min-sik in "Old Boy" (2003)

    Old Boy è il secondo bellissimo film della trilogia della vendetta di Park Chan-wook e non sarebbe lo stesso senza la performance da urlo di Choi Min-sik. L’attore sud coreano si è sottoposto a molte difficoltà pur di interpretare al meglio Oh Dae-Su. Oltre ad aver praticato quasi tutti i suoi stunt, Min-sik ha continuato a cambiare peso in base alle scene che doveva girare. Tuttavia, niente riesce a battere la scena del polipo, dove il suo personaggio ne divora uno vivo. L’attore ha deciso di sottoporsi lui stesso alla procedura, con un totale di quattro riprese e altrettanti polipi mangiati. Con il senno di oggi, la pratica risulta criticabile, ma dimostra l’impegno di Choi Min-sik a onorare il method acting. Per questo, lo trovate alla posizione numero otto.        

    7. Jamie Foxx in "Ray" (2004)

    Se Al Pacino in Scent of a Woman (1992) ha deciso di distorcere la sua vista per mimare la vita da non vedente, Jamie Foxx è andato oltre in Ray. Per immedesimarsi al 100% nei panni della leggenda della musica Ray Charles, Foxx si è fatto incollare le palpebre durante le giornate di ripresa, utilizzando protesti speciali. Allo stesso tempo, l’attore e cantante ha imparato il braille e ha ridimensionato il suo corpo per farlo assomigliare alla leggenda di Albany. La performance di Foxx non solo gli ha regalato l’Oscar, ma ha reso Ray (2004) un biopic musicale imperdibile, allo stesso livello di opere come Bohemian Rhapsody (2018) e Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line (2005). La pratica di incollare le sue palpebre dona a Jamie Foxx la settima posizione.

    6. Daniel Day-Lewis ne "Il petroliere" (2007)

    Lo so. Tutti si aspettavano il ruolo di Daniel Plainview al primo posto della classifica. Ma non temete, quando scoprirete chi domina il podio, non sarete di certo sorpresi. Il re indiscusso del method acting negli ultimi trent’anni, Daniel Day-Lewis ne Il petroliere firma una delle sue performance più riuscite, nonché famose. Il film di Paul Thomas Anderson lo vede nei panni di un uomo pronto a tutto pur di arricchirsi. Day-Lewis è diventato una copia di Plainview leggendo lettere di uomini che avevano percorso il suo stesso cammino qualche secolo prima. È ovviamente rimasto nella parte per tutta la durata delle riprese, immedesimandosi a tal punto da far allontanare l’attore che verrà rimpiazzato da Paul Dano. Non contento, ha imparato a usare la strumentazione disponibile a inizio XX secolo, periodo in cui la storia è ambientata. Penso che tutto ciò sia abbastanza per una meritata sesta posizione.

    5. Hilary Swank in "Boys Don't Cry" (1999)

    Boys Don't Cry narra magistralmente la tragica vicenda di Brandon Teena, un uomo trans vittima di odio e discriminazione. A calarsi nel ruolo troviamo Hilary Swank, in una delle performance che l’ha fatta conoscere al grande pubblico. L’attrice non si è risparmiata per interpretare al meglio Brandon, decidendo di vivere come un uomo prima e durante le riprese. Per farlo, non solo si è tagliata i capelli e ha indossato vestiti considerati maschili, ma si è anche fasciata il seno. La trasformazione nella parte è stata talmente convincente che i vicini di allora la scambiarono per suo cugino. Se anche i tuoi vicini non ti riconoscono più, il gioco è fatto. Per questo motivo, il quinto posto è indiscutibile.

    4. Christian Bale in "L'uomo senza sonno" (2004)

    A un soffio dal podio troviamo un altro attore che, come Daniel Day-Lewis, si butta a capofitto nelle sue parti. Sto parlando di Christian Bale ne L'uomo senza sonno. L’attore è ormai una garanzia quando si tratta di perdere o mettere su peso per una parte, ma nel thriller psicologico di Brad Anderson, Bale supera persino sé stesso. Per il ruolo di Trevor Reznik, l’attore ha perso decine e decine di chili, fino ad arrivare a una corporatura a dir poco scheletrica. Come per Old Boy (2003), L'uomo senza sonno (2004) è un esempio lampante dell’intransigenza del method acting e dell’impegno senza fondo dell’attore gallese. Non ho messo Bale sul podio solamente perché le tre performance che seguono sono di portata leggendaria.

    3. Robert De Niro in "Taxi Driver" (1976) 

    Robert De Niro non ha bisogno di alcuna presentazione. Lo stesso si potrebbe dire per Taxi Driver, uno dei capolavori di Martin Scorsese. L’accoppiata De Niro-Scorsese ci ha regalato classici dopo classici e molti titoli si sono contesi questa posizione. Tuttavia, l’iconicità del film e della performance di De Niro regalano a Taxi Driver (1976) il terzo posto. Per diventare il tassista Travis Bickle, l’attore italo-americano ha perso molti chili e ha ottenuto una licenza per taxi. Ciò non ha soddisfatto De Niro, il quale ha anche lavorato come tassista per un mese intero prima delle riprese. Se tutto ciò può sembrare fin troppo, basta godersi questo classico anni ‘70 per rimanere estasiati dalla performance di De Niro.

    2. Heath Ledger ne "Il cavaliere oscuro" (2008)

    Nonostante Christian Bale sia il protagonista de Il cavaliere oscuro (2008), la vera forza magnetica sullo schermo è rappresentata dal compianto Heath Ledger. La sua versione di Joker rimane tra le migliori di sempre e testimonia la rigida disciplina del method acting. Per calarsi nel ruolo del villain anarchico, Ledger si è isolato completamente per un mese in una stanza di hotel, lavorando sulla psicologia del personaggio, sui suoi vezzi e sulla voce inconfondibile. Quando ne è uscito, Ledger era ormai Joker. La posizione numero due per la prova magistrale di Ledger mi sembra quasi indiscutibile. L’autenticità, la forza e l’intensità con le quali l’attore ha portato sullo schermo il villain lo hanno reso immortale.

    1. Daniel Day-Lewis in "Gangs of New York" (2002)

    Ve l’avevo detto di non preoccuparvi. Daniel Day-Lewis non poteva non essere al primo posto. La scelta è ricaduta su Gangs of New York perché, a mio avviso, il method acting impiegato per la parte di Bill il Macellaio rimane insuperabile. Day-Lewis non solo ha imparato a destreggiarsi con i coltelli, ma ha rifiutato medicine moderne dopo aver contratto una polmonite. L’attore non si è fermato qui. Oltre a non aver parlato con Leonardo DiCaprio per tutta la durata delle riprese, ha fatto a pugni per strada con sconosciuti per immedesimarsi nella mentalità ostile di Bill. Ma la cosa, forse, più sorprendente è stata farsi applicare una lente a contatto di vetro per simulare l’occhio finto di Bill e per picchiettarla con un coltello senza sbattere le palpebre. Se questo non è da posizione numero uno, non so cosa possa esserlo.

  • Tutti i film di “Tron” in ordine cronologico

    Tutti i film di “Tron” in ordine cronologico

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Tron: Ares (2025) è arrivato. A 43 anni da Tron (1982) e a quindici da Tron: Legacy (2010), il terzo capitolo riporta sul grande schermo la celebre saga di fantascienza. Purtroppo gli incassi non lo stanno premiando, e ad oggi la speranza di vedere un quarto capitolo sembra essere alquanto remota. Pensare che anche il capostipite non fu così fortunato. Almeno all’inizio. Erano gli anni in cui il genere fantascientifico era sempre più frequentato dal cinema.

    Proprio quel 1982 fu l’anno di titoli come Blade Runner, ET – L’extra-terrestre, Star Trek II – L’ira di Khan e Interceptor – Il guerriero della strada. Il film scritto e diretto da Steven Lisberger passò infatti un po’ in sordina, nonostante fosse estremamente all’avanguardia dal punto di vista estetico e precursore di molti temi oggi contemporanei, come l’intelligenza artificiale e il cyberspazio. Solo con il passare del tempo si trasformò in un cult, antesignano di una saga con interpreti da Jeff Bridges a Jared Leto. Cosa racconta la trilogia di Tron? È una trilogia che indaga il rapporto tra uomo e macchina. Una realtà in cui il confine tra mondo reale e virtuale si fa sempre più labile. Storie di esseri umani che entrano nei computer, e viceversa. Ripercorriamo la saga di Tron, che tra alti e bassi, ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema.

    1. Tron (1982)

    Kevin Flynn (Jeff Bridges) è un programmatore che si mette contro la società d’informatica per cui lavorava, la ENCOM, accusandola di avergli sottratto dei videogiochi da lui creati. Nel tentativo di addentrarsi nella banca dati della ditta, Flynn si ritrova intrappolato in un mondo digitale, controllato da un autoritaria intelligenza artificiale, il Master Control Program (MCP). Per sconfiggerla e tornare nel mondo reale si dovrà alleare con Tron (Bruce Boxleinter) e Yori (Cindy Morgan), alter ego virtuali di due dipendenti della ENCOM, Alan Bradley e Lora. Sceneggiato e diretto da Steven Lisberger, si tratta del primo film a focalizzarsi sulla realtà virtuale. Ma soprattutto è il primo film della Disney, oltre a uno dei primi in assoluto, a fare un uso massiccio della CGI, snobbato agli Oscar con le sue due candidature. In qualità di pioniere, Tron (1982) è sicuramente consigliato a chi apprezza il genere fantascientifico, a chi è alla ricerca di una storia che coniuga avventura e tecnologia. Negli anni a seguire è una pellicola che si è anche trasformata in un cult, tanto da spingere la Casa di Topolino alla realizzazione di un sequel.

    2. Tron: Legacy (2010)

    L’esordio alla regia di Joseph Kosinski (Top Gun: Maverick (2021) e F1 – Il film (2025)) per un sequel che vede Jeff Bridges e Bruce Boxleitner riprendere i ruoli originali. Sam Flynn (Garrett Hedlund) decide di indagare sulla scomparsa del padre Kevin (Bridges), finendo per raggiungerlo proprio in quel mondo digitale in cui era rimasto intrappolato. Un viaggio incredibile dove i protagonisti si troveranno sospesi tra la vita e la morte. Consigliato a chi ha apprezzato il primo capitolo, ma è anche un film che può essere visto senza aver visto l’originale. È sicuramente un’esperienza in termini di visione, che fa sfoggio di moderne tecnologie per gli effetti speciali di allora (anche se a posteriori Bridges svelò di essere stato scontento del suo ringiovanimento in CGI). Però, avviso, forse è una pellicola che punta più sugli effetti che sulla storia stessa.

    3. Tron: Ares (2025)

    Dopo anni travagliati, con il naufragio di Tron: Ascension, che avrebbe visto il ritorno dietro la macchina da presa di Kosinski, la Disney ufficializza all’inizio del 2023 la lavorazione del terzo capitolo per la regia di Joachim Rønning e il coinvolgimento di Jared Leto nel cast. Per la prima volta nel franchise si assiste all’incontro tra umanità e intelligenza artificiale, quando Ares, interpretato da Leto, viene trasportato per una missione cruciale nel mondo reale. Di nuovo l’estetica trionfa sulla sceneggiatura. Non manca quell’effetto nostalgia, che però non avvicina Tron: Ares (2023) ai livelli passati. Consigliato a chi vuole amplificare quell’esperienza visiva riscontrata in Tron: Legacy (2010), ma soprattutto a chi è intenzionato a chiudere quel cerchio cominciato nel lontano 1982.

  • I sequel horror migliori degli originali: 10 film che hanno superato le aspettative

    I sequel horror migliori degli originali: 10 film che hanno superato le aspettative

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Nel cinema horror, il secondo capitolo è spesso una condanna: più sangue, meno cervello. Eppure, la storia del genere ci ha regalato rarissimi sequel capaci di superare l’originale, reinventandolo con idee fresche, ritmo perfetto e regie più mature.

    Dalla genialità grottesca di Evil Dead II al perfezionismo gotico di Bride of Frankenstein, fino ai fenomeni recenti come Smile 2 e Final Destination: Bloodlines, il terrore dimostra di sapersi evolvere. A volte serve tornare sul luogo del delitto per fare centro davvero. Ecco i 10 sequel horror migliori degli originali, da vedere (o rivedere), per scoprire che la paura può migliorare con l’esperienza.

    1. Evil Dead II (1987)

    Sam Raimi firma il miracolo: un sequel che è anche un reboot, capace di superare l’originale The Evil Dead (1981) in ogni aspetto. Evil Dead II è una corsa sfrenata tra splatter, slapstick e pura invenzione visiva. Bruce Campbell diventa icona con la motosega al posto del braccio e la follia narrativa si trasforma in arte del ritmo. Raimi alza l’asticella della creatività tecnica e definisce il tono di tutta la saga. Rispetto al primo, c’è più ironia, più controllo e una messa in scena che anticipa decenni di horror meta. Se amate questo equilibrio tra orrore e risata isterica, provate anche Splatters - Gli schizzacervelli (1992) di Peter Jackson, altro gioiello di splatter comico senza freni.

    2. Annabelle: Creation (2017)

    Il primo Annabelle (2014) era un derivato prevedibile dell’universo The Conjuring. Ma con Annabelle: Creation, il regista David F. Sandberg riscrive tutto. Niente jumpscare gratuiti: qui domina la tensione pura, il dolore e la fede distorta. Ambientato in un orfanotrofio isolato, il film racconta l’origine della bambola maledetta, trasformandola in un racconto gotico classico ma moderno. Sandberg porta maturità visiva, ritmo preciso e personaggi credibili, offrendo uno dei migliori horror del “Conjuring Verse”. Se vi intriga questo modo di ampliare il mito senza tradirlo, recuperate Ouija: Origin of Evil (2016), un altro caso di sequel nato per correggere gli errori del passato.

    3. Scream 2 (1997)

    Il sequel perfetto di un film che era già perfetto. Scream 2 prende la brillante ironia meta del primo e la trasforma in riflessione sul concetto stesso di sequel. Wes Craven firma un capitolo più maturo, più violento e ancora più consapevole delle regole dell’horror. Sidney Prescott diventa una vera eroina tragica, mentre Ghostface si fa icona del rinnovamento del genere. È un film che si diverte con il proprio pubblico e lo colpisce con precisione chirurgica. Chi ama questa intelligenza autoironica può guardare The Final Girls (2015), altra commedia-horror che smonta e celebra le convenzioni del genere con cuore e lacrime.

    4. Smile 2 (2024)

    Uscito a sorpresa e accolto con entusiasmo, Smile 2 è uno dei rari sequel contemporanei che riesce davvero a migliorare il proprio predecessore. Dove il primo film si concentrava sulla metafora del trauma, questo secondo capitolo allarga lo sguardo su colpa e spettacolarizzazione del dolore. Con una regia più controllata e un’angoscia visiva più raffinata, Smile 2 unisce introspezione psicologica e tensione costante, confermando il potenziale di un nuovo franchise horror. Se vi affascina questo modo di raccontare il male come contagio emotivo, cercate It Follows (2014): un film che, come Smile 2, trasforma l’orrore in parabola psicologica.

    5. Bride of Frankenstein (1935)

    James Whale trasforma un capolavoro in leggenda. Bride of Frankenstein è un sequel che supera il già magnifico Frankenstein del 1931 per profondità e ironia. La Creatura (Boris Karloff) diventa figura tragica e poetica, mentre la Sposa di Elsa Lanchester è un’icona istantanea di bellezza mostruosa. Whale fonde umorismo gotico, tragedia e filosofia, inventando l’horror moderno come lo conosciamo. Un film che parla d’amore, diversità e solitudine con un coraggio ineguagliato. Se amate il romanticismo macabro, Crimson Peak (2015) di Guillermo del Toro è l’erede più diretto di questa sensibilità visiva e sentimentale.

    6. Ouija: Origin of Evil (2016)

    Un caso raro: un sequel migliore di un film che nessuno voleva rivedere. Mike Flanagan prende Ouija, horror mediocre del 2014, e ne realizza un prequel elegante, inquietante e malinconico, Ouija: Origin of Evil. Ambientato negli anni ’60, segue una famiglia che usa una tavola Ouija per truffare i clienti — finché qualcosa risponde davvero. Flanagan sostituisce gli spaventi banali con tensione emotiva e una fotografia che ricorda l’horror classico. Il risultato è una storia di possessione più umana che soprannaturale. Chi apprezza l’equilibrio tra paura e dramma familiare amerà anche The Autopsy of Jane Doe (2016), che gioca sulla stessa tensione di segreti e presenze.

    7. Final Destination: Bloodlines (2025)

    Il nuovo capitolo della saga è riuscito dove molti avevano fallito: dare nuova vita a una formula ormai prevedibile. Final Destination: Bloodlines unisce il sadismo inventivo dei primi film con una narrazione più coesa e un sottotesto sorprendentemente emotivo. Le morti sono sempre coreografiche, ma qui c’è anche un senso di destino e memoria che rievoca il trauma dei sopravvissuti. Un sequel che aggiorna la serie con sensibilità moderna, visivamente più raffinata e narrativamente più solida. Se amate l’horror che trasforma la fatalità in spettacolo, Drag Me to Hell (2009) di Raimi è il compagno perfetto: altrettanto ironico e spietato.

    8. 10 Cloverfield Lane (2016)

    Più che un sequel diretto, è un’evoluzione del concetto di Cloverfield: dal found footage caotico a un thriller da camera magistrale. 10 Cloverfield Lane si concentra su tre personaggi chiusi in un bunker, in un’atmosfera di paranoia crescente. Mary Elizabeth Winstead e John Goodman offrono interpretazioni magnetiche e ambigue. La minaccia aliena diventa metafora del controllo e della fiducia. Un film teso, impeccabile e sorprendente, che dimostra come si possa espandere un universo narrativo cambiandone completamente il linguaggio. Chi ama le storie di isolamento e manipolazione troverà altrettanto inquietante The Invitation (2015), altro gioiello di claustrofobia psicologica.

    9. The Purge: Anarchy (2014)

    Il primo The Purge (2013) era un’idea brillante limitata a un’unica casa. The Purge: Anarchy spalanca le porte e ci porta per le strade durante la Notte dello Sfogo, rendendo il concetto finalmente epico. James DeMonaco amplia la mitologia e aggiunge un sottotesto sociale più marcato: la violenza come politica del controllo. Frank Grillo guida un cast efficace in un film che mischia azione, horror urbano e critica americana. È un sequel che dà respiro e significato all’intero franchise. Chi apprezza il connubio tra distopia e ribellione può guardare Upgrade (2018), che condivide lo stesso spirito anarchico e viscerale.

    10. Terrifier 2 (2022)

    L’orrore underground trova la sua consacrazione con Terrifier 2. Se il primo film era un esercizio di gore, questo sequel diventa manifesto di cinema indipendente estremo. Art the Clown torna più feroce e stilizzato, ma Damien Leone aggiunge anche una dimensione mitologica e onirica che amplia l’universo narrativo. Il film unisce brutalità grafica e visionarietà visiva, conquistando persino la critica. È il raro caso in cui un horror underground diventa fenomeno di culto internazionale. Chi cerca la stessa energia sovversiva può guardare Mandy (2018) con Nicolas Cage: un viaggio allucinato tra sangue e vendetta.

  • “È colpa mia?” Tutti i film in ordine di uscita

    “È colpa mia?” Tutti i film in ordine di uscita

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Elite (2018), Summertime (2020), Skam (2018), Outer Banks (2020), il teen drama sembrava appannaggio esclusivo di Netflix, ma negli ultimi anni un altro competitor è entrato sul ring degli amori adolescenziali, con serie come come  L’estate nei tuoi occhi (2022), L’estate dei segreti perduti (2025), il remake di Cruel Intentions (2024) o, soprattutto, il franchise nato sulla scia del successo planetario della trilogia Culpables.

    È proprio da questo titolo che Prime Video ha iniziato a imporsi sempre di più nel genere teen, con lavori forse più stucchevoli e immediati, ma devastanti a livello del successo riscontrato. Ed è proprio al titolo più popolare presente sulla piattaforma, la trilogia (e mezzo) che parte con È colpa mia? (2023), che dedichiamo questa lista. È infatti  appena uscito il nuovo (e ultimo) film della serie, è tempo quindi di fare ordine nella storia d’amore tra Noah e Nick.

    1. È colpa mia? (2023)

    Il primo film della saga, diretto da Domingo González, è la scintilla che ha acceso tutto. L’amore proibito tra i due fratellastri, Noah e il ribellissimo Nick, le corse clandestine prese in toto da  Fast & Furious (2009), quel tocco di proibito in stile After (2019). Il tutto più ritmato, più saturato, più sdolcinato, in sintesi: la bomba atomica del teen drama. La trama procede per cliché ben collaudati, ma questo film funziona proprio per questo, perchè non ha paura di essere un guilty pleasure da guardare tutto d’un fiato. Forse non sarà il tipo di film che non cambia la vita ma funziona alla grande in una serata di binge. Perfetto per chi cerca un teen romance patinato e volutamente esagerato.

    2. È colpa tua (2024)

    Il secondo capitolo rallenta il ritmo, prende toni più emozionali – i lati “fastandfuriosi” sono messi da parte. Qui subentra tutto il lato Tre metri sopra il cielo (ma, appunto, niente corse clandestine) con qualche tocco di Gossip Girl (2007), tra gelosie, insicurezze adolescenziali, segreti e – ovviamente – un livello ormonale che si conferma alle stelle, in linea con il capitolo precedente. Rispetto al primo film, È colpa Tua prova a essere più maturo e riflessivo, anche se a tratti si perde nel melodramma. Tra i film della saga questo è forse quello più romantico e di crescita, e se avete adorato L’estate nei tuoi occhi questo è il titolo che fa per voi.

    3. È colpa mia: Londra (2025)

    Dalla Spagna all’Inghilterra, con È colpa mia: Londra la saga cambia pelle, trasferendosi nella capitale britannica per un riadattamento pensato per il pubblico anglofono. Stessa trama di base ma filtrata da un tono più sobrio, quasi malinconico, in linea con il clima d’oltremanica – meno sole e motori, più pioggia e introspezione. Rispetto alla versione iberica qui si è cercato di dare un taglio più maturo ai personaggi. Un esperimento interessante che, pur non avendo il fuoco dell’originale, guadagna in spessore. Perfetto per i fan più grandicelli della serie.

    4. È colpa nostra? (2025)

    Rullo di tamburi, siamo al capitolo finale. Dopo l’Erasmus a Londra si torna dritti a Noah e Nick, al rendez vous dopo quattro anni di distanza, ma il primo amore non si scorda mai. Qui la saga vira verso temi più adulti, riflettendo la storia dei suoi protagonisti, più riflessivi e maturi rispetto ai titoli precedenti. I toni da melodramma la fanno ancora da padrone (vero marchio di fabbrica della trilogia Culpables, ma le atmosfere malinconiche da fine saga danno un tocco dolce-amaro inedito, più vicino a After 5 (2023) o The Last Summer (2019). Con i suoi 120 minuti, È colpa nostra? è un finale coerente, che non cerca di stupire ma di chiudere il cerchio con un epilogo che racconta di strade che si separano, del diventare adulti, e alla fine va bene così.

  • 6 film horror italiani contemporanei perfetti per la sera di Halloween

    6 film horror italiani contemporanei perfetti per la sera di Halloween

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    La valle dei sorrisi (2025) è al cinema. Dopo l’acclamato passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, l’ultima opera di Paolo Strippoli sta incontrando il favore del pubblico, entusiasta di trovarsi di fronte a un horror ben fatto. L’opera di Strippoli, che si era già fatto notare con Roberto De Feo nel loro film targato Netflix A Classic Horror Story (2021), è ancora però un caso nel panorama produttivo italiano.

    Negli ultimi anni infatti è emersa nel nostro paese la volontà di tornare a fare i film dell’orrore, guardando al glorioso passato, quando a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta registi del calibro di Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci erano “spaventosamente” prolifici. Oggi c’è una nuova classe di giovani autori, che si sta rimboccando le maniche. Oltre a Strippoli, per esempio Roberto De Feo, Federico Zampaglione, Domenico de Feudis, Ambra Principato. Dunque quale occasione migliore delle imminenti feste di Halloween per scoprire alcuni dei nuovi horror italiani più interessanti, che possano accompagnarci in una serata tra popcorn, dolcetti e spaventi?

    La valle dei sorrisi (2025)

    Un insegnante di ginnastica (Michele Riondino) si ritrova a fare una sostituzione a Remis, un paese di montagna dove tutti i suoi abitanti sono felici. Cosa si nasconde dietro questa serenità collettiva? Un inquietante rito che coinvolge Matteo, un adolescente in grado di assorbire il dolore degli altri. Al suo terzo lungometraggio, Paolo Strippoli regala al pubblico un’opera ben realizzata sul piano tecnico, caratterizzata da paesaggi suggestivi capaci di trasmettere un senso di profonda inquietudine che si rafforza nel corso della visione. La valle dei sorrisi (2025) è consigliata agli appassionati di horror psicologici, di storie che esplorano temi profondi come il rapporto con il dolore o il sacrificare sé stessi per accontentare gli altri. Una volta usciti dal cinema, oltre a essere scossi, la sensazione provata è di  orgoglio di avere un artigiano come Strippoli, che avvalendosi del genere riesce ad affrontare dei temi in grado di toccare le nostre corde.

    The Well (2024)

    Se con Shadow (2009) e Tulpa – Perdizioni mortali (2012) aveva conquistato gli appassionati, stavolta Federico Zampaglione non è da meno. Siamo negli anni Novanta, e seguiamo le vicende di una restauratrice d’arte americana, chiamata in un piccolo borgo italiano a riportare al suo antico splendore un dipinto medievale, che nasconde una maledizione. The Well (2024) è un film crudo e inquietante, che cita il nostro glorioso passato, per esempio La casa dalle finestre che ridono (1976) di Pupi Avati, che si muove su due piani narrativi che finiscono per intrecciarsi. Non è consigliato a deboli di stomaco, ma per chi fosse intenzionato a trascorrere un’ora e mezzo di puro terrore, e soprattutto di ottima manifattura made in Italy, è una scelta più che azzeccata.

    Piove (2022)

    Un horror ben fatto ambientato in una Roma post-apocalittica, che strizza gli occhi a pellicole di registi come George A. Romero. Un dramma familiare dentro una Capitale dominata dal caos, in cui la pioggia è incessante e dalle fogne una misteriosa sostanza, se inalata, è in grado di scatenare gli istinti più violenti delle persone. Presenta qualche affinità con Siccità (2022) di Paolo Virzì nel racconto dell’apocalisse capitolina e di una società al collasso, seppur con toni differenti. Piove (2022), il primo lungometraggio da “solista” di Paolo Strippoli, è fortemente consigliato per chi è alla ricerca di un’opera che intrattiene, angoscia, e soprattutto per chi è alla ricerca di una nuova voce per il genere.

    A Classic Horror Story (2021)

    Un viaggio in camper tra cinque sconosciuti si trasforma in un incubo. Dopo essere scampati a un incidente, il gruppo si ritrova in una zona isolata, a peregrinare nei boschi per poi imbattersi in una casa di legno e in un misterioso culto. Con A Classic Horror Story (2021) Paolo Strippoli e Roberto De Feo hanno realizzato un meta-horror, che oltre a citare continuamente dei capisaldi del genere, da Non aprite quella porta (1974) a La casa (1981), offre persino una riflessione sullo stato di salute del genere in Italia. Spoiler? Eh no, non se la passa bene… anche se forse dopo aver visto questo film un bagliore di speranza lo avrete.

    Il legame (2020)

    Domenico de Feudis e il suo horror pugliese. Emma (Mia Maestro), accompagnata dalla figlia, si reca in Puglia con il fidanzato Francesco (Riccardo Scamarcio) per conoscere la madre di lui, Teresa. Lì la bambina verrà colpita da un’antica maledizione, che sembra possa essere risolta solo con alcuni riti ancestrali. Una storia di magia nera, di elementi sovrannaturali e di credenze arcaiche a sfondo rurale che rende Il legame (2020) un’opera prima convincente, che si è conquistata uno spazio tra le ultime produzioni italiane che tentano di rendere ordinario il cinema dell’orrore. Consigliato a chi non è alla ricerca di uno “spavento immediato” e che preferisce una tensione costante da tenere incollati alla poltrona per l’intera durata del film.

    The Nest – Il Nido (2019)

    Una casa di campagna, una madre severa e iperprotettiva nei confronti del figlio, costretto alla sedia a rotelle per un incidente, tanto da non farlo uscire dalle mura domestiche. Qual è il mistero dietro questa prigionia forzata? Buona la prima per Roberto De Feo che confeziona un horror ben curato, che si avvale di intense interpretazioni, e non vi scorderete di Francesca Cavallin. Lo sguardo va oltreoceano, per atmosfere e sviluppo narrativi non si può non pensare a titoli come The Village (2004) o The Others (2001). Consigliato agli appassionati di horror psicologici, di drammi a sfondo familiare, e soprattutto a chi vuole dare una possibilità a una rinascita del genere nel nostro paese.

  • Tutti i film e le serie di “Scooby-Doo”: guida completa e ordine di visione

    Tutti i film e le serie di “Scooby-Doo”: guida completa e ordine di visione

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Che tu sia cresciuto con la sigla "Scooby-Dooby-Doo, where are you?" o abbia scoperto per caso un mistero al sabato mattina, una cosa è certa: Scooby-Doo è un pezzo di storia. Dal 1969 a oggi, il cane fifone più famoso della TV ha collezionato serie, film, reboot e crossover che hanno conquistato intere generazioni.

    Ma tra mille adattamenti, timeline e versioni alternative, è facile perdersi. Da dove si parte? Cosa è canonico? E in che ordine ha senso guardarli?

    In questo articolo ti guidiamo alla scoperta di tutti i film le serie TV di Scooby-Doo e dove guardarli in ordine in streaming. Che tu sia un nostalgico della Mystery Inc. o un nuovo fan incuriosito dai mostri smascherati, qui troverai il modo perfetto per fare binge tra spettri, trappole e panini giganti.

    1. Scooby-Doo, Where Are You! (1969–1970)

    È la serie con cui tutto è cominciato. Scooby-Doo, Where Are You! ha introdotto al mondo la Mystery Inc.: Fred, Daphne, Velma, Shaggy e l’indimenticabile Scooby-Doo, un alano fifone ma dal cuore d’oro. Ogni episodio segue una formula semplice ma irresistibile: un mistero paranormale, una vecchia casa abbandonata, indagini strampalate e, alla fine, un colpevole in maschera smascherato dal gruppo. Il tono è leggero, umoristico, con gag ricorrenti e una colonna sonora vintage che è diventata iconica. Nonostante l’animazione limitata e i fondali riciclati, questa serie è ancora oggi amata per il suo charme retrò e per aver dato il via a uno dei franchise più longevi della TV. Se vuoi iniziare dall’inizio e capire l’essenza pura di Scooby-Doo, questo è il punto di partenza ideale. È come leggere il primo capitolo di un libro che ha ancora tantissime pagine da raccontare.

    2. The New Scooby-Doo Movies (1972–1973)

    Con questa seconda serie, gli episodi di Scooby-Doo diventano più lunghi e... molto più affollati! The New Scooby-Doo Movies introduce un format inedito: ogni puntata dura circa 45 minuti e presenta un ospite speciale, spesso una celebrità reale o un personaggio dei cartoni. Da Batman e Robin ai Globetrotters, passando per Don Knotts o Sonny & Cher, è una carrellata di crossover folli e irresistibili. Il tono rimane fedele all’originale, ma con un pizzico in più di assurdità e un ritmo più disteso. È una serie curiosa, perfetta per chi ama le sorprese e vuole vedere la Mystery Inc. interagire con icone pop dell’epoca. Anche se non tutti gli episodi sono memorabili, è una pietra miliare nella storia dell’animazione e un esperimento che ha ampliato l’universo di Scooby. Se ti piacciono i crossover e l’umorismo camp, questa serie è da riscoprire.

    3. The Scooby-Doo Show (1976–1978)

    Spesso considerata la “terza stagione non ufficiale” della serie originale, The Scooby-Doo Show riprende in pieno lo stile e la formula di Where Are You!, ma con una produzione più moderna per l’epoca e una maggiore varietà di scenari. I mostri diventano un po’ più elaborati, le gag meglio ritmate e le ambientazioni più ricche, anche se il cuore della serie resta invariato: misteri finti, colpevoli mascherati e trappole che non funzionano mai. Questa serie è perfetta per chi vuole continuare la visione dopo le prime due stagioni classiche, mantenendo intatto lo spirito della Mystery Inc. Alcuni episodi sono davvero memorabili, con villain bizzarri e ambientazioni gotiche molto affascinanti. È anche una delle serie più nostalgiche per i fan cresciuti negli anni ’70 e ’80. In breve, se hai apprezzato il primo Scooby-Doo, questo è il naturale proseguimento prima che il franchise iniziasse a cambiare volto.

    4. Scooby-Doo and Scrappy-Doo (1979–1980)

    Con l’arrivo di Scrappy-Doo, il franchise cambia ritmo. Questo cucciolo coraggioso (e a volte irritante) irrompe nella Mystery Inc. con il suo motto “Puppy Power!” e un’energia opposta a quella di Scooby e Shaggy. La serie Scooby-Doo and Scrappy-Doo segna un punto di svolta: il tono si fa più frenetico, le gag più slapstick e i misteri iniziano a lasciare spazio all’azione comica. Sebbene non tutti i fan abbiano amato Scrappy, è impossibile negare l’impatto di questa fase nella storia del franchise. La struttura degli episodi resta familiare, ma le dinamiche tra i personaggi si rimescolano: Fred, Daphne e Velma sono spesso messi in secondo piano per dare più spazio al trio Scooby-Shaggy-Scrappy. È una serie transitoria ma importante, che ha mantenuto vivo l’interesse verso Scooby-Doo in un momento di evoluzione. Da vedere per capire come il brand ha cercato di rinnovarsi restando fedele a sé stesso.

    5. The 13 Ghosts of Scooby-Doo (1985)

    Tra tutte le serie del franchise, The 13 Ghosts of Scooby-Doo è una delle più atipiche — e anche tra le più amate dai fan più curiosi. Per la prima volta, Scooby e compagni affrontano veri fantasmi: niente più finti mostri smascherati, ma creature soprannaturali da intrappolare in uno scrigno magico. Il gruppo è ridotto: solo Scooby, Shaggy, Daphne e Scrappy, con l’aggiunta del piccolo Flim-Flam e del misterioso Vincent Van Ghoul (doppiato da Vincent Price!). La serie ha un tono più dark e seriale, con un arco narrativo (trovare e catturare i 13 fantasmi fuggiti). Purtroppo la serie fu interrotta prima della conclusione, con solo 13 episodi realizzati e uno lasciato in sospeso fino al film Scooby-Doo! and the Curse of the 13th Ghost (2019). Un piccolo cult, divertente e unico, ideale per chi cerca qualcosa di diverso nella saga.

    6. A Pup Named Scooby-Doo (1988–1991)

    Con A Pup Named Scooby-Doo, la Mystery Inc. torna... all’infanzia. Questa serie reimmagina Scooby, Shaggy, Velma, Daphne e Fred come bambini, alle prese con misteri scolastici e mostri stilizzati. Il tono è più cartoonesco e umoristico, con un’estetica vivace e colori sgargianti. Ogni episodio è un mix di slapstick, espressioni esagerate e battute pensate per un pubblico più giovane, ma non per questo meno godibili dagli adulti. La serie introduce gag ricorrenti divertenti (come l’accusa immotivata al sospettato Red Herring) e sviluppa un’identità propria, pur mantenendo la struttura da classico Scooby-Doo. È una parentesi molto anni ’90, perfetta per chi ama le versioni “baby” dei personaggi iconici. Con il suo stile energico e autoreferenziale, è un prodotto unico nel franchise, e ha contribuito a far conoscere Scooby-Doo a una nuova generazione di spettatori.

    7. Scooby-Doo on Zombie Island (1998)

    Considerato il capolavoro assoluto dei film animati di Scooby-Doo, Zombie Island segna una svolta dark nel franchise. Stavolta i mostri non sono finti: sono veri zombie, spiriti vendicativi e gatti mannari, il tutto ambientato in una palude della Louisiana carica di tensione gotica. Dopo anni di pausa, la Mystery Inc. si riunisce per un servizio giornalistico, ma l’avventura prende una piega inquietante. L’animazione è più curata, i dialoghi più maturi e l’atmosfera decisamente più cupa rispetto alle produzioni precedenti. Il film è diventato un cult proprio perché rompe gli schemi e dimostra che Scooby-Doo può essere anche inquietante, emozionante e visivamente ricco. Per molti fan, questo è il punto più alto mai raggiunto dalla saga animata. Se vuoi vedere la Mystery Inc. affrontare un vero horror sovrannaturale, Zombie Island è la tappa obbligata. E sì: Scooby ha veramente paura, e stavolta con ottime ragioni.

    8. Scooby-Doo! and the Witch’s Ghost (1999)

    Dopo il successo di Zombie Island, il secondo film animato mantiene il tono dark e misterioso. In Witch’s Ghost, la gang accompagna un famoso scrittore gotico — Ben Ravencroft — nella sua città natale nel New England, dove scoprono un’antica leggenda legata alla stregoneria. La colonna sonora rock firmata dalle Hex Girls (una band diventata culto tra i fan) aggiunge energia alla narrazione, mentre la storia affronta temi come l’ossessione, l’inganno e la riscrittura della storia. Ancora una volta, l’elemento sovrannaturale è reale, e l’atmosfera gotica è accentuata da una palette scura e scenari autunnali perfetti. Il personaggio di Ravencroft, ispirato a Stephen King, è una chicca per gli appassionati di horror letterario. Un film avvincente, perfetto per Halloween, che consolida la rinascita adulta e più intensa del franchise. Da vedere con le Hex Girls a tutto volume e una candela accesa.

    9. Scooby-Doo and the Alien Invaders (2000)

    Con Alien Invaders, la saga animata cambia leggermente tono: dopo due film cupi, qui si vira verso la fantascienza con un mix più soft tra mistero e romanticismo. La gang si ritrova bloccata in un paesino nel deserto dove si dice siano atterrati degli alieni. Tra mulini a vento, camper e agenti governativi sospetti, Scooby e Shaggy vivono una vera love story con due hippy… che forse non sono chi sembrano. Il film è visivamente brillante, con un’atmosfera da Area 51 e un umorismo più marcato. Nonostante l’impianto sia meno horror rispetto ai predecessori, resta uno dei titoli più amati per il suo tono spensierato e i momenti emotivi tra i personaggi. È ideale per chi cerca una versione più dolce e psichedelica di Scooby-Doo, ma con misteri e colpi di scena al punto giusto. E sì, ci sono davvero gli UFO!

    10. Scooby-Doo and the Cyber Chase (2001)

    L’ultimo della “tetralogia d’oro” dei film animati early 2000s, Cyber Chase porta Scooby e la gang dentro un videogioco ispirato alle loro stesse avventure. È un film divertente, pieno di azione e con un concept metanarrativo interessante: i protagonisti devono affrontare versioni digitali di se stessi, superare livelli e combattere un misterioso virus chiamato Phantom. L’ambientazione virtuale permette all’animazione di spaziare in mondi diversi: da un’arena di gladiatori a una spiaggia preistorica. Il tono è più leggero rispetto a Zombie Island, ma mantiene alta la tensione e la creatività. È anche il primo film in cui la voce di Scooby passa ufficialmente a Frank Welker. Un titolo perfetto per gli appassionati di videogiochi, avventure dinamiche e viaggi dentro al mondo digitale. Conclude un’era iconica per il franchise e resta tra i preferiti dei fan per il suo spirito geek e la struttura da “livelli da superare”.

    11. Scooby-Doo (2002)

    Il primo film live action di Scooby-Doo, diretto da Raja Gosnell e scritto da James Gunn (sì, proprio lui), è diventato un cult generazionale. Con un cast perfetto — Freddie Prinze Jr. (Fred), Sarah Michelle Gellar (Daphne), Linda Cardellini (Velma) e Matthew Lillard (Shaggy) — porta sul grande schermo una versione ironica e satirica del franchise. La gang si ritrova sull’isola di Spooky Island, dove qualcosa di oscuro sta controllando gli studenti in vacanza. L’atmosfera è camp, sopra le righe e volutamente kitsch, ma riesce a catturare lo spirito originale del cartone con trovate visive geniali e un umorismo che strizza l’occhio anche agli adulti. La CGI di Scooby può sembrare datata oggi, ma la performance di Lillard è così perfetta da diventare iconica. Il film ha saputo reinventare Scooby-Doo per il cinema senza snaturarlo, e resta ancora oggi una tappa obbligata per ogni fan.

    12. Scooby-Doo 2: Mostri Scatenati (2004)

    Sequel diretto del primo film live action,Mostri Scatenati riporta la Mystery Inc. a Coolsville, dove una mostra sui loro vecchi casi viene attaccata… dai mostri stessi! Questa volta non si tratta di una singola creatura, ma di un'intera galleria di villain classici riportati in vita, da Black Knight Ghost a Tar Monster. Il film è un omaggio puro alla storia animata del franchise, con un’estetica da fumetto e un tono più action. Rispetto al primo capitolo, c’è più spazio per i singoli personaggi: Velma vive una (imbarazzante) infatuazione, Fred e Daphne mostrano le loro fragilità, e Shaggy e Scooby cercano di dimostrarsi veri eroi. È più leggero e forse meno memorabile del primo, ma è pieno di fanservice e creature bizzarre. Nonostante il tono giocoso, riesce a essere una lettera d’amore ai fan storici della serie animata. Imperdibile per chi è cresciuto con Scooby-Doo.

    13. Le nuove avventure di Scooby-Doo (2002–2006)

    Dopo una lunga pausa, Le nuove avventure di Scooby-Doo segna il ritorno della Mystery Inc. in grande stile. È un reboot fresco e moderno, pensato per una nuova generazione di spettatori ma fedele allo spirito originale. L’animazione è più fluida e pulita, le ambientazioni variano in ogni episodio (da parchi di divertimento a basi scientifiche), e le colonne sonore pop-punk firmate dai Simple Plan aggiungono un tocco early 2000s irresistibile. La formula resta classica: mistero, investigazione e smascheramento finale, ma tutto è più dinamico. La serie riesce a rinnovare il brand senza snaturarlo, introducendo anche piccoli aggiornamenti nelle personalità dei protagonisti. È perfetta per chi vuole un Scooby-Doo accessibile, allegro e ritmato. Inoltre, per molti è una delle ultime produzioni “classiche” prima delle sperimentazioni più spinte degli anni successivi. Se vuoi iniziare con qualcosa di moderno ma familiare, questa serie è la scelta giusta.

    14. Shaggy & Scooby-Doo Get a Clue! (2006–2008)

    Una delle serie più divisive dell’universo Scooby-Doo, Shaggy & Scooby-Doo Get a Clue! rompe con la tradizione: niente Mystery Inc., niente misteri classici e un’estetica completamente diversa. Qui i protagonisti sono solo Shaggy e Scooby, che ereditano una fortuna e diventano improbabili agenti segreti alle prese con il malvagio Dr. Phibes. L’animazione è più stilizzata, il tono più surreale e iperattivo. La serie punta su un umorismo caotico e una trama più orientata all’azione che al mistero. Non è la preferita dei fan nostalgici, ma rappresenta un esperimento curioso e, per certi versi, audace nel tentativo di rinnovare completamente la formula. Ideale per chi cerca un Scooby-Doo fuori dagli schemi, anche se può spiazzare chi ama la struttura tradizionale. Un piccolo outsider nel franchise, da vedere almeno una volta per farsi un’idea.

    15. Scooby-Doo! Il mistero ha inizio (2009)

    Con Il mistero ha inizio, Warner Bros. rilancia il brand live action raccontando le origini della gang. Niente cast originale, ma volti più giovani per un pubblico teen: Nick Palatas è Shaggy, Robbie Amell è Fred, Kate Melton è Daphne e Hayley Kiyoko è Velma. Il film è ambientato durante il liceo, quando i quattro protagonisti si incontrano per la prima volta e risolvono il loro primo mistero. Il tono è da high school movie con un tocco paranormale, e la CGI è migliorata rispetto ai film precedenti. Nonostante sia destinato a un pubblico più giovane, funziona per introdurre una nuova generazione al mondo di Scooby-Doo. Interessante anche per i fan storici che vogliono scoprire “come tutto è cominciato”. Una produzione TV, ma con buona cura e tanto cuore, che ha il merito di espandere la mitologia in modo coerente e rispettoso del materiale originale.

    16. Scooby-Doo! La maledizione del mostro del lago (2010)

    Sequel diretto di Il mistero ha inizio, La Maledizione del Mostro del Lago segue la gang durante un’estate in cui lavora in un country club, ma ovviamente… succede qualcosa di strano. Una creatura misteriosa terrorizza il lago, e toccherà ancora una volta a Scooby e amici scoprire chi c’è dietro la minaccia. Il tono resta leggero e adatto ai più giovani, con dinamiche sentimentali tra i personaggi (Fred e Daphne flirtano, Velma è gelosa) e momenti comici tipici del franchise. La CGI è discreta e i paesaggi lacustri danno un tocco estivo e rilassato alla vicenda. Anche se meno potente del primo capitolo, resta una visione simpatica per chi ha apprezzato il reboot adolescenziale della Mystery Inc. Un film che punta tutto sull’intrattenimento, sulle interazioni tra i protagonisti e sul fascino delle “vacanze rovinate dai mostri”. Niente di rivoluzionario, ma perfettamente in linea con lo spirito Scooby-Doo.

    17. Scooby-Doo! Mystery Incorporated (2010–2013)

    Considerata da molti la migliore serie Scooby-Doo di sempre, Mystery Incorporated porta il franchise a un nuovo livello di profondità. Per la prima volta, la narrazione è seriale: c’è un grande mistero che si sviluppa episodio dopo episodio, una mitologia ricca di riferimenti oscuri e colpi di scena degni di un drama. I personaggi sono più complessi, le dinamiche tra loro si fanno tese (Velma e Shaggy hanno una relazione, Daphne è innamorata di Fred…), e i misteri sono più cupi, con veri elementi horror e riferimenti alla cultura gotica. L’animazione è moderna ma stilosa, e il tono mescola umorismo, azione e pathos. È una serie pensata anche per un pubblico adulto, pur restando accessibile ai più giovani. Se vuoi vedere Scooby-Doo come non l’hai mai visto prima, con una trama appassionante e una qualità altissima, questa è la serie imperdibile.

    18. Be Cool, Scooby-Doo! (2015–2018)

    Be Cool, Scooby-Doo! è la serie più sperimentale del franchise dal punto di vista visivo. L’animazione è volutamente caricaturale, quasi da I Griffin, e l’umorismo è molto più surreale e autoreferenziale. Dopo l’intensità drammatica di Mystery Incorporated, questa serie punta tutto sul tono leggero, sulla comicità e sul nonsense. La Mystery Inc. resta al completo, ma i personaggi sono portati all’estremo: Fred diventa ossessionato dalle trappole, Velma iper-razionale fino al paradosso, Daphne… sempre più bizzarra. È una serie che spiazza, e non tutti l’hanno apprezzata, ma funziona se la si prende per quello che è: una parodia giocosa del mito di Scooby-Doo. Se cerchi risate senza troppe pretese, o se vuoi qualcosa di completamente diverso, questa serie può sorprenderti. Da provare con mente aperta.

    19. Scooby-Doo and Guess Who? (2019–2021)

    Scooby-Doo and Guess Who? è un nostalgico ritorno alle origini con un tocco contemporaneo. Riprende il formato degli anni ’70 (The New Scooby-Doo Movies), in cui ogni episodio vede la Mystery Inc. affiancata da una celebrità diversa. Ma qui gli ospiti sono ancora più vari e sorprendenti: da Whoopi Goldberg a Sia, da Steve Urkel a Neil deGrasse Tyson. L’umorismo è leggero e ironico, e i misteri tornano a essere classici, con smascheramenti e colpi di scena buffi. L’animazione è pulita e colorata, adatta a un pubblico giovane ma piacevole anche per gli adulti. La serie riesce a essere inclusiva, stravagante e al passo coi tempi, mantenendo però intatto il fascino vintage del brand. È una scelta perfetta per chi ama i crossover, gli ospiti VIP e un Scooby-Doo divertente, ritmato e pieno di sorprese.

    A questi si aggiungono, alcuni film stand-alone da gustare anche senza conoscenze pregresse. Alcuni sono a tema stagionale, perfetti per Halloween o l’estate!

    • Scooby-Doo! Camp Scare (2010)
    • Scooby-Doo! and the Legend of the Vampire (2003)
    • Scooby-Doo! and the Loch Ness Monster (2004)
    • Scooby-Doo! Moon Monster Madness (2015)
    • Happy Halloween, Scooby-Doo! (2020)
    • Trick or Treat Scooby-Doo! (2022)
  • Da "The Witch" a "Midsommar": i 10 migliori horror A24 da non perdere

    Da "The Witch" a "Midsommar": i 10 migliori horror A24 da non perdere

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Che A24, la casa di produzione e distribuzione fondata a New York nel 2012, abbia rivoluzionato il cinema statunitense è una realtà oggettiva. Lo dimostra la pluralità di voci e generi che, in questi primi suoi anni di vita, ha saputo portare sullo schermo dando spazio a registi emergenti o grandi autori e a un'audacia narrativa che ha ravvivato l'industria cinematografica. 

    Altro grande merito è quello di aver contribuito, insieme alla Blumhouse e a Jordan Peele, a dare nuova linfa al genere horror. Da Under the Skin di Jonathan Glazer, loro prima produzione di genere, passando per Robert Eggers con The Witch - con il quale danno il via al cosiddetto horror elevato in cui il male c'è ma non si vede -, A24 ha un peso notevole nella storia del moderno cinema dell'orrore.

    Questo anche grazie alla scelta di lasciare carta bianca ai loro registi, liberi di sperimentare e osare portando a un'innovazione narrativa ed estetica. Senza contare poi al gran numero di esordi prodotti. Uno dei casi più eclatanti è quello dei registi australiani Danny e Michael Philippou che con Talk to Me prima e Bring Her Back poi, hanno ottenuto una grande attenzione da parte di pubblico e critica. Per il futuro, invece, vi conviene segnarvi questo nome: Kane Parsons.

    Liceale classe '95 che, dopo aver postato sul suo canale YouTube un video, The Backrooms, da milioni di visualizzazioni, ha attirato l'attenzione della casa di produzione. Realizzato con la camera a mano con la tecnica del found footage, il filmato immortala spazi abbandonati e lunghi corridoi vuoti prendendo spunto da una leggenda metropolitana legata ai bug dei videogiochi. Un progetto che ha convinto A24 a produrre il suo primo film basato sui suoi corti.

    JustWatch vi porta alla scoperta dei 10 migliori horror A24 da (ri)vedere, perfetti per Halloween.

    1. The Witch (2015)

    Esordio alla regia per Robert Eggers e davanti alla macchina da presa per Ana Taylor-Joy, The Witch è un folk horror con elementi soprannaturali di grande impatto. Ambientato nel XVII secolo, il film racconta la storia di una famiglia puritana che si imbatte nelle forze del male che infestano i boschi adiacenti la loro fattoria nel New England. Senza mai mostrare l'orrore, la pellicola segue un andamento lento che culmina nel finale in un potente climax. Come ci ha abituati Eggers anche nei suoi film successivi, The Witch è ricco di dettagli e avvolto in un'atmosfera sottilmente disturbante. Senza voler solo spaventare, il film affronta anche svariate tematiche: dalla repressione sessuale femminile al fanatismo religioso.

    2. It Comes at Night (2017)

    Un altro grande horror basato sulla percezione, con il quale Trey Edward Shults mette in scena un racconto paranoico. La storia è quella di un padre (Joel Edgerton) che vive isolato in una casa immersa nel bosco con la sua famiglia dopo che sulla Terra si è diffusa una malattia contagiosa e letale. In It Comes at Night convivono horror, thriller, survival movie e dramma. Un film dall'andamento lento nella prima parte, che si apre al dubbio e al sospetto nella seconda, quando il protagonista si imbatte in altri sopravvissuti. Isolamento, diffidenza e paura sono gli ingredienti che alimentano la narrazione per una storia che sottolinea come spesso sia l'uomo stesso la più grande minaccia per se stesso.

    3. Il sacrificio del cervo sacro (2017)

    Ispirato in parte dal mito greco rappresentato da Euripide nell'Ifigenia in Aulide, Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos è un thriller psicologico intriso di umorismo nerissimo e tragicità. Colin Farrell è un chirurgo affermato che si ritrova a dover scegliere quale membro della sua famiglia sacrificare dopo che una strana malattia ha colpito uno dei figli. Un sinistro adolescente legato al suo passato (Barry Keoghan), infatti, gli spiega che quella è l'unica soluzione in suo possesso per salvarlo. Un racconto disturbante, dove l'ambiguità morale va a braccetto con sensi di colpa e vendetta. Formalmente impeccabile, la pellicola è un horror d'autore che attraverso un ricatto mette in scena una scelta impossibile che si traduce in una paura crudele.

    4. Hereditary – Le radici del male (2018)

    Esordio alla regia di Ari Aster, uno dei più grandi registi horror del cinema contemporaneo. Hereditary – Le radici del male vede nella morte dell’anziana Ellen il vaso di Pandora attraverso il quale la sua famiglia scopre una serie di segreti terrificanti che la porta a confrontarsi con un destino al quale sembra non poter sfuggire. Un film sul lutto e sul peso dell'eredità che Aster costruisce con maestria, spingendo il film verso l'horror soprannaturale e psicologico. Un racconto che porta lo spettatore a percepire un senso di angoscia latente per tutta la visione, anche grazie all'incredibile lavoro fatto sul suono. Una visione obbligata del cinema dell'orrore del XXI secolo.

    5. Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019)

    Partendo dall'esperienza personale della fine di una relazione, Ari Aster ci regala uno degli horror più rappresentativi di A24 e degli anni 2000. La protagonista è Florence Pugh nei panni di una studentessa di psicologia che porta sulle spalle il peso di una relazione infelice e una tragedia familiare. Quando parte con il ragazzo e un gruppo di amici per un festival estivo in un villaggio svedese, spera di ritrovare un po' di serenità. Ma quel luogo apparentemente placido si rivela presto sinistro. Con Midsommar – Il villaggio dei dannati, il regista dà vita a una favola macabra immersa in elementi folk horror e illuminata da una luce accecante, che parla di lutto, codipendenza, manipolazione emotiva e vendetta. Un film audace che, a suo modo, parla di rinascita.

    6. Saint Maud (2019)

    Altro incredibile esordio al lungometraggio quello di Rose Glass con Saint Maud, un horror psicologico in cui fede, malattia mentale e terrore convivono. Al centro del racconto una solitaria infermiera recentemente convertita (Morfydd Clark), convinta che Dio abbia in serbo per lei un piano divino. Molto lontano per atmosfera, scrittura e regia dagli horror a tema religioso, il film è una disamina di una donna isolata dalla società e persa in un delirio. Narrativamente divisa in due, la pellicola usa ambientazioni e musiche per amplificare il senso di isolamento in cui è immersa la protagonista e per costruire attorno a lei un'atmosfera densa.

    7. The Lighthouse (2019)

    Il secondo film di Robert Eggers è un horror espressionista interamente girato in un bianco e nero conturbante e inquieto, influenzato da Sigmund Freud. Ambientato verso la fine del XIX secolo sulle coste del New England, il film vede Willem Dafoe e Robert Pattinson nei panni di un vecchio guardiano del faro e del suo timoroso aiutante. Filmata in 4:3 e in 35mm, The Lighthouse è una discesa nella follia dei due uomini attraverso cui parlare di dinamiche di potere, rivalità maschile, salute mentale e le zone d'ombra che ognuno di noi ha. Un film dall'estetica raffinata in cui convivono psicologia, sessualità e mitologia, e in cui non manca un accenno umoristico.

    8. Lamb (2021)

    Esordio dell'islandese Valdimar Jóhannsson, Lamb vede protagonista Noomi Rapace nei panni di una donna che vive in una fattoria insieme al marito. La loro felicità è andata in frantumi quando hanno perso la loro unica figlia. Ma in quelle stesse campagne scoprono una creatura misteriosa che porta a una nuova dinamica familiare. Una favola popolare che intreccia horror, dramma, humour, surrealismo e, addirittura, tenerezza mentre esplora il tema del lutto e della genitorialità. Uno dei migliori esempi di un nuovo corso dell'horror moderno.

    9. La trilogia di X di Ti West (2022-2024)

    La trilogia di X di Ti West è un'opera ambiziosa che dal Texas del 1918 arriva fino all'Hollywood del 1985. Al centro due personaggi, Maxine Minx e Pearl, entrambi interpretati da Mia Goth. La prima è un'aspirante attrice mentre la seconda ha perso la sua chance di diventare famosa. Un horror slasher che esplora i temi di ambizione, invecchiamento, sessualità e il prezzo della fama. Se X è un omaggio proprio allo slasher anni '70, Pearl, il suo prequel, è un dramma psicologico mentre MaXXXine abbraccia un'atmosfera da thriller neon-noir. Una trilogia che ha anche il sapore di una riflessione sull'influenza di determinate epoche cinematografiche sulla società.

    10. Bodies Bodies Bodies (2022)

    Prima di Babygirl, la regista olandese Halina Reijn ha realizzato uno slasher pungente, ironico e venato di comicità su un gruppo di ventenni privilegiati. Tutti insieme nella stessa villa isolata, i protagonisti iniziano un gioco di società, ma quando qualcosa va storto sono costretti ad affrontare insicurezze e dinamiche tossiche. Bodies Bodies Bodies mette al centro la Gen Z, di cui si prende gioco in un film che usa il linguaggio dei social e la tecnologia per evidenziare quanto influenzano le amicizie giovanili. Un horror che guarda a un classico come Scream e si attesta come slasher dei tempi moderni.

  • Da “L'amica geniale” a “M – Il figlio del secolo”: le 10 migliori serie TV italiane dell'ultimo decennio

    Da “L'amica geniale” a “M – Il figlio del secolo”: le 10 migliori serie TV italiane dell'ultimo decennio

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la serialità italiana gode di ottima salute, quella cattiva è che 10 titoli non bastano a racchiudere le migliori serie TV nostrane dell'ultimo decennio. 

    Sono, infatti, molte di più le produzioni che in quest'ultima decade hanno arricchito il panorama narrativo del piccolo schermo, permettendo anche all'Italia di poter esportare all'estero titoli capaci di competere con successi di fama mondiale.

    Tra il proliferare delle piattaforme che hanno concesso una maggiore libertà creativa a sceneggiatori e registi e un'apertura a storie più audaci, ecco che il pubblico ha potuto avere a disposizione un ventaglio ricchissimo di scelte. Da Il miracolo (2018) e Anna (2021), due gemme scritte e dirette da Niccolò Ammaniti, a L'arte della gioia (2025) di Valeria Golino passando per l'ambizione di Romulus (2020) e la minuziosa ricostruzione di Avetrana – Qui non è Hollywood (2024), l'originalità di Christian (2023), l'autoironia diCall My Agent – Italia (2023), le sfumature dell'adolescenza raccontate in SKAM – Italia (2018) e Prisma (2022) fino al successo popolare di Mare Fuori (2020)

    JustWatch ha stilato una lista delle 10 migliori serie tv dell'ultimo decennio.

    The Young Pope (2016)

    Una serie spiazzante e provocatoria che segna l'esordio di Paolo Sorrentino alla regia di una serie TV. Jude Law è Lenny Belardo, il primo pontefice americano. Considerato un santo da alcuni, il neo Papa vuole riportare la Chiesa ad essere inaccessibile e misteriosa decidendo di non farsi vedere o intervistare e adottando una politica conservatrice. Quello scritto da Sorrentino è un personaggio enigmatico e contraddittorio che cala in un racconto visivamente sontuoso filmato con il suo tocco inconfondibile. Ironica, profonda, surreale, The Young Pope è uno dei più alti esempi di serialità italiana.

    1992 – 1994 (2015 – 2019)

    Da “un'idea di Stefano Accorsi”, come recitava il tormentone che ha accompagnato l'uscita della trilogia 1992/1993/1994. Il racconto in chiave romanzata degli eventi che hanno portato a Tangentopoli e all'inchiesta di Mani Pulite. Attraverso personaggi fittizi, su tutti il pubblicitario dal passato oscuro Lorenzo Notte, la serie ci fa sbirciare dal buco della serratura di uno dei periodi più concitati del nostro Paese, tra corruzione, aule di tribunale, intercettazioni, mazzette e ascese politiche. Un titolo accolto con favore anche in Europa e negli Stati Uniti che intreccia la ricostruzione storica con sottotrame dedicate ai personaggi di fantasia, ma profondamente ancorati alla realtà.

    L'amica geniale (2018 - 2024)

    La serie italiana dell'ultimo decennio più rappresentativa delle nostre capacità e la più acclamata dalla stampa oltreoceano. L'amica geniale – co-prodotta con la HBO – è l'adattamento per il piccolo schermo dei romanzi di Elena Ferrante. Un ritratto dell'amicizia femminile dagli anni '50 ai primi 2000 che segue l'evoluzione del complesso legame tra Lila e Lenù, dall'infanzia nel rione di Napoli in cui sono nate fino all'età adulta, mentre sullo sfondo vanno in scena 60 anni di storia italiana. Quattro stagioni densissime, emozionanti e profonde, rese ancor più preziose dalle meravigliose interpretazioni dei suoi attori.

    We Are Who We Are (2020)

    We Are Who We Are - commissionata da HBO e Sky Studios - è la prima serie TV scritta, prodotta e diretta da Luca Guadagnino. Ambientata in uno spicchio di Stati Uniti in Italia, nella base militare di Chioggia, la serie esplora le tematiche di adolescenza, identità e scoperta di sé grazie al rapporto tra l'introverso Fraser e la spavalda Caitlin, due giovani alla ricerca del proprio posto nel mondo. Un racconto di formazione splendido che riflette sui corpi, la sessualità fluida e l'amicizia. Ad accompagnare il racconto una colonna sonora, come sempre capita nei lavori di Guadagnino, capace di far convivere più anime, dall'elettronica al pop italiano.

    Strappare lungo i bordi (2021)

    Un gioiello d'animazione firmato Zerocalcare che passa dalla bidimensionalità delle strisce dei suoi fumetti alla tridimensionalità della serialità. Sei episodi senza sbavature in cui il fumettista di Rebibbia racconta episodi della sua infanzia e vita adulta intervallandoli con digressioni e flashback. Dentro c'è di tutto, dalle riflessioni sull'ansia ai riferimenti alla storia più recente come i fatti del G8 di Genova. Profondamente divertente quanto commovente, Strappare lungo i bordi – accompagnata da personaggi iconici come Secco e l'Armadillo – è un racconto intimo eppure universale nel quale rispecchiarsi.

    Esterno notte (2022)

    Presentato al Festival di Cannes come film, Esterno notte è anche la prima serie TV diretta da Marco Bellocchio che, dopo Buongiorno Notte (2003), torna a raccontare il rapimento di Aldo Moro. Questa volta però sceglie di metterlo in scena non solo dal punto di vista del presidente della Democrazia Cristiana, ma anche attraverso lo sguardo di chi gli stava intorno. Fabrizio Gifuni, eccellente nei panni del politico e giurista, guida un cast di grandi attori per una serie dalla ricostruzione storica impeccabile che si addentra nelle complesse dinamiche politiche di quegli anni. Un'opera affascinante, tragica e sfaccettata.

    The Bad Guy (2022)

    L'uscita di The Bad Guy è stata una vera e propria sorpresa. Una serie crime che si diverte a giocare e ribaltare i cliché del genere con un tono pop e irriverente. Protagonista il Nino Scotellaro di Luigi Lo Cascio, un magistrato siciliano che finisce per diventare un criminale dopo essere stato accusato ingiustamente di essere colluso con Cosa nostra. Un racconto grottesco e satirico che parla di giustizia, illegalità e ambiguità morale mentre costruisce più di un parallelo con la nostra realtà.

    Dostoevskij (2024)

    La prima serie TV dei fratelli D’Innocenzo è un noir cupo sull'origine stessa della violenza. Un lavoro complesso e visivamente potente che esplora il lato oscuro dell'animo umano. Ambientata in una provincia spettrale, Dostoevskij vede Filippo Timi nei panni di Enzo Vitello, cupo investigatore sulle tracce di un serial killer con il quale inizia un rapporto epistolare segreto che lo costringerà a guardarsi dentro. Una serie dal taglio autoriale che disturba e ammalia. La riprova del talento dei due fratelli registi.

    Hanno ucciso l'uomo ragno - La leggendaria storia degli 883 (2024)

    Un tripudio di gioia e nostalgia. Non si può che descrivere così Hanno ucciso l'uomo ragno - La leggendaria storia degli 883, la serie di Sydney Sibilia ispirata all'omonima canzone degli 883 di cui racconta gli inizi. Una storia di musica e amicizia sullo sfondo della provincia degli anni '90 e di un successo travolgente quanto imprevisto. Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli sono strepitosi nel dare voce e corpo a Max Pezzali e Mauro Repetto così come regia e sceneggiatura sono accurati nel riportare in vita un'epoca a cui guardare con il sorriso. Ironica, tenera ed entusiasmante.

    M – Il figlio del secolo (2025)

    Coraggiosa e splendida. M – Il figlio del secolo, basata sull'acclamato romanzo di Antonio Scurati, è una serie ambiziosa che fotografa l'ascesa al potere di Benito Mussolini mentre ne distrugge il mito. Un grande sforzo produttivo e artistico che si regge sull'intensa interpretazione del Duce di Luca Marinelli contornato da un cast di grandi comprimari. Joe Wright dà vita alle pagine del romanzo con un piglio deciso in cui coglie tutta l'ambivalenza del padre del fascismo. Molto più di una serie TV, M – Il figlio del secolo è anche un monito per il nostro presente grazie alla figura e alle parole di Giacomo Matteotti.

  • Autunno Crunchyroll 2025: 10 anime da non perdere e tutte le nuove uscite

    Autunno Crunchyroll 2025: 10 anime da non perdere e tutte le nuove uscite

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’autunno 2025 di Crunchyroll ha l’energia della prima campanella: weekend scanditi dai simulcast, ritorni XXL e nuove serie pronte a monopolizzare le timeline. Tra fine settembre e metà ottobre si compone un mosaico molto vario: da un evento‑finale come My Hero Academia – FINAL SEASON ai rientri amati (SPY x FAMILY 3, To Your Eternity 3, Campfire Cooking 2, One‑Punch Man 3).

    Si passa poi per novità chiacchieratissime iniziate quest’estate che spingono sul lato pop del catalogo (Gachiakuta, TOUGEN ANKI) e per nuovi adattamenti che parlano chiaro al pubblico di oggi (la vendetta elegante di May I Ask for One Final Thing? e l’isekai “furbo” My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s). Intanto One Piece continua a fare da bussola, con l’appuntamento domenicale che non molla.

    Per non perdersi nulla, qui sotto approfondiamo i dieci titoli più attesi e da non perdere assolutamente, ma se vuoi pianificare la tua watchlist a colpo d’occhio, a fine articolo trovi la lista completa dell’offerta autunnale.

    One-Punch Man — Stagione 3 (2015 - in corso)

    Saitama torna a fare ciò che gli riesce meglio: risolvere cataclismi con uno sbadiglio e un pugno, mentre il mondo impazzisce intorno a lui. La nuova stagione di One-Punch Man alza la posta con l’Associazione dei Mostri e un Garou sempre più magnetico, portando il tono su binari più cupi ma senza perdere la scintilla meta‑comica che ha reso la serie un fenomeno. Ci aspettano scontri che picchiano duro, una regia che gioca con la sproporzione tra hype epico e nonchalance assoluta del protagonista, e un ensemble di eroi sempre più strampalato. È il tipo di anime che guardi per l’azione, ma resti per l’ironia corrosiva e il commento sul mito del supereroe. Se ti affascina la miscela tra botte shōnen e satira alla Mob Psycho 100 (2016 - 2022) o il cinismo supereroistico di The Boys (2019 - in corso), sentirai casa: One‑Punch Man è il comfort‑food più esplosivo dell’autunno, perfetto per i rewatch del weekend e le clip virali del giorno dopo.

    My Hero Academia — FINAL SEASON (2016 - in corso)

    Ultima corsa per una delle saghe cardine dell’ultimo decennio: la stagione finale di My Hero Academia promette un climax corale che stringe tutti i fili – dal duello ideale tra Deku e Shigaraki alla legacy di All Might – con quell’equilibrio tra spettacolo e sentimento che ha reso l’accademia degli eroi un rito di passaggio per tanti spettatori. Preparati a battaglie di peso, confessioni che fanno male e quel tema, mai banale, del “passare la torcia”. Qui non si tratta solo di chi vincerà: conta come i personaggi scelgono chi essere sotto pressione. Se ami i finali che chiudono i cerchi alla Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009 - 2010) e ti emozioni con il senso di squadra alla Haikyuu!! (2014 - 2020), questo è il tuo evento di stagione: un addio celebrativo, perfetto per watch‑party e discussioni infinite.

    May I Ask for One Final Thing? (2025)

    Voglia di revenge fantasy con mordente? Entra Scarlet di May I Ask for One Final Thing?: un’antieroina affilata come una lama che, dopo l’ennesima umiliazione, ribalta il tavolo con una grazia letale e un umorismo nerissimo. Qui il ballo di corte diventa arena, il bon ton si spezza in coreografie d’azione, e le dinamiche da “villainess” si tingono di sangue e sarcasmo senza rinunciare alla brillantezza romantica. Il ritmo è quello giusto per il binge, tra twist frizzanti e soddisfazioni catartiche. È la serie che consigli a chi chiede “qualcosa di cattivo ma divertente”, capace di mischiare empowerment e slap di trama con una leggerezza consapevole. Se ti hanno conquistato i ribaltamenti di ruolo di My Next Life as a Villainess (2020 - 2021) ma cerchi più grinta, o l’energia tagliente di The Executioner and Her Way of Life (2022), qui trovi un nuovo guilty pleasure… senza il guilty.

    My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s (2025)

    My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s è un isekai dal taglio scaltro: il protagonista viene evocato come comprimario, ma scopre presto che le sue skill da assassino superano di parecchio l’eroe designato. Da lì parte un on‑the‑run pieno di intrighi di corte, incontri ambigui e combattimenti disegnati per far brillare la progressione di potere. Niente tono spensierato: l’atmosfera è più dark del previsto, con decisioni morali che pesano e una tensione costante tra libertà personale e pedine del regno. L’appeal sta nel vedere un “numero due” prendersi la scena, ribaltando le gerarchie. Se ti intriga la spietatezza tattica di Overlord (2015 - 2022) o hai un debole per i protagonisti pragmatici alla Shield Hero (2019 - in corso), questa serie è il tuo appuntamento del lunedì: solida, furba, pronta a far discutere sulle scelte del suo anti‑eroe.

    SPY x FAMILY — Stagione 3 (2022 - in corso)

    La famiglia Forger rientra in missione con l’equilibrio perfetto tra spionaggio vintage, commedia degli equivoci e momenti teneri che fanno “aw” anche al più coriaceo, ma anche una parentesi sul passato oscuro e non così felice di Twilight. L’operazione Strix si allarga in SPY x FAMILY, i piccoli drammi domestici diventano heist di quartiere, e la messa in scena rimane elegante, giocosa, irresistibile. È quell’anime che puoi proporre a chiunque: ride il fan navigato, si innamora il neofita, si affezionano perfino i cinici grazie alle espressioni inimitabili di Anya e alle coreografie incredibilmente leggibili. Se ami la brillantezza romantica di Kaguya‑sama: Love Is War (2019 - 2022) e il gusto d’azione leggera alla City Hunter (1987 - 1991), qui ritrovi lo stesso ritmo scintillante: perfetto per serate in famiglia, comfort‑watch garantito e meme assicurati a ogni episodio.

    To Your Eternity — Stagione 3 (2021 - in corso)

    Il viaggio di Fushi in To Your Eternity continua e cambia pelle, come sempre, ma senza tradire la domanda che lo muove da subito: cosa significa davvero vivere e legarsi agli altri quando il tempo non ti consuma? La nuova stagione promette incontri che segnano, perdite che interrogano, e un’espansione del mondo capace di rispecchiare il presente con delicatezza. L’anime resta un balsamo ruvido: ti accarezza e poi ti graffia, spingendoti a pensare all’identità, alla memoria, alla responsabilità affettiva. Non è “solo” fantasy, è una meditazione accessibile, sostenuta da immagini evocative e da un ritmo che lascia respirare. Se ti hanno spezzato e ricomposto Violet Evergarden (2018) o Made in Abyss (2017 - 2022), qui troverai la stessa malinconia luminosa: preparati a piangere bene e a voler bene a ogni nuovo incontro.

    Campfire Cooking in Another World with My Absurd Skill — Stagione 2 (2023 - in corso)

    Campfire Cooking in Another World with My Absurd Skill è indubbiamente l’isekai più comfort del listino di Crunchyroll che torna a servire piatti caldi e slice‑of‑life ben speziati. Tra ricette “OP”, amicizie da party e quel cagnone carismatico che ruba la scena, la serie conferma la sua vocazione: allentare la tensione senza scadere nel piatto. È una coccola settimanale che sposa food‑animation golosa, micro‑avventure e un umorismo gentile che ti fa sorridere a bassa voce. Il bello è che non devi “stare al passo”: puoi entrare quando vuoi e sentirti subito a casa. Se ti hanno sfamato l’inventiva culinaria di Delicious in Dungeon (2024 - in corso) e il tepore da locanda di Restaurant to Another World (2017 - 2021), questa seconda stagione è il tuo appuntamento mid‑week: una pausa rigenerante tra due shōnen pieni di adrenalina.

    One Piece (1999 - in corso)

    Non è una serie, è un ecosistema: One Piece continua a reinventarsi senza perdere l’odore di salsedine e la fame d’avventura. Ogni settimana porta il suo piccolo rito – teoria, clip, discussione – e ogni mini‑arco sa trovare un picco emotivo o coreografico da ricordare. Il fascino resta quello della grande epopea pop: amicizia, sogni impossibili, scelte che costano. È perfetto sia per il follow‑up seriale da domenica sera sia per i recuperi a blocchi, perché la narrazione premia la dedizione ma regala soddisfazioni immediate. Se sei cresciuto con Dragon Ball Z (1989 - 1996) o Naruto (2002 - 2017) e cerchi ancora quel senso di “mondo che si apre”, qui non sbagli: le vele sono sempre tese e il viaggio continua a valere la rotta.

    Gachiakuta (2025 - in corso)

    Un pugno di ruggine nello stomaco: Gachiakuta mescola urban‑fantasy e attitudine punk, preferendo la grana sporca alla patina lucida. L’azione è nervosa, la regia cerca soluzioni fisiche e creative, e i personaggi si muovono in un ambiente che sembra graffiare anche quando stai fermo. È l’anti‑comfort della stagione: più rabbia, più sudore, più verticalità nei combattimenti. Funziona perché non ha paura di essere sgradevole quando serve, e proprio lì trova la sua bellezza. Se ti seducono i mondi eccentrici e abrasivi di Dorohedoro (2020) o l’energia compressa di Jujutsu Kaisen 0 (2021), questo è il titolo che aggiunge spezie forti alla tua playlist: da vedere con cuffie alte e luci basse.

    TOUGEN ANKI (2025 - in corso)

    Battle‑shōnen vecchia scuola nel migliore dei sensi: lignaggi maledetti, scuole, allenamenti che spingono al limite e rivalità che crescono insieme ai personaggi. Il divertimento è tutto nel “come”: coreografie fisiche, poteri dal design riconoscibile, e un’idea chiara di progressione che ti fa tifare per ogni micro‑traguardo. TOUGEN ANKI non cerca rivoluzioni, punta alla qualità del gesto e alla costruzione di un cast che ti resta addosso. Se adori il sacro triangolo allenamento‑scontro‑superamento di Blue Exorcist (2011 - 2024) o Fire Force (2019 - in corso), qui trovi la dose settimanale perfetta per accendere il weekend: un episodio e sei già in modalità “ne voglio un altro”.

  • Chi potrebbe vincere gli Oscar nel 2026? Le nostre speculazioni in base ai festival di Venezia e Toronto

    Chi potrebbe vincere gli Oscar nel 2026? Le nostre speculazioni in base ai festival di Venezia e Toronto

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    And the Oscar goes to… Può sembrare ancora presto, ma l’inizio dell’autunno è in realtà il momento giusto per iniziare a chiedersi chi potrebbe vincere l’Oscar. Per farsi un’idea basta infatti guardare gli ultimi due grandi Festival svoltisi da poco: la Mostra del Cinema di Venezia e il Toronto International Film Festival.

    Parlando di Venezia, negli ultimi anni la Mostra ha predetto diversi titoli che sono poi andati agli Oscar, da nominati o addirittura da vincitori. Per esempio “Nomadland” (2020) di Chloé Zhao, dopo aver ricevuto il Leone d’Oro al Lido, ha vinto tre Oscar, di cui uno per miglior film. È successo anche a “The Shape of Water – La forma dell’acqua” (2017) di Guillermo del Toro, che ha vinto quattro statuette dorate, miglior film incluso, su tredici candidature.

    Il prestigioso Premio del Pubblico di Toronto (People’s Choice Award) è spesso predittivo per il premio più ambito dell’Academy. Tra gli esempi, “The Millionaire” (2008) di Danny Boyle, “Il discorso del re” (2010) di Tom Hooper, “12 anni schiavo” (2013) di Steve McQueen, “Green Book” (2018) di Peter Farrelly, e di nuovo “Nomadland” (2020). 

    Quest’anno il Leone d’Oro è andato a “Father Mother Sister Brother” (2025) di Jim Jarmush, mentre il People’s Choice Award a “Hamnet” (2025) di Chloé Zao, che potrebbe ambire a un bis del riconoscimento più importante del cinema. 

    Passiamo però in rassegna anche altri titoli che sono stati presentati ai Festival, che potrebbero far parlare di sé alla prossima notte degli Oscar, e dunque nella prossima stagione cinematografica.

    Hamnet - Nel nome del figlio (2025)

    Reduce dal People’s Choice Award a Toronto, ad oggi “Hamnet - Nel nome del figlio” (2025) è il favorito agli Oscar. Il film di Chloé Zhao è stato accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica, e sembrerebbe destinato a lasciare il segno nell’immaginario dei cinefili, e non solo. Tratto dal pluripremiato bestseller di Maggie O’Farrell, “Nel nome del figlio. Hamnet” (2021), edito in Italia da Guanda, la pellicola segue il rapporto tra William Shakespeare e la moglie Agnes, focalizzandosi sull’impatto del drammatico lutto di loro figlio, Hamnet, scomparso a soli undici anni. Protagonisti Jessie Buckley e Paul Mescal per l’opera che avrebbe tutte le carte in tavola per giocare una partita interessante davanti ai giurati dell’Academy.

    Father Mother Sister Brother (2025)

    Reduce dal Leone d’Oro a Venezia, “Father Mother Sister Brother” (2025) è un altro contendente importante per l’Oscar. L’opera di Jim Jarmusch è un film a episodi, che cerca di indagare le dinamiche familiari, a tratti inevitabilmente ancora misteriose. Definito dallo stesso regista un anti-film d’azione, si concentra sulla quotidianità, sui piccoli dettagli, raccontando le disfunzioni che albergano le famiglie. Alternando ironia e malinconia, e avvalendosi di grandi interpretazioni, ha sicuramente sorpreso pubblico e critica, oltre ad aver evidentemente toccato le corde della giuria veneziana. L’uscita nelle sale italiane è prevista per il 24 dicembre. 

    La voce di Hind Rajab (2025)

    24 minuti di applausi alla fine della proiezione a Venezia. “La voce di Hind Rajab” (2025) un’opera potente e soprattutto straziante quella della regista tunisina Kaouther Ben Hania (“Quattro figlie” (2023), che ripercorre la tragica storia di Hind Rajab, di origine palestinese, uccisa a soli sei anni durante un attacco dell’esercito israeliano. Avvalendosi delle vere registrazioni audio delle telefonate intercorse tra la bambina, i familiari e i volontari della Mezzaluna, ne esce un film duro e commovente. Ha sfiorato il Leone d’Oro, ha vinto il Leone d’Argento – Gran premio della giuria, è stato scelto come candidato tunisino all’Oscar per miglior film straniero. Nelle sale cinematografiche dal 25 settembre.

    No Other Choice – Non c’è altra scelta (2025)

    La Corea del Sud ha appena scommesso su “No Other Choice – Non c’è altra scelta” (2025) per la corsa agli Oscar per il miglior film straniero. Molto apprezzato a Venezia, a Toronto classificato al primo posto dell’International People’s Choice Award, il film che segna il ritorno dietro la macchina da presa di Park Chan-wook potrebbe fare molto rumore in caso di nomination. Una black comedy che ruota attorno a Yoo Man-soo, interpretato da Lee Byung Hun (“Squid Game” (2021-2025), un uomo che viene improvvisamente licenziato dalla cartiera per cui ha lavorato per oltre venticinque anni. Non trovando un nuovo impiego, escogita una singolare strategia: eliminare (letteralmente) la concorrenza. Una spietata riflessione sul mondo del lavoro e sulle storture del capitalismo dei nostri giorni, che fa pensare a un “Parasite” (2018) bis. Stavolta forse con meno ambizioni, in termini di statuette. 

    Frankenstein (2025)

    Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, “Frankenstein” (2025) di Guillermo del Toro è una rilettura moderna del romanzo di Mary Shelley. Il regista ha assemblato un cast d’eccezione per un progetto al quale ha lavorato per decenni, come Oscar Isaac, Jacob Elordi e Mia Goth, e le prime recensioni parlano di un film affascinante sul piano tecnico e visivo. A Toronto si è classificato al secondo posto del People’s Choice Award, il che fa pensare che potrebbe rimettere in campo il cineasta messicano nella prossima edizione degli Oscar. Dal 22 ottobre nelle sale, e dal 7 novembre su Netflix.

    La Grazia (2026)

    Dopo l’anteprima mondiale a Venezia, e la vittoria di Toni Servillo della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, “La Grazia” (2026) di Paolo Sorrentino è sicuramente un film da tenere sott’occhio. Soprattutto alla luce che quest’anno non è rientrato tra i titoli selezionati per rappresentare l’Italia come miglior film straniero agli Oscar. La pellicola non è risultata infatti eleggibile per la selezione, in quanto la sua uscita italiana supera la data limite del 30 settembre 2025. Tuttavia, potrebbe concorrere agli Oscar in altre categorie, grazie all’uscita statunitense fissata al 5 dicembre 2025.

    Alla loro settima collaborazione, Sorrentino e Servillo mettono in scena il ritratto di un fittizio Presidente della Repubblica durante i suoi ultimi giorni di mandato. Che si tratti del film più politico del regista de “Il Divo” (2008)? In sala dal 15 gennaio 2026.

    The Smashing Machine (2025)

    “The Smashing Machine” (2025), biopic su Mark Kerr, segna l’esordio da solista alla regia di un lungometraggio per Benny Safdie (dunque senza il fratello Josh). Una prova fortunata che gli ha fatto ottenere proprio a Venezia il Leone d’Argento- Premio speciale per la regia. Così come potrebbe essere fortunata anche per il suo attore protagonista, Dwayne “The Rock” Johnson, che per la sua interpretazione del leggendario campione di lotta libera, Vale Tudo e MMA, con tanto di meticolosa preparazione fisica sostenuta, sembrerebbe avere una strada spianata per la sua prima nomination all’Oscar. In sala dal 19 novembre.

    Bugonia (2025)

    “Bugonia” (2025) segue le vicende di due uomini ossessionati dalle cospirazioni che arrivano a rapire la CEO di una grande multinazionale, convinti che si tratti di un’aliena intenzionata a distruggere la terra. Remake del film sudcoreano “Save the Green Planet!” (2003), Yorgos Lanthimos si riunisce ancora una volta con l’attrice-musa, Emma Stone (dopo “La favorita” (2018), “Povere creature!” (2023) e “Kinds of Kindness” (2024) i due sono alla quarta collaborazione) per mettere in scena una satira sulla società contemporanea, che sembrerebbe essere stata accolta con entusiasmo. Presentato in concorso a Venezia, l’uscita nelle sale italiane è prevista per il 13 novembre.

    Dead Man’s Wire (2025)

    L’ultima fatica di Gus Van Sant si ispira a una storia vera, avvenuta l’8 febbraio 1977 a Indianapolis. “Dead Man’s Wire” (2025) ripercorre il caso di Tony Kritsis, che sentendosi truffato dalla sua banca finì per prenderne in ostaggio il figlio del presidente, pretendendo delle scuse e un risarcimento da 5 milioni di dollari. Le trattative furono trasmesse in diretta televisiva, fu una vicenda che tenne l’America col fiato sospeso per ben 63 ore. Un film ricco di suspense, ricco di inquietanti parallelismi con altri recenti fatti di cronaca, come la vicenda di Luigi Mangione. Potrebbe concorrere agli Oscar, persino come miglior interpretazione dell’attore protagonista, Bill Skarsgård. La data di uscita non è ancora nota.

    Wake Up Dead Man - Knives Out (2025)

    “Wake Up Dead Man – Knives Out” (2025) è la terza indagine del detective Benoit Blanc (Daniel Craig). Le prime indiscrezioni da Toronto parlano di un cambio di rotta per la saga murder mystery scritta e diretta da Rian Johnson: toni più cupi per una storia più emozionante. Ci sarebbero stati anche elogi per il lavoro dell'attore Josh O’Connor, tra le new entry del cast. Ricordando che i precedenti film, “Cena con delitto” (2019) e “Glass Onion” (2022), erano riusciti a ottenere la candidatura agli Oscar, rispettivamente nella categoria miglior sceneggiatura originale e miglior sceneggiatura non originale, chissà che stavolta la candidatura possa allargarsi ad altre categorie. Su Netflix dal 12 dicembre. 

    Christy (2025)

    “Christy” (2025) è un biopic su Christy Martin, leggendaria pugile statunitense. Presentato in anteprima mondiale a Toronto, la pellicola con protagonista Sydney Sweeney ha impressionato il pubblico, soprattutto per l’incredibile trasformazione della giovane attrice, che ha preso ben 13 kg per il ruolo. Potrebbe essere un perfetto contraltare per “The Smashing Machine” (2025), in quanto in entrambi i film sono state elogiate le prove attoriali dei loro protagonisti, fantasticando già per una nomination agli Oscar rispettivamente per “miglior attore” e “miglior attrice”.

  • Che fine hanno fatto gli attori del cast di “Scrubs”? Ecco dove rivederli

    Che fine hanno fatto gli attori del cast di “Scrubs”? Ecco dove rivederli

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    È ufficiale, i medici di Scrubs torneranno in corsia. A dare l’annuncio, infatti, è stato il network ABC, con la conferma che la sitcom medica più amata dei primi anni ‘2000 tornerà con una nuova stagione, prevista per il 2025-2026.

    Non c'è ancora una data d’uscita, tuttavia è certo che rivedremo presto i corridoi del Sacro Cuore, insieme al trio di attori che l’ha reso l’ospedale più divertente del piccolo schermo: Zach Braff, Sarah Chalke e Donald Faison. Alla regia, ovviamente, ci sarà il creatore della serie Bill Lawrence, che nel frattempo si è dato da fare, con due gioiellini come Ted Lasso e Shrinking.

    Per ora altri indizi non ce ne sono, e ancora non si sa da dove partirà questa nuova stagione, né tantomeno è stata rivelata la trama; l’unico punto fermo è che JD, Turk e Elliot torneranno a far squadra. Tuttavia, a quindici anni dall’ultimo episodio, i fan non possono che chiedersi chi ci sarà al loro fianco. Il temutissimo Dottor Cox? Il direttore dell’ospedale sarà ancora Bob Kelso? L’inserviente tornerà a tormentare JD? 

    È ancora troppo presto per dare risposte, ma in attesa di vedere chi tornerà a indossare il camice, facciamo un ripasso con un salto indietro nel tempo per scoprire che fine hanno fatto gli attori di Scrubs. 

    Zach Braff (John “JD” Dorian)

    JD non era solo il protagonista e la voce narrante di Scrubs, JD era Scrubs. Sognatore inguaribile, ironico, perso nei suoi pensieri, un personaggio impossibile da non adorare. Dopo la serie, Zach Braff ha portato lo stesso spirito creativo che animava il suo personaggio, nel cinema indipendente con titoli come Wish I Was Here (di cui è stato anche regista), In Dubious Battle (diretto da James Franco) fino a French Girl, uscito nel 2024. Prolifico anche dietro la macchina da presa, con l’ultimo lavoro pubblicato nel 2023, A Good Person, interpretato da Florence Pugh, compagna di Braff dal 2019 al 2022. Come regista ha anche affiancato Bill Lawrence per alcuni episodi di Ted Lasso e Shrinking.

    Sarah Chalke (Elliot Reid)

    Elliot era la dottoressa talvolta saputella, brillante, ma spesso impacciata e bloccata dalle sue insicurezze. A darle voce Sarah Chalke che, dopo Scrubs ha diviso la carriera tra sitcom (How I Met Your Mother, Compagni di università) e doppiaggio (Rick and Morty, dove interpreta Beth). Più di recente è stata protagonista nella serie L’estate in cui imparammo a volare. È anche molto attiva nel sociale, in particolare per la sensibilizzazione sulla sindrome di Kawasaki, patologia da cui suo figlio è affetto. 

    Donald Faison (Christopher Turk)

    Turk era l’amico che tutti vorrebbero: chirurgo tra i più talentuosi del Sacro Cuore, simpatico, e metà perfetta della “bromance” con JD. Dopo Scrubs, Donald Faison ha recitato in The Exes e Emergence e ha prestato la sua voce come doppiatore di Hype Fazon per Star Wars Resistance, oltre ad alcuni lavori come conduttore e podcaster. 

    John C. McGinley (Perry Cox)

    Quasi fosse una versione comica di Gregory House, il dottor Cox era il mentore (e incubo) di JD e colonna portante del Sacro Cuore. Non da meno l’attore che l’ha reso un personaggio cult, John C. McGinley, volto lanciato con Platoon di Oliver Stone. Dopo Scrubs, McGinley ha infatti continuato a lavorare, tra serie come Stan Against Evil e film come 42 e The Belko Experiment. Fuori dal palco è un attivista impegnato nella lotta alla sindrome di Down, portavoce internazionale di diverse associazioni benefiche.

    Judy Reyes (Carla Espinosa)

    E qui veniamo alla spina dorsale dell’intero ospedale, l’instancabile infermiera Carla, vero ago della bilancia in mezzo alle follie dei suoi amici-colleghi. Dopo Scrubs, Judy Reyes ha recitato in serie come Devious Maids e Claws, spaziando dal genere drama alla dark comedy. Negli ultimi anni, inoltre, ha preso parte a titoli di successo planetario, come Succession o Smile. Oggi è anche coinvolta in progetti legati alla rappresentazione latina a Hollywood.

    Ken Jenkins (Bob Kelso)

    Il dottor Kelso era il direttore dell’ospedale, temuto e amato allo stesso tempo per il suo cinismo e le sue uscite imprevedibili. Ken Jenkins ha continuato a collezionare ruoli in serie di successo, tra cui Cougar Town e The Middle. Classe 1940, la sua ultima apparizione risale al 2019 nel film Girls Weekend, e sarà probabilmente difficile vederlo tornare a indossare i panni di Bob Kelso. Ma se succede…

    Christa Miller (Jordan Sullivan)

    Jordan era la “cattiva” più amata dell’Ospedale Sacro Cuore: fredda, pronta a distruggere chiunque con il suo sarcasmo, soprattutto l’ex marito Perry Cox. Dopo il successo riscosso con Cougar Town, oggi l’attrice Christa Miller è tra gli attori protagonisti della serie Shrinking (dal 2023), dove interpreta Liz, vicina di casa ficcanaso del dottor Rhoades interpretato da Harrison Ford.

    Robert Maschio (Todd “The Todd” Quinlan)

    “The Todd” era il personaggio che incarnava tutto ciò che di inopportuno ci possa essere, tra continui apprezzamenti non richiesti e battute a sfondo sessuale. Il personaggio, portato in scena con toni volutamente sopra le righe, era interpretato da Robert Maschio, che dopo la sitcom, oggi lavora come agente immobiliare a Los Angeles. Rivedere Todd in scena sarebbe nella nuova stagione un regalo per tutti i fan di Scrubs, ma allo stesso tempo una sfida per gli sceneggiatori.

    Neil Flynn (L’Inserviente)

    Figura mitologica del Sacro Cuore, vera nemesi di JD, personaggio tra i più amati dai fan, in sintesi l’Inserviente. Dopo Scrubs, l’attore Neil Flynn è apparso in diverse serie di successo, fino a trovare una nuova ‘famiglia’ in The Middle, di cui è stato protagonista per nove stagioni. Come doppiatore ha lavorato ad alcuni episodi di King of The Hill o Bob’s Burger, mentre le sue ultime apparizioni sullo schermo sono Abby’s e un cameo in Shrinking.

  • Da “Demon Slayer” a “One Piece: Red”: i 10 anime con gli incassi più alti nella storia del cinema

    Da “Demon Slayer” a “One Piece: Red”: i 10 anime con gli incassi più alti nella storia del cinema

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’uscita di Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito (2025) ha appena riscritto il manuale del box office americano: l’esordio record e la tenuta clamorosa gli hanno permesso di superare La tigre e il dragone (2000) come film internazionale con il maggiore incasso di sempre negli Stati Uniti.

    È il linguaggio dei fandom: meme, clip, fan screening, sale piene di cosplayer e formati premium (IMAX, 4DX) presi d’assalto. E no, non è una meteora: l’anime in sala è diventato un evento sociale. Le serie costruiscono pubblico a casa, il film lo porta al cinema come a un concerto: date ravvicinate in tutto il mondo, campagne pensate per la condivisione, soundtrack che esplode su Spotify il lunedì dopo. In mezzo, gli autori‑star (Shinkai, Miyazaki) e i brand seriali (da Demon Slayer a One Piece) hanno insegnato ai multiplex a trattare l’animazione giapponese come un’uscita “A‑list”.

    Dentro questo slancio, Infinity Castle è la punta dell’onda, non l’eccezione: un kolossal emotivo che mette in fila rito collettivo, riconoscibilità del brand e qualità artigianale fuori scala. E il calendario non rallenta: Chainsaw Man: Reze Arc (2025) è già all’orizzonte e ha tutte le carte per replicare quel mix di adrenalina, immaginario punk‑romantico e community hyper‑attiva che fa scattare il “devo esserci”. È la nuova normalità: l’anime al cinema non chiede permesso – occupa il weekend e trasforma le sale in arene.

    Dentro questa scia, abbiamo raccolto i 10 anime con gli incassi più grandi della storia da recuperare assolutamente o da rivedere.

    1. Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito (2025) – $648,5M worldwide

    Con Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito la saga di Tanjiro entra nella fase più ambiziosa con un kolossal in tre atti che porta sul grande schermo l’arco più atteso. Funziona perché unisce il virtuosismo visivo di ufotable a una scrittura che alterna pathos, terrore e slanci eroici con ritmo da cinema pop. In sala è pura sinestesia: colonna sonora martellante, coreografie verticale‑orizzontali e set‑piece che sembrano vortici. L’onda lunga della serie tv, il passaparola e l’evento‑fandom hanno fatto il resto. Perché vederlo ora? Per capire dove sta andando il cinema anime nell’era post‑streaming: verso produzioni‑evento, date “global day‑and‑date” e pubblico trasversale. Se ti intriga l’alchimia tra azione e sentimento di Dragon Ball Super: Broly (2018) o i fantasy a nervi tesi della trilogia Fate/stay night: Heaven’s Feel (2017–2020), qui trovi l’evoluzione naturale — più grande, più scuro, più cinematografico.

    2. Demon Slayer: Mugen Train (2020) – $512,7M worldwide

    Demon Slayer: Mugen Train è il film che ha cambiato le regole del gioco: nato come ponte tra stagioni, è diventato un caso globale grazie all’emozione “senza filtri” dell’arco di Rengoku e a un uso della sala come amplificatore emotivo. Mugen Train ha dimostrato che l’IP seriale può guidare il botteghino anche fuori dal Giappone, con release coordinate e un fandom organizzato. A rivederlo oggi colpisce la quasi‑intimità di un blockbuster che sceglie un set unico (il treno) per far esplodere i personaggi. Consigliato a chi cerca la stessa intensità emotiva di A Silent Voice (2016) declinata in chiave action, o a chi vuole un dramma teen ad alto impatto comeJosee, the Tiger and the Fish (2020).

    3. Your Name (2016) – $405,3M worldwide

    Il melodramma sci‑fi che ha consacrato Makoto Shinkai fuori dai circuiti d’essai: scambio di corpi, dislocazioni temporali, montaggi musicali da brivido e un uso poetico dello spazio urbano. Il segreto del successo di Your Name è una romance universale raccontata con la precisione di un thriller emotivo. In sala, ogni transizione è un colpo al cuore e il finale riscrive il concetto di “destino”. Ha aperto una stagione di anime romantici ad alto potenziale mainstream, con esempi che vale la pena recuperare come Hello World (2019) o La ragazza che saltava nel tempo (2006). Se ti piacciono i racconti che fanno dialogare tecnologia e sentimento, è ancora oggi uno standard di riferimento.

    4. La città incantata (2001) – $395,6M worldwide

    Il capolavoro di Hayao Miyazaki, La città incantata, rimane una delle esperienze cinematografiche più dense e libere mai disegnate: crescita, lavoro, desiderio, memoria, tutto filtrato da un immaginario mitico che parla a qualsiasi età. È uno di quei film che ti accompagnano, perché ogni visione aggiunge una stanza nuova al bagno termale di Yubaba. Il suo successo planetario è anche una lezione di fiducia: pubblico e mercati si sono lasciati guidare da un racconto profondamente giapponese e insieme universalissimo. Se ami la poesia avventurosa di Ghibli e vuoi restare nel solco senza duplicare i titoli in classifica, recupera Kiki – Consegne a domicilio (1989) o Il mio vicino Totoro (1988): stessi battiti poetici, sfumature diverse.

    5. Suzume (2022) – $323,6M worldwide

    Shinkai con Suzume torna con un road‑movie apocalittico che parla di ferite collettive e rinascite personali, trasformando porte e chiusure in una coreografia emotiva. Il successo globale di Suzume conferma la maturità industriale dell’anime contemporaneo: marketing internazionale, day‑and‑date allargati, doppiaggi curati e un’impronta estetica riconoscibile. In sala è un viaggio che alterna spettacolo e intimità, con un’attenzione rara al paesaggio come personaggio. Se vuoi restare in scia senza ripetere i titoli della top, prova l’empatia digitale di Belle (2021) o la fantascienza sentimentale di Oltre le nuvole, il luogo promessoci (2004).

    6. Il ragazzo e l’airone (2023) – $294,2M worldwide

    Il ragazzo e l’airone è il film del ritorno (e non addio) di Miyazaki è un racconto di formazione che mescola lutto, desiderio di fuga e slancio creativo. Ha incassato in tutto il mondo non solo per la curiosità mediatica attorno al Maestro, ma perché è cinema purissimo: set‑piece visionari, animazione tattile, una partitura sonora ipnotica. In sala, l’attrazione è la sensazione di mondo in divenire: ogni scena sembra riscrivere le regole del suo stesso universo. Se ti interessa la vena più avventurosa e tecnologica di Ghibli, guarda o recupera Nausicaä della Valle del Vento (1984): due poli che spiegano da dove arriva questo immaginario.

    7. The First Slam Dunk (2022) – $279,0M worldwide

    Il ritorno del basket di Inoue Takehiko al cinema è stato un terremoto emotivo: The First Slam Dunk non è un tributo nostalgico, ma una riscrittura che usa regia sportiva modernissima, montaggio sincopato e gestione del tempo da thriller agonistico. Ha funzionato ovunque, Cina compresa, perché parla di perseveranza, margine d’errore e second chance con un’intensità contagiosa. In sala si esce sudati e felici: pochi film rendono il ritmo dello sport con questa fisicità. Se cerchi un altro titolo “palestra di emozioni” fuori dalla nostra top, segnati Haikyuu!! The Dumpster Battle (2024): stessa fame di riscatto, innesti tecnici diversi.

    8. Il castello errante di Howl (2004) – $237,5M worldwide

    Magia, guerra, metamorfosi: l’epica romantica di Miyazaki strega ancora per la sua capacità di cambiare forma insieme ai protagonisti. Il successo de Il Castello errante di Howl planetario parla di immaginario irresistibile (Howl & Sophie sono diventati icone) e di una visionarietà artigianale che oggi ha il fascino del manufatto prezioso. In sala, è un trionfo di architetture mobili, prospettive impossibili e lirismo quotidiano. Se cerchi un accostamento fuori dalla classifica, resta in casa Ghibli o spostati verso il malinconico contemporaneo di Quando c’era Marnie (2014).

    9. Ponyo sulla scogliera (2008) – $204,8M worldwide

    La fiaba marina più solare di Ghibli, Ponyo sulla scogliera, lavora di sottrazione e meraviglia: colori pastello, animazione d’acqua memorabile, umorismo candido e un’idea di catastrofe sempre a misura di bambino. Il suo trionfo mondiale dimostra che c’è enorme spazio per un family cinema non standardizzato, capace di parlare a chi ha 5 anni e a chi ne ha 50. In sala, ogni onda è un’animazione che vorresti toccare. È anche un ottimo primo contatto con Miyazaki per chi arriva dalle serie tv: una porta spalancata verso il resto del catalogo.

    10. One Piece Film: Red (2022) – $201,4M worldwide

    One Piece Film: Red è il capitolo più pop (e musicale) della saga cinematografica di Eiichiro Oda porta in sala un concerto‑blockbuster che gioca con la serialità di lungo corso senza escludere chi arriva da neofita. È esploso al botteghino perché sposa brand potentissimo e forma evento: brani originali, cameo amati, spettacolo corale. In sala è un party: colori, gag, coreografie piratesche. Se vuoi rimanere in area “idol x shōnen”, orientati su spin‑off e special musicali affini, come per esempio Pretty Guardian Sailor Moon Eternal - Il Film (2021).

  • Da “Il traditore” a “Call My Agent – Italia”: i migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino

    Da “Il traditore” a “Call My Agent – Italia”: i migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A Venezia 82 ha stregato tutti con quella che, ad oggi, si attesta come una delle sue prove più riuscite. Stiamo parlando dell'ex campione di tennis Raul Gatti protagonista de Il Maestro (2025) di Andrea Di Stefano che vedremo a novembre nei nostri cinema. L'ultimo tassello, in ordine di tempo, che costituisce la grande carriera di Pierfrancesco Favino.

    "Una volta c'erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino". È Martellone, il personaggio interpretato da Massimiliano Bruno in Boris (2007-2022), a pronunciare una battuta che contiene un po' di verità. Sì, perché l'attore è diventato uno dei volti più rappresentativi del cinema italiano, tanto da superare i confini nazionali ed essere scelto per prendere parte a produzioni internazionali come Miracolo a Sant'Anna (2008) di Spike Lee, Angeli e Demoni (2009), World War Z (2013) al fianco di Brad Pitt, Rush (2013) con Chris Hemsworth e Daniel Brühl o Maria (2024) di Pablo Larraín dove condivide la scena con Angelina Jolie e Alba Rohrwacher.

    JustWatch ha stilato la classifica dei migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino da recuperare in streaming.

    11. L'ultimo bacio (2001)

    Un cast corale, una colonna sonora malinconica e la crisi dei trent'anni. Con questi ingredienti Gabriele Muccino ha realizzato uno dei film italiani più celebri e importanti del cinema italiano contemporaneo: L'ultimo bacio. Dentro ci sono tutti i tratti tipici del suo modo di intendere e fare film: la paura di crescere, la regia nervosa, la recitazione enfatizzata, la rappresentazione di dinamiche familiari complesse, più linee narrative che confluiscono nella stessa storia.

    È un film amaro che, nell'arco di due ore, parla della fatica di accettare le responsabilità, la paura di confrontarsi con l'età adulta e le insidie delle relazioni consumate dal tempo. Pierfrancesco Favino interpreta Marco, un amico del protagonista con il volto di Stefano Accorsi. Un ruolo che lo ha fatto conoscere al grande pubblico – che riprenderà anche nel sequel, Baciami ancora (2010) – attraverso il quale racconta una delle tante sfaccettature del passaggio a una dimensione adulta. Se A casa tutti bene (2018) ti ha appassionato, anche qui troverai storie sentimentali e familiari altrettanto travolgenti.

    10. La sconosciuta (2006)

    Un grande thriller psicologico firmato da Giuseppe Tornatore. La sconosciuta vede al centro un mistero che si svela lentamente grazie alla memoria della protagonista, un'ottima Ksenia Rappoport. Un film dove passato, presente e un'idea di futuro si intrecciano grazie all'uso di flashback e alle diverse linee temporali che muovono il racconto e svelano a noi spettatori la verità dietro la facciata.

    Un'opera che nei suoi 110 minuti può anche disturbare per la crudezza di certe sequenze, ma che ha anche un cuore caldo nel mettere in scena un dramma umano, nonostante le atmosfere nordiche che lo attraversano. Favino fa coppia con Claudia Gerini nell'interpretare due coniugi genitori di una bambina con la quale la protagonista è convinta di avere un legame profondo. Una prova sottile, misurata, trattenuta che contribuisce ad amplificare quel senso di costante inquietudine e suspence che attraversa la pellicola. Da recuperare se hai apprezzato La doppia ora (2009).

    9. Suburra (2015)

    In Suburra, Pierfrancesco Favino è l'onorevole Filippo Malgradi. Un politico corrotto con legami decennali con "Samurai", leggendario boss del crimine romano con il volto di Claudio Amendola. Una prova in cui l'attore incarna alla perfezione un uomo dalla bassa morale che finisce invischiato in una storia più grande di lui. Nonostante si tratti di un personaggio negativo, Favino riesce comunque a donargli una stratificazione umana.

    Il noir di Stefano Sollima, tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, fa parte della cosiddetta trilogia della Roma criminale del regista iniziata con ACAB – All Cops Are Bastards (2012) e conclusasi con Adagio (2023). Un film corale di oltre due ore fatto di linee narrative che si intersecano che ci porta nei meandri della Capitale dove regna indisturbata la corruzione. L'atmosfera del film è quasi apocalittica nel ritrarre una società dove tutti hanno le mani sporche. Il ritratto di una decadenza morale e di un'ossessione per il potere che si traduce in una regia nervosa e serrata. Se ti è piaciuta la serie TV omonima (2017), l'adattamento televisivo di Romanzo criminale (2008), non perderti il film di Sollima.

    8. Saturno contro (2007)

    Nella filmografia di Ferzan Özpetek il racconto corale e il concetto di famiglia d'elezione sono due pilastri che hanno contribuito a rendere celebre e apprezzato il suo cinema. Saturno contro prende questi due elementi e, nell'arco di poco più di un'ora e mezza, li eleva all'ennesima potenza regalandoci uno dei suoi film più belli ed emotivamente coinvolgenti. Una storia di amore e di amicizia resa ancora più forte da un lutto improvviso che sconvolge le vite dei protagonisti. Un'esplorazione della perdita e delle forza della vita che resiste.

    Saturno contro regala un'altra grande prova di Pierfrancesco Favino in un film che ci ricorda come l'amicizia e la famiglia, qualunque forma e colore abbia, salvano dalla solitudine. La sua interpretazione è infusa di grande delicatezza e mette in scena tutto il dolore e la fragilità del suo personaggio, chiamato a confrontarsi con una perdita devastante. Se hai amato le lunghe tavolate ricche di cibo de Le fate ignoranti (2001) riprese anche nella serie TV omonima del 2022 e le emozioni che accompagnano, non perderti Saturno contro.

    7. Romanzo di una strage (2012)

    Insieme a Marco Bellocchio, Marco Tullio Giordana è uno dei pochi registi italiani ad aver saputo raccontare la storia del nostro Paese con rigore e sguardo vivo. Lo ha fatto con La meglio gioventù (2003) prima e con Romanzo di una strage poi. Un'indagine rigorosa su una delle pagine più complesse e dolorose d'Italia: la strage di Piazza Fontana. Un film asciutto quanto profondamente umano che, in 129 minuti, guarda a un periodo violento che ha segnato il destino di una generazione contrapponendo le figure dell'anarchico Giuseppe Pinelli (Favino) e dell'allora vice-responsabile della Polizia Politica della Questura di Milano, Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea).

    Due uomini dalle visioni opposte accomunati da un tragico destino. Un cinema civile che con coraggio mette in scena verità scomode omaggiando la memoria di chi, nel tentare di rimanere integro, ha pagato con la vita. Favino dimostra ancora una volta la grande versatilità dei suoi registri dando vita al ritratto di un uomo ingiustamente accusato che risponde con profonda dignità e impotenza. Se sei appassionato di film o serie TV che raccontano eventi storici comeI cento passi (2000), Padrenostro (2020) o M – Il figlio del secolo (2025), il film di Marco Tullio Giordana non ti deluderà.

    6. Call My Agent - Italia (2023)

    Riuscito adattamento della serie francese Dix pour cent (2015), Call My Agent - Italia è un piccolo gioiello di umorismo e tanta (auto)ironia. La serie, nelle sue due stagioni da 6 episodi da un'ora, ci permette di sbirciare dietro le quinte del mondo dello spettacolo visto dagli agenti che, ogni giorno, hanno a che fare con attori, registi e altre personalità famose. Una serie brillante e fresca dove personalità di spicco del cinema italiano, da Stefano Accorsi a Gabriele Muccino, si sono prestate per interpretare una versione caricaturale di se stessi.

    La stessa cosa fatta da Favino in uno degli episodi più riusciti della prima stagione intitolato Pierfrancesco e Anna e che gioca proprio sulla sua capacità di trasformarsi in qualsiasi personaggio è chiamato a interpretare. Un omaggio al mestiere dell'attore per una performance che vi farà ridere di gusto in un concentrato di leggerezza e autoironia. Se hai adoratoThe Studio (2025), anche Call My Agent – Italia saprà come intrattenerti. In attesa della terza stagione prevista per novembre.

    5. Napoli - New York (2024)

    Due piccoli orfani napoletani sognano l'America in un dramma emozionante e intriso di ironia diretto da Gabriele Salvatores. Una fiaba ambientata nel dopoguerra nata da un soggetto scritto da Federico Fellini e Tullio Pinelli che celebra la tenacia e la speranza mentre parla di migrazione. Il risultato è Napoli-New York, un film che in oltre due ore omaggia il cinema italiano del Neorealismo, C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone e West Side Story (1961). I due giovani protagonisti, Dea Lanzaro e Antonio Guerra, sono l'asso nella manica di Salvatores e donano al film quell'autenticità che lo ha reso uno dei più grandi successi della sua filmografia.

    Ad impreziosirlo ci pensa la presenza di Favino nei panni del commissario di bordo Domenico Garofalo, un napoletano trapiantato a New York che, con il suo accento mischiato e la bontà d'animo, avrà un ruolo determinante nella vita dei due piccoli scugnizzi protagonisti. Una prova irresistibile, tra emozione e ironia, per un attore che dimostra di poter interpretare qualsiasi ruolo con la stessa convinzione e la cui presenza eleva ogni racconto a cui prende parte.

    4. Romanzo criminale (2005)

    Con già oltre 20 film alle spalle, Pierfrancesco Favino nel 2005 presta voce e corpo al Libanese, uno dei membri della Banda della Magliana raccontati da Michele Placido in Romanzo criminale. Un ruolo importantissimo per un'interpretazione impossibile da dimenticare. L'attore romano porta in scena un uomo spietato quanto fragile con il quale si ritaglia un posto di primo piano nel nostro cinema.

    Oltre 150 minuti di durata nei quali dà vita a un uomo feroce, solo, carismatico. Il film è diventato, invece, un instant cult grazie a un cast azzeccato – Kim Rossi Stuart è il Freddo e Claudio Santamaria il Dandi -, una regia dinamica, la sua atmosfera cupa e il racconto delle gesta criminali della banda intrecciate con la storia italiana fatta di corruzione, segreti e violenza. Oltre alla serie Tv omonima del 2008, se ti piacciono le storie legate alla criminalità come Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), Non essere cattivo (2015) o Anime nere (2014), non puoi perderti questo classico intramontabile.

    3. L’ultima notte di Amore (2023)

    Basterebbe la prima sequenza – una lunga ripresa in notturna - per realizzare quanta ambizione c'è dietro L’ultima notte di Amore di Andrea Di Stefano. Un poliziesco che guarda al cinema internazionale seppur calato in una storia che ha le sue radici ben piantate nel nostro Paese. Un film noir dove la regia gioca su piani differenti e rappresenta uno degli esempi migliori di quello che dovrebbe essere e a cui dovrebbe aspirare il cinema italiano. Un crescendo di adrenalina girato da Di Stefano con mano sicura e interpretato da Favino con la consueta eccellenza.

    Il suo poliziotto, a un passo dal pensionamento dopo 30 anni di servizio in cui non ha mai sparato, si ritrova in una situazione più grande di lui, calato in una spirale di disperazione e criminalità che rischia di mandare all'aria la sua vita. Una vulnerabilità che l'attore riesce a far trasparire sullo schermo dominando la scena per due ore restituendoci un uomo che si ritrova in una situazione più grande di lui facendoci sentire tutto il suo peso emotivo. Da recuperare se ti è piaciuto Reptile (2023).

    2. Hammamet (2020)

    Negli anni Pierfrancesco Favino ci ha abituati a ruoli sempre diversi che hanno richiesto un lavoro importante su voce e postura. Ma mai come in Hammamet di Gianni Amelio. Uno dei punti più alti, finora, della sua carriera in termini di trasformismo. Anche grazie al trucco prostetico, l'attore romano si trasforma in Bettino Craxi raccontato negli ultimi sei mesi della sua vita quando il segretario del partito socialista viveva in esilio in Tunisia.

    Una prova del suo smisurato talento per un ruolo nel quale fa confluire tutte le diverse sfaccettature di un uomo complesso, immerso in una profonda solitudine e che fa i conti con la rabbia e i rimpianti di una vita. Amelio non è interessato a dare risposte, ma vuole restituire la dimensione umana di Craxi e di una vita controversa. Un film intimo che in 126 minuti parla del potere e della sua perdita, delle ripercussioni psicologiche di ritrovarsi solo dopo aver perso tutto. Se hai apprezzato Il Divo (2008) e Loro (2018), non puoi non vedere anche Hammamet.

    1. Il traditore (2019)

    La lucidità dello sguardo di Marco Bellocchio è rimasta intatta fin dal suo esordio. Una gran fortuna per noi spettatori che, da 60 anni, possiamo godere dei suoi film. Con Il traditore sceglie di raccontare la storia del primo grande pentito di mafia del nostro Paese: Tommaso Buscetta. Per interpretarlo chiama Pierfrancesco Favino che offre un'interpretazione monumentale del mafioso e collaboratore di giustizia.

    La sua prova è il cuore di un film in cui è impegnato a indagare le contraddizioni umane di un uomo diviso tra fedeltà e tradimento con una maestria impressionante. Un racconto denso e stratificato che, in oltre due ore e mezza, parla di lealtà, onore e giustizia. Bellocchio alterna momenti di grande drammaticità a sequenze più surreali (da quella dell'elicottero ai sogni del protagonista) e ricostruisce il maxiprocesso di Palermo con grande maestria anche grazie alla presenza di ottimi attori come Luigi Lo Cascio, Fabrizio Ferracane e Fausto Russo Alesi. Da non perdere se hai apprezzato Iddu – L'ultimo padrino (2024).

  • Dalla trilogia di "Fear Street" a "Il gioco di Gerald": i 10 migliori horror da vedere su Netflix

    Dalla trilogia di "Fear Street" a "Il gioco di Gerald": i 10 migliori horror da vedere su Netflix

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Se c'è un genere che sembra non conoscere crisi è quello dell'horror. Negli ultimi anni poi, grazie alla visione di registi come Jordan Peele, Ari Aster e Robert Eggers, c'è stata una vera e propria rivoluzione iniziata con Scappa – Get Out (2017), Hereditary – Le radici del male (2018) e The Witch (2015). 

    Film che hanno permesso al pubblico di andare oltre la dimensione spaventosa e scoprire nuovi autori e opere che sfruttano il genere per parlare di tematiche dal forte impatto sociale come il razzismo, la malattia mentale o le disuguaglianze sociali.

    Con un bacino di spettatori pressoché sconfinato era naturale che anche Netflix puntasse sull'horror e desse spazio a registi e storie che lo declinano in modi sempre diversi, dall'omaggio ai classici di R.L. Stine o alla visione di uno dei cineasti attualmente più rappresentativi del genere come Osgood Perkins.

    JustWatch ha stilato la classifica dei 10 migliori film dell'orrore targati Netflix da vedere sul divano questo Halloween.

    C’è qualcuno in casa tua (2021)

    Un po' Scream (1996), un po' So cosa hai fatto (1997). C’è qualcuno in casa tua rende omaggio agli slasher che hanno fatto la storia del genere, ma con elementi che strizzano l'occhio al presente. Lo fa raccontando la storia dell'adolescente Makani Young che si trasferisce in una placida cittadina del Nebraska per l'ultimo anno di liceo. Peccato che un serial killer mascherato inizi a uccidere i suoi nuovi compagni di scuola, rivelando i loro segreti più oscuri. Così la pellicola di Patrick Brice, adattamento dell'omonimo libro di Stephanie Perkins, tocca tematiche come il cyberbullismo, il razzismo e la sessualità.

    Ma anche quello delle “maschere” che indossiamo quotidianamente e dietro le quali nascondiamo il nostro vero io. Nonostante una certa prevedibilità e personaggi poco approfonditi psicologicamente, il film è una visione di puro intrattenimento che, in 96 minuti, ti terrà compagnia per una serata sul divano, tra un “dolcetto o scherzetto?”. Da recuperare se ti piacciono gli slasher che ti fanno chiedere per tutto il tempo: “Chi è l'assassino?”.

    Sono la bella creatura che vive in questa casa (2016)

    Prima dell'enorme clamore suscitato da Longlegs (2024), Osgood Perkins ha realizzato altri tre lungometraggi horror. Tra questi anche Sono la bella creatura che vive in questa casa. La storia ruota attorno all'infermiera Lily (Ruth Wilson) che si trasferisce nella casa di un'anziana autrice di horror con problemi di demenza senile. Dopo una serie di strani eventi realizza che l'abitazione è infestata e che, anche lei, è un tassello del mistero.

    Un film dal ritmo lento e frammentato, tutto giocato sul terrore psicologico e dove è l'atmosfera asfissiante a dettare il tono del racconto. Non aspettatevi jumpscare, mostri o fantasmi, ma una riflessione di un'ora e mezza sulla morte e la solitudine dal sapore malinconico. Se vi piace il cinema di Perkins, da February – L'innocenza del male (2015) a The Monkey (2025) passando per Gretel e Hansel (2020) e il successo con protagonista Nicolas Cage, non potete perdervi anche questo titolo della sua filmografia.

    Cam (2018)

    Un horror che prende le mosse da una storia semi-autobiografica della sceneggiatrice Isa Mazzei che, prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato come camgirl. Proprio come la protagonista di Cam, Alice, che sogna di raggiungere la Top 50 delle ragazze più viste sul web per ritrovarsi un giorno con il profilo replicato da una sosia che prende il controllo sulla sua vita.

    Uno di quei film dell'orrore che, in poco più di un'ora e mezza, usa il genere per raccontare le insidie del nostro presente mostrandoci come la nostra identità è appesa a un filo digitale che può spezzarsi in qualsiasi momento. Una prospettiva originale e intelligente sulla scissione tra il nostro io reale e quello che proiettiamo in rete. Inoltre, la regia di Daniel Goldhaber sfrutta in modo intelligente l'estetica legata al web giocando con schermi e videochiamate. Se ti sono piaciuti Unfriended: Dark Web (2018) o Obbligo e verità (2018), non resterai deluso.

    The Perfection (2018)

    Un thriller, un body horror, un revenge movie. The Perfection contiene in sé più anime, tutte che convergono per raccontare la storia di Charlotte, talentuosa violoncellista che deve abbandonare la sua carriera per assistere la madre malata. Dieci anni dopo, però, la donna si ritrova ad affrontare il suo passato quando rientra in contatto con il suo ex mentore e Lizzie, la giovane musicista scelta per rimpiazzarla.

    Un'ora e trenta minuti in cui nulla è come sembra. Merito anche del montaggio che non sceglie la linearità e porta lo spettatore a scontrarsi con punti di vista o svolte che non aveva preso in considerazione. Un horror che parla di traumi e manipolazione attraverso la lente del sottogenere e una regia che alterna l'eleganza legata all'ambiente musicale all'eccesso delle sequenze più fisiche. Da recuperare se hai apprezzato Notturno (2020) eIl cigno nero (2010).

    His House (2020)

    L'esordio alla regia di Remi Weekes è uno di quegli horror che stupiscono per la capacità di veicolare il genere per inserire all'interno del film riflessioni di carattere universale o legate alla stretta attualità. His House si concentra su una coppia di rifugiati del Sudan, Bol e Rial, che devono provare ad adattarsi alla vita in una casa popolare in Inghilterra dopo un viaggio traumatico in cui hanno perso la figlioletta. Ma l'abitazione è infestata da uno stregone che sembrerebbe averli seguiti dall'Africa attraverso il mare.

    Oltre alla presenza soprannaturale, la pellicola pone al centro dell'orrore il senso di colpa, il lutto e il trauma vissuto dalla coppia che in quella casa è, in realtà, prigioniera di se stessa e del suo passato. Un dramma sociale sull'esperienza dei rifugiati a cui Weekes aggiunge elementi horror e soprannaturali in modo convincente e fluido. Da vedere se hai amato Amityville Horror (1979) e Dark Water (2002).

    La babysitter (2017)

    Se l'horror e le commedie sono i tuoi generi preferiti, con La babysitter hai trovato il film che fa al caso tuo. La storia è quella di Cole, 12 anni, innamorato della sua babysitter Bee. Quando una sera decide di spiarla, il ragazzino scopre che la ragazza e il suo gruppo di amici sono dei satanisti impegnati in un rito sacrificale. Un film fresco votato all'intrattenimento e perfetto da vedere con un gruppo di amici la notte di Halloween.

    Per 85 minuti ti ritroverai catapultato in una storia che non ha nessuna voglia di prendersi sul serio, puntando tutto su un tono leggero e sull'autoironia per regalare una visione di puro svago arricchita da parecchio sangue. Tante le citazioni agli slasher e al cinema degli anni '80, da La casa (1981) alla saga di Halloween, ma con un approccio più scanzonato alla Scary Movie (2000). E se vuoi raddoppiare l'esperienza di puro svago puoi recuperare anche il sequel La Babysitter - Killer Queen (2020).

    A Classic Horror Story (2021)

    Se nel 2021 il New York Times ti inserisce tra i migliori horror da guardare in streaming, puoi star certo di aver fatto un ottimo lavoro. Stiamo parlando di A Classic Horror Story di Roberto De Feo e Paolo Strippoli che, alla sua uscita, ha fatto parlare dell'inizio di una nuova stagione per il cinema dell'orrore in Italia. Al centro del film cinque sconosciuti che condividono un camper per raggiungere un paesino calabrese. Ma un incidente li costringe a fermarsi in un bosco dove scoprono una capanna dove decidono di passare la notte, senza sapere che sarà l'inizio di un incubo.

    Un'opera originale che gioca con i cliché del genere per poi riassemblarli in modo inedito. Inoltre, l'intera pellicola è un grande esempio di meta-narrazione cinematografica che svela il suo vero volto in un finale sorprendente. Ricco di omaggi al folk horror, agli slasher e agli snuff movies, il film è anche una critica alla nostra ipocrisia. Ossessionati dalla cronaca nera giudichiamo, però, negativamente il cinema dell'orrore per la sua violenza. Imperdibile se ti sono piaciuti The Blair Witch Project (1999), Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019) o La casa del Diavolo (2005).

    1922 (2017)

    Nella sconfinata produzione cinematografica ispirata ai romanzi e ai racconti di Stephen King si inserisce anche 1922, trasposizione dell'omonima opera racchiusa nell'antologia Notte buia, niente stelle del 2010. La storia è quella di Wilfred James, un contadino del Nebraska di inizio anni '20, che convince il figlio adolescente ad aiutarlo a uccidere la moglie per impedire che venda la loro terra. Ma, una volta commesso il crimine, per l'uomo ha inizio una serie di eventi catastrofici.

    Un horror rurale di un'ora e quaranta dal ritmo lento dove il senso di colpa che affligge il protagonista, rappresentato visivamente da dei ratti, è un mostro persecutorio che fagocita la sua esistenza e quella di chi gli sta accanto. Se ti aspetti jumpscare o colpi di scena resterai deluso, ma se vuoi vedere un horror psicologico e d'atmosfera, 1922 è il titolo giusto per te. Specie se hai apprezzato film come It Comes at Night (2017).

    Il gioco di Gerald (2017)

    Uno degli adattamenti più riusciti delle opere di Stephen King. Alla regia Mike Flanagan che ha fatto del cinema dell'orrore la sua cifra stilistica, tra The Haunting of Hill House (2018) e Doctor Sleep (2019), e che recentemente ha trasposto un altro titolo di King sul grande schermo, The Life of Chuck (2025). Ne Il gioco di Gerald racconta la storia di Jessie (Carla Gugino) e di suo marito (Bruce Greenwood) che muore nel corso di un gioco erotico lasciando la moglie ammanettata al letto. Nelle ore trascorse intrappolata, la donna è vittima di allucinazioni e ricordi traumatici.

    Un horror psicologico attraversato da una vena di thriller con cui parlare di traumi irrisolti. Non si tratta solo di una storia di sopravvivenza, ma del confronto con un passato lasciato in sospeso che torna a chiedere il conto. Sebbene la quasi totalità dei 103 minuti del film sia delimitata tra le mura della camera da letto, la regia sa come mantenere alta la tensione senza smorzare il ritmo del racconto. Merito anche dell'ottima prova di Carla Gugino che, da sola, traina la pellicola. Se sei un lettore appassionato di King e ami gli adattamenti dei suoi romanzi comeMisery non deve morire (1990), non puoi perderti il film di Mike Flanagan.

    Fear Street (Trilogia 2021)

    Fear Street Parte 1: 1994, Fear Street Parte 2: 1978, Fear Street Parte 3: 1666. Con questi tre titoli, a cui aggiungere anche Fear Street: Prom Queen (2025), Netflix ha realizzato un doppio e riuscito omaggio. Da un lato ha portato sullo schermo l'omonima serie di libri di R.L. Stine, dall'altro ha celebrato i teen slasher che hanno fatto scuola negli anni '90. Nel farlo ha dato vita a un tripudio di intrattenimento pop che guarda alle saghe di Scream, Venerdì 13 (1980) e al folk horror.

    Ogni film come suggeriscono i titoli è ambientato in un anno diverso, ma a fare da sfondo alle storie c'è sempre la cittadina di Shadyside colpita da eventi terrificanti nel corso di generazioni diverse. Della durata media di un'ora e quaranta, la trilogia saprà intrattenerti, spaventarti e divertirti contemporaneamente. Il tutto mentre ti ritroverai a rintracciare diverse citazioni cinematografiche legate alle saghe horror più celebri.

  • 10 anime horror da guardare in binge per Halloween (solo se hai il coraggio!)

    10 anime horror da guardare in binge per Halloween (solo se hai il coraggio!)

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Halloween è il momento perfetto per immergersi nel brivido, ma se i soliti film horror non bastano più, il mondo degli anime offre esperienze ancora più disturbanti. Dimentica zucche e mostri simpatici: qui si parla di incubi psicologici, carne lacerata, follia collettiva e fantasmi del folklore giapponese che non ti lasceranno dormire.

    Gli anime horror hanno una marcia in più — possono essere estremamente visivi, ma anche profondamente mentali, unendo bellezza e terrore in un equilibrio unico.

    Se ami le atmosfere alla Hereditary (2018) o The Ring (2002), o se vuoi semplicemente farti travolgere da qualcosa di diverso, questa è la tua guida definitiva ai 10 migliori anime horror da guardare in binge per Halloween. Preparati: alcuni di questi non ti lasceranno più.

    1. Perfect Blue (1997)

    Il capolavoro di Satoshi Kon è un incubo lucido sull’identità, la fama e la perdita del controllo. Mima, ex idol pop, tenta di reinventarsi come attrice, ma il confine tra realtà e allucinazione si sgretola rapidamente, trascinandola in una spirale paranoica. Perfect Blue è disturbante non per il sangue, ma per la mente: ti lascia con la sensazione di essere osservato, manipolato, inseguito da te stesso. Se ti è piaciuto Black Swan (2010), sappi che Aronofsky si è ispirato direttamente a questo film. Con la sua regia frammentata e un crescendo di tensione psicologica, è l’horror perfetto per chi teme ciò che si nasconde dentro, più che fuori.

    2. Hellsing Ultimate (2006–2012)

    Se ami vampiri, sangue e un’estetica gotica d’altri tempi, Hellsing Ultimate è la scelta obbligata. Segue Alucard, il vampiro più potente mai esistito, al servizio della misteriosa organizzazione Hellsing impegnata a eliminare mostri e nazisti non morti. Lo stile visivo è brutale e barocco, con battaglie che esplodono in piogge di proiettili e sangue. A differenza del classico Dracula, qui il male non è solo fuori, ma dentro il concetto stesso di umanità. Un mix di azione e orrore gotico che piacerà anche ai fan di Castlevania (2017–2021) per l’epicità e l’eleganza sanguinaria.

    3. Another (2012)

    Un’aula scolastica, una maledizione e una catena di morti tanto assurde quanto inevitabili: Another è l’horror perfetto per chi vuole avvicinarsi al genere senza rinunciare alla tensione. Ambientato in una cittadina di provincia, segue Koichi, un nuovo studente che scopre un mistero legato a una compagna “invisibile” che nessuno sembra vedere. Ogni episodio è un crescendo di ansia e shock, con incidenti sempre più macabri in perfetto stile Final Destination (2000). Il design sonoro amplifica ogni attimo di silenzio, mentre la regia gioca con prospettive e presagi. È l’anime ideale per chi ama gli horror scolastici come Corpse Party (2013) o Higurashi (2006-2021), ma cerca una storia autoconclusiva e inquietante, dove nulla è lasciato al caso — neppure la morte.

    4. Paranoia Agent (2004)

    Solo Satoshi Kon poteva rendere l’ansia metropolitana qualcosa di così spaventoso. Paranoia Agent racconta la storia di un misterioso ragazzino con un bastone da baseball dorato che aggredisce sconosciuti a Tokyo. Ma l’orrore non è nel colpevole, bensì nelle menti delle vittime — e nel modo in cui la paura collettiva si propaga come un virus. Ogni episodio è una storia a sé, ma insieme formano un mosaico psicologico straordinario. Se Perfect Blue esplorava la follia individuale, Paranoia Agent è la sua versione sociale: un horror urbano e mentale, simile per atmosfera a Twin Peaks (1990 - 2017) o Black Mirror (2011 - 2025).

    5. Elfen Lied (2004)

    Un cult assoluto dell’horror anime, Elfen Lied è una ferita aperta che alterna dolcezza e brutalità senza tregua. Lucy, una “diclonius” dotata di braccia telecinetiche invisibili, evade da un laboratorio governativo e lascia dietro di sé una scia di morte e sangue. Ma dietro la violenza grafica e le decapitazioni shock, si nasconde una storia straziante di isolamento, abuso e desiderio di affetto. Ogni episodio bilancia orrore corporeo e dolore emotivo, mettendo in discussione cosa significhi davvero essere umani. Il contrasto tra la colonna sonora sacra, l’estetica delicata e le esplosioni di violenza è volutamente destabilizzante. È un anime che non si dimentica, nonostante (o forse proprio per) quanto fa male. Perfetto per chi ama l’horror psicologico e viscerale di Berserk (1997) o Tokyo Ghoul (2014 - 2018).

    6. Shiki (2010)

    In un tranquillo villaggio di campagna, l’arrivo di una misteriosa famiglia coincide con una serie di morti inspiegabili. Lentamente, gli abitanti scoprono che qualcosa di oscuro si nasconde tra loro. Shiki è un horror gotico e ipnotico che parla di vampirismo, superstizione e paura collettiva, mescolando la tragedia umana al soprannaturale. La serie procede con lentezza chirurgica, costruendo un senso di inquietudine che cresce episodio dopo episodio fino a esplodere in un finale devastante. Ogni personaggio, vittima o carnefice, è dipinto con una complessità dolorosa che rende impossibile distinguere il bene dal male. Con la sua atmosfera rurale e claustrofobica, ricorda Salem’s Lot (1979) e Midsommar (2019), ma con un tocco più gotico e riflessivo. Se ami l’horror psicologico e sociologico, questa serie ti catturerà con la sua eleganza macabra.

    7. Devilman Crybaby (2018)

    Estetica psichedelica, erotismo e distruzione: Devilman Crybaby è un pugno nello stomaco. Diretto da Masaaki Yuasa, reinterpreta il manga di Go Nagai in chiave moderna e visivamente esplosiva. Akira, un ragazzo fragile, diventa un ibrido uomo-demone per combattere il male, ma finisce travolto da un’apocalisse di sangue e disperazione. È un’opera che parla di amore, odio, desiderio e perdita di umanità. Non è solo horror: è tragedia pura. Se ti sono piaciuti Neon Genesis Evangelion (1995), preparati a un’esperienza devastante e poetica allo stesso tempo. Durata totale: circa 4 ore, ma resta impressa per sempre.

    8. Higurashi no Naku Koro ni (When They Cry) (2006–2021)

    Non lasciarti ingannare dall’estetica carina: Higurashi è un incubo a ciclo continuo. In un villaggio sperduto, un gruppo di amici vive giornate serene… finché non iniziano omicidi, tradimenti e torture. Poi tutto si resetta, e si ricomincia da capo, peggio di prima. Il contrasto tra dolcezza e crudeltà è destabilizzante, e il mistero si svela solo lentamente. È un anime che parla di trauma, paranoia e colpa collettiva. Se ami gli horror psicologici come Silent Hill (2006) o The Wailing (2016), questo ti catturerà con la sua struttura circolare e la sua follia crescente.

    9. Theater of Darkness (2013–in corso)

    Poche serie riescono a evocare l’orrore con tanta semplicità. Theater of Darkness racconta brevi storie ispirate al folklore giapponese, con episodi di soli cinque minuti ciascuno. Il suo stile minimalista, che richiama il teatro di carta tradizionale, rende tutto ancora più sinistro: la staticità dei personaggi, i suoni secchi, le ombre che sembrano respirare. Ogni episodio è un piccolo spavento che resta addosso, e la varietà di temi — case infestate, maledizioni, spiriti, oggetti posseduti — lo rende perfetto per un binge veloce ma efficace. Non servono litri di sangue per fare paura: basta una voce che sussurra nel buio. Se ami I Racconti della Cripta (1989) o Piccoli Brividi (1995 - 1998), qui troverai la loro versione più disturbante e profondamente giapponese.

    10. Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre (2023)

    Chiudiamo con il re indiscusso dell’horror giapponese: Junji Ito. Se ami l’orrore disturbante e viscerale, Junji Ito Maniac è un must assoluto. Ogni episodio adatta una delle storie più iconiche del maestro Junji Ito, autore di Uzumaki e Tomie. Non si tratta di semplice paura, ma di un senso di inquietudine profonda che si insinua nella mente: volti deformi, amori ossessivi, e incubi che si materializzano con spietata precisione. L’animazione, volutamente rigida e asettica, amplifica il disagio e cattura perfettamente la crudeltà poetica del suo autore. È un’antologia che mescola il surrealismo di David Lynch e la paranoia di Lovecraft, ma con un’identità tutta giapponese. Dopo questo, vi consigliamo assolutamente di guardare Pet (2020): pochi lo conoscono, ma è un anime che tocca le stesse corde di Junji Ito: potere mentale, traumi, manipolazione della mente e immagini oniriche. Esteticamente disturbante, con una narrazione disorientante e visioni quasi corporee della psiche.

  • Da "Povere Creature!" a "Crudelia": i migliori film e serie TV con Emma Stone

    Da "Povere Creature!" a "Crudelia": i migliori film e serie TV con Emma Stone

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A due anni da Povere Creature! (2023), Emma Stone, ha di nuovo incantato la Mostra del Cinema , regalandoci una delle migliori conferenze stampa di Venezia 82. “Credo negli alieni, e anch'io potrei esserlo”, ha detto l'attrice in relazione alla sua prova in Bugonia, ancora diretta da Yorgos Lanthimos. 

    Se il red carpet del Lido è per lei un vero e proprio porta fortuna fin dai tempi di La La Land (2016), l'attrice, prima di vincere due Oscar, ha affrontato ruoli e diversi generi. Presto la vedremo in Eddington di Ari Aster, ma l'esordio sul grande schermo arriva nel 2007 con Suxbad – Tre metri sopra il pelo, recitando insieme agli “amici” Jonah Hill, Michael Cera e Seth Rogen.

    Saranno poi due i ruoli della “svolta”: prima Benvenuti a Zombieland (2009) di Ruben Fleischer, e poi Easy Girl (2010) di Will Gluck, per il quale riceve una candidatura ai Golden Globe. Un punto di inizio, che le permetterà di diventare una delle attrici più richieste e influenti di Hollywood. Viene diretta da Woody Allen in Magic in the Moonlight (2014), Alejandro González Iñárritu l'affianca a Michael Keaton nel capolavoro Birdman (2014) e, nel 2016, vince il primo Oscar e il primo Golden Globe per il cult di Damien Chazelle, La La Land. Bissando poi nel 2024, grazie alla sua apprezzata prova in Povere Creature!.

    JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Emma Stone da non perdere.

    8. Maniac (2018)

    Cary Fukunaga, rivedendo l'omonima serie norvegese del 2014, porta su Netflix Emma Stone, alla prima prova da protagonista in una miniserie televisiva. Nello show, diviso in dieci puntate dalla durata di quaranta minuti, l'attrice fa coppia con Jonah Hill. I due sono Anne e Owen, non si conoscono e si incontrano casualmente durante un test farmaceutico.

    La Stone si cimenta con il linguaggio seriale, costruendo una figura complicata. Annie soffre di un disturbo di personalità, non riesce a relazionarsi con gli altri e, alle spalle, ha un rapporto difficile con la famiglia. La bravura dell'attrice viene quindi dimostrata in una performance sopra le righe, tuttavia resa credibile da una latente vulnerabilità, riconoscibile e credibile. Se non resisti agli echi distopici in stile Black Mirror (2011-2025) o Utopia (2013), Maniac è la serie da rivedere.

    7. Crazy, Stupid, Love. (2011)

    Ecco come si scrive una commedia romantica, ed ecco come si dirige un cast corale. Prima di Gangster Squad (2013) e La La Land, Emma Stone trova Ryan Gosling in una delle miglior rom-com degli anni 2010. Crazy, Stupid, Love., diretto da Glenn Ficarra e John Requa, in due ore racconta di Carl, interpretato da Steve Carell, marito cinquantenne disperato dopo essere stato lasciato dalla moglie, nonché incapace di gestire il rapporto con i figli. Emma Stone, nel film, interpreta proprio la figlia dell'uomo che, per una serie di coincidenze, finirà per innamorarsi di Jacob, il playboy con il volto di Ryan Gosling che aiuta il padre a riacquistare fiducia in sé.

    Emma Stone si confronta per la prima volta con un cast all-star, senza tuttavia sfigurare ma, anzi, prendendosi spesso e volentieri la scena. Ironica e auto-ironica, un'interpretazione tanto semplice quanto credibile, enfatizzata dall'alchimia con Gosling. L'attrice, supportata dalla brillante sceneggiatura del film, mostra il suo talento risultando perfetta anche nei momenti più leggeri. Se ti piacciono le commedie romantiche dove l'imprevisto è dietro l'angolo come Harry, ti presento Sally… (1989) e Tutti tranne te (2024) non puoi perderti il film di Glenn Ficarra e John Requa.

    6. The Help (2011)

    Grande successo quello diretto da Tata Taylor, adattamento dell'omonimo romanzo di Kathryn Stockett. Quattro candidature all'Oscar e un incasso di 221 milioni di dollari. Siamo nel Mississippi degli anni '60, quando l'aspirante scrittrice Eugenia “Skeeter” Phelan, con il volto della Stone, inizia un viaggio per intervistare, di nascosto, le domestiche nere e raccontare le loro difficili esperienze al servizio di famiglie bianche, sfidando le leggi della segregazione. Anche qui, un ottimo cast corale: Viola Davis, Octavia Spencer (che ha vinto l'Oscar), Bryce Dallas Howard, Jessica Chastain.

    Tuttavia, è proprio Emma Stone la protagonista del film: una prova, la sua, sul filo del dramma, dell'ambizione e dell'empatia, sfumando al meglio le caratteristiche di una giovane donna nell'America divisa tra segregazione razionale e libertà civile. In 146 minuti, Emma Stone riesce a far evolvere la giovane Skeeter, entrando nel cuore degli spettatori. Se apprezzi certe ambientazioni e tematiche, già affrontate in Green Book (2018) o in Selma – La strada per la libertà (2014), devi recuperare The Help.

    5. Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) (2014)

    Emma Stone si confronta con la visione cinematografica di un autore come Alejandro González Iñárritu. Birdman, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ha vinto ben quattro Oscar, tra cui miglior film e miglior regia ed è diventato all'istante uno dei grandi classici newyorkesi. Il regista messicano porta in scena la storia di Riggan Thomson, attore decaduto ma famoso per aver interpretato un supereroe. Stanco, cerca di recuperare la sua rilevanza artistica e familiare mettendo in scena uno spettacolo a Broadway.

    Tra jazz e piani sequenza, tra le luci di New York e la depressione, la Stone interpreta la figlia di Riggan: una presenza folgorante, con l'attrice che si affida totalmente al regista, sfoderando una potenza fuori dal comune. Basti pensare all'intenso monologo in cui si confronta con il padre. Da vedere se storie intense come Il cigno nero (2010) o Il ladro di orchidee (2002) ti hanno affascinato.

    4. Crudelia (2020)

    Craig Gillespie eleva il concetto di live action Disney dirigendo un film da non perdere, costruito sulla prova eccezionale di Emma Stone. L'attrice diventa Estella Miller, aspirante stilista nella stilosa e colorata Inghilterra degli anni Sessanta. Tuttavia, sfidando la spietata Baronessa von Hellman – interpretata da Emma Thompson –, tirerà fuori il suo lato punk e imprevedibile divenendo, nel corso dei 134 minuti, Cruella de Vil.

    Eccessiva, sfrontata e meravigliosamente adatta ad un ruolo estremo, Emma Stone ricalca al meglio la villain de La carica dei 101 (1961), riscrivendola secondo una personale visione. Se quello di Gillespie è il miglior adattamento live action da un Classico Disney, la performance della Stone è equiparabile a quella di Joaquin Phoenix in Joker (2019). Una delle sue migliori prove sul grande schermo. Se hai amato La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera (1996) con Glen Close, Crudelia è il titolo perfetto da recuperare.

    3. La La Land (2016)

    Un film capace di diventare immediatamente un classico. L'amore, la musica, l'incomunicabilità e le scelte da compiere secondo lo sguardo sorprendente di Damien Chazelle. Sullo sfondo, Los Angeles. In 128 minuti, la “città degli angeli” è il palco per la relazione da sogno tra il jazzista squattrinato di Ryan Gosling e l'aspirante attrice di Emma Stone. Letteralmente, per l'attrice quello di Mia è stato il ruolo della svolta: canta, balla, recita. Oscar e Golden Globe in bacheca, e il plauso assoluto di pubblico e critica.

    Emma Stone dà vita a un personaggio femminile molto più complesso di come appare, dimostrando duttilità e intelligenza, sia nelle performance musicali sia nelle scene più intime. Se non puoi resistere alle grandi storie d'amore cinematografiche come Moulin Rouge! (2001) o Notting Hill (1999), allora non puoi non vedere La La Land.

    2. La favorita (2018)

    Alla prima con Yorgos Lanthimos, Emma Stone non sbaglia una scena. Trucco, parrucco e la cipria delle corti britanniche del '700. Siamo nell'Inghilterra del XVIII secolo, quando due cugine si contendono ferocemente il titolo di Favorita della capricciosa ma fragile regina Anna, per assicurarsi così potere e influenza a corte. Ne La favorita, affiancata da Olivia Colman, Rachel Weisz e Nicholas Hoult, Emma Stone interpreta Abigail Masham, ricevendo una candidatura all'Oscar e ai Golden Globe.

    Sguardo affilato e penetrante, la Stone in due ore piene sfrutta al meglio la sua bravura per costruire un personaggio respingente e astuto, in bilico tra la determinazione e la spietatezza. Un bilanciamento perfetto e una sfida memorabile con Rachel Weisz, frutto del rapporto tra la Stone e il regista, che la dirigerà poi in altri tre film. Se sei fan dei drammi in costume come Marie Antoinette (2006) o Lady Macbeth (2016), La favorita è il film che fa per te.

    1. Povere creature! (2023)

    Non era facile, eppure Emma Stone è riuscita a dar vita ad uno dei personaggi più difficili di tutta la sua intera filmografia. Bella Baxter, protagonista di Povere creature!, è tra i migliori personaggi visti di recente sul grande schermo. Con un Oscar e un Golden Globe in tasca, Stone diventa una specie di Ulisse, a metà tra il Pinocchio e il “mostro” creato dal dottor Frankenstein. 

    La giovane Bella Baxter, salvata da uno scienziato visionario e assurdo (Willem Dafoe), affronta un viaggio di auto-scoperta, sfidando le convinzioni sociali e patriarcali. In due ore e venti, cogliendo il senso visionario del regista greco, l'attrice è capace di cambiare più volte registro, senza paura di affrontare scene di nudo, complicate e, allo stesso tempo, divertenti. Se sei affascinato da viaggi visionari e catartici come Pinocchio (2022) o Frankenstein (2025), entrambi diretti da Guillermo del Toro, Povere Creature! ti conquisterà.

  • “Il Mostro” e altre 9 migliori serie true crime italiane tratte da storie vere

    “Il Mostro” e altre 9 migliori serie true crime italiane tratte da storie vere

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Su Netflix è arrivato Il Mostro (2025), la nuova serie di Stefano Sollima presentata in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Non un crime qualunque, ma quattro episodi che raccontano la storia del Mostro di Firenze attraverso la paura e la morbosità per il male che il caso scatenò nell’opinione pubblica italiana.

    Sollima, che già con Romanzo criminale (2008) e Suburra (2017) aveva ridefinito il noir italiano, qui porta all’estremo il suo stile, tra atmosfere sospese, prospettive ribaltate, la provincia che inquieta e dialoghi “veri”, presi dai processi. Il risultato è cupo, disturbante e ipnotico: non un semplice giallo, ma uno specchio dell’Italia di quegli anni, dei suoi mutamenti sociali e delle sue psicosi.

    Oltre a questa attesa serie per Netflix, ecco le migliori serie true crime italiane basate su storie vere, qui riportate in ordine cronologico.

    1. SanPa – Luci e ombre di San Patrignano (2020)

    Quando uscì, a fine 2020, SanPa fu uno shock. Cinque episodi, tra testimonianze e immagini d’archivio, che raccontavano la comunità di San Patrignano e il suo fondatore Vincenzo Muccioli. Una storia che intreccia la piaga dell’eroina in Italia con la figura ambigua di un uomo capace di salvare e distruggere al tempo stesso. Non un vero è proprio true-crime, perchè l’oscurità rimane sempre sullo sfondo, velata, ed è proprio questa ambivalenza il punto di forza della serie che punta il dito senza mai accusare, limitandosi a spostare la tenda. Un documentario crudo, non per tutti, ma che vi conquisterà se cercate un ritratto senza filtri dell’Italia tra gli anni ‘70 e ‘90. 

    2. Veleno (2021)

    Un esordio che diede il via al fortunatissimo genere del podcast true-crime italiano, il caso dei “Diavoli della Bassa modenese” è stato poi trasformato in una serie di cinque episodi. Uno dei processi più controversi e morbosi degli anni ’90 che ancora oggi mette i brividi, un sistema di ricordi distorti e decisioni giudiziarie che hanno separato decine di bambini dalle famiglie. Veleno funziona soprattutto quando dà voce diretta a genitori, assistenti sociali ed ex-minori, riprendendo il marchio di fabbrica del podcast firmato da Pablo Trincia. Se avete amato la versione audio non potete perdervi questa serie, consigliata soprattutto a chi cerca un true crime investigativo, più interessato alle conseguenze reali che al colpo di scena. Tra i titoli italiani resta uno dei più coraggiosi.

    3. Marta – Il delitto della Sapienza (2021)

    Una tra le storie di cronaca più dolorose e insensate, l’omicidio di Marta Russo, studentessa colpita da un proiettile nel 1997 all’università La Sapienza di Roma. Il punto di forza di questo titolo in due episodi è la scelta di restituire la voce della vittima attraverso i suoi diari, letti da Silvia D’Amico. Un modo delicato per trasformare la cronaca giudiziaria in memoria, senza snaturare nell’ossessione per il dolore che invece accomuna molti altri titoli true-crime. Accanto a interviste e video dell’epoca, questo tocco intimo rende il racconto più umano e riflessivo. Non entra nei dettagli processuali quanto Il caso Yara o Veleno, ma colpisce per la sobrietà. Perfetto per chi cerca un racconto di cronaca che mette al centro l’umanità e la vita della vittima.

    4. Alfredino – Una storia italiana (2021)

    La tragedia di Vermicino del 1981, seguita in diretta TV da milioni di italiani, ricostruita in quattro episodi intensi. Alfredino non è un classico true crime, ma si concentra sul racconto di come un dramma privato diventò parte della coscienza collettiva di un intero paese. Una serie toccante, che riesce a rappresentare la disperazione e l’impotenza della famiglia e dei soccorsi, senza tuttavia mai snaturare i fatti, senza mai esasperare i toni. Per il tema trattato questo titolo potrebbe non essere adatto a tutti, rimane consigliata a chi vuole ripercorrere uno dei fatti più commoventi e toccanti della storia italiana, dato che la serie tratta anche di come dalla tragedia del piccolo Alfredo venne creata la Protezione Civile.

    5. Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi (2022)

    Quattro episodi Netflix che raccontano un mistero che da quarant’anni ossessiona l’Italia, la scomparsa di Emanuela Orlandi nel 1983. Una docu-serie che ripercorre la vicenda, tra filmati dell’epoca, archivi, interviste inedite e testimonianze dei familiari della ragazza. Con toni che ricordano The Keepers (2017) questa serie si avvicina più all’inchiesta giornalistica ma senza dare risposte definitive, concentrandosi più sui depistaggi, sui silenzi, sulla frustrazione della famiglia Orlandi. Vatican Girl è perfetta per chi ama i true crime carichi di complotti e piste irrisolte, consigliata anche a chi vuole ripercorrere gli intrighi e i lati oscuri della storia politica dell’Italia.

    6. Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps (2023)

    Un altro caso di rapimento, ma questa volta risolto con la più “banale” delle soluzioni. Anche Dove nessuno guarda è una denuncia ai depistaggi e alle omissioni che circondarono il caso, anche in questo caso al centro c’è il dolore di una famiglia. Qui tuttavia su punta il dito, si sottolinea come la soluzione a questo crimine fosse sotto gli occhi di tutti. Il tono è rispettoso, la serie è stata realizzata con il contributo della famiglia Claps, tuttavia l’atmosfera di questa serie è soffocante, anche se non raggiunge mai la profondità del podcast da cui è tratta. Consigliata a chi cerca atmosfere più oscure e disturbanti, un ritratto dettagliato di un femminicidio e delle tante forme che può assumere il male. 

    7. Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio (2024)

    Cinque episodi che ripercorrono il caso di Yara Gambirasio con un approccio quasi forense, tra intercettazioni, atti processuali, nuove interviste. Il racconto analitico, anche se talvolta eccede nel sensazionalismo cercando di spiazzare lo spettatore, rimettendo il caso in discussione. Al centro de Il caso Yara, infatti, rimane l’approccio quasi forense di questa serie, che cerca di scavare tra fatti e prove, riaprendo la porta ai dubbi che circondarono il caso, talvolta risultando freddo, e non è un caso che questa serie abbia fatto molto discutere. Un titolo perfetto per chi ama i true crime “procedurali”, dove il dramma è messo in secondo piano per concentrarsi sul metodo investigativo. Un lavoro lucido che invita a interrogarsi su come si costruisce  (o si smonta) una verità giudiziaria.

    8. Avetrana – Qui non è Hollywood (2024)

    Nonostante l’impronta cinematografica, Avetrana – Qui non è Hollywood riesce a evitare facili sensazionalismi, portando in scena il volto “umano” di uno dei casi di cronaca più controversi tra quelli inclusi in questa lista. Le gelosie, le dinamiche tossiche tra membri della stessa famiglia, l’ossessione per la fama, il male raccontato nelle sue sfumature apparentemente più banali. E ancora, un piccolo paese del Sud Italia trasformato per anni in un palcoscenico ai limiti della morbosità. Questa serie porta lo spettatore dentro le atmosfere soffocanti di cui racconta, ed è probabilmente uno dei lavori tue-crime realizzati in italia. Consigliato a chi cerca una serie profonda, a tratti disturbante, in cui ogni personaggio è scavato in profondità, ben oltre il ritratto e le caricature grottesche che ne fecero i giornali.

    9. The Twisted Tale of Amanda Knox (2025)

    Anche questa è un titolo tra i più discussi di questa lista, soprattutto per il caos mediatico che scaturì dal caso Kercher. Ed è proprio su questo che si accentra The Twisted Tale of Amanda Knox, sui titoli di giornale e i pregiudizi culturali, sulle pressioni giudiziarie, il tutto raccontato attraverso gli occhi dell’imputata principale, che di questa serie è protagonista. Colpisce per il modo in cui mostra la tossicità della narrazione pubblica, anche se talvolta può risultare eccessivamente “di parte”. Il tono è più romanzato delle altre serie presenti in questa lista, ma offre tuttavia un punto di vista interessante perché sposta il focus dal “chi” al “come” si racconta.

  • Da “American Horror Story” a “Monster”: la classifica di tutte le serie TV horror di Ryan Murphy, dalla meno alla più spaventosa

    Da “American Horror Story” a “Monster”: la classifica di tutte le serie TV horror di Ryan Murphy, dalla meno alla più spaventosa

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A guardare la filmografia di Ryan Murphy appare chiaro come il regista, sceneggiatore e produttore statunitense abbia una predilezione per il genere horror.

    Tutto è iniziato nel 2011, anno di debutto dell'antologica American Horror Story ed è arrivato fino al successo di Monster (2022) in cui ripercorre le storie di alcuni dei più celebri serial killer della storia.

    Ma quello che ha fatto non è stato solo portare sullo schermo eventi inventati o ispirati a fatti realmente accaduti. Il suo successo è da rintracciarsi nella capacità di dare vita a un vero e proprio sottogenere. Quello che potremmo definire “l'horror murphyano”. Chiunque guardando un episodio di Ratched (2020) o di Grotesquerie (2024), infatti, può riconoscere immediatamente il suo tocco unico. Una commistione di camp, kitsch, pop e horror in cui Ryan Murphy porta in scena il male provando a raccontarne le sue radici. JustWatch ha stilato una classifica di tutte le sue serie TV horror, dalla più alla meno spaventosa.

    7. Scream Queens (2015)

    Con Scream Queens Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan si prendono gioco dell'horror realizzando una black comedy intrisa di citazioni ai titoli che hanno fatto la storia del 

    genere slasher. Due stagioni da 23 episodi della durata di circa 45 minuti in cui assistere a un tripudio di camp e pop. Autoironica, coloratissima, leggera e con personaggi fortemente stereotipati, la serie vede al centro una serie di omicidi che hanno come vittime tutti coloro che ruotano attorno alla confraternita femminile governata da una cinica e superficiale Chanel Oberlin (Emma Roberts).

    Un personaggio che, insieme alle sue fedelissime, ricorda le protagoniste di Mean Girls (2004). Un cast all star – da Jamie Lee Curtis a Lea Michele -, una regia energica, outfit strabilianti e un tono comico fanno della serie un titolo di grande intrattenimento e poco spavento. Anche se la curiosità di scoprire chi si celi dietro il killer mascherato da Red Devil è sempre presente. Da recuperare se hai amato Scream (2015), serie TV ispirata al classico del 1996 e The Final Girls (2015).

    6. The Watcher (2022)

    Basata su una storia vera racchiusa in un articolo pubblicato nel 2018 su The Cut, The Watcher segue una coppia sposata interpretata da Bobby Cannavale e Naomi Watts che, dopo essersi trasferita nella casa dei loro sogni, si ritrova a dover fronteggiare uno stalker che li molesta inviando loro lettere inquietanti.

    Avvolta in un'atmosfera di costante paranoia, la serie non punta sull'orrore causato da mostri o violenza, ma dalla sensazione terrificante di essere costantemente spiati in un luogo, la propria casa, in cui si dovrebbe essere al sicuro. Sette episodi che nell'arco di 50 minuti circa amplificano il senso di angoscia e sfiducia provato dai protagonisti anche grazie a una regia che gioca con lenti e inquadrature chiamate ad evidenziare il loro stato d'animo. Un racconto sul peso delle aspettative e sulla nostra ossessione voyeuristica da recuperare se hai apprezzato Disclaimer – la vita perfetta (2024).

    5. Ratched (2020)

    Prequel e spin-off di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975),  Ratched vede Sarah Paulson vestire i panni della celebre infermiera Mildred Ratched che, nel 1947, riesce a farsi assumere in un importante istituto psichiatrico californiano. Il suo interesse, però, non è la cura dei pazienti, bensì liberare il fratello trattenuto dopo l'omicidio di quattro sacerdoti. La regia di Murphy è visivamente curatissima.

    I colori saturi, il design d'epoca e l'attenzione maniacale al dettaglio fanno della serie una visione mozzafiato che strizza l'occhio a classici come Psycho (1960), Shining (1980) e Il mago di Oz (1939). Tra atmosfere thriller, melodramma, noir e horror, Ratched nell'arco di otto episodi che oscillano tra i 40 e i 60 minuti parla di disturbi mentali, razzismo e discriminazione di genere attraverso uno sguardo votato all'eccesso che smorza un po' le note di terrore.

    4. American Horror Stories (2021)

    Un altro spin-off, questa volta di American Horror Story di cui mantiene fede all'estetica e alle tematiche. La differenza risiede tutta nel formato. Ogni episodio, infatti, si concentra su una storia autoconclusiva. Tre stagioni da 24 episodi che variano dai 37 e 52 minuti di durata, American Horror Stories amplifica l'universo narrativo della serie madre di cui inserisce svariati riferimenti nelle sue storie.

    Ma, similmente aBlack Mirror (2011) e Piccoli brividi (1995), permette di saltare da una puntata all'altra o di godere di un intrattenimento più rapido e meno impegnativo. Anche qui sono presenti umorismo nero, colpi di scena e sequenze cruente che spaziano per la varietà dei generi e dei temi affrontati, dalla satira sociale alla critica tecnologica.

    3. Grotesquerie (2024)

    Come sempre per i titoli ideati o diretti da Ryan Murphy, anche Grotesquerie unisce elementi di critica sociale all'horror, questa volta di stampo psicologico e soprannaturale. Al centro le indagini della detective con il volto di Niecy Nash che deve indagare su una serie di crimini efferati collegati al suo passato. Per farlo chiederà aiuto a una suora giornalista interpretata da Micaela Diamon.

    Una sola stagione (finora) da 10 episodi di poco meno di un'ora, la serie è avvolta in un'atmosfera cupa e dark che esplora le conseguenze dei traumi, del fanatismo religioso, del nazionalismo cristiano e dell'ossessione per la cronaca nera. Nonostante il titolo faccia pensare a tutt'altro, c’è molto meno grottesco da un punto di vista narrativo e visivo rispetto alle altre creazioni di Murphy. Da recuperare se hai apprezzato Midnight Mass (2021) e Before (2024).

    2. Monster (2022 - )

    Serie antologica dedicata alle figure di serial killer divenuti tristemente celebri per la crudezza dei loro crimini. Tre stagioni – con una quarta dedicata a Lizzie Borden attualmente in produzione – per un totale di 27 episodi che durano in media tra i 36 e i 65 minuti, Monster si è concentrata finora su Jeffrey Dahmer, i fratelli Menéndez ed Ed Gein.

    Tutti pluriassassini attraverso i quali Murphy ha potuto affrontare tematiche come la malattia mentale, gli abusi sessuali e il fallimento del sistema giudiziario e sociale che hanno contribuito a far sì che l'orrore si perpetrasse. La serie più riuscita in termini di scrittura, regia e interpretazioni di tutta la produzione horror di Ryan Murphy. Una disamina psicologica approfondita che, sebbene non rinuncia al suo stile eccessivo, riesce a restituire tutta la complessità dei suoi protagonisti senza volontà di giustificarne le azioni. Da recuperare se ti è piaciuta Candy - Morte in Texas (2022). 

    1. American Horror Story (2011)

    Ben 132 episodi divisi in 12 stagioni per la serie TV antologica che più di tutte ha contribuito a legare il nome di Ryan Murphy all'horror. Un cast corale di grandi nomi, da Sarah Paulson a Jessica Lange passando per Kathy Bates e Evan Peters, storie sempre diverse legate da un filo rosso che le collega di stagione in stagione e generi che spaziano dallo slasher al gotico passando per il fantascientifico.

    Visivamente audace e ricercata, American Horror Story affronta tematiche sempre nuove, dalla discriminazione alle malattie mentali, dalla manipolazione alle ossessioni. Un vero e proprio universo narrativo dal grande impatto visivo ed emotivo nonostante, ovviamente, l'andamento dei vari capitoli possa oscillare. Tra hotel infestati, circhi, manicomi, streghe e case coloniali, ce n'è davvero per tutti i gusti (horror).

  • Hai amato “Haunted Hotel”? Ecco 10 serie TV spettrali e irresistibili da guardare

    Hai amato “Haunted Hotel”? Ecco 10 serie TV spettrali e irresistibili da guardare

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Se Haunted Hotel ti ha catturato, probabilmente è per quel mix irresistibile di corridoi scricchiolanti, camere con segreti inafferrabili, demoni che spuntano quando meno te l’aspetti e un cast variopinto di umani e fantasmi. O forse perché anche tu hai trovato irresistibile Abaddon (come biasimarti?!). 

    La serie segue Katherine, una madre single con due figli (Ben ed Ester) che eredita l’Undervale, un hotel… con inquilini che non fanno mai check-out. A “darle una mano” c’è il fratello Nathan con cui aveva perso i contatti – oggi un fantasma in piena regola – e un’umanità (viva e non) che trasforma ogni camera in un micro-mistero di cuore e caos. È una comedy horror animata adulta firmata da Matt Roller (il co-creatore di Rick and Morty), con un cast vocale d’eccezione guidato da Will Forte ed Eliza Coupe: ritmo, trovate sovrannaturali e un tono autunnale perfetto per serate di binge. E la buona notizia: Netflix ha già rinnovato la serie per una seconda stagione, quindi vale la pena restare “ospiti” e tenere calde le chiavi fin da ora.

    Se sei nella fase “mi serve qualcosa che tenga viva questa vibe tra brividi e abbracci”, sei nel posto giusto: abbiamo scelto dieci serie animate che condividono col mondo di Haunted Hotel l’anima autunnale, il gusto per il mistero, il tocco gotico (a volte tenero, a volte caustico) e quel senso di famiglia trovata che si costruisce stanza dopo stanza. Pronto a fare check-in in nuovi incubi accoglienti?

    1. Gravity Falls (2012 – 2016)

    Un’estate, due gemelli e una città che nasconde segreti paranormali. Gravity Falls segue Dipper e Mabel Pines, mandati a vivere con lo zio Stan, proprietario di un bizzarro museo dell’occulto. Ben presto scoprono che la cittadina è popolata da mostri, portali dimensionali e creature impossibili. Come Haunted Hotel, combina mistero, ironia e una sorprendente profondità emotiva: sotto i toni comici si nascondono temi di crescita, amicizia e accettazione. L’animazione colorata e il ritmo brillante la rendono perfetta per chi ama i mondi pieni di segreti e stranezze.

    Un piccolo cult autunnale che riesce a essere tenero, inquietante e geniale allo stesso tempo.

    2. Over the Garden Wall (2014)

    Una delle esperienze più poetiche e inquietanti dell’animazione occidentale. Over the Garden Wall segue due fratelli, Wirt e Greg, che si smarriscono in una foresta misteriosa chiamata “The Unknown”. Qui incontrano animali parlanti, spiriti e figure sinistre che incarnano la malinconia e la speranza.

    Come Haunted Hotel, anche questa serie gioca con l’estetica autunnale – foglie cadenti, toni seppia, musica folk e un’atmosfera sospesa tra sogno e incubo. È una fiaba nera che parla di perdita e crescita, capace di emozionare e inquietare nello stesso respiro. Breve ma indimenticabile, è una visione perfetta per chi ama l’horror gentile e le storie che profumano di bosco e mistero.

    3. Scooby-Doo! Mystery Incorporated (2010 – 2013)

    Tra tutti gli adattamenti di Scooby-Doo, Mystery Incorporated è quello che più si avvicina allo spirito di Haunted Hotel. Mentre la banda risolve casi sempre più pericolosi nella città di Crystal Cove, scopre un’antica maledizione che lega insieme i misteri del passato.

    La serie mescola commedia e tensione gotica, con un’estetica più cupa e una trama orizzontale che evolve episodio dopo episodio. È perfetta per chi ama il tono horror-cartoon con personaggi carismatici, mostri mascherati e un pizzico di romanticismo adolescenziale. E, come nel caso di Haunted Hotel, dietro i colori vivaci e le gag si nasconde un cuore più oscuro di quanto sembri.

    4. Hazbin Hotel (2024 – in corso)

    Direttamente “dall’altra parte”, Hazbin Hotel è la serie gemella ideale di Haunted Hotel — e non solo per il nome. Creata da Vivienne Medrano, è ambientata all’Inferno e segue Charlie, la principessa infernale che tenta di redimere i peccatori aprendo un hotel per anime perdute.

    Coloratissima, irriverente e musicalmente irresistibile, la serie fonde humor dark, numeri cantati e personaggi sopra le righe, tra cui l’indimenticabile Alastor, il demone-radio. Come Haunted Hotel, unisce il macabro al grottesco con un messaggio sorprendentemente dolce: che anche tra i dannati può esserci redenzione. Una visione obbligata per chi ama estetica gotica, colonna sonora esplosiva e satira sulfurea.

    5. Helluva Boss (2019 – in corso)

    Spin-off ambientato nello stesso universo di Hazbin Hotel, Helluva Boss segue un gruppo di demoni che gestisce un’agenzia di omicidi su commissione… dall’Inferno, ovviamente.

    Più cruda e grottesca del suo “show gemello”, è perfetta per chi ha apprezzato la parte più adulta e sfacciata di Haunted Hotel. L’umorismo è nero come la pece, i personaggi sono eccentrici e le situazioni oscillano tra il tragicomico e il surreale. Oltre al divertimento, offre anche momenti inaspettatamente toccanti e canzoni memorabili. Se ami il mix di caos infernale, ironia e sentimento, questa serie ti terrà incollato allo schermo fino al check-out finale.

    6. The Owl House (2020 – 2023)

    The Owl House è una delle serie fantasy più amate degli ultimi anni, un mix di magia, ironia e tematiche queer che l’hanno resa un piccolo cult. Racconta la storia di Luz, una ragazza che finisce per caso nel mondo delle Streghe, dove viene accolta dalla ribelle Eda e dal dolcissimo demone King. Proprio come Haunted Hotel, la serie alterna comicità e momenti emozionanti, giocando con estetica dark, mondi alternativi e personaggi fuori dagli schemi. Le ambientazioni, che sembrano uscite da un sogno gotico di Halloween, e il tono empatico ma spettrale la rendono una visione perfetta per chi ama il sovrannaturale con un cuore tenero. Un piccolo gioiello Disney dal fascino malinconico e ribelle.

    7. Leone il cane fifone (1999 – 2002)

    Un classico dell’animazione horror per ragazzi, Leone il cane fifone è ancora oggi uno dei cartoni più strani e inquietanti mai prodotti. Racconta di un cagnolino fifone che vive con i suoi padroni in una fattoria isolata, continuamente minacciata da mostri, fantasmi e creature surreali. Ogni episodio è un piccolo incubo che mescola umorismo, inquietudine e una sottile tristezza di fondo. Come Haunted Hotel, riesce a trasformare l’orrore in emozione e a dare profondità anche ai mostri più assurdi. Lo stile visivo, volutamente disturbante, e il tono tragicomico ne fanno un cult intramontabile, amatissimo dagli amanti dell’animazione dark. Perfetto per chi cerca brividi vintage e atmosfere di pura follia.

    8. Dead End: Paranormal Park (2022 – 2023)

    Basata sui fumetti di Hamish Steele, Dead End: Paranormal Park è una serie Netflix colorata e piena di sorprese. Segue Barney, un ragazzo transgender che lavora in un parco divertimenti infestato da demoni, spiriti e portali dimensionali. Insieme ai suoi amici e al fedele cane parlante Pugsley, affronta mostri e insicurezze personali con ironia e coraggio. Come Haunted Hotel, la serie usa il sovrannaturale per parlare di identità, accettazione e famiglia scelta, mescolando comicità e momenti toccanti. Tra musical infernali, possessioni demoniache e storie queer rappresentate con sensibilità, è una visione perfetta per chi ama l’horror colorato e l’umorismo dark con un messaggio profondo.

    9. Little Demon (2022)

    Se Haunted Hotel ti ha conquistato con il suo mix di humor nero e soprannaturale domestico, Little Demon è la prossima tappa obbligata. Creata da Darcy Fowler, Seth Kirschner e Kieran Valla per FX, la serie racconta la vita di Chrissy, una ragazzina che scopre di essere — sorpresa! — la figlia dell’Anticristo. Tra una madre sarcastica (doppiata da Aubrey Plaza) e un padre infernale ma irresistibilmente narcisista (Danny DeVito), Chrissy cerca di vivere un’adolescenza normale… tra portali infernali, demoni e crisi esistenziali. L’animazione è colorata e caotica, i dialoghi pungenti e il tono sempre sopra le righe. Come Haunted Hotel, riesce a essere spettrale e affettuosa allo stesso tempo, mescolando risate, gore e momenti di inaspettata dolcezza infernale.

    10. Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities (2022)

    Sebbene sia una serie antologica per adulti, Cabinet of Curiosities è un must per chi ha amato le atmosfere decadenti di Haunted Hotel. Creata e presentata da Guillermo del Toro, raccoglie otto storie diverse di orrore e follia, ognuna diretta da un regista differente. C’è il gotico vittoriano, il macabro surreale e persino l’orrore cosmico alla Lovecraft.

    Ogni episodio è un piccolo film d’autore, visivamente straordinario, che combina inquietudine e poesia visiva. Anche se meno ironica e più adulta rispetto a Haunted Hotel, condivide quella fascinazione per i mostri come metafora dell’animo umano. Perfetta per un binge watching di Halloween, tra eleganza e incubi raffinati.

  • Da "Piccoli Brividi" alla trilogia di "Fear Street": tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine

    Da "Piccoli Brividi" alla trilogia di "Fear Street": tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Non c'è bambino nato dagli anni '80 in poi che non abbia avuto tra le mani uno dei tanti capitoli della saga letteraria horror di Piccoli brividi creata da R. L. Stine. Uno scrittore che definire prolifico sarebbe riduttivo. 

    Più di 200 libri scritti dal 1989 ad oggi gli sono valsi il soprannome di "Stephen King della letteratura per ragazzi" che ci tiene a regalare – più o meno - un lieto fine ad ogni suo racconto per non angosciare i suoi piccoli lettori. Di questa lunga bibliografia molti titoli sono stati adattati per il grande e il piccolo schermo, moltiplicando la possibilità per il pubblico di conoscere storie spaventose.

    Mentre Disney+ ha appena cancellato Piccoli brividi, serie ideata da Rob Letterman e Nicholas Stoller, dopo appena due stagioni, JustWatch ha stilato un elenco di tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine.

    1. Piccoli Brividi (1995-1998)

    La serie di Piccoli brividi è il primo adattamento in assoluto dei libri dell'omonimo franchise di R.L. Stine. Una serie antologica che dedica ognuno dei suoi 74 episodi (divisi in quattro stagioni) a uno dei racconti trasformandosi in un successo televisivo oltre che letterario andato in onda per quattro stagioni e che ha visto tra i suoi protagonisti anche Hayden Christensen.

     Al suo interno elementi fantasy e horror che vedono al centro della storia giovani protagonisti costretti, loro malgrado, ad affrontare fantasmi, maledizioni, marionette e altre creature spaventose. Una serie diventata un cult in un periodo nel quale la serialità non era ancora così centrale come lo è oggi. Un adattamento consigliato a tutti i lettori nostalgici dei romanzi e ai fan di Hai paura del buio? (1990).

    2. The Nightmare Room (2001-2002)

    Un altro adattamento antologico della serie omonima di libri di Stine la cui voce introduce ogni episodio. Questa volta il target di riferimento è un po' più adulto e, per atmosfere e tematiche affrontate, ricorda Ai confini della realtà (1959-1964) pensato però per un pubblico di adolescenti.

    Tra i protagonisti dei 13 episodi molti giovani attori di Hollywood del tempo, da Amanda Bynes a Shia LaBeouf passando per Frankie Muniz e Tanya Raymonde. The Nightmare Room mette al centro personaggi alle prese con fenomeni soprannaturali dando vita a un'atmosfera tesa e claustrofobica, tra bambole che prendono vita, bugie che diventano realtà e diari che predicono il futuro.

    3. Fantasmi alla riscossa (2001)

    Se amate le storie di R. L. Stine e siete fan di Christopher Lloyd, con molta probabilità amerete Fantasmi alla riscossa. Un film per la TV che l'autore ha pensato sviluppando l'idea prima per il piccolo schermo per poi adattarlo alla forma romanzo. Un film per tutta la famiglia perfetto da vedere ad Halloween, periodo in cui è ambientata la pellicola. L'attore di Ritorno al futuro (1985) interpreta Fred, lo zio del piccolo protagonista che, a causa di un incidente con delle zucche, muore per ritornare in vita come zombie (buono). Un guilty pleasure che parla del rapporto genitori/figli, tra un pizzico di commozione e un'immancabile atmosfera horror. Se hai visto e apprezzato Attenzione: fantasmi in transito (2002), qui troverete atmosfere simili.

    4. Haunted Lighthouse (2003)

    Un corto in 4D diretto da Joe Dante con protagonisti Christopher Lloyd – di nuovo impegnato a recitare in un titolo tratto da un'opera dello scrittore dopo Fantasmi alla riscossa - e Lea Thompson tratto dal libro omonimo di R. L. Stine. In poco più di 20 minuti il regista dei Gremlins (1984) ed Explorers (1985) confeziona un film dove bambini fantasma e fari infestati convivono in un racconto che di spaventoso ha ben poco. Un titolo indicato per un pubblico di giovanissimi che verranno immersi in un'atmosfera spettrale, ma leggera.

    5. R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare! (2007)

    Basato sull'omonimo romanzo, R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare!, vede protagonista Cassie (Emily Osment), un'adolescente goth che, inavvertitamente, risveglia un mostro la notte di Halloween dopo aver letto un libro ad alta voce per il fratello minore. Un film horror per adolescenti sufficientemente spaventoso per l'età di riferimento, ma anche una visione leggera e divertente perfetta per tutta la famiglia, magari dopo aver fatto insieme “dolcetto o scherzetto?”. Il film della durata di un'ora e 44 minuti, infatti, è anche un dramma adolescenziale che parla di bullismo, rivalità scolastiche e problemi di cuore tipici di quella fase della vita similmente a Creeped Out – Racconti di paura (2017).

    6. R.L. Stine - I racconti del brivido: Fantasmagoriche avventure (2008)

    Basato sul romanzo La vendetta dello spettro della serie di libri Mostly Ghostly, R.L. Stine - I racconti del brivido: Fantasmagoriche avventure è il primo titolo di una trilogia composta da altri due capitoli: R. L. Stine: I racconti del brivido - Un demone in corpo (2015) e R.L. Stine: I racconti del brivido - La casa stregata (2016). Il film, della durata di poco più di 90' minuti, vede protagonista il giovane Max Doyle (Sterling Beaumon) scoprire i fantasmi di due fratelli nella sua casa e accettare di aiutarli a scoprire cosa è successo loro. Uno degli adattamenti meno riusciti delle opere dello scrittore di Columbus a causa di effetti speciali non particolarmente riusciti e un cast non particolarmente brillante.

    7. R. L. Stine's The Haunting Hour (2010-2014)

    R. L. Stine's The Haunting Hour è una serie TV ideata dallo stesso scrittore basata sul film R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare! e da tre suoi libri, The Haunting Hour, Nightmare Hour e Fear Street. Un racconto antologico diviso in quattro stagioni da 76 episodi che, come in Piccoli brividi, dedica ogni episodio a una storia diversa con personaggi sempre nuovi alle prese con vicende soprannaturali. 

    Un'opera molto più spaventosa rispetto alla precedente serie TV grazie all'introduzione di tematiche più complesse e intrecci più oscuri che conducono, addirittura, alla morte del protagonista. Fantasmi, lupi mannari, alieni, streghe e mostri popolano le puntate offrendo un intrattenimento più maturo come in Un salto nel buio (1983).

    8. Eye Candy (2015)

    Sebbene R. L. Stine si celebre per la letteratura per bambini e adolescenti, l'autore ha anche scritto libri per un pubblico più adulto. È il caso di Eye Candy, romanzo del 2004 trasposto in una serie TV di 10 episodi dove la protagonista, Lindy (Victoria Justice) ha 21 anni. Una sola stagione dove le atmosfere tipiche dei suoi lavori si immergono in una storia di hacker, app per incontri e probabili serial killer. Un po' thriller e un po' mystery, Eye Candy non passerà alla storia come uno dei migliori adattamenti delle opere di Stine, ma è sicuramente interessante vedere la sua scrittura e le sue storie alle prese con un pubblico completamente differente e con tematiche moderne.

    9. R.L. Stine. I racconti del brivido. L'armadio delle anime (2015)

    Un'altra commedia horror basata sul romanzo Monsterville: Cabinet of Souls di Stine pubblicato nel 2012. Questa volta il cattivo è un intero luna park che progetta di imprigionare e nutrirsi delle anime degli adolescenti. La protagonista di R.L. Stine. I racconti del brivido. L'armadio delle anime è la Beth di Dove Cameron e i suoi tre amici sono entusiasti all'idea che il carnevale stregato arrivi nella loro piccola città. Un altro film minore della filmografia horror per ragazzi ispirata dai libri di R. L. Stine, ma sufficientemente spettrale per un'ora e mezza da passare in compagnia di un gruppo di amici o sul divano insieme a tutta la famiglia.

    10. Piccoli Brividi (2015)

    Vent'anni dopo la serie originale, l'amata saga letteraria horror più celebre di Stine ha ottenuto un altro adattamento, questa volta pensato per il grande schermo. Ma non si tratta della trasposizione di uno dei libri che compongono la collana, bensì di un film ambientato nell'universo letterario di cui è protagonista lo stesso autore interpretato da Jack Black.

    Piccoli brividi è un film per tutti gli amanti di quei racconti fatti di mostri e altre creature spaventose che hanno costellato la nostra giovinezza di cui leggevamo nascosti sotto le coperte. Un film di oltre due ore colmo di nostalgia e perfetto per qualsiasi età. Un'avventura spettrale multigenerazionale ricca di avvenimenti e citazioni ai romanzi che faranno la gioia di ogni affezionato lettore. Se poi ti piacciono film come Il mistero della casa del tempo (2018), La casa dei fantasmi (2003) e Spiderwick – Le cronache (2008), non resterai deluso.

    11. Piccoli Brividi 2: I fantasmi di Halloween (2018)

    Dopo il grande plauso di Piccoli brividi, tre anni dopo ecco arrivare il sequel: Piccoli Brividi 2: I fantasmi di Halloween. Il protagonista è ancora una volta Jack Black nei panni dell'autore di Columbus. Questa volta è alle prese con dei mostri che hanno preso vita dalle pagine di un suo manoscritto inedito. Un sequel godibile e divertente, ma che non replica la magia del precedente sul quale si appoggia cercando di bissare il successo. Si tratta pur sempre di una visione piacevole, che nei suoi 90 minuti strappa più di una risata e si presta ad essere visto da tutta la famiglia. Da vedere se hai apprezzato Monster House (2006) e Spirit Halloween (2022).

    12. La trilogia di Fear Street (2021)

    Una trilogia horror estiva a tutti gli effetti quella lanciata da Netflix nel luglio 2021. Fear Street Parte 1: 1994, Fear Street Parte 2: 1978 e Fear Street Parte 3: 1666 costituiscono uno degli adattamenti delle opere di Stine più riusciti e originali. Collegati tra di loro dalla cittadina di Shadyside, teatro di brutali omicidi nel corso di epoche diverse, i film – le cui durate oscillano tra l'ora e mezza e le due ore - si allontanano dalla produzione pensata per bambini e adolescenti costituendo dei film horror in tutto e per tutto. 

    La particolarità delle tre pellicole è la grande cura messa nell'impianto estetico e nella scelta di omaggiare sottogeneri dell'horror come lo slasher o titoli celebri come Venerdì 13 (1980) e Halloween – La notte delle streghe (1978). A differenza di altre trasposizioni delle opere letterarie di Stine, qui le sequenze di omicidio non si risparmiano lasciando che il sangue scorra copioso.

    13. Just Beyond (2021)

    Basata sull'omonima serie di graphic novel di Stine, Just Beyond è un'altra serie antologica horror creata per Disney+. Il format è sempre quello caro alle trasposizioni delle opere dello scrittore: ognuno degli otto episodi che compongono la stagione è legato a una storia e a giovani personaggi sempre diversi chiamati ad affrontare realtà spettrali, soprannaturali e inquietanti. Tra l'umorismo e le atmosfere che ricordano Ai confini della realtà (1959-1964), lo show manca un po' di quei momenti spaventosi che la dovrebbero caratterizzare a favore di un racconto incentrato su tematiche tipiche dell'adolescenza, ma calate in un contesto misterioso.

    14. Piccoli Brividi (2023 - presente)

    Sole due stagioni per Piccoli Brividi, appena cancellata da Disney+. La serie è basata sul franchise letterario già adattato per il piccolo schermo negli anni '90. Ma qui il registro è più moderno e, a differenza della precedente, l'approccio antologico della serie è legato alle stagioni e non più agli episodi. Tra i protagonisti Justin Long e David Schwimmer per uno show dalle atmosfere più fantasy dark che horror. Un punto a suo favore è la regia che omaggia generi cinematografici e classici del passato – da Ritorno al futuro (1985)  passando per Terminator 2 - Il giorno del giudizio (1991) e Nightmare - Dal profondo della notte (1984) -, oltre a tematiche legate al rapporto genitori/figli. Un teen drama travestito da horror che regala giusto qualche sussulto.

    15. Zombie Town (2023)

    Immaginate di vedere l'ultimo film di un solitario regista horror e involontariamente trasformare la vostra intera città in un'orda di zombie. È quello che accade ai giovani protagonisti di Zombie Town. Uno degli ultimi adattamenti in ordine di tempo dei romanzi di Stine che vede nel cast anche la presenza di Dan Aykroyd. Un'opera minore della durata di 90 minuti caratterizzata da un tocco leggero e comico che non si prende troppo sul serio. Un film più avventuroso che horror che celebra l'amicizia e condito da qualche parentesi surreale che può essere apprezzato da un pubblico di giovani spettatori così come di adulti grazie a un ensemble di attori ben bilanciato.

    16. Fear Street: Prom Queen (2025)

    L'ultimo capitolo (per ora) dell'omonimo franchise, Fear Street: Prom Queen è ambientato nel 1988 e si svolge nel corso di un ballo scolastico per eleggere la reginetta. Peccato che tutte le pretendenti al ruolo inizino a scomparire una dopo l’altra! Un film dichiaratamente nostalgico che guarda agli slasher anni '80, ma non disdegna citazioni a Scream (1995) e Mean Girls (2004). Sebbene slegato dalla trilogia precedente, il film abbraccia la stessa attitudine narrativa e registica dando vita a un racconto di puro intrattenimento horror dove tutti gli elementi sono al posto giusto, dal mistero alla tensione senza dimenticare una buona dose di sangue. Il tutto mentre, in 90 minuti spaccati, ci ricorda quanto possa essere pericolosa l'ossessione ad essere primi.

  • Tutti i film diretti da Dario Argento da "Suspiria" a "Opera"

    Tutti i film diretti da Dario Argento da "Suspiria" a "Opera"

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Sono passati 55 anni dall’uscita al cinema de L'uccello dalle piume di cristallo, il film d’esordio di Dario Argento. Nei successivi vent’anni, il regista romano solidificherà la sua eredità di maestro dell’horror. I marchi di fabbrica che rendono Argento uno dei registi più importanti di sempre nel genere sono il suo approccio visivo altamente estetico, l’impianto della storia con un taglio psicologico e un virtuosismo tecnico dietro la macchina da presa.

    Questa lista di JustWatch vi porta a fare un viaggio attraverso tutta la filmografia di Dario Argento, il Maestro del brivido. Per voi abbiamo selezionato i 10 titoli che più rappresentano il regista romano e per farlo ci siamo basati sul grado di iconicità, sul livello di paura e sulla qualità visiva. Tuttavia, dopo la nostra top 10 troverete tutte le pellicole che compongono la filmografia di Argento.

    10. La sindrome di Stendhal (1996)

    La sindrome di Stendhal è l’unico film anni ‘90 presente nella lista. Ero indeciso tra il film a quattro mani con George A. Romero Due occhi diabolici (1990) o questo ma il cult del ‘96 ha prevalso. La scelta è motivata da una trama molto creativa che cerca di dipingere in chiave horror il disturbo che alcuni provano di fronte a quadri imponenti e maestosi. Tuttavia, la recitazione è a tratti debole e i 120 minuti di durata sembrano eccessivi. Per questi motivi, La sindrome di Stendhal (1996) si posiziona all’ultimo posto della classifica. Se avete amato la commistione di horror e poliziesco alla Seven (1995) e alla Il silenzio degli innocenti (1991), questa pellicola di Argento potrebbe sortire gli stessi effetti.

    9. 4 mosche di velluto grigio (1971)

    Il film che chiude la Trilogia degli animali, 4 mosche di velluto grigio, è un quasi addio al genere giallo, che ritorna in Profondo rosso seppur sporcato da pennellate horror. Il film del 1971 pecca delle stesse dimenticanze che troverete nei due film successivi in classifica, Phenomena e Inferno: tanta forma e poca sostanza. Il livello visivo, però, salva il film e gli conferisce il diritto di accedere alla top 10. Lo stesso si potrebbe dire per la colonna sonora composta da Ennio Morricone, che dipinge sonoramente in maniera solida la suspense della trama. Il titolo più debole della Trilogia degli animali, 4 mosche di velluto grigio (1971) è comunque una pellicola da non perdere, importante per godersi il graduale passaggio di Argento all’horror.

    8. Phenomena (1985)

    Phenomena (1985) è uno di quegli horror solidi che si posizionano sul fondo della classifica ma che continuano a essere una piacevole visione. Il film con Jennifer Connelly, Daria Nicolodi e Donald Pleasence appare più spento rispetto ad altre opere di Argento. Da un lato la fotografia non offre spunti innovativi né particolari esperienze visive. Allo stesso tempo, la recitazione degli attori è decente ma nessuna prova del cast spicca all’interno del film. Phenomena (1985) entra comunque nella top 10 grazie alla colonna sonora dei Goblin, e a un paio di incursioni heavy metal da parte degli Iron Maiden e dei Motöhead. Consiglio tuttavia il film ai fan dell’Argento più soprannaturale alla Suspiria.

    7. Inferno (1980)

    Con Suspiria (1977) e La terza madre (2007), Inferno (1980) costituisce il secondo tassello della Trilogia delle tre madri. I film, infatti, portano sullo schermo vicende collegate a tre streghe potentissime: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum. Il film del 1980 non convince tanto quanto il titolo che comincia la trilogia, ma contiene un livello visivo di grande spessore. Come Suspiria (1977), l’atmosfera è da sogno, o meglio da incubo. Su tutto trionfa una fotografia al neon che richiama i colori del teschio della locandina, ovvero il blu e il rosso. Sempre sul versante tecnico, la regia di Argento è ormai più che rodata e continua a offrire riprese esteticamente pregne. Peccato per la trama debole e con poca sostanza. Per questo, il settimo posto è la posizione che si merita Inferno (1980).

    6. Il gatto a nove code (1971)

    Dopo il successo unanime de L'uccello dalle piume di cristallo (1970), Argento torna al cinema con il film numero due, oltre che secondo della Trilogia degli animali. Il gatto a nove code potrebbe sembrare un horror gotico alla Edgar Allan Poe, ma va ad aggiungersi al numero di gialli diretti dal regista. Tuttavia, la pellicola ha un non so che che mi ricorda i thriller politici, con i delitti che si collegano a un laboratorio scientifico alquanto misterioso. Se l’atmosfera da thriller funziona alla perfezione, le scene delle morti sono più composte e meno sanguinolente ne Il gatto a nove code (1971). Abituati come siamo a un Argento rosso sangue, il piccolo freno azionato va a penalizzare il film, che si posiziona al sesto posto.

    5. Tenebre (1982)

    Tenebre è un’altra grande prova per Argento e un’opera di raccordo, insieme a Inferno (1980) e Phenomena (1985), tra due dei titoli più sublimi del regista, Suspiria (1977) e Opera (1987). Torna il killer dai guanti neri come per L'uccello dalle piume di cristallo (1970), torna un protagonista non italiano come in Profondo rosso (1975) e, soprattutto, torna il sangue a fiotte di Argento. Tenebre (1982) potrebbe posizionarsi più in alto, se non fosse che le sequenze delle morti non riescono a raggiungere la potenza di quelle dei film successivi nella classifica. Nonostante ciò, il film rimane uno dei fiori all’occhiello dell’ampia filmografia del regista romano e, su venti film all’attivo, il quinto posto non sembra poi così male.     

    4. Opera (1987)

    Chi l’avrebbe mai detto che un po’ di scotch e una manciata di spilli potessero avere un tale effetto. Con Opera, Dario Argento firma una delle pellicole più eleganti e raffinate della sua filmografia. Non temete però, il sangue scorre comunque a fiumi e la tensione non sembra calare mai. Una storia di uno stalker ossessionato da una cantante d’opera si sviluppa attraverso un'estetica chic e una sceneggiatura che esalta le forti emozioni della giovane artista. I punti di forza della pellicola sono la ricostruzione delle morti –Argento sembra inesauribile nella sua creatività cupa– e la prova grandiosa della protagonista Cristina Marsillach. Opera (1987) mantiene alto il livello già visto in Tenebre (1982) ma non riesce a superare le opere visive che compongono la top 3.

    3. L'uccello dalle piume di cristallo (1970)

     L'uccello dalle piume di cristallo è il biglietto da visita di Argento. E che biglietto da visita. Il film si ispira agli stilemi del giallo polarizzati da registi come Mario Bava, ma andando oltre con una violenza ben più macabra. Ancora una volta, Argento costruisce un film dal grande impatto estetico. Le scene con l’assassino dai guanti di pelle nera, un personaggio ricorrente nel cinema argentiano, sono tra le più stilose e lugubri che vedrete sullo schermo. L'uccello dalle piume di cristallo (1970) non è solo l’esordio di Argento, ma anche il primo tassello nella sua Trilogia degli animali, composta anche da Il gatto a nove code (1971) e 4 mosche di velluto grigio (1971). Se vi piacciono Sei donne per l'assassino (1964) e Vestito per uccidere (1980), questo titolo fa al caso vostro.

    2. Profondo rosso (1975)

    Il passaggio fondamentale di Argento dagli esordi thriller all'horror di natura soprannaturale avviene con Profondo rosso (1975). La pellicola con David Hemmings e Daria Nicolodi si posiziona proprio a cavallo tra i due generi e ha fatto scuola con la sua magnifica messa in scena. Argento carica sempre di più il carattere bombastico del suo cinema con movimenti di camera elaborati e un montaggio sopraffino. Il film mantiene gli stilemi del giallo all’italiana ma calca la mano sugli aspetti horror con morti veramente cruente, anche se molto teatrali. Il colpo di grazia che rende Profondo rosso (1975) irresistibile, tanto quanto Phenomena (1985), è la colonna rock indimenticabile dei Goblin, stretti collaboratori del regista. Starebbe al primo posto, se non fosse per Suspiria (1977).

    1. Suspiria (1977) 

    Suspiria (1977) è la coronazione di tutto ciò che Dario Argento rappresenta nel mondo dell’horror. Combinate l’estetica raffinata e colorata de L'uccello dalle piume di cristallo (1970) con le atmosfere gotiche e soprannaturali di Inferno (1980) e avrete questo capolavoro del 1977. Ovviamente, l’impatto visivo di Suspiria (1977) è qualcosa di speciale. I set sono pomposi e ricchi di dettagli sfarzosi. La fotografia utilizza luci artificiali di colore rosso e viola per creare un’atmosfera paranormale da incubo. E poi c’è la mano sapiente di Argento, che muove la macchina in ogni lato e da qualsiasi angolazione lasciando estasiato l’occhio. Suspiria (1977) funziona anche come trama, con una storia ricca di tensione e sempre in crescendo fino al finale stupefacente.

  • Tutti i film e le serie TV con Millie Bobby Brown: la nostra classifica

    Tutti i film e le serie TV con Millie Bobby Brown: la nostra classifica

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Non ha nemmeno compiuto 25 anni, eppure Millie Bobby Brown ha già alle spalle una carriera che molti possono soltanto sognare e che l’ha resa, quando non era nemmeno maggiorenne, tra le attrici più note di Hollywood. Un talento precoce, illuminato ancora da giovanissima con un ruolo che era già diventato iconico fin dalla prima puntata di Stranger Things. 

    Da quel momento Brown non si è più fermata, tra kolossal e film in costume, confermando l’enorme potenziale già portato in scena con la sua Undici.

    Vale la pena ricordare che agli inizi della sua carriera Brown ha preso parte anche a diversi cameo e piccoli ruoli televisivi – da C’era una volta nel Paese delle Meraviglie a Modern Family, passando per Grey’s Anatomy, NCIS e persino una puntata speciale del talk show spagnolo El Hormiguero. Apparizioni curiose, che oggi hanno il sapore di chicche da riscoprire per i fan più accaniti, ma che non hanno avuto un impatto centrale sulla sua crescita come attrice.

    In questa classifica ci concentriamo quindi sui titoli principali, quelli in cui Millie Bobby Brown ha avuto un ruolo da protagonista o secondario importante, che meglio raccontano la sua evoluzione e il suo talento.

    8. The Electric State (2025)

    Con un budget record per Netflix, The Electric State era attesissimo, ma non ha convinto del tutto. Ambientato in un mondo post-apocalittico, il film pecca di trama zoppicante e ritmo altalenante. Brown, che avrebbe dovuto brillare al centro della narrazione, rimane in parte sacrificata, anche se non per colpa sua. È un titolo da consigliare ai fan della fantascienza distopica curiosi di vedere un esperimento visivamente ambizioso, ma che non regge il confronto con i suoi migliori lavori. In rapporto a Stranger Things, manca l’emozione e la costruzione dei personaggi, ma resta interessante come esempio delle sfide che l’attrice affronta oggi nel passaggio a ruoli adulti. Da vedere ora per capire come Netflix stia investendo sulle sue star più giovani, con risultati non sempre all’altezza delle aspettative.

    7. Intruders (2014)

    Il primo ruolo davvero importante arriva con Intruders, anche se la serie non ha mai davvero spiccato il volo, finendo presto nel dimenticatoio. Brown interpreta Madison, una bambina “posseduta” da un'anima proveniente da un passato lontano. La trama è intricata, forse troppo, ma le atmosfere dark sono un preambolo per quella che diventerà la cifra stilistica di Undici. Una prova sottovalutata, che merita di essere riscoperta, quantomeno perché evidenzia tutto il potenziale dell’attrice, all’epoca giovanissima È un titolo consigliato a chi ama i thriller soprannaturali con un tocco horror, o anche semplicemente a chi vuole riscoprire gli esordi di Brown. Rispetto a ruoli successivi qui la prova è ancora acerba, ma la scintilla è già evidente.

    6. Godzilla II: King of the Monsters (2019)

    Il debutto al cinema, arriva con Godzilla II: King of The Monsters, adattamento di un classico del cinema. Peccato che, nonostante le aspettative, il film non le renda giustizia, tra mostri giganti, città devastate e un caos apocalittico. Brown prova a ritagliarsi un suo spazio, ma il suo personaggio (Madison) rimane schiacciato da tonnellate di effetti speciali. Un blockbuster insipido, che regala poco oltre il CGI, dove Millie Bobby Brown è più vittima di una sceneggiatura opaca che protagonista. Film pensato per piacere ai fan del genere e degli action apocalittici, ideale per una serata leggera tra divano, popcorn e colpi di scena, anche se non è il titolo migliore per apprezzare le sue doti recitative.

    5. Godzilla vs. Kong (2021)

    Seconda apparizione nel “MonsterVerse”, ma questa volta un pelo più riuscita. Rispetto al precedente, Godzilla vs. Kong è più leggero, più spettacolare e più divertente – seppur con tutti i suoi limiti, evidentissimi. La sua Madison qui ha più respiro, più spazio e riesce a destreggiarsi meglio con gli altri personaggi. Anche il suo ruolo perde di centralità, Brown riesce a convincere e a portarsi a casa la parte. Come nel capitolo precedente, anche questo è un film consigliato a chi cerca intrattenimento puro, senza troppe pretese. Rispetto al talento puro sfoggiato con Undici, in questo franchise la carriera di Brown è rimasta un po’ impacciata, meglio negli altri titoli inclusi in questa lista.

    4. Damsel (2024) 

    Un fantasy in cui la principessa di turno viene offerta in sacrificio a un drago, trasformandosi poi in un’eroina. La trama è piuttosto banale, forse gli sceneggiatori erano in ferie, ma fortunatamente per Damsel c’è Millie Bobby Brown a tenere in piedi la baracca. Come prevedibile, lo sviluppo del film lascia un po’ a desiderare, anche se ha un buon ritmo e qualche discreto colpo di scena, ma la prova della protagonista è da applausi. Brown si prende tutto il film sulle spalle e, se non ci fosse stata lei, in questo momento staremmo parlando di un flop. Un ottimo esempio di come il talento riesca a rendere interessanti anche i cliché. Consigliato a chi ama i fantasy d’azione con eroine forti, in stile Hunger Games.

    3. Enola Holmes (2020)

    Qui Millie Bobby Brown si prende decisamente il centro del palcoscenico. Enola Holmes è il primo film dove è sia attrice protagonista che produttrice, e si vede. La sorella minore di Sherlock è un personaggio costruito a tutto tondo, ribelle e brillante, e l’idea al centro di questo spin-off è convincente. Se alle prese con giganteschi mostri giapponesi Brown aveva faticato, qui il ruolo è cucito su misura per lei, e rappresenta la prima vera via d’uscita dal Sottosopra. Il peso di un personaggio come Undici può essere asfissiante, ma qui Brown è riuscita a dimostrare di poter andare oltre. Un film fresco e godibile, perfetto per chi ama personaggi femminili indipendenti e storie di formazione. Ancora oggi resta una delle prove più convincenti e amate della sua carriera.

    2. Enola Holmes 2 (2022)

    Idem come sopra, anche se il secondo capitolo della saga alza l’asticella. Più azione, la trama è più strutturata, il contesto storico degli scioperi del 1888 a Londra rendono il tutto più coinvolgente e interessante. Rispetto al precedente, Enola Holmes 2 prende una direzione più matura. Lo stesso vale per il personaggio interpretato da Brown. Da outsider e “sorella-di”, qui Enola diventa detective a tutti gli effetti, aprendo una sua agenzia. I temi femministi diventano più evidenti, ma senza coprire la leggerezza della saga. Il film è consigliato a chi ha amato il primo Enola Holmes, ma anche a chi cerca un buon compromesso tra intrattenimento e tematiche più impegnate. Un sequel solido e ben riuscito, che probabilmente farà di questo titolo un classico del catalogo young adult di Netflix

    1. Stranger Things (2016 – in corso) 

    Eccoci finalmente arrivati alla (scontatissima) prima posizione, il ruolo che l’ha resa una star e una delle attrici più ricercate dai produttori hollywoodiani. Stranger Things non è solo la serie più amata di Netflix, ma rappresenta anche il primo vero debutto di Millie Bobby Brown. Prima qualche cameo, qualche particina, ma con Undici si inizia a fare sul serio, e l’entrata in scena è di quelle che fanno rumore per davvero. Un personaggio complesso, stratificato, che si sviluppa episodio dopo episodio. Pioggia di premi, l’amore incontestato di critica e pubblico, la prova che non ci trovavamo davanti all’ennesima ‘teen star’, ma a una vera fuoriclasse. Un mix di nostalgia anni ’80, horror, fantascienza, teen drama, tutto curato nei minimi dettagli. Semplicemente un altro livello. Questa serie è perfetta per… tutti, e non è un caso se abbia raggiunto un posto in prima fila nella cultura pop contemporanea. Insomma, in attesa della nuova stagione (in arrivo a novembre 2025) è arrivato il momento per un rewatch.

  • Da “Gintama” a “Spy x Family”: i 10 migliori anime comedy da non perdere

    Da “Gintama” a “Spy x Family”: i 10 migliori anime comedy da non perdere

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Gli anime comedy hanno una marcia in più rispetto a molte commedie occidentali: uniscono creatività sfrenata, ritmo serrato e personaggi indimenticabili che sanno far ridere e commuovere nello stesso momento. Non è un caso che negli ultimi anni il genere abbia trovato nuovo slancio, grazie a titoli che hanno conquistato il pubblico globale e piattaforme come Netflix e Crunchyroll che li hanno resi più accessibili.

    Se cerchi qualcosa che alleggerisca le tue giornate senza rinunciare a storie intelligenti e curate, gli anime comedy sono perfetti: ironia surreale, romanticismo, parodie dei generi più amati e situazioni quotidiane trasformate in puro intrattenimento. Ecco 10 titoli imperdibili che dimostrano quanto la risata made in Japan possa essere universale.

    1. Gintama (2006–2018)

    Considerato da molti il re incontrastato della comicità anime, Gintama mescola parodia sfrenata, azione e improvvisi picchi emotivi. Ambientato in un Edo alternativo invaso dagli alieni, segue Gintoki e la Yorozuya tra lavori assurdi, duelli samurai e rotture della quarta parete. La sua forza è l’umorismo meta che bersaglia tutto: cultura pop, altri anime, il medium stesso. Quando decide di fare sul serio, però, Gintama sfodera archi narrativi intensi e combattimenti coreografati. Se ami le parodie demenziali ma intelligenti, è il tuo porto sicuro. Per affinità, pensa al nonsense ipercinetico di Excel Saga (1999) o all’assurdità muscolare di Bobobo-bo Bo-bobo (2003): entrambi spingono il registro comico oltre il limite, proprio come fa Gintama, ma con stili ancora più cacofonici.

    2. Great Teacher Onizuka – GTO (1999–2000)

    GTO è un cult che unisce comicità scolastica e lampi di dramma sociale. Onizuka, ex teppista dal cuore enorme, diventa insegnante e prova a salvare studenti problematizzati con metodi decisamente poco ortodossi. Si ride forte, ma si riflette: bullismo, isolamento, aspettative dei genitori. Con 43 episodi, il ritmo è sostenuto e l’empatia sempre al centro. Se cerchi una serie capace di alternare gag e carezze emotive, eccola. Per affinità, guarda anche Cromartie High School (2003), parodia surreale dei delinquenti scolastici, e Haven’t You Heard? I’m Sakamoto (2016), commedia “cool” dove ogni problema viene risolto in modo tanto elegante quanto ridicolo: due facce dell’umorismo scolastico, diverse ma complementari a GTO.

    3) Nichijou – My Ordinary Life (2011)

    Il quotidiano portato all’assurdo: Nichijou trasforma spilli di normalità in esplosioni di comicità cartoonesca, con timing perfetto e animazione lussureggiante. Le micro-storie di Yūko, Mio e Mai scivolano dal “banale” al “cosmico” in un battito di ciglia. È la serie ideale per chi vuole sketch autoconclusivi, ritmo velocissimo e trovate visive memorabili. Se ti conquista il suo nonsense poetico, metti in coda Azumanga Daioh (2002) per un surreale più gentile e corale, e Daily Lives of High School Boys (2012) per un umorismo di banter e improvvisi guizzi assurdi: entrambi esplorano la commedia scolastica da angolazioni “slice” che esaltano la micro-comicità del quotidiano.

    4) Ouran High School Host Club (2006)

    Shōjo aware e parodia elegante: Ouran High School Host Club prende i tropi del romance scolastico (idoli, triangoli, cliché da manga) e li ribalta con classe. Haruhi, studentessa borsista, entra per caso nell’Host Club: da lì, travestimenti, malintesi e gag raffinate sfilano con ritmo impeccabile. In 26 episodi, la serie alterna ironia e tenerezza senza mai scadere nel facile. Se vuoi restare in area “metaparodia romantica”, prova Skip Beat! (2008), che smonta lo showbiz con spirito caustico, e Special A (2008), rivalry-romance dai toni brillanti: due consigli che ampliano il ventaglio dello shōjo comico mantenendo l’impronta scintillante che rende Ouran così speciale.

    5) Konosuba: God’s Blessing on This Wonderful World! (2016–2017)

    Parodia isekai irresistibile: Kazuma muore in modo ridicolo e rinasce in un mondo fantasy con un party di “compagni” più problematici che utili. Konosuba: God’s Blessing on This Wonderful World! vive di situazioni slapstick, dialoghi caustici e personaggi memorabili (Aqua, Megumin, Darkness) che sabotano i cliché del genere. Due stagioni compatte e densissime che filano via come un bicchiere d’acqua frizzante. Se vuoi altre risate fantasy fuori asse, recupera Is This a Zombie? (2011), harem/supernatural che gioca sporco con i generi, e The Devil Is a Part-Timer! (2013), isekai al contrario dove il Signore dei Demoni lavora in fast food: due declinazioni diverse della satirella fantastica.

    6) Kaguya-sama: Love Is War (2019–2022)

    Rom-com strategica: Kaguya e Shirogane si amano ma nessuno vuole confessare per primo. Ne nasce una “guerra fredda” di piani, bluff e escalation meta-comiche. Tre stagioni (più film) che fondono regia creativa, voice acting brillante e una crescita emotiva sorprendentemente tenera. Kaguya-sama: Love is War è perfetta se cerchi una commedia romantica che alzi l’asticella di messa in scena e scrittura. In scia, segnati Wotakoi: Love Is Hard for Otaku (2018), workplace rom-com nerd, e My Dress-Up Darling (2022), dolce e spigliata storia di cosplay e autostima: entrambe condividono l’attenzione ai dettagli del rapporto e la cura del “cuore” sotto le gag.

    7) One Punch Man (2015–2019)

    Satira supereroistica con coreografie da urlo. Saitama sconfigge chiunque con un pugno: da qui il paradosso comico di un eroe annoiato in un mondo che esplode di minacce. One Punch Man brilla quando contrappone epica audiovisiva e apatia zen del protagonista. Se ami l’idea di prendere in giro codici shōnen senza rinunciare allo spettacolo, è l’abbinamento perfetto. Per altre declinazioni meta-eroiche, prova The Tick (2016, serie live action USA, per il tono parodico) come curiosità occidentale, e torna in Giappone con Samumenco (2013), love-letter ironica ai tokusatsu che si trasforma più volte restando sempre spiritosa: due riferimenti “fuori lista” che ampliano il discorso sulla parodia dell’eroismo.

    8) Spy x Family (2022–in corso)

    Action-comedy dal cuore grandissimo. Una spia deve creare una famiglia fittizia per infiltrarsi… ma la “moglie” è un’assassina e la “figlia” è telepate. L’umorismo nasce dai malintesi, dal contrasto tra missione e affetti veri, e dalla dolcezza di Anya. Con 2 stagioni (episodi ~24 minuti), Spy x Family alterna set-piece dinamici, slice-of-life tenerissimi e running gag riuscite. Se ti piace questa miscela, dai spazio a Buddy Daddies (2023), due sicari si ritrovano alle prese con una bambina da crescere e a mettere in discussione le loro scelte di vita cercando di assicurarle una vita “normale”, Kakushigoto (2020), papà mangaka che nasconde il proprio lavoro alla figlia con situazioni comico-affettive, Hinamatsuri (2018), yakuza alle prese con una ragazzina con poteri psichici: tutte e tre le serie che condividono il cuore “family + super-situazioni”.

    9) Prison School (2015)

    Irriverente, sfacciata, deliberatamente sopra le righe: Prison School racconta cinque liceali confinati in una “prigione” scolastica gestita da un Consiglio Segreto. Fan-service e slapstick convivono con una sorprendente precisione nel timing comico e nel gioco di potere. Dodici episodi compatti, ritmo alto, zero paura di esagerare. Se cerchi altre commedie che spingono forte sull’assurdo “piccante”, orientati su Shimoneta (2015), satira sessuale demenziale, e Grand Blue (2018), college comedy di sbronze e fraintendimenti catastrofici: due titoli che, pur diversissimi, condividono la logica del “too much” usata qui per scuotere e far ridere.

    10) Ranma ½ (1989–1992)

    Classico immortale di Rumiko Takahashi: arti marziali, maledizioni acquatiche e romanticismo slapstick. Ranma si trasforma in ragazza con l’acqua fredda e la sua vita sentimentale/lottatoria diventa un caos adorabile. Oltre 160 episodi tra gag fisiche, triangoli e rivali folli: la formula ha influenzato decenni di commedie. Se vuoi esplorare il “proto-DNA” del titolo, recupera Lamù, la ragazza dello spazio (1981) per il vortice romantico-alieno e Maison Ikkoku (1986) per una vena più tenera e quotidiana: entrambe, sempre di Takahashi, mostrano quanto ampio sia il ventaglio comico-romantico che Ranma ½ ha portato al grande pubblico. Ma potreste anche dare un’occhiata al nuovissimo reboot di Netflix!

  • Da “I pugni in tasca” a “Esterno notte”: i migliori film e serie TV di Marco Bellocchio

    Da “I pugni in tasca” a “Esterno notte”: i migliori film e serie TV di Marco Bellocchio

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A Venezia 82 ha presentato i primi due episodi di Portobello (2025), serie TV dedicata al caso giudiziario di Enzo Tortora che vedremo su HBO Max nel 2026. E, senza paura di venire smentiti, possiamo affermare che all'età di 85 anni Marco Bellocchio è ancora lo sguardo più lucido del cinema italiano. 

    L'unico, insieme a Marco Tullio Giordana, a saper raccontare il nostro Paese ed eventi cruciali della nostra Storia contemporanea con una limpidezza di pensiero rara da fare invidia a tanti colleghi.

    JustWatch ha stilato la classifica dei migliori film e serie TV di Marco Bellocchio da (ri)vedere!

    9. Fai bei sogni (2016)

    Con Fai bei sogni, Marco Bellocchio ci regala uno dei finali più belli e struggenti del cinema italiano degli ultimi 20 anni. Lo fa partendo dal romanzo omonimo e autobiografico di Massimo Gramellini che segue la vita dell'autore, un giornalista con il volto di Valerio Mastandrea che, dopo la misteriosa morte della madre quando era bambino, convive con un dolore irrisolto.

    Se nel suo esordio al lungometraggio con I pugni in tasca, Bellocchio uccide la figura materna, qui in un certo senso la fa rivivere attraverso i flashback del passato del protagonista che cerca di trovare una risposta alle domande che si pone da tutta la vita. Un viaggio interiore in cui, per 131 minuti, il regista affronta il tema del lutto – come farà in modo ancora più diretto e personale in Marx può attendere - intrecciato a un seme di speranza. Una delle opere più emozionanti della filmografia di Bellocchio da vedere se hai apprezzato Lei mi parla ancora (2021) e Ride (2018).

    8. L’ora di religione (2002)

    Un film spiazzante che, all'epoca dell'uscita, suscitò una forte reazione indignata da parte della comunità cattolica italiana. Il motivo è un'imprecazione pronunciata da uno dei personaggi. Scelta che Bellocchio ha sempre difeso. Non da considerare come una blasfemia, dunque, ma come l'espressione di una profonda disperazione del personaggio.

    Il film segue Ernesto (Sergio Castellitto), illustratore di favole discendente da una famiglia blasonata ma caduta in disgrazia. L'uomo scopre, sgomento, che i familiari vorrebbero riacquistare prestigio grazie alla beatificazione di sua madre. Attraverso questa storia Bellocchio, in un'ora e 40 minuti, affronta tematiche care al suo cinema, dalla fede alla famiglia, svelando l'ipocrisia che ci guida come singoli e come società. Se lo sguardo del regista sull'ingerenza della religione nella vita degli esseri umani raccontata in Rapito ti ha affascinato, puoi recuperare questa pellicola del 2002.

    7. Sbatti il mostro in prima pagina (1972)

    Un film dalla forza premonitrice impressionante. Sbatti il mostro in prima pagina, ambientato durante gli anni di piombo a Milano, vede Gian Maria Volontè – in una prova magistrale - vestire i panni di Giancarlo Bizanti, redattore capo di un giornale conservatore che, su volere della proprietà del quotidiano, sfrutta le indagini di un omicidio per fini politici, provando a incastrare un giovane militante di sinistra. 

    Una pellicola che, nell'epoca delle fake news e di un giornalismo sempre più di parte, appare più attuale che mai nella sua denuncia della manipolazione dei media come strumento di propaganda. Se ami il cinema sociale come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in paradiso (1971) e Le mani sulla città (1963), amerai anche Sbatti il mostro in prima pagina.

    6. Marx può aspettare (2021)

    Il lavoro più intimo e personale di tutta la filmografia di Marco Bellocchio. Se nei film di finzione i riferimenti alla sua vita sono stati filtrati attraverso il racconto cinematografico, con Marx può aspettare il regista si confronta direttamente con Camillo, il fratello gemello morto suicida nel 1968.

    Un'opera struggente e lucida, un'analisi sul senso di colpa che lo ha accompagnato tutta la vita e che ha cercato di esorcizzare attraverso le storie portate sullo schermo. Ma anche 97 minuti di confronto, dove il regista riunisce tutta la sua famiglia per guardare a ritroso alla loro storia e mettere sul tavolo rimpianti e dolore mentre riflette su come l'arte possa contribuire ad alleviarli. Da recuperare se hai amato Gli occhi, la bocca (1982), in cui Bellocchio racconta proprio la storia di due fratelli gemelli e un suicidio.

    5. Buongiorno, notte (2003)

    Raccontare la prigionia di Aldo Moro sequestrato dalle Brigate Rosse e immaginarne un finale diverso per una storia che conosciamo tutti. Con Buongiorno, notte, Bellocchio affronta una delle ferite più profonde della storia italiana con un punto di vista del tutto inedito.

    Lascia da parte la fredda cronaca degli eventi e ci porta nel covo dove era rinchiuso il fondatore della Democrazia Cristiana (Roberto Herlitzka) mostrandoci il dramma dello statista e il dubbio vissuto da una delle brigatiste (Maya Sansa) disarmata dall'umanità di Moro. Un'ora e 46 minuti in cui Bellocchio fotografa le insidie delle ideologie, mentre racconta gli anni di piombo dall'interno aprendo a un barlume di speranza regalato da un finale emozionante e inatteso. Se hai visto il film/serieEsterno notte in cui il regista ritorna sul rapimento Moro analizzandolo da un'altra prospettiva, non puoi perderti il film del 2003.

    4. Rapito (2023)

    Con Rapito Marco Bellocchio torna a confrontarsi ancora una volta con la religione e la sua intromissione nel privato delle persone. Lo fa portando sullo schermo la vera storia del piccolo Edgardo Mortara che già Spielberg avrebbe voluto trasformare in un film. Un bambino ebreo di sei anni, battezzato di nascosto da una domestica, strappato alla sua famiglia nel 1858 per essere cresciuto come cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX.

    Un dramma in costume dalla forte potenza emotiva e visiva arricchito dalle grandi interpretazioni di Barbara Ronchi, Fabrizio Gifuni e Fausto Russo Alesi e Paolo Pierobon. Un'opera maestosa che, in 134 minuti, ci lascia interdetti e si interroga sul rapporto tra fede e (stra)potere, identità e famiglia. Da non perdere se ami i film incentrati su complesse storie vere come Il signore delle formiche (2022) di Gianni Amelio.

    3. Il traditore (2019)

    Una delle più riuscite interpretazioni di Pierfrancesco Favino per uno dei più riusciti film di Marco Bellocchio. Con Il traditore, il regista ricostruisce la storia di Tommaso Buscetta, il primo grande pentito di mafia che ha portato a galla molti segreti di Cosa Nostra. Belocchio ne racconta la scissione psicologica, diviso tra il suo legame con la famiglia criminale e la necessità di allontanarsene.

    Nel farlo ricostruisce in modo minuzioso il maxiprocesso nell'aula-bunker di Palermo e ci regala sequenze oniriche dal forte impatto visivo. Favino, dal canto suo, dà vita a un'interpretazione complessa e stratificata grazie alla quale vedere un po' più da vicino un mondo fatto di regole e rituali dal retrogusto ancestrale. Due ore e 25 minuti di puro cinema che Bellocchio governa con mano e sguardo fermi. Da vedere se hai apprezzato Il pentito (1985),La trattativa (2014) eIddu – L'ultimo padrino (2024).

    2. Esterno notte (2022)

    Un film diviso in due parti o una serie di sei episodi da 344 minuti complessivi. Poco importano le etichette. L'unica cosa certa è che Esterno notte è una delle opere più importanti di tutta la filmografia di Marco Bellocchio. Quasi 20 anni dopo Buongiorno, notte, il regista torna a parlare del rapimento di Aldo Moro. Questa volta, però, lo sguardo è più ampio e non si limita a raccontare la prigionia e il rapporto del politico con i suoi carcerieri brigatisti.

    Questa volta Bellocchio apre anche a tutti i protagonisti della scena politica di questi giorni e ai familiari del giurista interpretato da uno straordinario Fabrizio Gifuni. Così facendo ci restituisce un ritratto umano sfaccettato in cui tragedia e grottesco si mescolano e raccontano di un Paese senza più riferimenti. Una visione obbligatoria a cui accostare anche la pellicola del 2023.

    1. I pugni in tasca (1965)

    Debutto al lungometraggio per il ventiseienne Marco Bellocchio che con I pugni in tasca manda all'aria l'idea buonista di famiglia in 105 minuti. Lo fa raccontando la storia di quattro fratelli e la loro anziana madre cieca. Tra di loro Alessandro, interpretato da Lou Castel, che medita di uccidere i suoi familiari per permettere al maggiore di loro di vivere una vita serena senza doversi prendere cura delle loro esigenze.

    Un film provocatorio e crudo che all'epoca fece scalpore e con il quale il regista mette a nudo tutta l'ipocrisia borghese a lui contemporanea. Anche dal punto di vista cinematografico, la pellicola è di rottura nei confronti del cinema che l'ha preceduto e al suo interno è ricca dei temi che Bellocchio affronterà nelle sue opere successive, come in Marx può aspettare e L'ora di religione.

  • L’universo di "The Boys": tutte le serie e spin-off da guardare in ordine

    L’universo di "The Boys": tutte le serie e spin-off da guardare in ordine

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Quando uscì, nel 2019, in pochi conoscevano la storia di The Boys. Certo, il racconto ideato da Garth Ennis e Darick Robertson era già un cult tra gli appassionati di fumetti, ma quando dalle pagine si è passati al formato serie, ecco spuntare uno dei titoli più convincenti e appassionanti degli ultimi anni, senza ombra di dubbio. 

    Tra lo splatter e il black humor, tra satira affilata ed effetti speciali, The Boys ha preso il genere supereroistico e l’ha lanciato in direzioni prima impensabili, diventando un fenomeno globale fin dal primo episodio. E non è un caso se dal titolo originale sono iniziati a spuntare spin-off o prequel, arricchendo il mondo di The Boys di nuovi intrecci e personaggi. Niente di nuovo rispetto all’universo Marvel? Non proprio, qui i supereroi non sono i paladini senza macchia del MCU, ma star viziate, subdole, disposte a tutto pur di accrescere fama e potere. 

    Ogni stagione di The Boys ha aggiunto uno strato in più di cinismo, violenza e critica sociale, consolidando  la serie come una delle saghe più irriverenti degli ultimi anni. Ma come orientarsi tra stagioni, linee temporali e universi paralleli? Soprattutto ora che siamo in attesa del quinto (e ultimo) capitolo della saga – in arrivo per la seconda metà del 2026. Ecco quindi una guida completa, con tutte le serie e gli spin-off da guardare in ordine, per non perdere neanche un tassello della storia.

    1. The Boys – Stagione 1 (2019)

    Un debutto roboante, una serie che già dalle prime scene rapisce e convince, anche (e soprattutto) chi è solito storcere il naso davanti al genere supereroistico. Qui si ribalta il tavolo, i supereroi vengono ritratti in maniera spietata, super-influencer in mano a una multinazionale senza scrupoli. La trama conquista fin dall’inizio con un mix di dramma (la storia del protagonista Hughie), action, satira feroce e comicità tagliente. Un titolo volutamente sopra le righe, che non ha paura di andare oltre e stravolgere le regole, consigliatissimo per chi cerca una serie che spezzi gli schemi dei cinecomic tradizionali, un po’ come aveva fatto Watchmen al cinema. La prima stagione rimane forse il capitolo più potente della saga, certamente la più ricca di dark humor e colpi comici geniali – su tutti lo sketch in cui vengono citate le Spice Girls, di un altro livello.

    2. The Boys – Stagione 2 (2020)

    Con la seconda stagione cambia il registro, qui più oscuro e dalle tonalità più “politiche”, a tratti disturbante per quanto riesce a rispecchiare il mondo in cui stiamo vivendo, ovviamente esagerandone le storpiature. La volontà di potere dei supereroi si porta al centro della scena, con temi come l’eugenetica o la superiorità della razza, tra propaganda e social media utilizzati per manipolare le masse. Con questa stagione The Boys accentua i suoi tratti più satirici che verranno poi ripresi nei capitoli successivi, in cui il paragone tra il ciuffo biondo di Homelander e l’attuale presidente USA verrà sempre più esplicitato. È qui che la serie inizia a osare davvero sul piano sociale, portando a galla i lati più distopici della cultura pop contemporanea. Il ritmo è forse meno sorprendente rispetto alla prima stagione, ma guadagna in complessità e stratificazione. È consigliata a chi non cerca solo intrattenimento, ma anche uno specchio satirico del presente.

    3. The Boys Presents: Diabolical (2022)

    Con Diabolical il franchise cambia volto e sperimenta con l’animazione. Otto episodi brevi e indipendenti, ognuno con stili e toni diversi, esplorano lati del mondo di The Boys che nella serie principale restano solo accennati. Un format che ricorda la geniale Love, Death & Robots in quanto a libertà creativa, ma è pensata soprattutto per i fan già affezionati alla serie originale, per cui può risultare più come un “contenuto extra” che come un titolo a sé stante. Interessante per come riesce a esplorare i margini più nascosti della trama centrale, ma più che la storia qui a colpire è lo stile visivo. Un esperimento affascinante ma rimane comunque secondario, perfetti per gli amanti dell’animazione fuori dagli schemi e per i fan più sfegatati della serie.

    4. The Boys – Stagione 3 (2022)

    Nuova stagione, nuovo registro, dalla satira oscura si gira verso l’action, si infittisce la storia con nuovi personaggi e grandi ritorni, che vanno ad arricchire il ghigno già glaciale di Homelander, il supereroe più villain di sempre. Qui la serie spinge sull'acceleratore, con sequenze che prendono a piene mani dal genere splatter, esaltando le origini comics di The Boys, mentre la trama si arricchisce con colpi di scena continui che vanno a stravolgere le dinamiche buoni-cattivi (mai del tutto definite nella saga). Rispetto alla critica sociale della seconda stagione, qui si punta su tonalità più spettacolari e per questo risulterà più vicina ai fan del genere supereroi più tradizionale. Ma niente paura, perché se la terza stagione perde in profondità e in satira a favore dell’adrenalina, con la quarta stagione si torna in quella direzione, ma in maniera ancora più spietata.

    5. Gen V – Stagione 1 (2023)

    Seppur non ai livelli di tensione della storia principale, questo spin-off nasce da un’idea strepitosa, raccontare il mondo dei super prima che diventino super, ovvero della Godolkin University, una sorta di Hogwarts del mondo di The Boys, ma con tanta (tantissima) dose di ormoni e Comp V in più. Ovviamente nessun paragone con Harry Potter, nemmeno con la scuola per giovani mutanti di X-Men: qui ci sono indici di gradimento social, genitori manager, followers, graduatorie spietate e storie di crescita personale. E quindi l’ansia di essere accettati, la paura del giudizio altrui, la scoperta del proprio corpo e dei superpoteri, insomma, tutti gli elementi del teen drama, ma “potenziati”. Gen V è un prodotto pensato chiaramente per un pubblico più giovane, che tuttavia riesce a mantenere lo stampo di The Boys, tra cinismo, satira pungente e scene action tendenti allo splatter più ironico. Un esperimento molto più che riuscito, adatto a chi ama i teen drama, senza rinunciare al taglio irriverente e sopra le righe che caratterizza l’intero franchise. Forse meno impattante rispetto a The Boys, ma solida e capace di reggersi sulle proprie gambe.

    6. The Boys – Stagione 4 (2024)

    È con la quarta stagione che The Boys raggiunge il suo apice dark, tra super-dittatori, virus di sterminazione di massa, con i toni politici e distopici amplificati alla massima potenza. L’America è ritratta in maniera feroce, sull’orlo della guerra civile, i richiami alla politica statunitense contemporanea qui vengono più che esplicitati. Questa è una delle stagioni più intense anche se forse la più difficile da seguire, perfetta per chi ama i thriller e le distopie politiche, ma il lato più comico di The Boys ne soffre un po’, messo da parte per accentuare il lato satirico della serie. Rispetto alle stagioni precendenti qui il ritmo risulta più incostante e sembra soffrire dell’entrata in scena di tanti (forse troppi) nuovi personaggi. Poco male, perchè la faida tra Butcher e Homelander raggiunge l’apice (Karl Urban e Antony Starr, voto 10), con un colpo di scena nelle ultime scene che prepara alla resa dei conti finale. Perde un poì la freschezza degli inizi, a volte sempra calcare un po’ troppo la mano sulla critica sociale, ma l’asticella rimane comunque altissima.

    7. Gen V – Stagione 2 (2025)

    La seconda stagione di Gen V segna un cambio di passo, mettendo decisamente da parte le tonalità teen drama per portare al centro il doloroso percorso di formazione della protagonista, amplificato dal lutto per la perdita di Andre (conseguenza forzata per la tragica scomparsa dell’attore Chance Perdomo). La trama si avvicina sempre di più al nucleo centrale di The Boys, e Gen V perde molto dell’autonomia spin-off, con la spietata Vough e la sua follia eugenetica si sempre più presenti. A soffrirne è il ritmo scanzonato e ironico che aveva contraddistinto la prima stagione, dato che anche qui i binari si dirigonoverso l’oscurità verso cui aveva virato il filone principale. Un titolo che racconta di identità, che va in profondità, ma meno adatto per chi amava la leggerezza del capitolo precedente. Il risultato è una serie meno esplosiva ma più consapevole, capace di trasformare la perdita in motore narrativo e confermare che Gen V non era semplicemente il capitolo “teen-splatter”, ma un tassello necessario della saga.

  • I migliori film e serie TV tratti dai romanzi di Jane Austen: la nostra classifica

    I migliori film e serie TV tratti dai romanzi di Jane Austen: la nostra classifica

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Siamo nel 250esimo anno dalla nascita di Jane Austen. Due secoli e mezzo dopo, le sue opere sono ancora attuali, tanto da continuare a ricevere adattamenti sul grande e piccolo schermo. Troppo spesso ridotta a romanziera di storie d’amore, Jane Austen ha usato la sua sottigliezza per infondere le sue opere con temi sociali.

    Il ruolo della donna in una società codificata dal patriarcato viene affrontato tra le righe, cosicché solo coloro che sanno cogliere queste sfumature possano comprenderne il vero significato. Al momento, è in corso la produzione di due nuovi adattamenti: Orgoglio e Pregiudizio, una serie TV con protagonista Emma Corrin, e Ragione e Sentimento, film con Daisy Edgar-Jones e Esmé Creed-Miles.

    A ribadire la potenza assoluta della penna di Jane Austen a 250 anni dalla sua nascita, JustWatch vi presentai i migliori film e serie TV tratti dalle sue opere. Tra i criteri di scelta ho preso in considerazione il livello iconico dei titoli, la capacità di rendere giustizia all’essenza di Jane Austen e la bellezza tecnica. Non dimenticatevi di utilizzare i filtri di JustWatch per selezionare uno o più titoli in base all’anno di produzione, alla durata, alle valutazioni IMDb e Rotten Tomatoes e molto altro.

    10. Sanditon (2019)

    Sanditon apre la lista e, fin da subito, mette sul piatto uno dei dibattiti eterni sugli adattamenti da romanzi. Soprattutto se si tratta di Jane Austen. Il nocciolo sta nella lotta tra un adattamento fedele al libro o un altro che si prenda più libertà. Sanditon (2019) si posiziona nel mezzo, dando più respiro ai personaggi e alle vicissitudini rispetto all’opera di Austen. Per questo motivo la serie TV si posiziona all'ultimo posto della classifica. Al centro della serie TV troviamo Charlotte Heywood, una ragazza di campagna appartenente a una buona famiglia. Dopo aver salvato Tom e Mary Parker, viene invitata da quest’ultimi nella loro casa sul mare. Formata da tre stagioni – per un totale di 20 episodi di un’ora l’uno – questa serie è perfetta per chi voglia guardarsela tutta d'un fiato.

    9. L'abbazia di Northanger (2007)

    L'abbazia di Northanger è il terzo adattamento per la TV del romanzo del 1817 ed è consigliato per coloro che amano il lato comico di Jane Austen. Allo stesso tempo, i fan di Felicity Jones potranno gioire. L’attrice ci regala una performance da protagonista di grande livello, nei panni di Catherine Morland, una giovane introdotta nella società che conta. La storia d’amore con risvolti sociali a cui Catherine va in contro rispecchia le tematiche tipiche di Austen. Tuttavia, L'abbazia di Northanger (2007) è arricchita da aspetti gotici che danno un tocco differente. Nonostante i punti a favore, il film si posiziona al nono per la sua eccessiva brevità. La durata di poco più di un’ora e mezza non riesce a dare abbastanza respiro all’opera. Più avanti troverete un paio di eccezioni a questa regola.  

    8. Mansfield Park (1999)

    Se cercate una commedia romantica in stile Jane Austen, Mansfield Park è il film che fa per voi. Si posiziona all'ottavo posto per la sua capacità di fondere il gradevole aspetto visivo di Sanditon (2019) con le vene comiche de L'abbazia di Northanger (2007). Mansfield Park (1999) si focalizza sulla storia di Fanny –interpretata con grande maestria da Frances O'Connor– ragazza di umili origini che si trasferisce dal ricco zio per essere introdotta in società. La trama tocca anche temi relativi al colonialismo, esprimendo venature sociali. Tuttavia, lo spazio lasciato a brillanti scene comiche rendono la pellicola di Patricia Rozema imperdibile per chi voglia godersi due ore in leggerezza.

    7. Emma (2020)

    Emma è un solido esordio alla regia per Autumn de Wilde ed è il primo dei tre adattamenti cinematografici che troverete nella lista. Questa versione è a cavallo tra modernità e fedeltà all’originale, rappresentate dagli altri due titoli che troverete più avanti. Questa commistione ben riuscita potrebbe, però, lasciare non del tutto soddisfatti i fan più accaniti. Ergo per cui il titolo si posiziona al settimo posto. Nonostante ciò, Emma (2020) si merita la top 10 grazie a una fotografia con colori pastello che ricorda la visione artistica di Wes Anderson. Allo stesso tempo, i fan di Anya Taylor-Joy non possono perderla nei panni della protagonista Emma, in uno dei casting più azzeccati della sua carriera.

    6. Amore e inganni (2016)

    Amore e inganni ha ottenuto un grande risultato al box office. Non c’è da stupirsi vista la prova straordinaria di Kate Beckinsale nei panni di Lady Susan Vernon, una giovane vedova dalla furbizia sopraffina. Per trovare il prossimo marito ricco da sposare, decide di recarsi in una delle tenute della famiglia del defunto marito. Amore e inganni (2016) è l’unico adattamento del romanzo di Austen e la sua rarità gli vale il sesto posto. Non solo, il film è anche ricco di momenti ilari e dialoghi intrattenenti, rendendolo perfetto per chi cerca questo lato di Jane Austen. Seppur abbia penalizzato L'abbazia di Northanger (2007) per l’eccessiva brevità, non mi sento di fare lo stesso con Amore e inganni (2016) per i lati positivi già elencati.   

    5. Emma (1996)

    Emma di Douglas McGrath rappresenta la versione più accurata del romanzo. Per questo motivo, coloro che stanno cercando film che rispecchiano fedelmente la penna di Austen non possono guardare oltre. Al posto di Anya Taylor-Joy, questa volta è il momento di Gwyneth Paltrow, grandiosa nei panni della combinatrice di matrimoni. L’attenzione di Emma verso la vita amorosa degli altri, però, la distoglie dai suoi interessi personali e dalla possibilità di avere amore anche nella sua vita. A testimonianza dell’importanza di Austen, il film è ricco di attori che faranno strada nel mondo del cinema, tra cui Alan Cumming e Ewan McGregor. Tutti, infatti, devono passare da Jane Austen e farsi le ossa con un pubblico giustamente esigente e un materiale originale di portata iconica.

    4. Ragione e sentimento (1995)

    Uno degli adattamenti più fortunati e di successo, Ragione e sentimento di Ang Lee sfiora il podio grazie all’impatto visivo dell’opera e all’autenticità della resa. Il primo punto di forza è senza dubbio la sceneggiatura premio Oscar di Emma Thompson, anche attrice nel film. Senza dimenticare il cast d’eccezione composto da Kate Winslet, Hugh Grant e Alan Rickman, che porta a termine la missione in maniera egregia. Come dicevamo, tutti prima o poi devono passare da Jane Austen. Allo stesso tempo, il film è confezionato perfettamente dalla regia sopraffina di Lee. Se cercate una pellicola che sprizza Jane Austen da tutti i pori, questa è una scelta sicura.

    3. Ragazze a Beverly Hills (1995)

    Questa sarà di sicuro la scelta più controversa della classifica, ma Ragazze a Beverly Hills rimane uno degli adattamenti più riusciti delle opere di Austen. Il cult anni ‘90 a opera di Amy Heckerling non è altro che il terzo adattamento di Emma presente nella lista. Ovviamente, la chiave moderna con la quale viene riadattato viene spinta fino ai limiti. Dall’Inghilterra del XIX secolo si passa a un’assolata California. Al posto di Emma troviamo Cher, interpretata da Alicia Silverstone in uno dei suoi ruoli più iconici. Questo film coming-of-age non troverà il consenso del partito degli adattamenti alla lettera, ma spinge sul pedale dell'acceleratore con il suo modernismo. Per questo motivo, ho voluto premiare il coraggio dell’opera chiudendo un occhio sui criteri di scelta. 

    2. Orgoglio e pregiudizio (2005) 

    Orgoglio e pregiudizio di Joe Wright è la trasposizione cinematografica più famosa di Jane Austen. Il film vede Keira Knightley nei panni di Elizabeth Bennet, uno dei momenti più iconici nella carriera dell’attrice inglese. La giovane, come le altre sue sorelle, è in cerca di un marito per assicurarsi di mantenere la proprietà sulla casa di famiglia. Questa pellicola mette d’accordo tutti ed è perfetta per chi voglia introdursi nel mondo di Jane Austen, per i fan più accaniti e anche per chi è estraneo e disinteressato alla scrittrice di Steventon. Orgoglio e pregiudizio (2005) è uno di quei film da vedere almeno una volta nella vita e, senza dubbio, rimane l’adattamento cinematografico che più ha contribuito a far avvicinare le giovani generazioni alla romanziera. Per questo, il secondo posto non glielo toglie nessuno.

    1. Orgoglio e pregiudizio (1995)

    Essendo il romanzo più famoso di Austen, Orgoglio e pregiudizio è stato trasposto in innumerevoli versioni. Tra queste, il non plus ultra, oltre che migliore adattamento di sempre, è la miniserie del 1995 Orgoglio e pregiudizio. Non poteva essere altrimenti visto il connubio tra BBC e Jane Austen, che mantiene intatto lo spirito british innalzando il livello di autenticità dell’opera. Sfarzoso, romantico e ironico, Orgoglio e pregiudizio (1995) non ha rivali tra gli adattamenti. La visione è consigliata a tutti coloro che vogliono vivere il mondo di Jane Austen fino in fondo, assaporandone ogni dettaglio. La perfezione tecnica e lo spirito autentico di questa miniserie sono i due aspetti che mi spingono a posizionarla più in alto di tutti gli altri titoli.

  • I 5 migliori film horror gratuiti da guardare su JustWatchTV

    I 5 migliori film horror gratuiti da guardare su JustWatchTV

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Non c’è niente di meglio che mettersi comodi e godersi un bel film horror. Questo genere di pellicole ha la capacità di intrattenerci con la sua magia, ma anche di spaventarci con visioni oscure e maligne. Nonostante ciò, siamo sempre pronti a vederne un altro e a rimanere impauriti ancora una volta. In alcune situazioni però, l’horror è anche capace di farci pensare, utilizzando il macabro per trasmettere un messaggio più sottile allo spettatore.

    Con Halloween alle porte, questa lista vi porta indietro nella storia mostrandovi cinque horror assolutamente imperdibili. I titoli possono essere visti in forma gratuita su JustWatchTV e sono annoverabili tra i migliori horror di sempre. I titoli sono stati scelti in base all’influenza nella storia del cinema, al livello tecnico dimostrato e ai temi trattati. Per questo, i cinque titoli provengono dal passato ma il loro contributo all’horror li rende ancora attuali.

    5. Carnevale di anime (1962)

    Carnevale di anime è l’unico e indimenticabile film di Herk Harvey. Questo cult anni ‘60 è una di quelle gemme nascoste che devono essere assolutamente riscoperte dal grande pubblico. Il film con Candace Hilligoss ricrea un’atmosfera cupa e inquietante come pochi altri horror. L’incubo a occhi aperti di Carnevale di anime (1962) è dato da una fotografia in bianco e nero ad alto contrasto e dalla presenza di una figura inquietante e misteriosa interpretata dallo stesso Harvey. A completare l’esperienza ci pensa una colonna sonora da brividi, composta grazie all’utilizzo di un organo. L’atmosfera da incubo e l’orrore surreale di Carnevale di anime (1962) lascerà soddisfatti gli amanti di David Lynch, non a caso un grande estimatore della pellicola.

    Il quinto posto è dato semplicemente dal fatto che questo cult non può competere con i film che continuano la lista.

    4. Il gabinetto del Dr. Caligari (1920)

    Il gabinetto del Dr. Caligari è uno dei classici per antonomasia che troverete in questa lista. Come per Nosferatu il vampiro (1922), la pellicola è uno dei maggiori rappresentanti dell’espressionismo tedesco. A colpire sono i set dove predominano le forme appuntite e una fotografia che distorce la percezione dello spettatore. Tutto ciò per accrescere il livello di inquietudine, portato al limite anche da luci e ombre ad alto contrasto. Il gabinetto del Dr. Caligari (1920) non è solo disarmante nella sua tetra bellezza estetica, ma ricco di rimandi sociali e analisi sul primo dopoguerra. Come per La notte dei morti viventi (1968), quindi, l’horror non è solo uno strumento per impaurire gli spettatori, ma anche un mezzo per trasmettere un messaggio. Il quarto posto è dovuto al finale controverso, che potrebbe lasciare insoddisfatti alcuni spettatori.

    3. I tre volti della paura (1963)

    Come vedrete, il podio è composto solo da classici. La terza posizione se l’aggiudica uno dei maestri dell’horrror nostrano, nient'altro che Mario Bava. Il regista è stato tra i più prolifici nel panorama italiano. Basti pensare che I tre volti della paura è solo uno dei tre film realizzati nel 1963. Questo titolo antologico contiene tre episodi e mostra tutta la versatilità di Bava. Con grande maestria, il regista narra una vicenda moderna thriller e un horror gotico tratto dalla tradizione, passando per una classica storia di maledizioni. Il contributo de I tre volti della paura (1963) è talmente elevato da andare oltre la settima arte. Infatti, il titolo in inglese dell’opera, Black Sabbath, è diventato poi il nome della celeberrima band con il compianto Ozzy Osbourne. 

    2. Nosferatu il vampiro (1922)

    Se vi sono piaciute le atmosfere inquietanti di Carnevale di anime (1962), Nosferatu il vampiro (1922) continuerà a tormentarvi nel sonno. Uscito quarant’anni prima del cult di Herk Harvey, il film di F. W. Murnau ha fatto scuola con la sua sensibilità espressionista e con il suo ritratto del conte Dracula. Da un lato, la fotografia di Nosferatu il vampiro (1922) calca la mano sull’uso dell’oscurità e di angolature inusuali. Dall’altro, il film è efficace nel incutere paura attraverso la figura misteriosa di Dracula. La portata di questo classico non è data solo dal livello tecnico e dalla riuscita delle sequenze di paura. Fondamentale è anche il lascito della pellicola, testimoniato in primis da ben tre remake dell’opera. Il film non raggiunge la prima posizione perché lo stile muto potrebbe non invogliare tutti gli spettatori.

    1. La notte dei morti viventi (1968)

    La notte dei morti viventi (1968) è l’impeccabile esordio alla regia di George A. Romero. Già dal suo primo film si possono notare le caratteristiche che renderanno immortale il suo cinema. Questo cult dell’orrore non è solamente girato con una grande mano dal regista italo-americano. La trama horror è solamente il pretesto per analizzare criticamente il razzismo insito nella società americana. In breve, per Romero l’horror è un genere politico. Il messaggio, tuttavia, non deve prevaricare la magia del cinema né risultare pesante sulla trama. Ed è questa la forza del regista: consegnare agli spettatori un film che faccia pensare ma che non smetta di intrattenere. La prima posizione è obbligatoria per il peso della pellicola nella storia del genere e per la perfetta commistione tra forma e sostanza.

  • “My Hero Academia”: guida definitiva all’ordine di visione (stagioni e film)

    “My Hero Academia”: guida definitiva all’ordine di visione (stagioni e film)

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’aria da “ultimo giro di giostra” si inizia a sentire tra hype e commozione, perché dal 4 ottobre 2025 su Crunchyroll è disponibile l’ottava stagione di My Hero Academia, il capitolo che chiude un percorso iniziato dieci anni fa e che, puntata dopo puntata, ci ha insegnato che essere eroi non significa avere il quirk più potente, ma scegliere ogni giorno da che parte stare. 

    Se finora sei rimasto alla finestra (“recupero quando finisce”), questa è l’occasione perfetta: puoi metterti in pari e vivere il finale insieme a tutti. E se non hai mai visto My Hero Academia, tranquillo: non serve essere esperti di shonen per innamorarsene. Ti piacerà se ami le storie di crescita alla “scuola di vita”, il senso di squadra, i rivali storici che ti fanno fare il tifo, e quel mix di azione spettacolare e sentimenti che sa strappare un sorriso anche dopo la battaglia più dura. Perfetto per chi ha amato un classico come Naruto (2002 - 2017) o il più recente e popolare Jujutsu Kaisen (2020 - in corso).

    A livello visivo MHA è un parco giochi: regia energica, colonna sonora che pompa l’adrenalina, combattimenti leggibili e creativi (ogni quirk è un’idea di messa in scena). Ma il vero gancio sono i personaggi: Deku che impara a reggere il peso del dono; Bakugo, spigolosissimo ma onesto; Todoroki, sospeso tra due fuochi; e una classe 1-A che, al di là delle gag, diventa famiglia. Dall’altra parte, villain come Shigaraki che non sono solo “il cattivo della settimana”, ma riflessioni ambulanti su trauma, potere e disillusione.

    In questa guida trovi l’ordine di visione semplice e senza spoiler: stagioni e film al posto giusto, così segui il percorso di Deku dall’inizio fino al gran finale. Che tu arrivi dai supereroi Marvel, da shonen più blasonati o semplicemente abbia voglia di una grande storia corale, My Hero Academia è esattamente quel tipo di serie che ti fa dire “Plus Ultra” alla fine di ogni episodio. Pronto a partire?

    L’anime di My Hero Academia segue principalmente un ordine lineare, ma i film si collocano in punti specifici della storia. Questo è l’ordine cronologico di uscita:

    • Stagione 1 (2016)
    • Stagione 2 (2017)
    • Stagione 3 (2018)
    • Film: My Hero Academia: Two Heroes (2018)
    • Stagione 4 (2019–2020)
    • Film: My Hero Academia: Heroes Rising (2019)
    • Stagione 5 (2021)
    • Film: My Hero Academia: World Heroes’ Mission (2021)
    • Stagione 6 (2022–2023)
    • Stagione 7 (2024)
    • Film: My Hero Academia: You’r Next 

    Invece, andiamo a vedere nel dettaglio ogni singola stagione e film nell’ordine consigliato in base agli eventi:

    1. Stagione 1 (2016)

    La prima stagione di My Hero Academia è il perfetto “episodio pilota esteso” per chiunque voglia capire perché questo shonen abbia conquistato tutti. In 13 episodi costruisce un mondo leggibile e magnetico: l’idea dei quirk rende ogni personaggio immediatamente riconoscibile, le lezioni alla U.A. hanno la freschezza dei grandi school-anime e l’asse Midoriya/All Might funziona come un motore emotivo che non perde mai giri. L’animazione è pulita, le coreografie leggibili e già capaci di trovare momenti iconici (l’esame d’ingresso, il salvataggio con il sorriso). Come avvio, è esemplare: ritmo alto, posta ancora “piccola” ma sentita, e un messaggio chiaro – l’eroismo si impara, ma prima ancora si sceglie. 

    Consiglio extra? Blue Exorcist (2011 – 2017), perché entrambi raccontano l’inizio di un percorso eroico in un contesto scolastico. Come Izuku, anche Rin Okumura scopre di avere poteri straordinari legati a un destino pericoloso, tra allenamenti e nuove amicizie.

    2. Stagione 2 (2017)

    Con lo U.A. Sports Festival la serie fa il suo primo grande salto nella seconda stagione: torneo scolastico, spotlight sui comprimari e caratterizzazione che si scolpisce in pochi match memorabili (Todoroki vs Midoriya su tutti). A metà stagione, l’arco di Stain cambia tono: l’“Hero Killer” porta in dote domande scomode su fama e responsabilità, rendendo l’universo meno manicheo e più adulto. Le musiche fanno il resto, spingendo i picchi emotivi senza mai coprirli. È la stagione in cui capisci che MHA non vuole solo “combattere bene”: vuole dirti perché combatti, e con quali conseguenze. Se ami i tornei alla shonen ma desideri una ricaduta etica sui personaggi, qui trovi il bilanciamento giusto tra hype, crescita e ferite. Se vuoi proseguire sulle stesse vibes, perfetto Haikyuu!! (2014 – 2020); pur non essendo un battle shonen bensì uno spokon, la tensione dei tornei scolastici e il tema della rivalità ricordano l’esame sportivo dell’U.A. e lo scontro con Todoroki. Un mix di adrenalina e crescita personale.

    3. My Hero Academia: Two Heroes (2018) 

    Primo film cinematografico, Two Heroes è un divertissement elegante che porta Deku e All Might a I-Island, Disneyland tecnologica dei support per eroi. La trama è lineare (infiltrazione, ostaggi, colpo di coda), ma il gusto è tutto nei dettagli: gadget, ambienti verticali, duetti tra personaggi che in serie raramente condividono così tanto tempo. È “fan-service” virtuoso: non altera la continuity, ma regala un All Might più umano e un Deku già in modalità problem solver. Visivamente spiccano le sequenze d’assalto nei corridoi sospesi e il “passaggio di torcia” implicito in alcune inquadrature. Per chi guarda l’anime, è un plus cinematografico; per chi è nuovo, una cartolina perfetta di come MHA sa essere spettacolare senza perdere il cuore.

    4. Stagione 3 (2018)

    La terza stagione consolida My Hero Academia come blockbuster seriale d’autore. Il training camp tradisce la sua allegria “estiva” appena la League of Villains irrompe: i toni si fanno cupi, la minaccia è concreta e lascia cicatrici narrative. Tutto corre verso il duello All Might vs All For One: una lezione di messa in scena che tiene insieme epica supereroistica e chiusura di un arco affettivo. È l’episodio che ha fatto innamorare anche chi seguiva distrattamente, perché mostra cosa significa essere il Simbolo della Pace, e cosa resta quando il simbolo cade. Il post-duello, con la classe 1-A che ricalibra sogni e paure, è il seme della maturità futura: da qui in poi non tornerà più “come prima”.

    L’attacco al campo estivo e la disperata battaglia contro All for One hanno lo stesso respiro epico delle invasioni in Naruto Shippuden (2007 – 2017). Entrambi i mondi mostrano eroi costretti a crescere di colpo-

    5. Stagione 4 (2019–2020)

    L’arco di Overhaul è la prova di maturità. L’ingresso di Eri sposta l’asse sul salvataggio e sulla responsabilità: l’eroismo diventa protezione paziente, non solo “pugni più forti”. Lo scontro verticale nel covo yakuza è tra le migliori regie action della serie: camera mobile, spazi complessi, poteri che interagiscono in modo creativo. A valle, l’arco dell’Hero Internship con Endeavor e Hawks apre il capitolo “società degli eroi”: meno colori primari, più grigi. È una stagione che picchia duro e abbraccia, a pochi minuti di distanza; non stupisce che molti la considerino il cuore emotivo dell’opera. Se vuoi MHA nella sua versione più empatica e adrenalinica insieme, è qui.

    Qui il consiglio extra ricade su Tokyo Ghoul (2014 – 2018). L’arco di Overhaul è segnato da traumi e trasformazioni, come quello vissuto da Kaneki. Stesso equilibrio tra azione cruda, dolore personale e riflessione sul ruolo dell’eroe.

    6. My Hero Academia: Heroes Rising (2019)

    Heroes Rising è il film “evento” che molti avrebbero accettato come finale alternativo. Isola remota, minaccia globale, spotlight su tutta la 1-A e una set-piece conclusiva che è dichiarazione di poetica: l’eroismo come gesto condiviso. La regia gonfia scala e velocità, ma rimane leggibile; il villain Nine ha motivazioni semplici e funzionali, lasciando campo libero al vero protagonista: il lavoro di squadra. Per ritmo, musica e build-up emotivo, è la vetta del trittico cinematografico. Non indispensabile per la trama principale, ma fortemente consigliato: amplifica temi chiave (eredità, cooperazione, fiducia) e regala quei “tre minuti di infinito” che restano attaccati addosso.

    7. Stagione 5 (2021)

    La quinta stagione è spesso definita “di transizione”, e in parte è vero: Joint Training Arc, focus sulla 1-B, affinamento dei quirk e del controllo. Ma è soprattutto la stagione che prepara il terremoto: l’attenzione si sposta sui villain, Shigaraki prende spessore, la backstory del fronte del male si fa storia a sé e i tasselli ideologici si incastrano. Il ritmo è più spalmato, ma la regia continua a trovare punte notevoli nelle esercitazioni e negli scontri corali. È l’ora dell’ombra lunga: mentre i ragazzi crescono un passo alla volta, la città – e il mito degli eroi – scricchiola. Chi salta questa stagione perde la mappa per leggere la guerra che verrà.

    In questo senso, la stagione 5 ricorda molto Hunter x Hunter (2011 – 2014). I vari percorsi degli studenti dell’U.A. ricordano i filoni paralleli dell’anime di Togashi. Strategia, crescita e scontri tra compagni rendono entrambe le serie avventure corali avvincenti.

    8. My Hero Academia: World Heroes’ Mission (2021) 

    World Heroes’ Mission vira sullo spy-action internazionale: nuove città, nuove tute stealth, una minaccia terrorista globale e inseguimenti che paiono usciti da un blockbuster live action. È il capitolo più “fuori aula”, con pairing inediti e una fotografia che fa respirare arie diverse dal giapponesissimo set della serie. Narrativamente è il più standalone dei tre film, ma offre crescite puntuali (il senso del dovere oltre i confini, l’eroismo come lingua comune). Se ti piace l’idea di MHA come franchise capace di cambiare genere rimanendo sé stesso, è il film da scegliere: 100 minuti tesi, con un terzo atto che non lesina spettacolo.

    9. Stagione 6 (2022–2023)

    La sesta stagione è Guerra aperta. La Paranormal Liberation War rompe il giocattolo: città devastate, decisioni irreversibili, cicatrici che non sono solo estetiche. La stagione è un rullo compressore che alterna macro-battaglie e primi piani emotivi, senza perdere leggibilità. L’“arco del cavaliere oscuro” di Deku, tra stanchezza e isolamento, è uno dei momenti più adulti dell’intera saga: il One For All come peso e non più solo dono. La colonna sonora si fa cupa, la fotografia toglie saturazione: anche visivamente, il mondo degli eroi entra nell’età della realtà. Se fin qui MHA era “formazione”, dalla sesta in poi è “conseguenza”. Necessaria e potentissima.

    La Guerra di Liberazione Paranormale ha lo stesso tono cupo delle battaglie di Attack on Titan (2013 – 2023): conflitti sanguinosi, sacrifici estremi e nemici che non sono mai solo “cattivi”.

    10. My Hero Academia: You’re Next (2024)

    Il quarto film della saga, You’re Next, esce dopo la Guerra di Liberazione Paranormale e rafforza il legame tra anime e universo “canonico”. Diretto da Tensai Okamura con sceneggiatura di Yōsuke Kuroda, racconta una minaccia nuova: la famiglia mafiosa Gollini cerca di ergersi al ruolo di “nuovo Simbolo della Pace” imitando All Might, evocando uno scontro dove Deku e la Classe 1-A devono affrontare un villain che rispecchia il proprio ideale. 

    Il film dura circa 110 minuti e offre una narrazione compatta, ad alta tensione, con conflitti personali più che grandi battaglie. Non modifica in modo fondamentale la continuity dell’anime, ma aggiunge tasselli interessanti e anticipa temi che verranno esplorati appieno nella stagione finale.

    11. Stagione 7 (2024)

    La settima stagione riallaccia i fili dopo la tempesta e comincia a mettere i pezzi finali sulla scacchiera. Collaborazioni inattese, alleanze ritrovate e un progressivo recupero dell’idea di “società” che la guerra aveva frantumato. Senza spoiler: è la stagione della preparazione consapevole, quella in cui si accetta che il finale non sarà una passerella, ma una maratona in salita. Registicamente torna un po’ più di luce, ma i toni restano seri; i rapporti tra i compagni si approfondiscono e ogni personaggio conquista un piccolo spazio di verità. È il trampolino perfetto per il rush conclusivo e, per chi è rimasto indietro, il punto ideale per rimettersi in pari.

    L’escalation di rivelazioni e lo scontro finale con poteri superiori riecheggiano il climax dei fratelli Elric in Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009 – 2010). Stesso equilibrio tra emozione, tensione narrativa e riflessioni morali.

  • Da "Winx Club" a "Winx Club: The Magic is Back": tutti i film e le serie TV del franchise

    Da "Winx Club" a "Winx Club: The Magic is Back": tutti i film e le serie TV del franchise

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Bloom, Stella, Flora, Tecna, Musa e Aisha sono tornate. Ben 13 nuovi episodi (i restanti 13 arriveranno nella primavera 2026) racchiusi in una nuova serie, Winx Club: The Magic is Back, a 21 anni dalla prima messa in onda che ci ha fatto conoscere le fate nate dall'immaginazione di Iginio Straffi. 

    Modellate traendo ispirazione da celebri volti dell'intrattenimento - Britney Spears, Cameron Diaz, Jennifer Lopez, Lucy Liu, Pink e Beyoncé -, coloratissime e bellissime, le Winx in breve tempo sono diventate un fenomeno pop con un peso importante nel panorama dell'animazione e dell'intrattenimento.

    Pensate per un pubblico di giovani spettatrici, le fatine del mondo magico di Magix nascono come serie animata per poi trasformarsi in un franchise fatto di fumetti, spin-off, lungometraggi, live-action e reboot. Al centro del racconto delle tematiche e valori che si ripetono e si declinano di titolo in titolo: dall'amicizia alla fiducia in se stessi passando per solidarietà e onestà. Il tutto accompagnato da una buona dose di avventura che vede le protagoniste impegnate a salvare l'universo da varie minacce. Senza dimenticare i problemi di cuore tipici dell'adolescenza.

    JustWatch ha stilato una lista di tutti i film e le serie TV del franchise delle Winx da vedere in streaming.

    1. Winx Club (2004-2019)

    Distribuita in 150 paesi,Winx Club è la serie animata originale che ha introdotto il pubblico al magico mondo di Alfea, la scuola per aspiranti fate di Magix dove studiano Bloom e le sue amiche. È tra quelle mura che imparano a controllare le proprie abilità che useranno per contrastare i vari pericoli che saranno chiamate ad affrontare.  Un totale di 208 episodi divisi in otto stagioni che hanno trasformato la serie in un fenomeno globale grazie alla fortunata combinazione di avventura, amicizia femminile, magia, moda e canzoni pop.

     Tanti i messaggi racchiusi nei vari capitoli: dalla tolleranza al rispetto per l'ambiente passando per l'accettazione degli altri e il credere nelle proprie qualità. Nel 2011 sono usciti quattro brevi mediometraggi – Il destino di Bloom, La vendetta delle Trix, Battaglia per Magix, La Fenice d'Ombra - che riassumono le prime due stagioni adottando un'animazione più moderna. Da recuperare se sei cresciuto guardando Sailor Moon (1992) o ti piacciono W.I.T.C.H. (2004) e Glitter Force (2012).

    2. Winx Club - Il segreto del regno perduto (2007)

    Primo lungometraggio basato sulla serie animata e ambientato dopo la sua terza stagione,Winx Club - Il segreto del regno perduto inizia circa 18 anni prima. Quando, cioè, un gruppo di maghi, fate e streghe conosciuto come la Compagnia della Luce lottò contro il male assoluto simboleggiato dalle Tre Streghe Antenate. Nella battaglia, i regnanti di Domino scomparvero nel nulla e tocca ora a Bloom scrivere il destino del regno perduto. Una missione nella quale la fata scoprirà le sue origini.

    Una pellicola di 85 minuti realizzata in CGI che non brilla per la resa grafica, ma che mette in campo tutta l'ambizione produttiva che da sempre caratterizza il fenomeno Winx. Inoltre, la pellicola amplia l'universo narrativo legato alle giovani fatine, permettendo un approfondimento che va oltre e amplifica la serie originale. Se ti piacciono le storie che permettono ai protagonisti di scoprire le proprie radici come Encanto (2021), non perderti il primo film delle Winx.

    3. Winx Club 3D - Magica avventura (2010)

    Secondo lungometraggio dedicato alle fatine di Magix,Winx Club 3D - Magica avventura è stato il primo film animato italiano ad essere interamente realizzato in 3D stereoscopico. La trama vede le Winx confrontarsi con le perfide Trix e il ritorno delle Streghe Antenate, in una corsa contro il tempo per salvare l'albero della vita e ripristinare la magia nell'universo.

    Una pellicola di un'ora e 20 minuti che attinge a tanti spunti narrativi, dal Romeo e Giulietta di Shakespeare alla mitologia greca fino alle leggende medievali. Grazie al personaggio di Bloom, il film racconta di quanto sia facile vedere il coronamento di un sogno trasformarsi in una dimensione troppo stretta e di come l'unione permetta di superare ogni avversità. Da vedere se hai apprezzato Trilli e il grande salvataggio (2010).

    4. PopPixie (2011)

    Primo spin-off del franchise Winx Club,PopPixie è una serie animata ambientata nella città di Pixieville alimentata dall'Albero della Vita e incentrata sulle avventure delle piccole creature magiche che spesso accompagnano le fatine. Pensata per un pubblico prescolare, la serie è caratterizzata da trame più semplici attraversate da un tono leggero e ironico. I nemici dei protagonisti sono i dispettosi elfi e gnomi sempre pronti a combinare qualche guaio.

    I temi ricalcano quelli della serie originale e puntano a sottolineare l'importanza dell'amicizia. Non a caso ogni Pixie ha un talento particolare che, quando sfruttato a beneficio degli altri, riceve una MagicPop che lo trasforma in un PopPixie. Una sola stagione da 52 episodi per un racconto spensierato e tenero. Se hai adorato Trulli Tales (2017) e Esme e Roy (2018), PopPixie ti conquisterà.

    5. Winx Club - Il mistero degli abissi (2014)

    Ambientato dopo la quinta stagione,Winx Club - Il mistero degli abissi è il terzo lungometraggio incentrato sulle avventure – questa volta sottomarine - delle fate di Magix e segna il decimo anno dalla loro creazione. In quest'occasione Bloom e le altre, mentre sono impegnate a fare da tutor alle matricole, devono fronteggiare nuovamente le loro storiche antagoniste, le Trix, determinate a diventare imperatrici approfittando dell'incuria degli uomini che inquinano gli oceani.

    Un film di 80 minuti da ritmo sostenuto e con una grafica più curata rispetto a Winx Club - Il segreto del regno perduto in cui si ritrovano i tratti caratteristici dell'universo Winx, dove alle insicurezze tipiche dell'adolescenza viene accostato lo sforzo delle sei fate di sacrificarsi per un bene superiore. Da vedere se ti piacciono le ambientazioni sottomarine come in Luca (2021) o Il mostro dei mari (2022).

    6. World of Winx (2016-2017)

    Altra serie spin-off prodotta in collaborazione con Netflix,World of Winx è caratterizzata da un tono da spy story thriller e una trama più complessa e matura rispetto all'originale per abbracciare un nuovo bacino di spettatori. Le Winx, presentate con un nuovo look, si trasformano in talent scout per un reality show chiamato “WOW”.

    Una copertura, che impedisce loro di usare i loro poteri e svelare la loro vera identità, per salvare i ragazzi di tutto il mondo da un ladro di talenti. Un passo in avanti in termini sia narrativi che visivi che sottolinea la volontà di aprirsi ad un pubblico più ampio per due stagioni e un totale di 26 episodi da 24 minuti. Se hai trovato coinvolgenti le avventure di Regal Academy (2026), World of Winx fa al caso tuo.

    7. Fate: The Winx Saga (2021-2022)

    Adattamento live-action di Winx Club,Fate: The Winx Saga è una serie young adult che si confronta con un pubblico completamente diverso dagli altri titoli del franchise. Niente ali per le fate protagoniste che, proprio come nella prima stagione della serie animata, arrivano ad Alfea per imparare ad utilizzare i loro poteri. L'approccio narrativo ed estetico è più dark ed esplora drammi adolescenziali così come il tema dell'identità o della lotta del bene contro il male.

    Interrotta dopo la sua seconda stagione (per un totale di 13 episodi da 50 minuti), la serie trasporta il mondo delle Winx nella contemporaneità raccontando il passaggio verso l'età adulta. Quello che stona è un finale affrettato al netto delle comprensibili differenze che allontanano il live action dalla versione animata. Da recuperare se sei fan di Tenebre e Ossa (2021) e The Magicians (2015).

    8. Winx Club: The Magic is Back (2025)

    Il reboot animato di Winx Club segna un ritorno alle origini per la serie, ma con un'estetica che si preannuncia del tutto nuova.Winx Club: The Magic is Back è un'operazione pensata per far conoscere a una nuova generazione di spettatori le storie di Bloom, Stella, Flora, Tecna, Musa e Aisha e far rivivere ai fan storici un effetto nostalgia.

    Un'opportunità per aggiornare alla sensibilità contemporanea le tematiche che da sempre fanno da sfondo alle storie delle fatine alate di Magix che si sposa con la necessità di innovarsi per restare un punto di riferimento nel mondo dell'animazione. Un totale di 26 episodi da 24 minuti divisi in due parti che non puoi assolutamente perdere se ami il mondo magico delle Winx e le sue protagoniste.

  • Da “Se mi lasci ti cancello” a “(500) giorni insieme”, le traduzioni più strane dei titoli dei film

    Da “Se mi lasci ti cancello” a “(500) giorni insieme”, le traduzioni più strane dei titoli dei film

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Era meglio l’originale. Quante volte si tende a pronunciare questa frase? Spesso succede con i film. Parliamo di titoli. Oggi più che mai, con i gusti del pubblico in continua evoluzione e una crescente tendenza a guardare film e serie TV in lingua originale, ci si imbatte sempre più spesso nel titolo originale di un’opera. 

    È bene chiarirlo subito: non esiste una scelta giusta o sbagliata tra versione originale e doppiaggio, è semplicemente una questione di preferenze personali. La traduzione dei titoli, tuttavia, resta una pratica comune, e avviene per diversi motivi. Dietro questa scelta ci sono spesso strategie commerciali pensate per adattare il film o la serie ai gusti e alla sensibilità del pubblico italiano. Di seguito alcuni esempi.

    Se mi lasci ti cancello (2004)

    Il film di Michel Gondry con Jim Carrey e Kate Winslet rientra tra i casi più eclatanti. Eternal Sunshine of the Spotless Mind era il titolo originale, ovvero Eterno splendore della mente candida. Si tratta di un verso del poema epistolare Eloisa to Abelard (1717) del poeta inglese Alexander Pope. La distribuzione italiana ha deciso di optare invece per Se mi lasci ti cancello. Molti spettatori probabilmente si aspettavano infatti una commedia sentimentale, finendo per imbattersi invece in una pellicola drammatica e soprattutto malinconica. Rimane comunque uno dei più grande cult degli ultimi vent’anni, vincitore dell’Oscar per la miglior sceneggiatura originale, firmata dal grande Charlie Kaufman.

    L’attimo fuggente (1989)

    L’attimo fuggente è sicuramente un buon titolo. L’originale era però Dead Poets Society, ovvero La setta dei poeti estinti. L’Italia ha preferito agganciarsi al discorso del carpe diem tenuto dal Professor Keating (Robin Williams), ancora oggi fortemente riconducibile al film. È difficile incasellare una pellicola così importante, che nel guardarla ancora oggi emoziona (e non poco). Si parla molto dell’importanza del pensiero critico, di saper seguire la propria strada, di scontri generazionali, temi che a più di trent’anni di distanza sono ancora centrali nella vita dei ragazzi (e non solo). Se ancora non siete andati ad ascoltare le parole del prof. Keating, correte ai ripari: oltre a una delle più grandi lezioni di sempre, vi imbatterete in una delle migliori interpretazioni del compianto Robin Williams.

    Trappola di cristallo (1988)

    Un titolo che evoca l’ambientazione di uno degli action movie più significativi della storia del cinema. Ma cosa dire sull’originale Die Hard, letteralmente Duro a morire, che darà il nome a tutta la saga con Bruce Willis. Sembrerebbe poi che nella campagna pubblicitaria a ridosso dell’uscita il film fosse stato pubblicizzato come A un passo dall’inferno (Trappola di cristallo). Probabilmente l’intenzione era quella di richiamarsi a L’inferno di cristallo(1974), cui il regista ha dedicato diversi omaggi all’interno della pellicola. Nel film di John McTiernan il poliziotto John McClane (Willis) si ritrova infatti nel grattacielo in cui lavora la moglie, improvvisamente preso d’assalto da un gruppo di terroristi capeggiato da Hans Gruber (Alan Rickman). Un mix di scene adrenaliniche, con un protagonista in cui è facile immedesimarsi, che anche quando si trasforma in un eroe d’azione costretto a salvare la situazione non viene percepito così distante da noi spettatori. Considerata la sua ambientazione, oltretutto si è trasformato in un cult da vedere e rivedere in occasione delle festività natalizie.

    (500) Giorni Insieme (2009)

    (500) Days of Summer era il titolo originale del film di Marc Webb. Un gioco di parole tra il nome della protagonista Summer, interpretata da Zooey Deschanel, e la stagione in cui si svolge parte della trama. Nella versione italiana il nome del personaggio è stato tradotto con Sole, e di conseguenza si è optato per (500) Giorni insieme(2009), mettendo così da parte l’allusione al contenuto della pellicola. Se state cercando una rom-com non convenzionale, è una visione indispensabile. Sfruttando l’alternanza temporale nell’arco dei 500 giorni di relazione tra Tom (Joseph Gordon Levitt) e Sole (Deschanel), offre degli ottimi spunti per riflettere su l'altra faccia dell’amore, quella non idealizzata dall’immaginario collettivo. Un film consigliato soprattutto a chi non sta passando un buon periodo proprio a causa di una rottura sentimentale.

    Lost in Translation – L’amore tradotto (2003)

    L’opera seconda di Sofia Coppola è una conferma. Una conferma del talento di una regista che stavolta mette in scena una storia d’amore ambientata a Tokyo, tra solitudine e incomunicabilità. Il risultato è una deliziosa commedia sentimentale con Bill Murray e Scarlett Johansson, Lost in Translation, letteralmente “perso nella traduzione”. L’aggiunta de L’amore tradotto non arricchisce una pellicola che poteva tranquillamente uscire nelle sale con il suo titolo originale. Il lavoro di Coppola è molto introspettivo, un film volutamente “silenzioso” che parla di due anime smarrite in un contesto così lontano, che però allo stesso tempo sono due persone che si trovano nel posto giusto al momento giusto. Personalmente, ho trovato delle similitudini con In the Mood for Love(2000) di Wong Kar-wai, ambientato nella Hong Kong degli anni Sessanta.

    Il petroliere (2007)

    In originale There will be blood, ovvero Ci sarà sangue. La traduzione italiana del titolo del film di Paul Thomas Anderson è più fedele al libro da cui è tratto, Oil! di Upton Sinclair. Fu lo stesso regista a raccontare di aver voluto cambiare personalmente il titolo in quanto la sua opera era solo parzialmente ispirata al lavoro di Sinclair. Il Petroliere (2007) è un film monumentale, che parla di capitalismo, di religione, che si avvale della fortunata collaborazione tra Anderson e di Daniel Day- Lewis, che per la sua straordinaria interpretazione in grado di scavare a fondo nell’animo del protagonista Daniel Plainview è riuscito a vincere il secondo Oscar. Forse basterebbe la sola curiosità di guardare il lavoro di questo artista sul personaggio per spingere ad avvicinarsi a un’esperienza cinematografica decisamente significativa.

    La parola ai giurati (1957)

    Il titolo originale dell’opera prima di Sidney Lumet è 12 angry men, ovvero 12 uomini arrabbiati. Un dramma giudiziario che segue dodici componenti di una giuria popolare alle prese con la decisione della sorte di un diciottenne accusato di aver ucciso il padre. La distribuzione italiana decise di far uscire il film con La parola ai giurati (1957), eliminando in primis il riferimento al numero dei giurati in quanto probabilmente poco comprensibile al pubblico nostrano. È una visione consigliata non solo agli studiosi di diritto, ma a una platea ampia per un semplice motivo: la maestria di Lumet di rendere avvincente un film di solo dialogo ambientato in un’unica stanza. Una storia e soprattutto un modo di raccontare che a quasi settant’anni di distanza rendono questo film ancora fortemente contemporaneo.

    Mamma, ho perso l’aereo (1990)

    Il titolo originale del film era “Home alone”, ovvero "A casa da solo”. Diversi paesi si sono distaccati dalla versione statunitense e l’adozione di Mamma, ho perso l’aereo(1990) si avvicina a quella dei colleghi francesi (Maman, j’ai raté l’avion!). Sicuramente ha funzionato e la pellicola di Chris Colombus ancora oggi è vista e rivista. Tant’è che due anni dopo uscì un sequel che fu proprio intitolato Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York  (1992). Come Die Hard - Trappola di cristallo (1988), siamo di fronte a un altro cult natalizio, con cui molti di noi sono cresciuti. Un appuntamento fisso della fine dell’anno, trasversale, per grandi e piccini, in cui continuiamo a seguire le avventure di Kevin McCallister (Macaulay Culkin), quel bimbo di otto anni lasciato a casa da solo, e che nel progettare delle trappole per difendersi dai ladri si ritrova improvvisamente nei panni di un adulto. Un film meno semplice di quello che si pensi, con al suo interno una parabola sulla crescita, raccontata con leggerezza.

    Ombre rosse (1939)

    Il western più famoso della storia del cinema. Il titolo originale del film di John Ford era Stagecoach, ovvero Diligenza. Si racconta che quando Federico Fellini incontrò Ford finì per complimentarsi con lui, citando la traduzione inglese del titolo italiano, ovvero Red Shadows. Chiaramente, il regista non capì di quale pellicola stesse parlando. Ombre rosse (1939) è consigliato soprattutto agli amanti del western, ma anche a chi volesse avvicinarsi a un genere cinematografico così importante. È fondamentale per chi fosse interessato a conoscere John Ford, tra i cineasti più significativi mai conosciuti, che nel corso delle riprese del film introdusse delle vere e proprie innovazioni nel campo della regia (come l’automobile che affiancò la diligenza a 60 km/h per riprendere la scena dell’assalto degli indiani).

    Quarto Potere (1941)

    Citizen Kane è il titolo originale del capolavoro di Orson Welles. Proprio come il protagonista, Charles Foster Kane. Con Quarto potere si fa invece riferimento alla funzione dei mezzi di comunicazione di massa, proprio il quarto dopo quello legislativo, esecutivo e giudiziario. È un film fondamentale, presente in qualsiasi manuale di storia del cinema. L’ho saputo apprezzare davvero quando mi fu mostrato al primo anno di università ai fini della preparazione di un esame, e dunque il mio consiglio è di vederlo più volte, intervallando la lettura di approfondimenti. Esiste anche un film di David Fincher, Mank(2020), che affronta la questione della paternità della sceneggiatura di Quarto Potere, scritta da Herman J. Mankiewicz e dallo stesso Welles.

  • Tutte le interpretazioni di Mercoledì Addams, dalla prima apparizione a Jenna Ortega

    Tutte le interpretazioni di Mercoledì Addams, dalla prima apparizione a Jenna Ortega

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Sguardo imperturbabile da ghiacciare il sangue, sarcasmo a serramanico e (ovviamente) le immancabili treccine nere; se c’è un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, quella è Wednesday Addams (Mercoledì in italiano).

    Un’iconicità rimasta indelebile, fin dai primi esordi degli anni ‘40, quando nacque dalla fantasia del vignettista Charles Addams. Ottantacinque anni, in cui Wednesday è passata dai fumetti all’animazione, dal cinema alle serie TV, senza praticamente battere ciglio, senza un capello fuori posto, sempre col coltello dietro la schiena e Mano sulla spalla.

    E se nelle versioni precedenti non sempre Mercoledì si prendeva il centro della scena (ogni Addams è una star a sé, da Fester a Morticia) é probabilmente con l’arrivo della Wednesday di Tim Burton che la più sadica della famiglia si è conquistata il palco. È attraverso lo sguardo visionario del regista di Edward mani di forbice o Nightmare Before Christmas che Mercoledì è tornata a prendersi un posto in prima fila nella pop culture contemporanea, conquistando nuove generazioni di spettatori – anche a ritmo di coreografie da TikTok.

    Inoltre, con l’arrivo della nuova stagione, uscita il 6 agosto 2025 su Netflix, si conferma ciò che era già intuibile nella prima: Tim Burton ha lanciato una nuova star, Jenna Ortega. Seppur la versione interpretata da Christina Ricci rimanga forse la più riuscita, con lei Wednesday ha acquisito una profondità diversa, uno sguardo paradossalmente più umano, tra primi baci e insicurezze adolescenziali, forse a volte un po’ troppo ‘normie’, come direbbero alla Nevermore Academy. Ma se vi siete mai chiesti come si è evoluto il personaggio di Mercoledì, e quali attrici avevano indossato l’inconfondibile total black prima di Ortega, questo è il momento perfetto per un ripasso.

    Lisa Loring – La famiglia Addams (1964-1966)

    La prima Wednesday televisiva è stata Lisa Loring, all’epoca appena sei anni, nella storica serie in bianco e nero trasmessa negli anni ‘60, La famiglia Addams. La sua interpretazione rimane una pietra miliare, nonostante la giovanissima età, nella Wednesday di Lorig c’erano già tutti i tratti fondamentali che avrebbero poi caratterizzato tutte le versioni future: l’ossessione per il macabro, la passione per le torture, viso angelico e sguardo inquietante. Lorig era ancora una bambina, per cui Mercoledì non era ancora la teenager goth che conosciamo oggi, ma a dar vita al personaggio è stata lei. Questa versione, nata per un pubblico di famiglie, è il tassello perfetto da cui partire per scoprire l’evoluzione di Wednesday, adatta anche ai più piccoli, un cult per chi ama la versione in bianco e nerissimo degli Addams. 

     Noelle Von Sonn -  The Addams Family Fun-House (1973)

    Di certo la più misteriosa tra le Wednesday, anche solo per il fatto che della versione interpretata da Noelle Von Son rimane poco o nulla. Un’immagine, questo è tutto, probabilmente presa dalla locandina per il lancio di The Addams Family Fun-House, la serie in chiave musical di cui tuttavia venne realizzato soltanto l’episodio pilota. Un solo frammento da cui non è possibile intuire nulla di più su questa Mercoledì, se non la frangia nera, emo ante litteram. Avvolta (letteralmente) nelle tenebre.

    Cindy Henderson – La famiglia Addams (1973)

    Sempre negli anni ‘70, Wednesday fa il suo debutto nell’animazione, doppiata dalla voce di Cindy Henderson. Curioso il fatto che la prima versione animata de La famiglia Addams parta come un crossover di Scooby-Doo, in un episodio in cui Scooby e soci venivano ingaggiati come babysitter per la “piccola” Mercoledì, ignari della minaccia a cui si sarebbero trovati davanti. Il successo degli Addams fu tale che la casa di produzione Hanna-Barbera decise di inaugurare una nuova serie a cartoni, totalmente incentrata su Gomez e famiglia. Sedici episodi in totale, una versione un po’ più stucchevole rispetto alle altre, interessante solo se volete scoprire proprio tutte le mercoledì, tuttavia non fondamentale.

    Debi Derryberry – La famiglia Addams (1992-1993)

    La serie animata, tuttavia, venne messa nel cassetto per circa vent’anni – anche se, in questo caso, sarebbe più appropriato dire “nell’armadio insieme agli scheletri”. Per il ritorno in scena venne ingaggiata Debi Derryberry, doppiatrice che da allora ha costellato il suo curriculum di titoli com Toy Story, Il Gobbo di Notre Dame o Hercules, solo per citarne alcuni. Seppur il pubblico di riferimento rimanga lo stesso della versione degli anni ‘70, ne La famiglia Addams prodotta negli anni ‘90 Wednesday torna a brillare di oscurità, con un lato sadico e una voce apatica, glaciale, gotica. Rispetto alle altre Mercoledì animate, la versione di Derryberry è quella più conosciuta e amata, e se amate i cartoni anni ‘90 questo è un classico imperdibile, che ha avuto il merito di riportare gli Addams in tv.

    Christina Ricci – La famiglia Addams (1991) e La famiglia Addams 2 (1993)

    Ma è qui che arriviamo alla leggenda, perché è con Christina Ricci che Mercoledì entra armata fino ai denti nella cultura pop contemporanea. La sua Mercoledì, portata in scena nei due film diretti da Barry Sonnenfeld, è uno dei personaggi più riusciti del cinema mainstream degli anni ‘90. Con lei Wednesday diventa definitivamente la teenager assetata di sangue che tutti conosciamo; dark come non mai, tagliente, sguardo diabolico, un repertorio di torture da far invidia all’Inquisizione Spagnola (e dispiace per Pugsley). 

    Entrambi i film sono diventati dei classici, ne La famiglia Addams i personaggi prendono finalmente la dimensione cinematografica mancante nei titoli precedenti (il cast aiuta, e non poco), ma è con La famiglia Addams 2 che Mercoledì si prende i riflettori. Ricci non interpreta Wednesday, diventa Wednesday, e con la sua performance si definisce una volta per tutte il personaggio, quasi che prima non fosse mai realmente esistito. E non è un caso se dopo Mercoledì la carriera di Ricci, allora undicenne, sia decollata a razzo; Ang Lee, Vincent Gallo, Terry Gilliam, Tim Burton, Woody Allen, le sorelle Wachowski, fate un nome Christina Ricci ci ha lavorato. 

    Una prova da fuoriclasse, rimasta talmente impressa nell'immaginario Addams che in Wednesday 2… no spoiler, se non l’avete ancora vista, lo scoprirete presto.

    Nicole Fugere – La famiglia Addams si riunisce (1998) e La nuova famiglia Addams (1998-1999)

    Trovarsi nei panni di Nicole Fugere è qualcosa che non augurerei a nessuno. Cinque anni non sono troppi, almeno non così tanti per dimenticare la Wednesday di Christina Ricci. Impossibile anche con tutta la buona volontà rimpiazzare una fuoriclasse, non sarebbe stato un compito semplice per nessuno. Una partenza in salita, ciò nonostante Fugere ci mette il suo, talvolta esagerando i tratti portati in scena da Ricci, ma l’impegno c’è, forse troppo – e purtroppo si vede. Sia nel film che nella serie i tratti sono quelli (oscura, sarcastica, impassibile) ma, forse per il peso di eguagliare la Mercoledì precedente, il risultato risulta forzato, a tratti macchiettistico. Tuttavia La famiglia Addams si riunisce e La nuova famiglia Addams non rimangono film divertenti e per tutta la famiglia, seppur non imprescindibili nella filmografia Addams. Applausi dovuti, o almeno una pacca sulle spalle, a Nicole Fugere; il ruolo era una bomba che sarebbe esplosa tra le mani di chiunque.

    Chloë Grace Moretz – La famiglia Addams (2019) e La famiglia Addams 2 (2021)

    Torna l’animazione, ma questa volta in CGI, Mercoledì arriva negli anni ‘2000, seppur in ritardo, con La famiglia Addams e La famiglia Addams 2. A questo giro alla voce c’è Chloë Grace Moretz, con la doppiatrice che si limita a tenere il timone, senza strafare. Una Mercoledì in linea con quella ormai diventata standard, anche se qui vengono messi più in luce (sorry, in ombra) i tratti più teen che saranno poi ripresi dalla versione di Tim Burton. Questa versione manca forse dell’alone becchinesco necessario per rendere al meglio il personaggio, ma ha il merito di portare per la prima volta la primogenita Addams al pubblico Gen Z. Anche in questo caso, entrambi i titoli non sono fondamentali per l’universo Wednesday, ma comunque importanti perché segnano l’approccio della famiglia con l’animazione moderna.

    Jenna Ortega – Mercoledì (2022-)

    Ed eccoci arrivati all’ultima Wednesday, quella interpretata da Jenna Ortega, quella in trend topic, quella delle coreografie TikTok, quella che ha spazzato via i ranking di Netflix. Insomma, quella di Tim Burton. In questa versione si scava dentro la personalità più ‘umana‘ di Mercoledì, qui la scena è solo sua. Rispetto a tutte le versioni precedenti lo sguardo è tutto su di lei, ed è per questo che il ritratto va più a fondo, sempre con colori scuri, ma più delineati e meno comedy. Il tocco di Burton è palese, ma Ortega prende la storia di Mercoledì e la fa sua. Ovviamente rimane l’imprinting di Christina Ricci, ma Ortega è riuscita a portarla in una dimensione più “realistica”, amplificando i tratti adolescenziali al personaggio –  Wednesday è pur sempre una teenager. La serie costruita da Tim Burton funziona alla perfezione, bilancia la comedy con i toni più dark tipici degli Addams, aggiungendo il suo inconfondibile stile di regia negli episodi che ha diretto, soprattutto nella seconda stagione, con richiami evidenti ad alcuni dei suoi lavori più amati.

  • Non hai mai visto un film horror ma vuoi iniziare? Ecco i 10 titoli perfetti per principianti

    Non hai mai visto un film horror ma vuoi iniziare? Ecco i 10 titoli perfetti per principianti

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Avvicinarsi all’horror per la prima volta può sembrare una sfida: troppi mostri, troppi jump scare, troppa tensione da reggere tutta insieme. Ma il bello del genere è proprio questo: non è fatto solo di paura pura, ma di sfumature che vanno dal divertimento al brivido psicologico, passando per l’ironia e il mistero.

    Per questo abbiamo preparato una lista di dieci film perfetti per i principianti, ordinati dal più leggero al più intenso. Così puoi iniziare a piccoli passi, imparando ad apprezzare l’atmosfera del genere e decidere quanto lontano vuoi spingerti. Dai mondi animati e surreali alle storie gotiche e ai grandi classici moderni, ecco i titoli giusti per il tuo “battesimo del sangue”.

    1. Coraline e la porta magica (2009)

    Un film d’animazione che nasconde molto più di quanto sembri. Coraline e la porta magica, diretto da Henry Selick e tratto dal romanzo di Neil Gaiman, è una favola dark in stop-motion che mescola immaginazione e inquietudine. Coraline, trasferitasi in una nuova casa, scopre una porta segreta che conduce a un mondo parallelo apparentemente perfetto… finché non rivela un lato mostruoso. Nonostante sia un film pensato anche per un pubblico giovane, il tono gotico e alcune immagini disturbanti lo rendono una perfetta introduzione all’horror. Se ti è piaciuta l’atmosfera di Nightmare Before Christmas (1993), questo è il passo successivo ideale: meno spaventoso di un horror tradizionale, ma già ricco di brividi.

    2. Gremlins (1984)

    Un classico che unisce commedia, spirito natalizio e mostriciattoli indimenticabili. Diretto da Joe Dante e prodotto da Steven Spielberg, Gremlins racconta cosa succede quando le tre regole per prendersi cura di un Mogwai vengono infrante. Il risultato? Una città infestata da creature dispettose e caotiche. È un film che ha fatto la storia perché riesce a mischiare toni teneri e grotteschi senza mai diventare davvero terrorizzante. Per chi è alle prime armi, è perfetto: fa sorridere e diverte più che spaventare, pur mantenendo un tocco dark. Se ti piacciono i film che giocano con il confine tra horror e commedia, in stile Ghostbusters (1984), allora questo è il modo giusto per iniziare.

    3. Zombieland (2009)

    Chi ha detto che gli zombie devono far paura? Zombieland, diretto da Ruben Fleischer, trasforma l’apocalisse in una commedia scatenata. Protagonisti sono un gruppo di sopravvissuti improbabili, tra cui Woody Harrelson, Jesse Eisenberg ed Emma Stone, che affrontano orde di non morti seguendo regole precise per restare vivi. Il tono è ironico, pieno di gag e azione esagerata, con una delle migliori comparsate di sempre (Bill Murray, in un ruolo geniale). È perfetto per chi vuole provare il brivido dei morti viventi senza l’angoscia tipica di titoli più cupi come Zombi (1978). Un film che mescola adrenalina e risate, rendendo l’horror un terreno molto più accessibile e divertente. Sulla stessa scia, ma ancora più satirico, imperdibile è anche L’alba dei morti dementi (2004) di Edgar Wright.

    4. Auguri per la tua morte (2017)

    Immagina Ricomincio da capo (1993), ma in versione slasher. In Auguri per la tua morte, la protagonista Tree si risveglia ogni giorno nello stesso modo, solo per finire brutalmente uccisa da un killer mascherato. Per rompere il loop deve scoprire l’identità dell’assassino e cambiare il corso degli eventi. Christopher Landon dirige un horror teen che non prende mai troppo sul serio sé stesso, alternando suspense e momenti comici. È un’ottima scelta per chi non vuole partire subito con film troppo cupi: qui i jump scare ci sono, ma alleggeriti da un tono giocoso e parodistico. Se vuoi restare nello stesso mood, Freaky (2020) è la scelta ideale: non a caso è diretto dallo stesso regista.

    5. The Others (2001)

    Eleganza e atmosfera gotica al posto del sangue e degli spaventi facili. The Others, diretto da Alejandro Amenábar e interpretato da Nicole Kidman, è un film che punta tutto sulla tensione psicologica. Ambientato in una villa isolata dopo la Seconda guerra mondiale, racconta la storia di una madre e dei suoi due figli sensibili alla luce che iniziano a sospettare della presenza di fantasmi. È un horror per chi ama le atmosfere inquietanti e il mistero, senza la necessità di scene splatter. Se ti hanno affascinato film come Crimson Peak (2015), questa è una tappa perfetta: raffinata, lenta ma magnetica, ideale per chi vuole un horror da brividi delicati ma incisivi.

    6. A Quiet Place – Un posto tranquillo  (2018)

    Un horror che ha conquistato anche chi solitamente non ama il genere. Diretto e interpretato da John Krasinski insieme a Emily Blunt, A Quiet Place racconta la vita di una famiglia in un mondo dove ogni minimo rumore può attirare creature letali. L’idea geniale di eliminare quasi del tutto i dialoghi trasforma il film in un’esperienza immersiva, fatta di silenzi e tensione costante. È perfetto per principianti perché più che spaventare, coinvolge: ti tiene incollato allo schermo senza mai strafare. Con i suoi 90 minuti scarsi di durata, è anche molto accessibile. Se ti hanno emozionato survival movie come Bird Box (2018), questo horror ti sembrerà familiare e irresistibile.

    7. Scappa - Get Out (2017)

    Con Scappa - Get Out, Jordan Peele ha rivoluzionato l’horror moderno. Il film parte come una classica storia di fidanzati che vanno a conoscere i genitori… ma qualcosa non torna. Da lì prende vita un horror psicologico che parla di razzismo, alienazione e controllo, con una tensione crescente che ti tiene bloccato sulla sedia. Nonostante i temi seri, è perfetto anche per chi è alle prime armi: non abbonda di jump scare, ma punta sul disturbante. Con le sue due ore, ha il ritmo giusto per catturarti senza sopraffare. Se ti è piaciutoNope (2022) o i thriller di Alfred Hitchcock, questo è un passaggio ideale verso un horror più maturo e sociale.

    8. The Ring (2002)

    Il film che ha portato l’horror giapponese in tutto il mondo. Diretto da Gore Verbinski, The Ring è il remake del cult Ringu (1998) e ruota attorno a una videocassetta maledetta: chiunque la guarda muore entro sette giorni. L’iconica immagine di Samara che esce dal televisore è diventata un simbolo dell’horror moderno. Per i principianti è un ottimo step intermedio: i brividi ci sono, ma senza eccessi di sangue. È perfetto per chi vuole provare il lato più spaventoso del genere, ma con un’atmosfera avvolgente e una trama misteriosa. Se sei incuriosito dai fantasmi e dalle maledizioni alla The Grudge (2004), questo è il film con cui iniziare.

    9. It – Capitolo Uno (2017)

    Stephen King sa come colpire nel segno, e It – Capitolo Uno è la prova. Diretto da Andy Muschietti, racconta l’avventura di un gruppo di ragazzini che affronta le proprie paure incarnate nel terrificante clown Pennywise. È un horror che mescola elementi davvero spaventosi con il calore di un film coming-of-age, rendendolo perfetto per chi vuole un passo in più nell’horror senza abbandonare del tutto la leggerezza. Con le sue oltre due ore di durata, riesce a bilanciare bene tensione e momenti emozionanti. Se ami le atmosfere di Stranger Things (2016 – in corso), qui troverai la stessa miscela di amicizia, avventura e brividi.

    10. Scream (1996)

    Il salto definitivo per entrare davvero nel mondo dell’horror. Diretto da Wes Craven, Scream ha reinventato il genere slasher con un approccio metacinematografico: i personaggi conoscono le “regole” degli horror e cercano di sopravvivere seguendole, mentre un misterioso killer mascherato li perseguita. È un film perfetto per chi ha già fatto pratica con titoli più leggeri e vuole mettersi alla prova con qualcosa di più crudo, ma sempre con ironia e autocoscienza. Il ritmo serrato, le scene cult e il giusto mix tra sangue e tensione lo rendono una tappa obbligata. Se ti sei appassionato alle dinamiche adolescenziali e al bagno di sangue, allora potrai passare ad un livello di slasher più serio con Nightmare - Dal Profondo della Notte (1984), sempre grande cult di Wes Craven, oppure Quella Casa nel Bosco (2011) se restare sulla slasher ma con una vena più “parodistica”.

  • Da "Ozark" a "Weapons": i migliori film e serie TV con Julia Garner

    Da "Ozark" a "Weapons": i migliori film e serie TV con Julia Garner

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Se Madonna in persona ti sceglie per un biopic sulla sua vita e carriera - Who’s That Girl, attualmente in produzione - devi essere davvero un talento fuori dal comune. E Julia Garner, classe '94, lo ha dimostrato ampiamente in più di un'occasione. 

    Dopo averla recentemente vista nei panni di Silver Surfer neI Fantastici 4: Gli Inizi, l'attrice è tornata protagonista in uno degli horror più apprezzati dell'anno, Weapons, diretto dal regista statunitense Zach Cregger già acclamato per Barbarian (2022).

    Ma la prima volta che il grande pubblico si è accorto di lei è stato in Ozark, la serie crime drama di Netflix in cui ha condiviso lo schermo con Jason Bateman e Laura Linney. La sua interpretazione della giovane Ruth Langmore le è valsa tre Emmy per altrettante stagioni dello show e un Golden Globe. Un riconoscimento della sua bravura che le ha permesso di diventare una delle attrici più apprezzate della nuova generazione di Hollywood, capace di spaziare tra titoli indipendenti e grandi produzioni mainstream.

    JustWatch ha stilato una classifica dei 5 migliori film e serie TV con Julia Garner.

    5. I Fantastici 4 - Gli Inizi (2025)

    Con I Fantastici 4 - Gli Inizi, Julia Garner entra nel Marvel Cinematic Universe. L'attrice interpreta Shalla-Bal/Silver Surfer, l'araldo del divoratore di mondi Galactus. Un ruolo diverso da qualsiasi altro fatto in precedenza, dove la componente di GCI gioca un ruolo determinante e dimostra le sua abilità recitative anche in un contesto così condizionato dalla tecnologia. Un personaggio pervaso dalla malinconia e diviso moralmente in due che comunica principalmente attraverso il corpo e lo sguardo. Una prova misteriosa e ambigua.

    Il suo contributo nel primo film della Fase 6 dei Marvel Studios è indiscusso e aggiunge fascino a un racconto incentrato sulla famiglia che dona nuova linfa ai Marvel Studios, tra un'estetica retro-futuristica e un respiro più intimo che guarda al lato umano della storia pur sempre inserito in un contesto supereroistico. Da non perdere se sei un fan dei film e delle serie TV Marvel come WandaVision (2021) e Thunderbolts* (2025), titoli dove la componente narrativa dedicata alla famiglia o il tono hanno un peso specifico ed unico.

    4. Weapons (2025)

    Zach Cregger si era già fatto notare con Barbarian, debutto horror-thriller prodotto e distribuito da Prime Video nel 2022. A tre anni di distanza torna con un nuovo film dell'orrore, Weapons, che conferma il suo sguardo come uno dei più autorevoli e originali nel cinema di genere. Un'opera in cui suspence, mistero e un tocco di umorismo nero si intersecano per dare vita a un racconto che non perde mai in tensione e regala più di un turbamento. Julia Garner è uno dei personaggi chiave del film, la maestra elementare Justine Gandy, i cui piccoli alunni scompaiono misteriosamente. Mentre buona parte della comunità la incolpa per la sparizione, Justine cerca di capire cosa possa essere successo ai suoi studenti.

    L'attrice, anche grazie al montaggio del film che mostra la stessa storia da più prospettive, abbraccia la paura, la disperazione e il tentativo di trovare risposte a un evento apparentemente inspiegabile. Una prova ricca di umanità che contribuisce a fare del film una visione imperdibile. Weapons esplora le conseguenze psicologiche di quell'allontanamento apparentemente ingiustificato mentre sfrutta l'inquietudine che pervade il racconto per realizzare una fiaba dark che si ispira a Magnolia (1999) e al cinema di David Lynch. Se ami gli horror capaci di stupire comeIt Follows (2014), anche il film di Zach Cregger saprà conquistarti (e terrorizzarti).

    3. Inventing Anna (2022)

    La capacità di Julia Garner di calarsi completamente in un personaggio non ha lasciato indifferente Shonda Rhimes che l'ha voluta per Inventing Anna, la serie TV basata sulla storia vera di Anna Sorokin, presunta ereditiera che ha truffato mezza élite di New York. Un personaggio ammaliante quanto respingente che la regia tipica delle produzioni Shondaland immerge in un racconto febbrile che esplora i dettagli del suo macchinoso raggiro, le storie di chi è caduto nel suo tranello e il ruolo dei media nel trasformarla in una figura pubblica.

    Una produzione pop, eccessiva, controversa che parla delle tante facce della verità, dell'ossessione per la fama e di come l'ambizione possa nascondere un lato oscuro. Qui l'attrice dà vita a un vero e proprio tour de force per mostrare le diverse anime del suo personaggio. Il risultato è una prova impegnativa che da un lato mette in scena la natura manipolativa e carismatica di Sorokin e dall'altro l'angoscia e il dolore legati al suo passato. Anche qui, come in Ozark, il lavoro sull'accento è fondamentale per la credibilità del personaggio, una giovane donna che Garner interpreta con estrema cura per i dettagli. Affabulatrice, scaltra, ma anche terrorizzata dal rifiuto. Se ti piacciono le serie TV basate su storie vere e personaggi controversi come Elizabeth Holmes in The Dropout (2022), Inventing Anna ti conquisterà.

    2. The Assistant (2019)

    Uno dei drammi più accurati nati come risposta al movimento #MeToo, The Assistant è anche una delle prove più convincenti e riuscite di Julia Garner che porta sulle sue spalle il successo del progetto. Un film con un impianto minimalista e una sceneggiatura poco verbosa che lascia all'attrice la possibilità di esprimersi principalmente attraverso i silenzi e lavorando in sottrazione. È lei il centro emotivo del film che opta per una prova contenuta e minimalista sotto la cui superficie è però possibile avvertire tutto il peso schiacciante della pressione psicologica che l'affligge.

    Ambientata nell'arco di una giornata lavorativa, la pellicola è una cruda disamina delle dinamiche di potere e del silenzio complice sul luogo di lavoro. Lo stato d'animo della protagonista è esplicitato dall'atmosfera asfissiante che pervade il racconto che punta il dito su tutti gli Harvey Weinstein del mondo che sfruttano e abusano della loro autorità. Da vedere se ami i film di denuncia come Bombshell – La voce dello scandalo (2019) e Anche io (2022).

    1. Ozark (2017-2022)

    Ozark è la serie che ha permesso al grande pubblico di scoprire Julia Garner. L'attrice interpreta Ruth Langmore, giovane appartenente a una famiglia di criminali che vivono di piccole truffe ed espedienti. Un personaggio che lotta per restare a galla e affrancarsi dalla miseria che la circonda. La prova di Garner, a partire dal lavoro sull'accento del Missouri, è sbalorditiva racchiudendo le tante sfaccettature del suo personaggio, dalla rabbia alla vulnerabilità. Nel corso delle quattro stagioni che compongono la serie, Ruth cresce, si evolve e cambia sotto i nostri occhi. L'attrice ne ha saputo abbracciare ogni sfumatura psicologica, restituendoci un personaggio complesso e tutt'altro che stereotipato.

    Al suo fianco un cast altrettanto eccellente rappresentato da Jason Bateman e Laura Linney nei panni degli ambigui coniugi Byrde. Grazie a loro la serie riflette sul concetto di moralità e sui suoi limiti che la coppia valica a più riprese per il proprio tornaconto. Un crime cupo che nel corso dei suoi 44 episodi non ha cali di tensione, riuscendo ad alzare sempre di più la posta in gioco rappresentando uno dei migliori titoli originali Netflix. Da vedere se hai apprezzato Bloodline (2015) e Black Rabbit (2025).

  • Tutti gli adattamenti dei romanzi di Stephen King: dai film cult alle future produzioni

    Tutti gli adattamenti dei romanzi di Stephen King: dai film cult alle future produzioni

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Stephen King non è solo “il Re dell’Horror”: è una macchina di storie che da quasi cinquant’anni alimenta cinema e televisione. Con oltre 80 adattamenti già realizzati e molti altri in arrivo, il suo universo narrativo ha dato vita ad alcuni dei film più amati, discussi e spaventosi di sempre.

    Da "Carrie" a "It", da "Shining" a "Il miglio verde", le sue opere hanno attraversato generi e decenni, diventando parte della cultura pop globale. Ma cosa rende gli adattamenti di King così irresistibili? La capacità di mescolare terrore e umanità, paura e quotidianità, mostri e traumi reali.

    Nei prossimi giorni al cinema arriverà, diretto da Mike Flanagan – uno dei registi e sceneggiatori che più fa parlare di sé per quanto riguarda l’horror contemporaneo, soprattutto di ispirazione Kinghiana – il film The Life of Chuck (2025); e dal 27 Ottobre farà finalmente il suo debutto l’attesissima serie TV spin-off di IT: Welcome to Derry (2025). Quale momento migliore per recuperare tutti gli adattamenti cinematografici e televisivi di Stephen King? Nessuno!

    Non sapete da dove partire? Vi aiutiamo noi approfondendo nello specifico i 10 adattamenti più iconici da recuperare, in ordine di uscita, che hanno definito la sua leggenda sullo schermo. In fondo all’articolo, invece, potete trovare sia i 5 adattamenti in arrivo e in sviluppo più attesi che l’elenco completo di tutte le trasposizioni tratte dai libri e racconti di Stephen King!

    1. Carrie – Lo sguardo di Satana (1976)

    Il primo romanzo pubblicato di King diventa anche il suo primo film, diretto da Brian De Palma. Carrie è la quintessenza dell’horror adolescenziale: bullismo, repressione religiosa e poteri telecinetici si fondono in una parabola crudele e indimenticabile. Sissy Spacek, con il suo sguardo innocente che si trasforma in furia, resta una delle interpretazioni più iconiche del genere. Il climax al ballo scolastico è entrato nella storia del cinema horror, tanto quanto il sangue che cade sulla protagonista. Se lo confrontiamo con Ginger Snaps (2000), altro cult adolescenziale, vediamo come Carrie abbia aperto la strada ai film che uniscono crescita e mostruosità. Con i suoi 98 minuti, è una visione compatta e letale, che colpisce ancora oggi.

    2. Shining (1980)

    Stanley Kubrick prende il romanzo di King e lo trasforma in un incubo glaciale. Shining non è solo un film horror: è un’esperienza sensoriale, fatta di corridoi infiniti, silenzi disturbanti e la follia crescente di Jack Nicholson. King non ha mai amato questo adattamento, accusandolo di essere troppo distante dal suo libro, ma per il pubblico resta un capolavoro assoluto. L’Overlook Hotel diventa un personaggio a sé, e le immagini – dalle gemelle alla cascata di sangue – sono scolpite nell’immaginario collettivo. Con i suoi 146 minuti, non è breve, ma ipnotizza come pochi altri film del genere. Se vi è piaciuto Hereditary (2018), vedrete qui la radice di quell’horror psicologico fatto di atmosfera più che di jump scare.

    3. Stand by Me (1986)

    Non solo horror: King è anche il cantore dell’infanzia e dell’amicizia. Stand by Me, tratto dal racconto “Il corpo”, è un coming-of-age tenero e crudele, diretto da Rob Reiner. Seguiamo quattro ragazzini alla ricerca di un cadavere, in un viaggio che è soprattutto scoperta di sé, della vita e della morte. Ogni personaggio è memorabile e la voce narrante di Richard Dreyfuss aggiunge una malinconia che ti accompagna ben oltre i titoli di coda. A differenza dei classici horror di King, qui non ci sono mostri: il male è il mondo degli adulti, la violenza latente, il tempo che scorre. Per chi ha amato Stranger Things (2016– in corso), questo è il modello originale: ragazzi, avventura e un pizzico di oscurità.

    4. It (miniserie TV, 1990)

    Il pagliaccio Pennywise, interpretato da Tim Curry, ha traumatizzato intere generazioni. La miniserie televisiva IT in due parti non regge sempre dal punto di vista tecnico, ma ha saputo rendere It un fenomeno culturale. Il punto forte resta la capacità di mescolare amicizia e paura: i “Perdenti” affrontano non solo un mostro, ma le proprie paure più intime. Nonostante il finale zoppichi, la prima parte rimane un cult imprescindibile. Confrontata con l’adattamento cinematografico del 2017, la serie del ’90 appare più ingenua ma anche più sincera nella sua dimensione televisiva. Con quasi 192 minuti complessivi, è una maratona che vale la pena recuperare, soprattutto per capire da dove nasce la leggenda di Pennywise.

    5. Misery non deve morire (1990)

    Un film claustrofobico e disturbante. Diretto ancora da Rob Reiner, Misery porta in scena la paura di ogni scrittore: essere prigioniero della propria creatura e dei propri fan. Kathy Bates, premiata con l’Oscar, è incredibile nei panni della fan psicopatica Annie Wilkes, mentre James Caan dà vita a uno scrittore fragile e terrorizzato. L’assenza di elementi soprannaturali lo rende ancora più inquietante: l’orrore qui è umano, fatto di ossessione e violenza domestica. Il film, con i suoi 107 minuti, è perfetto nella tensione e resta un must per chi ama i thriller psicologici. Se apprezzate Il cigno nero (2010), troverete lo stesso mix di arte, follia e corpo martoriato.

    6. Il miglio verde (1999)

    Frank Darabont firma un adattamento toccante, tratto dal romanzo a puntate di King. Il miglio verde mescola prigione, dramma umano e soprannaturale in oltre tre ore (188 minuti) che non pesano mai. Tom Hanks è straordinario come guardia carceraria, ma è Michael Clarke Duncan, nei panni del gigante buono John Coffey, a lasciare un segno indelebile. Più che horror, è un racconto sul dolore, l’ingiustizia e la possibilità del miracolo. Condividendo temi con Le ali della libertà (1994), altro adattamento di Darabont, mostra come King sappia scavare nell’umanità più che nel mostruoso. È un film che piange e commuove, perfetto per chi vuole scoprire il lato più empatico e universale dell’autore.

    7. Le ali della libertà (1994)

    Considerato da molti il miglior adattamento di sempre, Le ali della libertà (dal racconto “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”) è un dramma carcerario che parla di speranza, amicizia e resilienza. Diretto da Frank Darabont, con Tim Robbins e Morgan Freeman straordinari, il film non ebbe grande successo al cinema ma divenne un cult immortale grazie al passaparola e alla TV. È un esempio lampante della versatilità di King: nessun demone, nessun mostro, solo uomini e le loro storie. Il finale è uno dei più emozionanti della storia del cinema. Come detto prima, per chi ha amato Il miglio verde troverà qui la stessa sensibilità, ma in una forma più asciutta e poetica.

    8. The Mist – Nebbia mortale (2007)

    Un altro lavoro di Frank Darabont, che porta sullo schermo un racconto breve di King e lo trasforma in un incubo claustrofobico. Una comunità intrappolata in un supermercato, una nebbia che nasconde mostri, e la paura che trasforma le persone più della minaccia esterna. Il finale, diverso dal libro, è tra i più spietati e discussi del cinema horror moderno. Con i suoi 126 minuti, The Mist è una riflessione cupa sulla natura umana che anticipa atmosfere simili a The Walking Dead (2010–2022). Non perfetto negli effetti speciali, ma devastante nel messaggio.

    9. It - Capitolo Uno (2017)

    Il ritorno di Pennywise al cinema è stato un trionfo. Andy Muschietti dirige IT, un film visivamente potente e spaventoso, con Bill Skarsgård che reinventa il clown in una versione più mostruosa e inquietante. Ambientato negli anni ’80 (anziché ’50 come nel libro), strizza l’occhio alla già citata Stranger Things, cavalcando anche la grande ondata di ritorno delle vibes anni ‘80, ma resta fedele al cuore della storia: l’amicizia dei “Perdenti” contro le proprie paure. La parte uno funziona come un film a sé, con ritmo serrato e momenti iconici. Confrontato con la miniserie del 1990, è più spettacolare, ma meno genuino. Resta uno degli adattamenti più riusciti e amati degli ultimi anni.

    10. Doctor Sleep (2019)

    Difficile compito: continuare Shining conciliando libro e film (visti anche i precedenti). Con Doctor Sleep Mike Flanagan riesce nell’impresa con un adattamento che fonde i due universi, regalando un sequel cupo e avvincente. Ewan McGregor interpreta un Danny Torrance adulto, segnato dall’alcolismo e dai traumi, che deve proteggere una bambina dotata di poteri simili ai suoi. Il film dura 152 minuti (180 nella director’s cut) e prende il tempo per costruire atmosfera e personaggi. Non è al livello del classico di Kubrick, ma riesce a camminare da solo, con villain inquietanti e un messaggio di resilienza. Se amate le atmosfere di Hill House (2018), sempre diretta da Flanagan, troverete qui lo stesso equilibrio tra orrore e umanità.

    Dando uno sguardo verso il futuro, tra i nuovi adattamenti di Stephen King in arrivo e che sono in corso di sviluppo, ecco quelli che non vediamo l’ora di vedere:

    The Life of Chuck (2025)

    Tra i progetti più recenti e curiosi tratti dall’universo di Stephen King c’è The Life of Chuck, diretto da Mike Flanagan, regista che ha già dimostrato una sensibilità unica nell’adattare l’autore con Il gioco di Gerald (2017) e Doctor Sleep (2019). Uscito nelle sale il 18 settembre 2025, il film porta sul grande schermo uno dei racconti più intimi e insoliti della raccolta Se scorre il sangue. La storia non ha tinte horror classiche, ma segue la vita di Charles Krantz al contrario, dalla sua morte prematura alla sua infanzia, in un viaggio che riflette sulla fragilità dell’esistenza e sulla bellezza dei piccoli momenti. Un’opera toccante e malinconica, che conferma quanto King sappia andare oltre l’horror e parlare dell’umanità in tutte le sue sfumature.

    Welcome to Derry (2025)

    Forse l’annuncio più atteso dai fan del “Kingverse”, in arrivo dal 27 Ottobre. Welcome to Derry sarà una serie prequel di It (2017-2019), ambientata negli anni ’60, e racconterà le origini del male che ha infestato la cittadina del Maine. L’idea è di ampliare il mito di Pennywise e mostrare come la sua presenza ciclica abbia plasmato la comunità ben prima degli eventi con i “Perdenti”. L’aspettativa è enorme: se gestito bene, potrebbe diventare la prima grande serie horror dell’universo kinghiano, con il potenziale di unire l’atmosfera di Castle Rock (2018) al terrore cosmico del romanzo originale. I fan sperano che approfondisca non solo Pennywise, ma anche il lato sociale di Derry, già descritto da King come una città corrotta nel profondo.

    The Long Walk (2025)

    Tratto da uno dei romanzi più cupi firmati con l’alias Richard Bachman, The Long Walk racconta di una competizione mortale in cui un gruppo di ragazzi deve camminare senza fermarsi, pena la morte. L’idea è semplice ma devastante, anticipando concetti poi resi celebri da Battle Royale (2000) e Hunger Games (2012); non a caso, alla regia dell’adattamento cinematografico troviamo proprio Francis Lawrence, il regista che ha firmato la regia di tutti i film della saga Hunger Games. Adattarlo oggi significa confrontarsi con un pubblico che ama i survival distopici, ma la chiave sarà restare fedeli alla crudezza del romanzo. Se diretto con coraggio, può essere uno dei film più disturbanti e potenti tratti da King, senza bisogno di mostri: basta l’uomo stesso.

    The Girl Who Loved Tom Gordon (in sviluppo)

    Un romanzo breve, intimo, spesso dimenticato, ma amatissimo dai fan. Racconta la lotta per la sopravvivenza di una bambina persa nei boschi, guidata solo dalla sua immaginazione e dall’eroe del baseball Tom Gordon. L’adattamento promette un horror psicologico più che soprannaturale, che potrebbe richiamare film come Room (2015) o The Witch (2015), dove la tensione nasce dalla solitudine e dalla mente del protagonista. Non avrà forse lo stesso appeal dei grandi classici, ma se ben girato, può sorprendere come piccolo gioiello d’atmosfera.

    Fairy Tale (in sviluppo)

    Il romanzo del 2022 è uno degli ultimi successi di King, e non sorprende che Hollywood voglia portarlo subito sul grande schermo. Fairy Tale è un mix di fantasy e horror, con un ragazzo che eredita le chiavi di un mondo parallelo popolato da creature magiche e oscure. L’aspettativa è quella di un adattamento che mescoli l’epica di Stranger Things con il tono dark dei migliori racconti di King. Potrebbe essere la risposta “fiabesca” a It, ma con un respiro più fantasy e universale.

  • Gli alieni più terrificanti dei film e delle serie TV, classificati in base al fattore paura

    Gli alieni più terrificanti dei film e delle serie TV, classificati in base al fattore paura

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    La fantascienza offre grande spazio alla creatività degli autori. Mondi futuristici, astronavi, lingue aliene, società ultratecnologiche: il world-building di un’opera sci-fi è fondamentale per ammaliare gli spettatori. Tra gli elementi che gli sceneggiatori devono creare ci sono molto spesso creature aliene.

    Tra queste, alcune svolgono il ruolo di antagonisti e, perciò, sono immaginate e portate sullo schermo nelle maniere più orripilanti e paurose.

    Questa lista di JustWatch fa per voi se avete quella curiosità mista a ribrezzo del voler vedere sullo schermo le creature più terrificanti possibili. La classifica elenca gli alieni più terrificanti dei film e delle serie TV. Le posizioni sono state decise dal sottoscritto in base al fattore paura, ovvero il livello di terrore che queste creature suscitano. Che si tratti dell’aspetto fisico o di particolari azioni che questi alieni svolgono, i mostri che troverete nella classifica sono i più terrificanti di sempre.

    10. Star Trek: The Next Generation (1987)

    La saga di Star Trek ci ha dato innumerevoli occasioni per essere inorriditi da extraterrestri terrificanti. La mia scelta è ricaduta sui Borg, che fanno il loro ingresso nel franchise in Star Trek: The Next Generation. L’aspetto dei Borg potrebbe non intimorire a prima vista. Al contrario dello Xenomorfo di Alien, un Borg rimane un essere umanoide e quindi più simile a noi. Per questo motivo, questi alieni si posizionano all’ultimo posto. Tuttavia, è la loro sete di perfezione e la conseguente tecnica dell’assimilazione a farli entrare nella top 10. infatti, miliardi di abitanti dell’universo sono stati assimilati, ovvero trasformati in cyborg perdendo ogni capacità di libero arbitrio. La perseveranza nel voler assimilare sempre più specie rende i Borg un tipo di alieni da cui è meglio stare alla larga.

    9. Essi vivono (1988)

    Il maestro dell’horror John Carpenter non poteva certo mancare in questa lista. Due sono i suoi film che troverete in classifica. Essi vivono è un classico distopico di fine anni ‘80 con una forte impronta sociale e controculturale. Attraverso occhiali magici, un operaio capisce che le classi dominanti non sono altro che alieni. Queste creature non sono certo le più spaventose che troverete nella storia del cinema. La loro composizione scheletrica non risulta più orripilante dopo qualche minuto. Tuttavia, la paura che sprigionano è indubbia. La loro capacità di ammaliare la gente e renderla conformista e schiava del consumismo è una brutta favola che puzza di realtà. Tuttavia, questo timore a tratti evocativo non è sufficiente per far avanzare Essi vivono (1988) oltre il nono posto.

    8. Slither – Una fame da paura (2006)

    Slither – Una fame da paura è il pregevole esordio alla regia di James Gunn, che porta sullo schermo un mostro tra i più grotteschi. Nei punti più spinti della pellicola, la creatura aliena ricorda l’ammasso di carne nel finale mozzafiato di Society - The Horror (1989). Senza mezzi termini, l’aspetto esteriore della creatura di Slither (2006) è il vero punto di forza che infonde paura. Il terrore, però, non è ansiogeno come in Alien o La cosa, ma crea un senso di disgusto e di voltastomaco. Se non bastasse, l’annessione di larve che cercano di inserirsi nella bocca di malcapitati non fa che aumentare il livello di nausea. Ironicamente, le pennellate comiche di Slither (2006) funzionano perfettamente ma indeboliscono il fattore paura dell’alieno. Per questo, il film si posiziona all’ottavo posto.

    7. Nope (2022)

    La Jean Jacket di Nope è di sicuro una delle creature aliene più spettacolari della lista. La maestosità e l’eleganza del corpo dell’alieno richiama le sembianze di una medusa. Non lasciatevi ingannare, però. Quando si entra in contatto con la Jean Jacket c’è un solo motivo: da questo momento la nostra vita è in pericolo. Questa creatura tende a cacciare le sue prede e risucchiarle quando l’occasione è opportuna. Nope (2022) è un film a forte carattere tematico, con la Jean Jacket che rappresenta la bramosa ricerca di fama. Questa lista, tuttavia, non prende in considerazione questo risvolto, ma si focalizza sull’aspetto esteriore e le azioni degli alieni. Tutto sommato, la Jean Jacket merita il settimo posto per il potere evocativo che sprigiona la sua visione.

    6. Falling Skies (2011)

    In Falling Skies, una delle paure più grandi si manifesta per l’umanità: un’invasione aliena che azzera quasi del tutto la popolazione della Terra. I responsabili della calata sul pianeta sono gli Espheni, razza aliena decisa a rendere il Globo un’immensa colonia. Queste creature aliene mettono i brividi solo a guardarle. Corpo longilineo, altezza smisurata e sembianza scheletriche caratterizzano il loro aspetto. In più, asserviti a loro ci sono gli skitter, creature geneticamente modificate che ricordano diversi tipi di insetti combinati in un unico corpo. Tuttavia, ho preferito optare per gli Espheni in quanto essi sono al vertice della gerarchia aliena nella serie TV. Il sesto posto è il frutto del loro terrificante aspetto esteriore e della pericolosa bramosia di colonizzare altri popoli.

    5. Alien - Pianeta Terra (2025)

    Alien - Pianeta Terra è un altro tassello ben riuscito dell’immortale saga iniziata con Alien (1979), che trovate più avanti. Il quinto posto in classifica della serie è dovuto all’introduzione di una nuova creatura aliena da cui guardarsi. Si tratta dei tick, un organismo che ricorda sia un insetto che una sanguisuga. Caratteristiche sono anche le loro appendici tentacolari. Le dimensioni ridotte di queste creature aliene potrebbero non impensierire chi si imbatta in loro. Sottovalutare i tick, però, è forse la mossa più sciocca che si potrebbe fare. Le piccole dimensioni favoriscono i movimenti furtivi e, senza accorgertene, un tick si è già fiondato sul tuo collo. Dopo essersi collegati a una vena del corpo, i tick ne prosciugano tutto il sangue non lasciando neanche una goccia.

    4. Star Trek: Voyager (1995)

    Come già ribadito, Star Trek è ricco di creature aliene con un fattore paura eccellente. Dopo i Borg di Star Trek: The Next Generation (1987), ecco a voi i Vidiiani di Star Trek: Voyager. Come i cyborg, i Vidiiani sono creature dall’aspetto umanoide. Nonostante ciò, un virus di nome Fagia devasta una parte della popolazione, rendendoli simili a mummie e zombi. Pian piano la pelle inizia a putrefarsi e solo un continuo utilizzo di trapianti può impedire la morte di un Vidiiano colpito dal virus. Ed è qui che troviamo la vera motivazione per il quarto posto. Se l’aspetto esteriore crea un senso di disgusto simile a quello provato in Slither (2006), è il continuo bisogno di corpi per i trapianti ad innalzare il fattore paura. Per salvare la loro specie, i Vidiiani sono costretti a ucciderne di altre, non potendosi mai fermare.

    3. Bagliori nel buio (1993)

    Bagliori nel buio porta sullo schermo una versione molto canonica di come un umano immagina un alieno. Faccia umanoide ma con tratti meno pronunciati, capo calvo e allungato, corporatura longilinea sono le loro caratteristiche fisiche. In un primo impatto, questi alieni mettono paura ma non in maniera eccessiva. Ciò che turba veramente lo spettatore è il loro atteggiamento estremamente cinico e distaccato con il quale compiono esperimenti su un uomo. La freddezza del loro operato ricorda la mancanza di libero arbitrio dei Borg. Tuttavia, gli alieni di Bagliori nel buio (1993) possiedono la capacità di intendere e volere, il che li rende ancora più terrificanti. Per questo particolare, le creature si posizionano sul gradino più basso del podio.

    2. Alien (1979)

    Alien (1979) contiene al suo interno una delle creature più iconiche del mondo horror e fantascientifico. Lo Xenomorfo è ormai il terrore di tutti con la sua bocca protuberante, il suo istinto killer e l’intramontabile corporatura nera. La lunghezza della saga ci ha abituato alle sue sembianze ma nel 1979 lo Xenomorfo era qualcosa di nuovo e di terrificante. Ad aumentare il fattore paura c’è la scelta del regista Ridley Scott di non mostrare in maniera eccessiva la creatura. In Alien (1979), la tensione è padrona della scena e ogni corridoio buio o sperduto anfratto dell’astronave fanno battere il cuore a non finire. Il classico di Scott ci ricorda, storpiando una frase molto famosa, che l’attesa della paura è essa stessa paura. L’unico motivo per cui lo Xenomorfo rimane al secondo posto è un certo remake anni ‘80 di un classico della fantascienza. 

    1. La cosa (1982)

    Ero molto combattuto se mettere al primo posto La cosa (1982) o Alien (1979). Alla fine, l’alieno multiforme del magistrale remake di John Carpenter ha avuto la meglio. Questo alieno, in primis, è veramente orripilante da vedere quando non si è trasformato del tutto nella vita a cui si è unito. Ancora una volta, gli effetti speciali pratici dimostrano, a mio avviso, la loro superiorità rispetto ai cugini digitali. Soprattutto se a crearli c’è il maestro Rob Bottin. Non è solo l’aspetto a incutere timore. Quando la cosa ha assimilato completamente il corpo ospite ne assume le sembianze in maniera perfetta. In questo modo, risulta complicato per gli umani capire chi si ritrovano davanti. Questo aspetto accresce il livello ansiogeno della paura e dona a La cosa (1982) il posto più alto del podio.

  • Se ti è piaciuto “Demon Slayer”, questi 10 anime ti faranno impazzire

    Se ti è piaciuto “Demon Slayer”, questi 10 anime ti faranno impazzire

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Dopo aver infranto record al botteghino mondiale, arrivando al primo posto anche in Italia, Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Infinity Castle (2025) ha confermato ancora una volta di essere non solo uno degli anime più amati della nuova generazione, ma anche un fenomeno culturale capace di trascinare milioni di spettatori al cinema.

    La saga di Tanjiro e Nezuko, arrivata al suo atto finale con il primo film di una trilogia conclusiva che ci accompagnerà per i prossimi quattro anni, ha conquistato grazie al suo mix di animazione spettacolare, combattimenti mozzafiato e legami profondi (e a volte traumatici) che commuovono e coinvolgono. Si, perché anche i demoni possono avere un cuore (tranne Muzan, lui è un villain fatto e finito e ci va benissimo così!). Ed è proprio questo equilibrio tra azione e sentimento che spinge tanti fan, una volta finito un episodio o uscendo dalla sala, a chiedersi: “E adesso, cosa guardo?”.

    Se anche tu sei in quella fase di nostalgia post Demon Slayer (2019- in corso), in attesa dei prossimi film previsti per il 2027 e 2029 (AIUTO!), abbiamo raccolto per te dieci anime che condividono lo stesso spirito: storie di crescita, battaglie contro forze oscure e personaggi che restano nel cuore.

    Attack on Titan (2013–2023)

    Se c’è un anime che ha rivoluzionato il genere dark shonen come ha fatto Demon Slayer, quello è Attack on Titan. Ambientato in un mondo devastato dai giganti che divorano esseri umani, segue la lotta disperata di Eren e dei suoi compagni per la sopravvivenza e la libertà. Come Demon Slayer, mescola combattimenti mozzafiato a un dramma umano intenso, in cui la perdita e il sacrificio sono all’ordine del giorno. Con quattro stagioni e una conclusione epica, offre la stessa tensione e spettacolarità visiva che ha reso indimenticabili le battaglie di Tanjiro e Nezuko. È perfetto per chi cerca un anime che non risparmi emozioni forti e colpi di scena sconvolgenti.

    Jujutsu Kaisen (2020–presente)

    Considerato l’erede naturale di Demon Slayer, Jujutsu Kaisen racconta la storia di Yuji Itadori, uno studente che ottiene poteri oscuri dopo aver ingerito un oggetto maledetto. L’anime combina combattimenti spettacolari, un comparto tecnico straordinario e personaggi carismatici che ricordano molto lo spirito del gruppo di cacciatori di demoni. Come in Demon Slayer, la lotta contro entità sovrannaturali diventa anche un percorso di crescita personale. Con due stagioni già disponibili, si è affermato come uno dei titoli più amati della nuova generazione shonen. È consigliato a chi cerca intensità, emozione e un mondo narrativo cupo e affascinante.

    Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009–2010)

    Un classico moderno, Fullmetal Alchemist: Brotherhood segue i fratelli Edward e Alphonse Elric, che usano l’alchimia per cercare di recuperare ciò che hanno perso in un esperimento proibito. Come Demon Slayer, affronta temi di sacrificio, legami familiari e ricerca della redenzione, il tutto accompagnato da combattimenti spettacolari e una trama corale. Sebbene non tratti di demoni in senso stretto, l’atmosfera drammatica e la profondità emotiva lo rendono una scelta perfetta per chi ha apprezzato il viaggio di Tanjiro e Nezuko. Con i suoi 64 episodi, rappresenta uno dei racconti più completi e coinvolgenti dell’animazione giapponese.

    Tokyo Ghoul (2014–2018)

    Tokyo Ghoul esplora un mondo oscuro in cui creature chiamate ghoul vivono nascoste tra gli esseri umani, nutrendosi di carne umana per sopravvivere. Il protagonista, Kaneki, diventa mezzo ghoul dopo un incontro fatale e deve imparare a vivere tra due mondi. Proprio come Nezuko in Demon Slayer, Kaneki incarna il conflitto tra umanità e mostruosità, diventando un simbolo di lotta interiore. L’anime è crudo, violento e intenso, con un’atmosfera gotica che richiama i momenti più cupi del viaggio di Tanjiro. È consigliato a chi cerca un racconto più estremo e disturbante, ma sempre capace di parlare di identità e accettazione.

    Blue Exorcist (2011–2017)

    Blue Exorcist racconta la storia di Rin Okumura, un ragazzo che scopre di essere figlio di Satana e decide di combattere il destino diventando esorcista. Come in Demon Slayer, il cuore della trama è il rapporto familiare, in questo caso tra fratelli, e la lotta contro entità demoniache. L’anime combina azione, momenti leggeri e un forte pathos emotivo, con atmosfere scolastiche che bilanciano le sequenze più cupe. Con due stagioni, è perfetto per chi cerca un anime che mescoli dramma, amicizia e spettacolari scene di combattimento. È un titolo consigliato soprattutto a chi ha amato la determinazione e l’umanità di Tanjiro.

    Inuyasha (2000–2010)

    Con le sue sette stagioni, Inuyasha è un’epopea che ha segnato una generazione di fan. Racconta la storia di Kagome, una ragazza moderna catapultata nel Giappone feudale, dove incontra Inuyasha, mezzo demone alla ricerca della Sacra Gemma. L’anime mescola azione, romanticismo e folklore giapponese, elementi che ricordano da vicino l’atmosfera di Demon Slayer. Anche qui, il legame tra i protagonisti è al centro della narrazione, tra lotte epiche e momenti di dolcezza. È ideale per chi ha amato l’aspetto più folklorico e mitologico della serie di Tanjiro e vuole immergersi in un racconto lungo, avventuroso e appassionante.

    Akame ga Kill! (2014)

    Oscuro e brutale, Akame ga Kill! segue un gruppo di assassini ribelli che combattono contro un impero corrotto. Come in Demon Slayer, i protagonisti affrontano battaglie sanguinose e spesso pagano un caro prezzo per la loro lotta. L’anime si distingue per la sua imprevedibilità: nessun personaggio è davvero al sicuro, e questo aumenta la tensione emotiva episodio dopo episodio. Se ti è piaciuto il senso di pericolo costante e la durezza delle battaglie contro i demoni, qui troverai un’intensità simile. È consigliato a chi cerca un’esperienza più cupa e drammatica, capace di sorprendere e lasciare il segno.

    Seraph of the End (2015–2016)

    In un mondo post-apocalittico dove vampiri e umani si scontrano, Seraph of the End racconta la storia di Yuichiro, un ragazzo deciso a vendicarsi dopo la morte della sua famiglia. Come Demon Slayer, mette al centro il tema della famiglia perduta e della lotta disperata contro creature sovrannaturali. L’anime combina azione frenetica, atmosfere gotiche e un forte legame tra compagni di squadra. Con due stagioni, è perfetto per chi cerca un’alternativa che unisca dramma, azione e un tocco di romanticismo. L’energia dei combattimenti e la componente emotiva lo rendono uno dei titoli più vicini all’esperienza di Demon Slayer.

    Noragami (2014–2015)

    Noragami racconta la storia di Yato, un dio minore che sogna di diventare famoso, e della sua inaspettata amicizia con Hiyori e Yukine. L’anime bilancia momenti comici e drammatici, ma al cuore della storia ci sono battaglie contro spiriti corrotti e un forte senso di legame tra i protagonisti. Come Demon Slayer, esplora il confine tra il mondo umano e quello soprannaturale, offrendo combattimenti spettacolari e riflessioni emotive profonde. Con due stagioni, è perfetto per chi vuole un anime che unisca leggerezza e pathos, ricordando la stessa capacità di Demon Slayer di passare da momenti di dolcezza a scene di pura tensione.

    Claymore (2007)

    Claymore è un anime dark fantasy che racconta la storia di Clare, una guerriera metà umana e metà demone che combatte contro mostri chiamati Yoma. L’atmosfera cupa, le battaglie brutali e la lotta interiore della protagonista ricordano da vicino i temi affrontati in Demon Slayer. È un anime che non teme di mostrare la durezza del conflitto e la complessità dei personaggi, rendendolo perfetto per chi cerca storie intense e mature. Con i suoi 26 episodi, è una serie breve ma incisiva, consigliata a chi ha amato il lato più oscuro e drammatico delle avventure di Tanjiro e della sua squadra di ammazzademoni.

  • “Squid Game”: dove vedere il cast dopo la fine della terza stagione?

    “Squid Game”: dove vedere il cast dopo la fine della terza stagione?

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Hwang Dong-hyuk ha più volte dichiarato di aver ideato Squid Game in uno dei momenti più difficili della sua vita a causa degli ingenti debiti contratti. Da una crisi personale il regista e sceneggiatore sudcoreano ha tirato fuori dal cilindro una delle serie più popolari degli anni Duemila.

    Un fenomeno sociale e culturale che grazie alla distribuzione su Netflix è arrivato in ogni angolo del mondo entrando a far parte di un immaginario visivo e pop condiviso da milioni di persone. Una spietata gara di sopravvivenza alla quale prendono parte uomini e donne disperati. Tutto per un montepremi che potrebbe stravolgere in meglio le loro esistenze. Una metafora della nostra società dove il capitalismo la fa da padrone e dove i ricchi governano il mondo a discapito di chi vive ai margini. Una disamina della nostra avidità e del nostro individualismo estremo travestita da intrattenimento.

    Mentre si continua a parlare di un possibile remake americano diretto da David Fincher, JustWatch ha stilato una lista dove potete scoprire in quali altri film e serie TV sono comparsi i protagonisti della serie.

    1. Lee Jung-jae - Giocatore 456

    Quello di Lee Jung-jae è senza dubbio il volto di Squid Game (2021). Quando lo incontriamo per la prima volta nella serie nei panni di Gi-hun, è un giocatore d'azzardo divorziato e in difficoltà che si iscrive al gioco per assicurarsi abbastanza soldi per ricucire il rapporto con la figlia. È lui, il Giocatore 456, a vincere la competizione originale. Ma come mostrato nelle stagioni 2 e 3, l'uomo è tormentato dal rimorso e dal desiderio di distruggere dall'interno lo Squid Game. 

    Lee Jung-jae è uno degli attori più famosi della Corea del Sud. Tra i film più celebri ai quali ha preso parte ci sono il dramma di E. J-yong, An Affair(1998); il dramma sci-fi Il Mare(2000), di cui Keanu Reeves ha interpretato lo stesso ruolo nel remake americano La casa sul lago del tempo (2006); il thriller erotico The Housemaid (2010) che ha ridato lustro alla sua carriera dopo una pausa dalla recitazione; l'heist movie The Thieves (2012), il dramma politico Chief of Staff (2019) e l'action Liberaci dal male(2020). Nel 2022 ha esordito dietro la macchina da presa nel film di spionaggio Hunt per poi entrare nel cast di The Acolyte – La seguace (2024), serie ambientata nell'universo di Star Wars (1977).

    2. Lee Byung-hun - Front Man

    C'è Lee Byung-hun dietro la maschera dell'enigmatico Front Man, il villain di Squid Game (2021) che tira le fila del gioco. Nel corso delle stagioni scopriamo essere un ex vincitore dello Squid Game che ha preso una strada diametralmente opposta a quella del Giocatore 456. Lo stesso con il quale si allea nel corso del secondo capitolo, manovrando dall'interno la competizione, senza che inizialmente l’uomo sospetti nulla. 

    Il suo primo grande ruolo sul grande schermo è nel thriller storicoJ.S.A. - Joint Security Area (2000) di Park Chan-wook. Cinque anni dopo è fuori concorso al Festival di Cannes con Bittersweet Life (2005) di Kim Ji-woon per poi prendere parte ad altri tre titoli del regista: il western Il buono, il matto, il cattivo (2008), il thriller action I Saw the Devil (2010) e il dramma di spionaggioL'impero delle ombre (2016). Nella filmografia di Lee Byung-hun sono presenti anche titoli statunitensi come gli action sci-fi G.I. Joe - La nascita dei Cobra (2009) e G.I. Joe - La vendetta (2013), la commedia d'azione Red 2 (2013), Terminator Genisys (2015) al fianco di Arnold Schwarzenegger e I magnifici 7 (2016), remake del western anni '60 diretto da Antoine Fuqua. A Venezia '25 lo vedremo in Nessun’altra scelta (2025) in cui tornerà ad essere diretto da Park Chan-wook.

    3. Yim Si-wan - Giocatore 333

    Myung-gi, il Giocatore 333, è un influencer delle criptovalute le cui scelte finanziarie hanno portato al baratro se stesso e i suoi follower. È per questo che sceglie di entrare nello Squid Game. Confida nella vittoria per potersi risollevare dal suo tracollo finanziario. Yim Si-wan è un'ex star del K-pop, membro della band ZE:A. Tra le sue incursioni cinematografiche e seriali ci sono il dramma storico-fantasy The Moon Embracing the Sun (2012), la commedia sentimentaleRun On (2020) e il thriller Unlocked (2023).

    4. Kang Ha-neul - Giocatore 388

    Inizialmente è considerato un amico da Gi-hun, ma il loro rapporto cambia drasticamente nel corso della seconda stagione a causa della sua mancanza di coraggio dimostrata durante il tentativo di ribellione organizzato per distruggere il gioco. Ha-neul ha ottenuto il suo primo ruolo da protagonista nella commedia romantica venata di thriller When the Camellia Blooms (2019). Tra gli altri suoi titoli di rilievo: il film d'avventura The Pirates: Il tesoro reale (2022), il dramma Netflix 84m²(2025) e la serie Tastefully Yours(2025), una commedia romantica sudcoreana in cui recita al fianco Go Min-si.

    5. Wi Ha-joon - Hwang Jun-ho

    Gi-hun e il detective Hwang Jun-ho hanno un obiettivo comune: distruggere lo Squid Game. Per Jun-ho, come impariamo a conoscere nel corso della serie, la motivazione è decisamente personale e riguarda la sua connessione con l'enigmatico Front Man. Tra i film e le serie TV più rilevanti della sua carriera vanno segnalati il dramma Something in the Rain (2018), la trasposizione sudcoreana di uno dei romanzi più celebri della letteratura mondiale, Little Women (2022), la serie TV in costumeLa creatura di Gyeongseong (2024) in cui si intrecciano elementi horror, thriller e action e il poliziesco noir The Worst of Evil (2023).

    6. Park Gyu-young - No-Eul

    No-eul lavora come guardia nel gioco. Nel corso della serie scopriamo che è un'ex soldatessa della Corea del Nord che ha disertato dopo aver ucciso il suo superiore e aver abbandonato sua figlia, il cui unico obiettivo è ritrovarla. A prestarle il volto Park Gyu-young, attrice molto popolare nel suo paese. È apparsa in un ruolo secondario nella commedia romantica Romance Is a Bonus Book (2019) per poi prendere parte all'acclamato drama sudcoreano It's Okay to Not Be Okay (2020), alla serie horror apocalittica Sweet Home (2020-2024) e al thriller Celebrity (2023), di cui è l'assoluta protagonista nel ruolo di Sea Ah-ri, un'umile commessa che denuncia le vite degli influencer.

    7. Park Sung-hoon - Giocatore 120

    Park Sung-hoon è stato molto criticato per il suo ruolo in Squid Game. L'attore presta il volto al personaggio transgender Cho Hyun-ju e in molti all'annuncio del cast hanno sostenuto che a interpretarla sarebbe dovuto essere una vera attrice transgender. Cho Hyun-ju è entrata nel gioco per riuscire a vincere il denaro sufficiente per finanziare il suo intervento chirurgico di affermazione di genere. È uno dei personaggi più positivi della serie grazie all'aiuto che dà ad altre concorrenti, proteggendole. Tra i suoi ruoli più celebri quelli nella dramedy La regina delle lacrime (2024), nel thriller horror Eredità sepolta (2024) e nel thriller drammatico The Glory(2022-2023).

    Dove vedere il cast di "Squid Game" dopo la fine della terza stagione?

    Qui sotto trovate la lista di JustWatch che vi permette di scoprire dove vedere il cast di Squid Game sulle principali piattaforme dopo la fine della terza stagione. Non dimenticatevi di utilizzare i filtri e di costruire la vostra watchlist. Con quest'ultima funzione riceverete notifiche su cosa guardare in base alle vostre preferenze. Buona visione!

  • I 10 episodi più dark de “I Puffi” che probabilmente non ricordi

    I 10 episodi più dark de “I Puffi” che probabilmente non ricordi

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    “Puffare”. Quando si è così popolari da avere addirittura un verbo di riferimento. È quanto accaduto con I Puffi, la serie animata targata Hanna-Barbera tratta dai fumetti del belga Peyo che negli anni Ottanta raggiunsero una fama mondiale.

    Nati come comprimari di un altro titolo animato, John e Solfamì (1952), gli ometti blu alti “due mele o poco più” abitano in un villaggio nascosto nella foresta in casette a forma di fungo. Le loro giornate sono caratterizzate da avventure semplici, se non fosse per la minaccia costante dello stregone Gargamella e del suo gatto Birba.

    Diventati un punto di riferimento per generazioni intere di piccoli spettatori – dando vita ad altre serie e film, l'ultimo in ordine di tempo è I Puffi – Il Film – Grande Puffo, Puffetta e gli altri personaggi evocano un senso di innocenza e raccontano di una società idealizzata dove ognuno ha un ruolo ben preciso. Ma c'è anche un altro lato, meno conosciuto e più oscuro.

    JustWatch ha stilato una lista dei 10 episodi de I Puffi che probabilmente non ricordi.

    1. “Il Puffo senza memoria” Stagione 1 (1981)

    Già dal suo esordio la serie ha dato modo di confrontarsi con tematiche meno leggere. Lo dimostra “Il Puffo senza memoria”, episodio in cui uno dei piccoli protagonisti blu perde la memoria a seguito di un incidente e si allontana dal villaggio. Questo permette a Gargamella di manipolarlo a suo piacimento, convincendolo di essere suo figlio per poter penetrare nel loro mondo. La puntata si concentra nel mostrare lo stato di disorientamento e solitudine che la mancanza di identità comporta e di quanto sia facile sfruttare la vulnerabilità di chi è in difficoltà. Privo di ricordi, il Puffo è solo e isolato, ricordandoci quanto l'appartenenza sia fatta di punti di riferimento, memoria e legami.

    2. "La maschera nera" Stagione 2 (1982)

    Con “La maschera nera” ci troviamo di fronte a una tematica serissima, quella della depressione. Il racconto ruota attorno allo stregone Nemesys e alla maschera da lui creata che ha il potere di assorbire tutta la gioia e la felicità dei Puffi. La loro trasformazione da esseri allegri e vivaci ad apatici e tristi è una metafora dell'oppressione emotiva. Un episodio profondamente cupo che si distingue dall'atmosfera lieve che solitamente contraddistingue la serie. Non a caso fa un certo effetto vedere i protagonisti, sempre attivi e gioiosi, vagare senza uno scopo per il villaggio. Un'allegoria della tristezza e della determinazione necessarie per affrontare le forze che cercano di spegnere la nostra luce.

    3. "La cripta dei tesori nascosti" Stagione 3 (1983)

    In questo episodio i folletti blu si ritrovano tra le mani una mappa del tesoro, apparentemente innocua, che promette loro di raggiungere una cripta ricca di tesori. Ma le cose non vanno esattamente come previsto. I Puffi si ritrovano in un luogo pieno di trappole mortali e antiche maledizioni dando vita a un episodio lontanissimo per genere e tono da quelli ai quali la serie ci ha abituati. Un'avventura horror ricca di suspense e di inquietudine che poco si sposa ad un titolo pensato per un pubblico di bambini. Ma l'obiettivo de "La cripta dei tesori nascosti" è nobile: mostrare come l'avidità possa portare a conseguenze tutt'altro che piacevoli.

    4. "Il puffo fantasma" Stagione 4 (1984)

    Cosa succede quando uno scherzo sfugge di mano? È quello che scopriamo nell'episodio della quarta stagione della serie animata, “Il puffo fantasma”. Un Puffo dispettoso si traveste da spiritello e, pur nonostante nessuno nel villaggio ne abbia mai visto uno, la paura si diffonde dando vita a una vera e propria isteria di massa. Con questa trama, la serie vuole mettere in luce la facilità con la quale le azioni impulsive portano a gravi conseguenze. In un periodo storico in cui la disinformazione è una piaga per la società, (ri)vedere questa puntata de I Puffi potrebbe essere un ottimo insegnamento.

    5. "Il giorno della rivelazione" Stagione 5 (1985)

    Uno degli episodi più oscuri e drammatici di tutte le stagioni de I Puffi. Ne “Il giorno della rivelazione”, i piccoli protagonisti si ritrovano ad un passo dal loro stesso annientamento. Tutta colpa dello stregone Gargamella – insolitamente efficace nelle sue mire distruttive - che riesce a creare un potentissimo incantesimo in grado di distruggere il villaggio dove vivono i piccoli omini blu. Una narrazione tesa che li vede alle prese con un nemico ad un passo dal raggiungere il suo obiettivo. Un ritratto della vulnerabilità e della resistenza di fronte a una minaccia che fa percepire agli spettatori tutta la disperazione e l'impotenza dei Puffi.

    6. "Il mago malvagio" Stagione 6 (1986)

    Se Gargamella è generalmente un cattivo poco minaccioso che finisce sempre per perdere la faccia contro i Puffi, ecco che invece "Il mago malvagio" ci mostra un villain molto più complesso e pericoloso con cui fare i conti. Si tratta di un oscuro stregone il cui passato è legato a quello di Grande Puffo. Ed è proprio la sua brama di vendicare conflitti irrisolti a dare vita a un episodio molto più personale e diretto. I protagonisti si ritrovano a fronteggiare una sfida inattesa e a confrontarsi con il tema del passato che può dare vita a complesse dinamiche e minacce.

    7. "Il giudizio di Gargamella" Stagione 7 (1987)

    Similmente a quanto raccontato nella quinta stagione della serie, nell'episodio "Il giorno della rivelazione", anche "Il giudizio di Gargamella" ci mette davanti a una creazione ben più potente del solito da parte dell'arcinemico dei Puffi. Questa volta Gargamella è riuscito a costruire un gigante imponente e apparentemente indistruttibile per, neanche a dirlo, abbattere i folletti blu e il loro villaggio. Una minaccia concreta e tangibile a differenza delle pozioni magiche con le quali è solito provare a sconfiggere i suoi piccoli rivali che, nella puntata, si ritrovano a competere con una forza maestosa che genera nel pubblico una forte tensione.

    8. "Il pozzo dei desideri maledetti" Stagione 8 (1988)

    I Puffi si imbattono in un pozzo capace di esaudire i loro desideri che, però, si avverano in modo distorto e pericoloso rispetto a quanto pensavano, creando caos nel villaggio. Invece di portare gioia, ecco che si moltiplicano i problemi dando vita a delle vere e proprie catastrofi. Ne "Il pozzo dei desideri maledetti" ci troviamo alle prese con una narrazione incentrata sulle nostre intenzioni. Anche le più nobili, infatti, possono portare a risultati critici. I Puffi perdono il controllo e l'episodio vuole proprio essere un monito per ricordarci i rischi di affidarsi a soluzioni facili senza pensare alle conseguenze.

    9. "L'ombra di Hogatha" Stagione 9 (1989)

    Un altro episodio che vede protagonista Grande Puffo. Questa volta il leader dei folletti blu è preso di mira dalla perfida strega Hogatha che lo rapisce per sfruttare la sua magia, lasciando gli altri Puffi impotenti e disperati. Senza il loro punto di riferimento, gli abitanti del villaggio si sentono persi e disorientati. "L'ombra di Hogatha" affronta la paura della perdita e del doversi rimboccare le maniche per aiutare un amico in difficoltà. Non a caso sono molteplici i tentativi di liberare la loro guida dalla prigionia imposta dalla strega. Un episodio attraversato da ansia e tensione dove il senso di vulnerabilità è palpabile.

    10. "Il cristallo oscuro" Stagione 9 (1989)

    Nella nona e ultima stagione della serie originale de I Puffi, ne "Il cristallo oscuro" ci si imbatte in un altro episodio ben distante dalle classiche atmosfere allegre del cartone animato. Anche questa volta c'è di mezzo lo zampino di Gargamella che si impossessa di un cristallo magico che assorbe luce e gioia trasformando tutto ciò che lo circonda in un ambiente tetro e desolato. Una delle puntate più oscure di tutta la serie, caratterizzata da un senso di angoscia che attraversa il racconto. Il cristallo al centro della trama simboleggia la corruzione che distrugge tutto ciò che incontra e costringe i Puffi a lottare per ristabilire la luce e, quindi, la speranza.

    Dove vedere in streaming i 10 episodi più oscuri de "I Puffi"?

    Di seguito trovate la lista di JustWatch dei 10 episodi più oscuri de I Puffi da vedere in streaming. Non dimenticatevi di utilizzare i film e di costruire la vostra watchlist. Con quest'ultima funzione riceverete notifiche su cosa guardare in base alle vostre preferenze. Buona visione!

  • La classifica di tutti gli adattamenti di "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen

    La classifica di tutti gli adattamenti di "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Orgoglio e pregiudizio è tra i romanzi di Jane Austen più conosciuti di sempre. Niente male per un testo scritto oltre due secoli fa, ambientato nell'epoca della Reggenza, che ora rivivrà in una nuova miniserie Netflix con Emma Corrin e Olivia Wilde, la cui uscita è prevista nel 2025. Molto prima diBridgerton (2020), infatti, la scrittrice ha messo in scena la danza del corteggiamento in un'epoca in cui le dinamiche sociali influenzavano legami e matrimoni.

    Si tratta di uno dei pilastri della letteratura che, grazie a personaggi delineati in modo chirurgico e dalla psicologia distintiva, ha saputo trascendere le epoche e i costumi.

    Una storia quella dell'amore tra la vivace Elizabeth Bennet e il ricco e misterioso Mr. Darcy, tra pressioni sociali e prime impressioni errate, che ha affascinato grande e piccolo schermo dando vita a numerose trasposizioni che hanno permesso alla storia immaginata dalla scrittrice britannica di essere amata da generazioni su generazioni. Testimonianza di come le relazioni umane e la società descritta da Austen continuino a parlare al pubblico.

    JustWatch ha stilato una lista di tutti gli adattamenti di Orgoglio e pregiudizio da recuperare in streaming, dal peggiore al migliore.

    10. Pride & Prejudice (2003)

    Una versione del 2003 diretta da Andrew Black nata ai tempi dell'università alla Brigham Young University a Provo, nello Utah. Lo stesso scenario fa da sfondo a questo adattamento di Orgoglio e pregiudizio.Pride & Prejudice vede protagonista la studentessa universitaria Elizabeth Bennet decisa a non frequentare nessun uomo fin dopo la laurea e concentrarsi per diventare scrittrice. Ma i suoi piani non vanno come il previsto quando incontra l'arrogante Will Darcy.

    Una rivisitazione fin troppo leggera del classico di inizio '800 che non affonda a sufficienza nelle tematiche del romanzo, dalle convenzioni sociali al pregiudizio fino alla famiglia, ma che ha un approccio contemporaneo al materiale letterario. Chi cerca una trasposizione fedele all'originale non la troverà qui, ma chi invece vuole vedere i personaggi di Jane Austen calati nel mondo moderno scoprirà nelle quasi due ore di durata del film un buon compromesso.

    9. Matrimoni e pregiudizi (2004)

    A testimonianza della popolarità planetaria del romanzo di Jane Austen, ecco una trasposizione cinematografica che intreccia la storia d'amore di Elizabeth e Darcy con il musical di Bollywood. L'azione si sposta dall'Inghilterra dell'era georgiana all'India contemporanea e agli Stati Uniti, infondendo nuova linfa all'intreccio. Gurinder Chadha, già regista di Sognando Beckham (2002), fa diMatrimoni e pregiudizi un film ricco di colori, musica, balli, ironia che cambia la prospettiva culturale immaginata dalla scrittrice in un contesto completamente diverso.

    Se i numeri musicali e coreografati dei film di Bollywood ti divertono, qui ne troverai in abbondanza. Sono loro il vero cuore del film che regalano sequenze visivamente spettacolari e rendono questo adattamento davvero unico. Al contrario, se i musical non sono la tua cup of tea, meglio virare su un altro dei tanti adattamenti presenti in questa lista più vicini alle atmosfere del romanzo. Nel film, però, non mancano la denuncia sociale e le aspettative, anche se in poco meno di due ore c'è una tale sovrabbondanza di temi che finiscono per ripiegarsi l'uno sull'altro. Da vedere se hai amato Monsoon Wedding – Matrimonio indiano (2001), ma da evitare se cerchi una trasposizione più tradizionale.

    8. PPZ – Pride + Prejudice + Zombies (2016)

    Basato sul romanzo parodia di Seth Grahame-Smith che cita Jane Austen come co-autrice, utilizzando l'intreccio del classico e infondendolo di elementi horror,PPZ – Pride + Prejudice + Zombies è senza dubbio un film audace. Lily James e Sam Riley sono rispettivamente Elizabeth Bennet e Mr. Darcy calati nell'Inghilterra ottocentesca invasa da morti viventi. Una versione non convenzionale che unisce il romanticismo del testo originale con elementi tipici di un'apocalisse zombie.

    Non a caso le sorelle Bennet sono state addestrate fin da piccole a usare le armi e le arti marziali per difendersi e combattere. Una trasposizione divertente, vagamente inquietante, romantica e con un cuore action che non ha paura di spingere sul pedale dell'acceleratore ed esagerare. Se ti sei divertito a guardare Warm Bodies (2013) e Benvenuti a Zombieland (2009), qui troverai la stessa irriverenza racchiusa in 108 minuti di regole vittoriane e splatter. Una rivisitazione satirica perfetta se cerchi un po' di brivido e un po' di sana (auto)ironia. Ma di certo il film non è la visione adatta se gli zombie movies ti impressionano o pensi che la storia di Bennet debba essere raccontata senza l’ingerenza di altri generi che poco hanno a che fare con la Reggenza inglese. 

    7. Orgoglio e pregiudizio (1957)

    Anche l'Italia si è confrontata con il testo di Jane Austen grazie a uno sceneggiato di fine anni '50,Orgoglio e Pregiudizio, diretto per l'allora Programma Nazionale (l'attuale Rai Uno) da Daniele D'Anza. Protagonisti nei ruoli dei due personaggi principali, Franco Volpi e Virna Lisi, nomi di spicco per la TV dell'epoca.

    Cinque puntate in bianco e nero di circa 60 minuti mandate in onda settimanalmente in cui la sceneggiatura di Edoardo Anton ha saputo mantenere lo spirito del romanzo originale e stupire il pubblico per la meraviglia delle sue scenografie e costumi che ricostruivano gli interni delle dimore e gli abiti ottocenteschi inglesi. Ad arricchire la narrazione anche dei numeri di balletto, per un'atmosfera più teatrale che televisiva, che ha tenuto fede al romanzo originale, alla natura psicologica dei personaggi e ai conflitti interni che li animano. Da vedere se sei curioso di scoprire come la tradizione degli sceneggiati italiani del dopoguerra si è confrontata con un classico della letteratura inglese. Meglio virare su altro se, invece, la solennità dei ritmi e della recitazione teatrale classica non ti entusiasmano. 

    6. Orgoglio e pregiudizio (1967)

    Prodotta dalla BBC per il 150° anniversario della morte di Jane Austen, questa miniserie in bianco e nero - in sei parti da 25 minuti - è l'unica tra quelle realizzate dall'emittente britannica – il film TV del 1938 e la serie del '58 - a non essere andata perduta. Sebbene non sia disponibile in streaming, infatti,Orgoglio e Pregiudizio è rintracciabile online.

    È considerata una delle trasposizioni televisive più classiche, rispettose e fedeli nello spirito e nel testo dell'opera della scrittrice inglese, nonostante la sceneggiatura firmata da Nemone Lethbridge abbia escluso il personaggio della sorella di mezzo della famiglia Bennett, la taciturna Mary. Anche in questo caso l'approccio teatrale all'opera e alla messa in scena è palese così come l'attenzione ai dettagli della ricostruzione storica è minuziosa. Sebbene la recitazione sia eccessivamente enfatizzata rispetto alla sensibilità contemporanea e il tono è fin troppo classico, se siete dei puristi qui troverete l'essenza del romanzo di Jane Austen.

    5. Orgoglio e pregiudizio (1980)

    Un'altra trasposizione televisiva targata sempre BBC, questa volta però in collaborazione con l'Australian Broadcasting Corporation. Diretta da Cyril Coke su un adattamento firmato dalla scrittrice femminista Fay Weldon, questa versione diOrgoglio e Pregiudizio è divisa in cinque episodi da circa 50 minuti con protagonisti i convincenti Elizabeth Garvie e David Rintoul nei ruoli principali e si contraddistingue per una completezza narrativa nel racchiudere personaggi e linee narrative del romanzo del 1813.

    Una delle versioni considerate tra le più complete dell'opera di Jane Austen apprezzata anche per le interpretazioni dei vari attori – più misurate rispetto a quelle del 1967 - e per la cura infusa nei dettagli storici di costumi e ambientazioni della Reggenza inglese. Da vedere se pensi che la dimensione seriale si adatti meglio alla trasposizione del romanzo grazie alla possibilità di andare più a fondo nella psicologia dei personaggi e nella messa in scena delle dinamiche sociali. La pecca è che visivamente appare un po’ datata (colpa anche di un budget esiguo). Se vuoi guardare qualcosa di più “moderno”, quindi, la versione del 2005 diretta da Joe Wright fa al caso tuo. 

    4. Orgoglio e pregiudizio (1940)

    Considerato all'unanimità il miglior adattamento del romanzo a opera di un classico hollywoodiano,Orgoglio e Pregiudizio di Robert Z. Leonard vede protagonisti Greer Garson e Laurence Olivier – la cui chimica sullo schermo è innegabile, tra battibecchi e sintonia - nei ruoli di Elizabeth Bennet e Mr. Darcy. Elogiato dalla critica dell'epoca, il film, ispirato alla versione teatrale di Helen Jerome oltre che al libro, rispecchia appieno le produzioni del tempo donando alla trasposizione un'atmosfera glamour e vivace.

    Ricco di licenze narrative che aggiungono nuove scene e cambiamenti relativi a costumi, ambientazioni e al tono dell'opera - cosa che ti farà storcere il naso se non ami le variazioni consistenti rispetto all’opera originale -, il film è una delizia colma di ironia che nel tradire la fonte riesce comunque ad omaggiarla. Da recuperare se vuoi vedere una versione leggera e brillante del romanzo e se hai un debole per le commedie americane dell'epoca come Scandalo a Filadelfia (1940).

    3. The Lizzie Bennet Diaries (2012)

    Un riadattamento del classico di Jane Austen sotto forma di web series.The Lizzie Bennet Diaries vede protagonista la studentessa universitaria Lizzie Bennet. Una ragazza laureata in scienze della comunicazione che apre un vlog come progetto di laurea. È proprio attraverso questi brevi filmati, della durata di due/otto minuti, che racconta avvenimenti precedentemente accaduti relativi al suo rapporto con le sorelle e Mr. Darcy.

    Una trasposizione moderna, intelligente e del tutto inedita che ha permesso al classico letterario dell'800 di essere scoperto da una nuova generazione grazie ad un mezzo di comunicazione contemporaneo. La riprova della forza dell'originale e di come qualsiasi trasposizione possa funzionare se fatta con creatività e ingegno. Se l'approccio audace e moderno applicato ai classici delle letteratura ti affascina, puoi vedere anche Emma Approved, webserie ispirata a un altro celebre romanzo di Jane Austen, Emma. Ma se ritieni troppo azzardata la componente teen e moderna, salta ai primi due posti della classifica!

    2. Orgoglio e pregiudizio (2005)

    Ambizioso esordio alla regia di Joe Wright, che sceglie Keira Knightley e Matthew Macfadyen come i suoi Elizabeth e Mr. Darcy. Questa versione diOrgoglio e Pregiudizio è senza ombra di dubbio un classico e tra i migliori adattamenti del romanzo di Jane Austen. Merito delle riuscite interpretazioni dei suoi attori e di una regia mozzafiato che ha saputo catturare l'essenza di un'epoca e dare vita alle pagine del testo originale.

    La sceneggiatrice Deborah Moggach ha spostato l'ambientazione alla fine del XVIII secolo e ha cambiato alcuni passaggi o dinamiche tra i personaggi su richiesta del regista che voleva un approccio il più realista possibile che passa anche per il ritratto di Elisabeth dall'impeto moderno e Mr. Darcy più vulnerabile. Un film di una rara bellezza visiva che ha catturato i cuori di molti spettatori grazie alla duplice attenzione narrativa e formale e al giusto equilibrio tra tradizione e innovazione. Da vedere se hai apprezzato la versione cinematografica di Autumn de Wilde di Emma (2020).

    1. Orgoglio e pregiudizio (1995)

    Altra miniserie della BBC,Orgoglio e Pregiudizio è considerata l'adattamento definitivo dell'opera di Jane Austen da molti fan e critici. I protagonisti sono due star inglesi come Colin Firth e Jennifer Ehle che hanno finito per trasformarsi in dei punti di riferimento per le trasposizioni successive incarnando alla perfezione l'essenza dei loro personaggi. Divenuta così popolare, la miniserie ha ispirato Helen Fielding a scrivere i romanzi di Bridget Jones che, a loro volta, sono diventati dei successi cinematografici.

    Affascinante e ricca di carisma, questa versione è passata alla storia anche per la capacità di catturare il cuore della storia, riproducendone tutti i passaggi più significativi e ricreando visivamente l'era della Reggenza inglese, tra costumi e ambientazioni eleganti e sontuose. Un punto di riferimento per chiunque si sia emozionato nel leggere il romanzo di inizio Ottocento e voglia vedere quella storia prendere vita sullo schermo.

  • Le serie true crime da non perdere su Netflix

    Le serie true crime da non perdere su Netflix

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Monster: La storia di Ed Gein (2025) è disponibile per lo streaming. La terza stagione della serie antologica di Ryan Murphy e Ian Brennan ripercorre la storia del serial killer statunitense, sospettato di aver ucciso ben sette persone a cavallo tra gli anni ‘40 e ‘50. La sua vita e i suoi crimini hanno influenzato fortemente l’immaginario cinematografico, tanto da ispirare pellicole come Psyco (1960), Non aprite quella porta (1974) e Il silenzio degli innocenti (1991). 

    Presentata in anteprima mondiale alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, è in arrivo anche Il Mostro (2025), la nuova e attesissima serie di Stefano Sollima dedicata a una delle pagine più buie e controverse mai conosciute dalla cronaca nera italiana. I quattro episodi, disponibili sulla piattaforma dal 22 ottobre, ripercorrono la tragica vicenda del Mostro di Firenze, costellata da otto duplici omicidi con la stessa arma, una beretta calibro 22, e ben diciassette anni di terrore. Cosa accomuna questi due titoli? Il filone di successo di cui fanno parte. Da sempre infatti gli spettatori, anche abbonati ad altri servizi streaming e non solo, hanno dimostrato un forte interesse per serie televisive che ripercorrono quei delitti che hanno sconvolto l’opinione pubblica e le relative indagini.

    1. Monsters: Dahmer (2022)

    La prima stagione di Monsters, la serie antologica di Ryan Murphy e Ian Brennan, di cui fa parte anche la storia di Ed Gein, è incentrata su Jeffrey Dahmer. Noto come “il cannibale di Milwaukee”, è stato uno dei serial killer più efferati nella storia degli Stati Uniti, macchiatosi di ben diciassette omicidi tra il 1978 e il 1991. Interpretato da Evan Peters, vincitore del prestigioso Golden Globe, i dieci episodi sono diventati in poco tempo tra i più visti di sempre sulla piattaforma. Gli appassionati di thriller e di storie oscure a tinte psicologiche ne resteranno sicuramente colpiti, al contrario di chi sta cercando invece un intrattenimento leggero oppure di chi è particolarmente sensibile a scene crude in quanto dei passaggi possono risultare decisamente pesanti.

    2. Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez (2024)

    Secondo capitolo delle serie antologica di Ryan Murphy e Ian Brennan, Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez (2024) ricostruisce il brutale assassinio di José e Kitty Menendez, avvenuto nel 1989 per mano dei figli Lyle ed Erik. Una serie potente e disturbante, che ha tentato di far luce su un caso, portandolo nuovamente alla ribalta tra l’opinione pubblica, tanto da finire per avere ripercussioni sulla realtà. Al contrario di Monsters: Dahmer (2022), la nuova stagione in nove episodi è più indirizzata agli appassionati dei legal drama, essendo stavolta la parte processuale più centrale nel racconto. Non mancherà l’approfondimento psicologico degli assassini di turno, che stavolta si sono macchiati “solo” di un duplice omicidio, che farà emergere un dramma a sfondo familiare tra interessi economici e indicibili abusi.

    3. Mindhunter (2017-2019)

    Dal regista e produttore David Fincher una serie thriller ambientata negli anni Settanta. Un viaggio all’origine del profiling criminale, a partire dall’analisi comportamentale degli assassini. Nel corso delle due stagioni di Mindhunter (2017-2019) compaiono le versioni fittizie di serial killer realmente esistenti, da Edmund Kemper a Charles Manson, passando per David Berkowitz, tristemente noto come “il figlio di Sam”. È una serie tecnicamente ben fatta, molto accurata nelle sue ricostruzioni. Consigliata agli appassionati di true crime, potrebbe risultare però “ostile” ai più per il suo ritmo (volutamente) lento, in cui l’azione viene sacrificata a favore dei personaggi raccontati. Oltretutto da segnalare che un episodio di Monster: La storia di Ed Gein (2025) presenta un omaggio alla serie di Fincher, di cui si spera che prima o poi verrà realizzata una terza stagione. 

    4. The Serpent (2021)

    The Serpent (2021) è una miniserie thriller in otto puntate, che ricostruisce la tragica figura di Charles Sobhraj, truffatore e serial killer francese senza scrupoli, noto come “il Serpente”. Tra il 1975 e il 1976 ha drogato, ucciso e derubato diversi turisti occidentali lungo la celebre “hippie trail” che toccava i paesi del sud-est asiatico. Avvalendosi della grande interpretazione di Tahar Rahim e soprattutto di un’ottima ricostruzione del periodo storico, è una serie altamente consigliata agli amanti del true crime, ma anche a chi è alla ricerca di un thriller dalle atmosfere esotiche, che si districa su diverse linee temporali. Se poi avete apprezzato la trilogia di Monster (2022-), The Serpent (2021) farà sicuramente al caso vostro.

    5. L’infermiera (2023)

    Quattro episodi tratti da un agghiacciante caso di cronaca che sconvolse la Danimarca. L’infermiera (2023) ripercorre la vicenda dell’infermiera Christina Aistrup Hansen, condannata prima all’ergastolo e infine a 12 anni di reclusione per tre omicidi di suoi pazienti e un quarto tentato ma non riuscito. Particolarmente consigliata a chi fosse interessato a conoscere questa storia sconvolgente, raccontata attraverso un thriller ospedaliero, sicuramente “non perfetto”, ma comunque in grado di lasciare un segno per la sua accuratezza negli spettatori.

    6. Per Elisa - Il caso Claps (2023)

    Basato sul libro Sangue sull’altare di Tobias Jones, i sei episodi di Per Elisa - Il caso Claps (2023) ricostruiscono la storia della ininterrotta battaglia di Gildo Claps e della sua famiglia per fare luce sulla scomparsa della sorella Elisa e per assicurare il suo assassino alla giustizia. La fiction diretta da Marco Pontecorvo offre una ricostruzione avvincente di uno dei casi più sconvolgenti della storia recente del nostro paese, che è stata apprezzata sin dalla sua uscita su Rai 1. Da non perdere se interessati ad approfondire la vicenda, ma adatta anche a chi è alla ricerca di una storia che elogi l’idea di lottare per la verità e la giustizia, focalizzandosi sui pericoli e ostacoli che battaglie di questo tipo possono comportare. Meno cruenta di Monster (2022-), più coinvolgente de L’infermiera (2023), si contraddistingue per essere una delle serie Rai più interessanti degli ultimi anni. 

  • Da ‘Munich’ a ‘Untamed’: i migliori film e serie TV con Eric Bana

    Da ‘Munich’ a ‘Untamed’: i migliori film e serie TV con Eric Bana

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Da ragazzino voleva fare il meccanico, poi il pilota di Formula 1. Ma è stato mentre lavorava come barista e lavapiatti in un albergo che ha scoperto la sua vocazione comica facendo imitazioni per intrattenere gli ospiti. Spinto a coltivare il suo talento, in una manciata di anni Eric Bana si è ritrovato con un programma tutto suo in televisione, diventando uno dei comici più celebri d'Australia. 

    Da lì il passo verso Hollywood è stato breve, merito di ruoli ben lontani dalla vena comica che ha contraddistinto il suo esordio, lavorando con registi del calibro di Ang Lee, Steven Spielberg, Joe Wright  e Guy Ritchie. Ora l'attore è tornato con un altro ruolo che sta riscuotendo parecchio successo sul piccolo schermo, quello dell'agente speciale del National Park Service Kyle Turner in una nuova miniserie thriller di Netflix.

    JustWatch ha stilato una lista dei migliori ruoli di Eric Bana da (ri)scoprire in streaming.

    1. Chopper (2000)

    Primo ruolo drammatico della carriera di Eric Bana – per il quale è dovuto ingrassare di 15 chili – Chopper è il thriller biografico diretto da Andrew Dominik basato sulle memorie dell'omonimo criminale australiano. Grazie a questa interpretazione, l'attore ha potuto dimostrare le sue versatili capacità interpretative dando vita alla complessa psiche del protagonista: un uomo profondamente violento, ma capace anche di momento di vulnerabilità. Inoltre la pellicola cerca di andare più a fondo nella psiche del suo personaggio, mostrandone i ragionamenti contorti e il senso dell'umorismo dark. Un debutto che ha permesso a Eric Bana di farsi notare, lasciando un segno per l'intensità della sua prova in un film provocatorio e audace.

    2. Black Hawk Down - Black Hawk abbattuto (2001)

    Trasposizione del saggio scritto nel 1999 da Mark Bowden, Black Hawk Down - Black Hawk abbattuto di Ridley Scott porta sul grande schermo la battaglia di Mogadiscio. Un film di guerra dal cast corale che vede protagonisti Josh Hartnett, Ewan McGregor, Orlando Bloom, Sam Shepard e lo stesso Bana. L'attore interpreta il sergente di prima classe Norm "Hoot" Hooten, un soldato delle forze speciali Delta. Un ruolo di supporto grazie al quale riesce a farsi notare per la capacità di comunicare attraverso poche parole, affidando tutto a sguardi e gesti. Il film è un'immersione nel caos e nell'orrore della guerra, caratterizzato da un regia frenetica che sottolinea la brutalità del conflitto grazie a sequenze action estremamente realistiche.

    3. La guerra di Troia  (2004)

    Altro titolo corale, La guerra di Troia è un kolossal epico che trae ispirazione dall'Iliade di Omero per raccontare la guerra di Troia e il mito di Achille. Quest'ultimo interpretato da Brad Pitt che, insieme a Eric Bana nei panni di Ettore, rappresentano i protagonisti assoluti della pellicola. Nonostante le libertà narrative prese, il film di Wolfgang Petersen ha convinto molti proprio grazie alla performance dell'attore australiano che regala al suo personaggio l'aurea dell'eroe: un guerriero dal forte senso del dovere che mantiene vivo un profilo umano capace di fargli mettere al primo posto il suo popolo. Un esempio di moralità che Eric Bana ha saputo abbracciare dando vita a una delle migliori interpretazioni della sua carriera.

    4. Munich (2005)

    Se dovessimo scegliere un solo film che rappresenti al meglio il talento di Eric Bana sarebbe senza ombra di dubbio Munich di Steven Spielberg. Basato sul romanzo Vendetta di George Jonas, il film vede l'attore vestire i panni di Avner Kaufman, un agente del Mossad incaricato di vendicare il massacro alle Olimpiadi estive di Monaco del 1972 in Europa. Quella dell'attore è un'interpretazione più che riuscita nel trasporre sullo schermo le sfumature del suo personaggio, dal senso di dovere al costo psicologico dato dalla missione che lo trascina in un vortice di uccisioni dal quale vorrebbe allontanarsi.

    5. L’altra donna del re (2008)

    Un dramma storico in piena regola con protagonisti Eric Bana, Natalie Portman e Scarlett Johansson, L'altra donna del re mette in scena la rivalità tra le sorelle Anna e Maria Bolena per l'amore e un posto sul trono accanto a quello del re Enrico VIII. Il film ci permette di spiare dal buco della serratura le dinamiche di potere e gli intrighi di corte nell'Inghilterra della dinastia Tudor, raccontando quanto erano costrette a subire le donne in un'epoca in cui il loro destino si basava sulla possibilità di mettere o meno al mondo un erede. Bana con la sua prova attoriale racconta di un monarca inizialmente affascinante che, man mano che la pellicola procede, lascia spazio a un uomo brutale ossessionato dall'avere un figlio maschio che possa portare avanti la sua casata.

    6. Un amore all’improvviso (2009)

    In Un amore all'improvviso Eric Bana si confronta con un dramma sentimentale attraversato da una vena fantasy nella trasposizione cinematografica del romanzo La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger. L'attore interpreta Henry DeTamble, un bibliotecario con la capacità di viaggiare nel tempo in modo incontrollabile a causa di una rara condizione genetica. Il film racconta il tentativo dell'uomo e di sua moglie Clare (Rachel McAdams) di costruire una vita insieme nonostante le frequenti separazioni involontarie dell'uomo. Una pellicola sulla forza dell'amore nonostante le avversità, nella quale Bana ha dato prova delle sue sfumature attoriali più vulnerabili e romantiche.

    7. Lone Survivor (2013)

    Un grande thriller di guerra diretto da Peter Berg che porta sul grande schermo l'omonimo romanzo autobiografico dell'ex Navy SEAL Marcus Luttrell, in missione in Afghanistan per l'operazione Red Wings, impegnata a fermare un gruppo di talebani. Una ricostruzione minuziosa e intensa che racconta la realtà cruenta dei combattimenti calando lo spettatore all'interno di un film dal forte impatto emotivo. Protagonista di Lone Survivor è un ottimo Mark Wahlberg attorniato da un cast corale che comprende anche Taylor Kitsch, Emile Hirsh e Ben Foster. Eric Bana interpreta il tenente comandante Erik S. Kristensen, chiamato a prendere decisioni complesse mentre i suoi uomini sono sul campo.

    8. Chi è senza peccato - The Dry (2020)

    In Chi è senza peccato - The Dry, adattamento del romanzo del best-seller di Jane Harper, Eric Bana interpreta Aaron Falk, un agente federale australiano che torna nella sua città natale per indagare su un omicidio-suicidio che coinvolge anche il suo migliore amico d'infanzia. Un thriller poliziesco accolto molto positivamente da pubblico e critica anche per l'ottima performance, misurata e introspettiva, offerta da Eric Bana che cattura il tormento interiore del suo personaggio perseguitato dal passato. Uno di quei film capaci di catturare lo spettatore coinvolgendolo nelle indagini alla ricerca del colpevole fin dalla prima sequenza, mantenendo alta la suspence.

    9. Untamed (2025)

    Ultimo titolo in ordine di tempo ad arricchire la filmografia di Eric Bana, Untamed è una miniserie thriller ambientata presso lo Yosemite National Park. L'attore presta il volto a Kyle Turner, un agente speciale del National Parks Service impegnato nelle indagini sulla morte di una giovane donna il cui corpo è stato ritrovato su una parete rocciosa. Ma il mistero della sua morte non è l'unico che caratterizza il racconto. Anche il passato del protagonista, tormentato da un dramma personale, alimenta un racconto che si svela lentamente e cattura per la sua capacità di svelare nuovi tasselli di un intricato puzzle senza fretta o colpi di scena sensazionalistici.

    Dove vedere in streaming i migliori ruoli di Eric Bana tra film e serie TV?

    Qui sotto trovate la lista completa di JustWatch che vi permette di scoprire dove vedere i migliori film e serie TV con Eric Bana sulle principali piattaforme. Non dimenticatevi di utilizzare i filtri e di costruire la vostra watchlist. Con quest'ultima funzione riceverete notifiche su cosa guardare in base alle vostre preferenze. Buona visione!

  • I migliori anime su Crunchyroll: 25 titoli imperdibili per ogni tipo di fan

    I migliori anime su Crunchyroll: 25 titoli imperdibili per ogni tipo di fan

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Se sei un vero appassionato di anime (o vuoi diventarlo), Crunchyroll è il tuo paradiso. La piattaforma è il punto di riferimento mondiale per l’animazione giapponese, con un catalogo sterminato che spazia dai grandi classici alle ultime uscite direttamente dal Giappone. 

    Shonen esplosivi, storie d’amore strappalacrime, thriller psicologici, fantasy epici, comedy scolastiche: su Crunchyroll c’è davvero tutto, e spesso arriva prima che altrove. Ma con così tanta scelta, da dove si comincia? In questo articolo ti consigliamo i 25 migliori anime da vedere su Crunchyroll in streaming. Prepara i sottotitoli (e i fazzoletti, in certi casi): ti aspetta un viaggio nel meglio dell’animazione nipponica!

    1. One Piece (1999 - in corso)

    La saga dei pirati più longeva e amata di sempre è disponibile su Crunchyroll in tutta la sua gloria. Con migliaia di episodi, One Piece racconta le avventure di Luffy e della sua ciurma alla ricerca del tesoro leggendario. Ma è molto più di una caccia al tesoro: è un inno alla libertà, all’amicizia, al sogno. Ogni isola è un mondo a sé e ogni personaggio ha una storia che resta nel cuore. Un classico senza tempo.

    2. Attack on Titan (2013 - 2023)

    Un’epopea colossale che ha segnato un’era. Attack on Titan parte da una premessa apparentemente semplice — l’umanità in lotta contro mostruosi giganti — ma si trasforma in un complesso dramma politico, filosofico ed esistenziale. Con un worldbuilding incredibile, personaggi moralmente ambigui e colpi di scena che cambiano tutto a ogni stagione, è una serie che tiene incollati fino all’ultimo. Disponibile nella sua interezza su Crunchyroll: un binge che non si dimentica.

    3. My Hero Academia (2016 – in corso)

    In un mondo dove quasi tutti hanno superpoteri, Izuku Midoriya nasce senza alcuna abilità… ma con il cuore di un eroe e questo, il suo mito All Might, lo nota subito. My Hero Academia è uno shonen emozionante, ricco di combattimenti dinamici, crescita personale e momenti toccanti e inaspettati. Ogni personaggio, anche secondario, ha una storia e un’evoluzione ben costruite. Neanche i villain vengono lasciati indietro, regalandoci alcune delle backstory più complesse e profonde di sempre. L’estetica da fumetto americano si fonde con il pathos giapponese, rendendolo unico. Tra le saghe scolastiche e i combattimenti epici, è diventato una pietra miliare del genere. Aspettiamo tutti l’ultima stagione con il cuore in gola!

    4. Naruto (2002 – 2017)

    Il ninja più famoso del mondo anime. Naruto racconta la storia di un ragazzo orfano ed emarginato che sogna di diventare Hokage, il leader del suo villaggio. Con oltre 700 episodi tra la serie classica e Shippuden, è un viaggio di formazione ricco di scontri epici, legami intensi, dolori e redenzioni. È uno degli anime che ha segnato l’infanzia di milioni di spettatori ed è ancora oggi tra i più seguiti e amati. Una vera icona.

    5. Jujutsu Kaisen (2020 – in corso)

    Uno degli shonen più potenti degli ultimi anni. Jujutsu Kaisen è dark, adrenalinico e stilisticamente impeccabile. Seguiamo Yuji Itadori, adolescente che ingoia un dito maledetto e diventa il recipiente di un potente demone. Combattimenti fluidissimi, antagonisti memorabili e una regia visiva di livello altissimo rendono ogni episodio un’esperienza cinematografica. Gojo Satoru è già leggenda!

    6. Demon Slayer – Kimetsu no Yaiba (2019 – in corso)

    Pochi anime hanno avuto un impatto visivo come Demon Slayer. La storia segue Tanjiro, un giovane che combatte per salvare la sorella Nezuko, trasformata in demone. L’animazione firmata Ufotable è da applausi e ogni battaglia sembra una danza. L’intensità emotiva si fonde con l’estetica tradizionale giapponese, creando un’opera potente, bella e toccante.

    7. Solo Leveling (2024 – in corso)

    Tratto dal celebre webtoon coreano, Solo Leveling segue Sung Jin-Woo, il cacciatore più debole di tutti, che scopre di potersi “livellare” come un personaggio di un videogioco. Il suo potere cresce, ma anche le responsabilità. L’anime è un’esplosione di animazione, potenziamenti e battaglie sempre più epiche. Per chi ama i power-up infiniti e le atmosfere dark fantasy, è un must.

    8. Dan Da Dan (2024 – in corso)

    L’anime rivelazione degli ultimi anni! Un mix esplosivo di horror, alieni, yokai e romanticismo strampalato. Dan Da Dan segue due adolescenti coinvolti in eventi paranormali sempre più assurdi. L’anime è visivamente sorprendente, con una regia frenetica e brillante, e uno stile che mescola comicità e tensione. È il titolo più folle e creativo del momento, destinato a diventare un cult.

    9. I diari della speziale (The Apothecary Diaries) (2023 – in corso)

    Nel cuore del palazzo imperiale cinese, Mao Mao, giovane esperta di erboristeria, risolve misteri di corte con intelligenza e sarcasmo. I diari della speziale è un anime raffinato e intrigante, con atmosfere storiche e un tocco di crime. La protagonista è carismatica e anticonvenzionale, e la serie affascina per ritmo, estetica e finezza narrativa, ma con un contraltare maschile non certo da meno. La seconda stagione si è conclusa da poco e noi ci sentiamo già orfani di Mao Mao e Jinshi!

    10. Frieren – Oltre la fine del viaggio (2023 – in corso)

    E se la vera avventura cominciasse dopo la fine della missione? Frieren racconta la storia di una maga elfica che, dopo aver salvato il mondo, deve affrontare la solitudine del tempo e dei ricordi. È un anime delicato, malinconico e filosofico, che parla di perdita, memoria e umanità. Un piccolo gioiello per anime sensibili.

    11. Chainsaw Man (2022 – in corso)

    Denji, un ragazzo disperato con un debito da saldare, si fonde con il suo diavolo-motosega e diventa un’arma vivente. Chainsaw Man è cinico, crudo, e sorprendentemente umano. Ogni episodio è una corsa tra sangue, satira e solitudine. MAPPA confeziona un prodotto visivamente mozzafiato con una sigla diversa a ogni puntata. Geniale! La storia andrà avanti questo 31 Ottobre con il film!

    12. Kaiju No. 8 (2024 – in corso)

    Kafka Hibino è un uomo comune che si trasforma in kaiju, i mostri che dovrebbero essere combattuti dagli eroi. Kaiju No. 8 ribalta la narrativa classica del genere monster e offre combattimenti ad alta tensione, una forte componente emotiva e uno stile grafico accattivante. È l’anime perfetto per i fan del genere sci-fi e azione.

    13. Mob Psycho 100 (2016 – 2022)

    Shigeo, detto Mob, ha poteri psichici devastanti ma è il ragazzo più gentile e anonimo della scuola. Mob Psycho 100mescola azione, introspezione e assurdità in uno stile visivo unico e sperimentale. È un coming-of-age profondo mascherato da shonen sopra le righe. Finale perfetto, lacrime assicurate.

    14. Dr. Stone (2019 – in corso)

    La scienza salverà il mondo? Dopo che l’umanità si è pietrificata per millenni, il geniale Senku si risveglia e inizia a ricostruire la civiltà usando solo conoscenza e ingegno. Dr. Stone è un anime educativo e avvincente, che riesce a rendere la chimica… divertente. Sì, davvero.

    15. Black Clover (2017 – in corso)

    Asta nasce senza magia in un mondo dove tutti ne hanno. Ma non si arrende. Black Clover è uno shonen classico ma energico, con una crescita costante di tensione, potere e coinvolgimento. Tra rivalità, determinazione e magie devastanti, è la serie perfetta per chi ama i power fantasy puri.

    Altri 10 anime da vedere su Crunchyroll in streaming:

    16. Wind Breaker (2024 – in corso)

    Combattimenti scolastici con stile e valori da strada.

    17. Vinland Saga (2019 – 2023)

    Dramma storico e vichinghi: crudo, maturo e intenso.

    18. Spy x Family (2022 – in corso)

    Famiglia fake, spionaggio vero: irresistibile.

    19. My Dress-Up Darling (2022 – in corso)

    Cosplay, dolcezza e una storia d’amore fuori dagli schemi.

    20. Horimiya (2021 – 2023)

    Romanticismo realistico e relazioni genuine tra adolescenti.

    21. The Ancient Magus' Bride (2017 – in corso)

    Fiaba dark sull’identità e l’accettazione.

    22. Noragami (2014 – 2015)

    Dei dimenticati, spiriti e ironia malinconica.

    23. The Rising of the Shield Hero (2019 – in corso)

    Un isekai più cupo e drammatico del solito.

    24. Mashle: Magic and Muscles (2023 – in corso)

    Harry Potter incontra One Punch Man: demenziale e divertente.

    25. Toilet-Bound Hanako-kun (2020 – in corso)

    Commedia sovrannaturale con uno stile visivo originale.

    Dove guardare i migliori anime di Crunchyroll in streaming: 

    Tutto ciò che adesso vi resta da fare è mettervi comodi, snack e bibita alla mano, telecomando e abbonamento pronto! E se aveste ancora dei dubbi, ecco l’elenco completo su dove guardare i 25 migliori anime su Crunchyroll in streaming:

  • I 10 peggiori cambiamenti nei remake live-action Disney

    I 10 peggiori cambiamenti nei remake live-action Disney

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Negli ultimi anni, Disney ha trasformato i suoi classici animati in remake live-action sempre più spettacolari. Il problema? Non sempre “più spettacolari” significa “più riusciti”. Inseguendo realismo, attualità e qualche effetto speciale in più, molti di questi film hanno perso l’anima delle fiabe originali, talvolta dimenticandosi della magia che aveva fatto innamorare generazioni di spettatori

    Certamente alcuni cambiamenti sono comprensibili: aggiornare temi problematici, dare più spazio a personaggi femminili, rappresentare meglio la diversità. Ma altri sembrano usciti da un universo parallelo dove la musica è messa in secondo piano, i villains devono avere traumi da raccontare e gli animali sembrano presi da un documentario. Ecco quindi una guida ai peggiori cambiamenti nei remake Disney, elencati in ordine di uscita.

    1. Maleficent (2014)

    Ne La Bella Addormentata (1959), Flora, Fauna e Serenella erano le vere "madrine” della principessa: protettive, affettuose, sagge. In Maleficent diventano Giuggiola, Fiorina e Verdelia, tre fate che sembrano uscite da una sit-com, impegnate più a bisticciare tra loro che a prendersi cura di Aurora. La loro inutilità è tale che a un certo punto è la stessa Malefica (Angelina Jolie) a prendersi cura della bambina. Un paradosso che può funzionare a livello narrativo, ma più che a uno spin-off qui sembra di trovarsi davanti a una seduta di psicanalisi. I villains delle fiabe sono affascinanti proprio per la loro malvagità, non devono per forza avere dei traumi da spiegarci.

    2. Cenerentola (2015)

    Il live action di Cenerentola è elegante, visivamente curato, con costumi da Oscar, un cast che include Cate Blanchett e Helena Bonham Carter. Ma qualcosa manca. O meglio, mancano le canzoni, e basti pensare che Bibbidi-Bobbidi-Boo è relegata all’incirca ai titoli di coda. Nella versione originale la musica era parte integrante della magia, mentre qui è messa da parte a favore di una trama “più realistica” – per quanto possa essere realistica una zucca trasformata in carrozza.

    3. Il Libro della Giungla (2016)

    Anche nel live-action de Il Libro della Giungla siamo davanti allo stesso problema, le atmosfere e le musiche originali sono messe da parte per inseguire non si sa bene che cosa. A farne le spese questa volta è Re Luigi, uno dei personaggi più amati dell'intero catalogo Disney. Via il jazz, via lo swing, via una delle scene più divertenti del cartone, al loro posto un minuto scarso in cui Voglio Essere Come Te è appena accennata. E ancora, un grande problema comune a tutti i live-action, su tutti Il Re Leone (2019): cercare di “rinnovare” gli animali parlanti Disney dandogli fattezze da documentario. Diciamo che non è stata proprio una scelta vincente.

    4. La bella e la bestia (2017)

    La rosa incantata ovviamente c’è, così come lo specchio magico, ma nel remake de La bella e la bestia di magico c’è anche un libro, di cui nessuno sentiva il bisogno. Un oggetto dalle potenzialità infinite, che può trasportare ovunque si voglia, ma che Belle usa solo per tornare alla sua casa di Parigi e scoprire della morte per peste della madre. E poi? Niente. Usare il potere del libro per fuggire dal castello in cui è imprigionata? No. Usarlo per salvare il padre che rischia di essere rinchiuso in manicomio? Figurarsi! Un’aggiunta tanto per aggiungere che, a conti fatti, non aggiunge nulla.

    5. Aladdin (2019)

    Nell’Aladdin (1992) originale, il Genio voleva solo una cosa: essere libero. Ed era perfetto così, lontano dalle vicende, dalle trame e dai desideri umani, amore compreso. In Aladinn versione remake non solo viene “umanizzato”, ma finisce pure per sposarsi. Una sottotrama in cui viene coinvolta la new entry Dalia (damigella di Jasmine), che non aggiunge nulla al racconto principale, se non qualche gag del tutto trascurabile. Insomma, nell’epoca in cui il remake serve anche a dare maggior empowerment a principesse per cui il matrimonio era il vero lieto fine, proprio al Genio (il personaggio più empowered di tutti) tocca sposarsi. Ci mancava solo Jafar come testimone.

    6. Dumbo (2019)

    Insieme ai primi minuti al cardiopalma di Bambi (1942), questa era una delle scene più toccanti nell’universo Disney, se non nell’intera storia del cinema d’animazione. Nella versione originale, la canzone Bimbo Mio viene cantata dalla madre di Dumbo, mentre culla il proprio piccolo incatenata in gabbia. Qui il brano è cantato da un personaggio secondario, una performer del circo, e la tenerezza che aveva strappato il cuore a milioni di spettatori rimane depotenziata. Salvataggio in corner per il riarrangiamento del brano, la cover realizzata dagli Arcade Fire e cantata da Elisa nella versione italiana. Ma la musica, purtroppo, non è l’unica eresia di questo remake…

    6. Dumbo (2019) (parte due)

    Gli elefanti rosa. Dove sono gli elefanti rosa? Quella che era la scena più spettacolare e psichedelica del film originale qui scompare, puf, come fosse una bolla di sapone. Al suo posto viene adottato l’escamotage “realistico”. Certo, ci si aspettava un riadattamento rispetto al trip alcolico del Dumbo del 1941 – rimane comunque un bambino, seppur di un quintale – ma il regista di questo remake era comunque Tim Burton, e da lui ci si aspettava decisamente molto di più. Vale comunque la pena guardarlo, ma considerando il regista, non possiamo che dire: un’occasione mancata.

    7. Mulan (2020)

    Qualcuno alla Disney deve avere un problema con la musica dato che, anche in questo caso, le canzoni sono praticamente state eliminate da un film che proprio nella colonna sonora aveva una delle sue parti più interessanti. Ma sorvoliamo, perché qui l’impatto visivo e l’escamotage narrativo sono da applausi, tra il wuxia e il war-movie, ma in chiave Disney.  Però, c’è un però, un enorme però. Dal live-action Mulan è stato eliminato l’anima del film originale, lo spirito guida Mushu, essenza non solo delle gag con la protagonista, ma di tutta la trama. E in cambio? Xianniang, una strega che combatte al fianco dell’esercito rivale e che rappresenta il lato oscuro di Mulan. Poi si redime, si sacrifica, dopo una sottotrama che appesantisce il tutto. Se ne poteva fare a meno? Forse sì.

    8. La Sirenetta (2023)

    No, il problema qui non è l'inclusività, anzi, il polverone razzista scatenatosi dopo l’annuncio di Halle Bailey nei panni di Ariel ne La Sirenetta lo lasciamo ad altri. Il problema è tutto il resto. Del magico mondo “in fondo al mar” de La Sirenetta (1989) in questo remake non c’è traccia: Flounder sembra preso dal banco pescheria del supermercato, Sebastian uscito da un film horror e Scuttle… la solita questione, non si possono ritrarre gli animali realisticamente per poi farli parlare, o l’uno o l’altro. L’incanto e la magia anche qui vengono "sacrificati" per un realismo impossibile da realizzare veramente, perchè non dimentichiamoci che si tratta pur sempre di fiabe.

    9. Biancaneve (2025)

    Come sopra, le polemiche degradanti seguite all’annuncio dell’attrice protagonista non ci interessano. Aggiornare il mondo Disney, includendo persone prima mai rappresentate è una scelta più che condivisibile, anzi, apprezzabile. Ma le controversie, in questo caso, non si limitavano alla nuova Biancaneve, ma ai suoi “coinquilini”: Brontolo, Pisolo, Mammolo ecc. Per evitare gli stereotipi e non offendere nessuno, questo remake si arrampica sugli specchi, proponendo personaggi generati in CGI che finiscono col risultare piatti, inquietanti e totalmente privi del tanto ambìto realismo. Insomma, pur di non pestare i piedi a nessuno, qui Disney si è data la zappa sui piedi. Speriamo che abbiano imparato almeno una lezione, da ripetere a memoria: “Fare i remake in live-action NON È OBBLIGATORIO!”.

    10. Lilo & Stitch (2025)

    Partiamo dalle buone notizie, Stitch è ancora al suo posto, adorabile come lo ricordavamo, anche in versione CGI – pericolo “sette nani” scampato, almeno per questa volta. Purtroppo però, le buone notizie finiscono qui perchè il nuovo Lilo & Stitch sembra aver perso per strada l’ironia e l’anima della versione originale. Per chi ha amato il cartone del 2002 la delusione più grande sono Jumba e Pleakley, qui totalmente privati della loro comicità, quasi sempre in versione “umana”, senza i travestimenti surreali della versione animata. Lo stesso vale per Cobra Bubbles, che per il remake ha appeso al chiodo la doppia identità assistente sociale/ agente segreto per dedicarsi full-time alla CIA. Il risultato? La tenerezza dei due protagonisti rimane la stessa, ma la verve dell’originale è un ricordo lontano anni luce.

    Dove vedere in streaming i remake Disney?

    Qui sotto trovate la lista completa dei remake Disney citati nell’articolo, così potete recuperarli – o riguardarli con spirito critico – sulle principali piattaforme di streaming. Che vi emozionino le principesse, o che siate più incuriositi dalle follie degli sceneggiatori, è il momento di mettervi comodi e tornare nel mondo magico dei live-action firmati Disney. Anche in quelli in cui la magia zoppica un po’.

  • I film di Paolo Sorrentino con Toni Servillo e dove guardarli in streaming

    I film di Paolo Sorrentino con Toni Servillo e dove guardarli in streaming

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    La grazia di Paolo Sorrentino è il film d’apertura della 82° Mostra del Cinema di Venezia. Pochi giorni fa l’annuncio che l’attesissima nuova opera del regista partenopeo sarà infatti presentata in anteprima mondiale al Lido il prossimo 27 agosto, inaugurando così la celebre kermesse, in programma fino al 6 settembre. Pochi dettagli sulla trama del film in concorso, se non che si tratterà di “una storia d’amore ambientata da qualche parte in Italia”. 

    Protagonista del film Toni Servillo. Si tratta della settima collaborazione tra il regista di Parthenope e l’attore. Entrambi napoletani, il loro è un sodalizio artistico che ha dato vita a una delle coppie più significative del cinema italiano. Un legame decisamente fortunato, considerato che La grande bellezza ha vinto l’Oscar come miglior film internazionale. Ripercorriamo i titoli realizzati insieme. 

    1. L’uomo in più (2001)

    L’uomo in più è l’opera prima di Paolo Sorrentino. Le vite parallele di due uomini, chiamati Antonio Pisapia. Uno è un calciatore, l’altro è un cantante. Oltre che dal nome, entrambi sono accomunati da un triste destino, che dall’apice del successo li farà sprofondare negli abissi. Servillo interpreta il cantante “Tony”, per un solido esordio del regista con un film che riflette sulle turbolenze e sull’imprevedibilità della vita stessa.

    2. Le conseguenze dell’amore (2004)

    Servillo è Titta Di Girolamo in Le conseguenze dell’amore, un uomo solitario che vive da otto anni in una camera di albergo di un’anonima cittadina in Svizzera. Ha un segreto inconfessabile. Forse più di uno… È il film che ha portato Sorrentino alla ribalta, e sicuramente il merito è anche del lavoro dell’attore protagonista, in grado di comunicare molto attraverso il solo sguardo. Un film che è dunque la prima conferma di un sodalizio artistico di successo. 

    3. Il Divo (2008)

    Giulio Andreotti secondo Paolo Sorrentino. Il Divo è un ritratto enigmatico come la figura che racconta. Non un biopic classico, ma un’indagine sul potere, a tratti grottesca, in cui spicca la magistrale interpretazione di Servillo. Quarto film del regista, è stato presentato in concorso al Festival del Cinema di Cannes, aggiudicandosi il premio della giuria, ottenendo grande successo di pubblico e critica.

    4. La grande bellezza (2013)

    “Io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire”. Questa frase è pronunciata dal protagonista de La grande bellezza (2013), Jep Gambardella interpretato da Servillo, giornalista e scrittore alle prese con la mondanità romana. È il film che ha fatto vincere l’Oscar al regista nella categoria di “Miglior film in lingua straniera”. Una sceneggiatura, firmata dallo stesso Sorrentino con Umberto Contarello, che guarda al glorioso passato del cinema italiano, si pensi a La dolce vita di Federico Fellini, ambientando la vicenda nella “grande bellezza” monumentale e decadente della Capitale.

    5. Loro (2018)

    Sorrentino e Servillo tornano alla politica, portando Silvio Berlusconi sul grande schermo. Diviso in Loro – parte 1 e Loro – parte 2, usciti in sala a poca distanza l’uno dall’altro, offre un ritratto (caricaturale) dell’ex Presidente del Consiglio e della sua “corte”. A oggi, non è disponibile su alcuna piattaforma streaming, così come nessuna televisione l’ha trasmesso. Una situazione che ha suscitato diverse polemiche, facendo parlare di censura.  

    6. È stata la mano di Dio (2021)

    È stata la mano di Dio è una commovente autobiografia del regista. Toni Servillo interpreta Saverio Schisa, il padre del protagonista Fabietto, l’alter ego cinematografico di Sorrentino. Presentato in anteprima mondiale alla 78° Mostra del Cinema di Venezia, la pellicola ha vinto il Gran Premio della Giuria, e successivamente era riuscita a entrare nella cinquina finale per l’Oscar per il miglior film straniero. 

    7. La grazia (2025)

    Una storia d’amore ambientata da qualche parte in Italia. È quel poco che si sa dell’attesissimo film di Paolo Sorrentino, girato tra Roma e Torino. Al fianco di Toni Servillo l’attrice Anna Ferzetti. “Del mio prossimo film La grazia l'unica cosa che vorrei dire è che con Toni Servillo da una ventina d'anni vogliamo fare un film d'amore, come quelli di Truffaut. Ma non vorrei passare da Fellini a Truffaut in un colpo solo. I detrattori comunque dovranno impegnarsi di più” – aveva raccontato il regista all’ANSA, aggiungendo di aver trovato una chiave per declinare la comune idea di amore. 

    Dove guardare in streaming i film di Paolo Sorrentino con Toni Servillo

    Ecco dove è possibile guardare, noleggiare e acquistare tutti i film di Paolo Sorrentino con Toni Servillo. Per quanto riguarda Loro (2018), da considerare diviso in due film o in un unico montaggio, al momento non è disponibile in streaming nel nostro Paese. La grazia (2025) uscirà nelle sale cinematografiche (probabilmente) il prossimo autunno, distribuito da Piper Film. La lista viene aggiornata in tempo reale, mettendo sempre a disposizione degli utenti le ultime informazioni e i cambiamenti sulle opzioni di streaming.

  • Dove vedere in streaming la serie TV e tutti i film de 'I Soliti Idioti'

    Dove vedere in streaming la serie TV e tutti i film de 'I Soliti Idioti'

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    “Gianlucaaaaaa!”. C'è chi lo ha letto con la voce di Ruggero De Ceglie e c’è chi mente. Esponente della Roma benestante, volgarissimo, irascibile e con l'ossessione di insegnare la vita al mite e sensibile figlio ormai adulto ma trattato come un ragazzino.

    Sono due dei personaggi più iconici creati da Francesco Mandelli e Fabrizio Biggio, insieme a Enrico Lando e Martino Ferro, per I Soliti Idioti. Una serie TV diventata un fenomeno culturale in Italia tra la fine degli anni 2000 e l'inizio del 2010.

    Ispirata all'inglese Little Britain (2003-2006) e omaggio alla commedia all'italiana, la serie ha raccontato con un taglio politicamente scorretto la quotidianità del Paese sottolineandone gli stereotipi, i tic e i paradossi attraverso vari sketch e personaggi. 

    JustWatch vi porta alla scoperta della serie TV e di tutti i film de I Soliti Idioti (2009) da poter (ri)vedere in ordine in streaming sulle principali piattaforme.

    1. I Soliti Idioti (2009-2012)

    Quando I Soliti Idioti (2009) ha esordito sul piccolo schermo, ci è voluto pochissimo prima che alcune delle battute ricorrenti pronunciate dai personaggi diventassero parte del vocabolario collettivo. Segnale della forza degli sketch surreali e grotteschi interpretati dal duo comico composto da Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli. Dagli (im)moralisti Marialuce e Giampietro all'impiegata Gisella passando per Ruggero e Gianluca, il nichilista Pompeo Avvighini e gli zarri della Barona milanese Patrick e Alexio, la serie è una fotografia del nostro Paese, tra lavoratori precari, raccomandazioni e temi complessi come l'eutanasia e la prostituzione. Il tutto raccontato con un tono portato all'eccesso.

    2. I Soliti Idioti – Il film (2011)

    I Soliti Idioti – Il film segna il passaggio sul grande schermo del fenomeno portato in televisione da Biggio e Mandelli. Un film che ha tentato di replicare la formula vincente della serie, mostrando però anche i suoi limiti a confronto con un medium diverso. Questa volta il racconto è meno episodico vedendo al centro della storia il tentativo di Ruggero di impedire le nozze per amore del figlio Gianluca. Un affronto per un donnaiolo incallito come lui. Non mancano però altri personaggi storici della serie come Fabio & Fabio e Gisella e Sebastiano che permettono di affrontare tematiche come l'omosessualità o prendersi gioco del razzismo di certa borghesia.

    3. I 2 Soliti Idioti (2012)

    Seconda incursione cinematografica per Biggio e Mandelli che con I 2 Soliti Idioti si concentrano esclusivamente su Ruggero e Gianluca alle prese con una banda di russi in cerca di vendetta e una crisi imprenditoriale. Ma il risultato delude. Nonostante il tentativo di costruire una struttura filmica slegata dal concetto di sketch televisivo, la pellicola è un accumulo di volgarità e gag demenziali che poco ha a che fare con la satira sociale.

    4. I Soliti Idioti 3 – Il ritorno (2024)

    Dopo oltre 10 anni dal secondo capitolo, Biggio e Mandelli tornano al cinema con I Soliti Idioti 3 – Il ritorno. Questa volta il duo comico riprende la formula episodica mettendo in scena un nutrito numero di personaggi storici. La volontà è quella di raccontare l'Italia contemporanea tra crisi climatica, case ecosostenibili, intelligenza artificiale, fluidità e bisogno di essere accettati. Se la scrittura è più attenta nel raccontare il presente, è anche però vero che la struttura è troppo esile per reggere il peso di un film.

    Dove vedere in streaming tutti i film e la serie TV de I Soliti Idioti?

    Qui sotto trovate la lista completa di JustWatch che vi permette di scoprire dove vedere la serie TV e tutti i film de I Soliti Idioti (2009) in ordine sulle principali piattaforme. Non dimenticatevi di utilizzare i filtri e di costruire la vostra watchlist. Con quest'ultima funzione riceverete notifiche su cosa guardare in base alle vostre preferenze. Buona visione!

  • “Star Wars”: La classifica di tutti i film e le serie TV Anthology

    “Star Wars”: La classifica di tutti i film e le serie TV Anthology

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Per decenni Star Wars è stata “semplicemente” una trilogia. Tre film, entrati immediatamente nella leggenda, tra Jedi, cacciatori di taglie e contrabbandieri intergalattici. Poi sono arrivati i prequel, alcuni criticati (ricordate La minaccia fantasma (1999)?) altri amatissimi, anche dai fan più intransigenti della saga di George Lucas, su tutti La vendetta dei Sith (2005). Ma è quando Disney ha acquistato la Lucasfilm che nell’universo di Star Wars è esploso un vero Big Bang: nuove saghe, nuove serie, nuovi personaggi, nuove timeline.

    Accanto ai capitoli principali, è nata un vera e propria “Anthology”, composta dagli spin-off e dalle serie ambientate ai margini della storia degli Skywalker. Alcuni di questi progetti hanno sorpreso tutti, diventando piccoli cult. Altri… un po’ meno. Qui li ordiniamo in una nostra personale classifica, dal più dimenticabile al più riuscito. Per vederli o rivederli tutti basta andare su Disney +.

    9. The Book of Boba Fett (2021)

    Boba Fett torna vivo e vegeto dopo la sua caduta nel Sarlacc, ma il mistero che lo circondava svanisce in fretta. La serie prova a raccontare della sua ascesa come boss criminale di Tatooine, peccato perda presto il filo e il risultato è confuso. Alcuni momenti funzionano (alcune inquadrature “western” sono mozzafiato) ma molti episodi sembrano più uno spin-off di The Mandalorian che un racconto su Boba. 

    Le entrate in scena di Din Djarin, Grogu, Ahsoka Tano, addirittura Luke Skywalker o Cad Bane in live action, fan sembrare The Book of Boba Fett più una sfilata dell’universo creato da George Lucas che una serie incentrata su quello che dovrebbe essere il protagonista, messo palesemente in secondo piano. 

    Anche la scelta del protagonista, Temuera Morrison, non convince del tutto, dato che qui il ritratto di Boba rimane sbiadito e superficiale, lontanissimo da quello spessore o quella complessità del Din Djarin di Pedro Pascal. È un titolo pensato per i fan hardcore dell’universo Star Wars, ma rischia di disorientare chi sperava in un racconto su Boba. Visivamente è ben curata ma narrativamente sfilacciata, dà l’impressione di un’occasione mancata. Se state recuperando il filone mandaloriano in ordine, vale una visione, ma giusto per completezza.

    8. The Acolyte (2024)

    Prima serie ambientata nell’era dell’Alta Repubblica, The Acolyte ha provato a mescolare il lato più mistico dell’Ordine Jedi con lo stile dei film d’arti marziali, e la trovata è effettivamente interessante. Qualche personaggio dal buon potenziale, il villain Qimir, il misterioso Darth Plagueis, la protagonista Osha/Mae divisa tra luce e ombra (buona la prova di Amandla Senberg). Ma per quanto le premesse fossero discrete, il risultato è un “già visto” con la trama che procede in modo prevedibile, talvolta forzato. (Spoiler in arrivo!) La stessa idea delle gemelle divise tra i due lati della forza su cui si sviluppa tutto il racconto è abbastanza scontata, e non affonda mai realmente. È una proposta che può intrigare chi vuole esplorare il volto più “spirituale” degli Jedi oltre gli Skywalker, meno convincente per chi cerca una storia veramente avvincente e ricca di colpi di scena. Nel complesso è godibile, ma non stupisce mai davvero.

    7. Solo: A Star Wars Story (2018)

    Anche qui uno dei personaggi più iconici della saga, anche qui un’occasione sprecata. Solo: A Star Wars Story è il prequel dedicato al giovane Han, con un Alden Ehrenreich che ci mette tutto l’impegno del mondo, ma dare un volto nuovo a un personaggio plasmato da Harrison Ford è un’impresa impossibile, per chiunque. 

    Il film ha avuto una produzione tormentata (con cambio di regia in corsa) e si vede: il ritmo è incostante e molte scelte sembrano costruite a tavolino per spuntare tutte le caselle del "mito" di Han. Funzionano, invece, i richiami alla saga degli anni ‘70 – il primo incontro con Chewbacca, l’amicizia con Lando (interpretato da un fantastico Donald Glover) e l’origin story del Millennium Falcon – dettagli preziosi per i fan più radicali. 

    Il tono da bromance spaziale tra i protagonisti regala al film una sfumatura in più, perfetta per chi cerca un’avventura leggera, senza troppa mitologia. Tuttavia, rispetto ad altri titoli dell’antologia, Solo fatica a trovare un’identità forte e resta un esperimento isolato, non certo un capitolo indispensabile.

    6. Obi-Wan Kenobi (2022)

    Qui l’hype era fortissimo, un titolo tra i più attesi dagli appassionati della saga, tanto che l’arrivo della mini serie Obi-Wan Kenobi era stata accolta con un’ovazione e con aspettative molto alte. Anche solo per il ritorno di Ewan McGregor nei panni del Maestro Jedi per eccellenza. 

    Tuttavia è proprio con questo spin-off che (almeno a parere di chi scrive) esce fuori uno dei punti deboli più evidenti dell’era Disney. Come già visto con Solo, anche in Obi-Wan il protagonista sembra costruito appositamente per piacere ai fan, soprattutto ai puristi dato che la storia si colloca tra La vendetta dei Sith e Una nuova speranza (1977). Anche in questo caso l’idea era ottima: indagare il dilemma morale del maestro, distrutto dal fallimento con Anakin (fresco di passaggio al lato oscuro), con tanto di Spada Laser appesa al chiodo, eppure… appesa al chiodo rimane anche l’idea. 

    La trama è sì molto intrigante, ma lo sviluppo è fiacco, i tempi dilatati, quasi che dopo aver avuto un’ottima intuizione per la sceneggiatura la si sia abbandonata. Non aggiunge nulla di davvero significativo alla saga, tuttavia è una serie che merita di essere guardata, sia per l’importanza nella timeline Skywalker, sia per il duello finale tra il Maestro e l’ex allievo, non più Anakin ma “esordiente” Darth Vader. I fili tra l’Episodio III e IV sono tessuti molto bene, i richiami al mondo Lucas sono affascinanti, consigliata ai veri fan di Star Wars. 

    5. Ahsoka (2023)

    Spin-off di The Mandalorian e ideale seguito di Rebels (2014), la serie porta in live-action alcune tra le figure più amate dei lavori animati, ma questa volta senza i contraccolpi ormai tipici di casa Disney quando si parla di live-action. Come per The Acolyte, anche in Ahsoka il lato oscuro è il vero protagonista della trama, ma questa volta si va più a fondo e il vissuto della protagonista è ritratto con più decisione. Tuttavia, come per Obi Wan, anche questa serie non riesce a sviluppare le grandi premesse da cui era partita.

    Partendo proprio dal cast, che mette in scena tre protagoniste femminili. Una scelta che avrebbe potuto dare finalmente un nuovo twist a una saga quasi totalmente al maschile – eccezion fatta per l’icona Leia (Carrie Fisher) e Rey (Daisy Ridley), co-protagonista dell’ultima trilogia in ordine di uscita (Episodi VII, VIII e IX). “Avrebbe potuto”, appunto, ma non lo fa mai davvero, e togliendo i flashback della protagonista, l’unica a essere davvero indagata, Hera rimane un personaggio sospeso senza una vera giustificazione nella trama; un po’ meglio Sabine, anche se più prevedibile, ma il suo rapporto allieva-maestra con Ahsoka indebolisce il fascino della protagonista. Le atmosfere oscure della serie aiutano nello sviluppo dei villains, soprattutto Bailan, meno Shin Hati – anche lei sospesa nel suo potenziale, mai davvero sfruttato appieno.

    La trama procede lenta, si incentra sul trauma che ha segnato la protagonista, gran parte del racconto è affidato ai dialoghi, ma l’azione purtroppo ne esce un po’ malconcia. A salvare il ritmo, però, ci pensa il duello finale, che regala il vero colpo di scena della serie, con un ritorno a sorpresa che i veri fan non potranno non amare. Menzione d’onore alla Spada Laser di  Ahsoka, la più cool della saga insieme a quella brandita da Darth Maul. Consigliata per chi vuole scoprire un volto nuovo di uno dei personaggi più amati delle serie animate, meno per chi da Star Wars cerca battaglie interstellari e storie incalzanti.

    4. Skeleton Crew (2024)

    Il più disneyano tra gli spin-off, che Skeleton Crew sia stato una “sorpresa” su questo non ci piove. Un po’ Goonies (1985), un pizzico di Stranger Things (2016-), un Jude Law in forma strepitosa (fuoriclasse assoluto, si prende la serie sulle spalle). Tuttavia è giusto fare una precisazione: questo è un ottimo titolo per entrare nella Galassia di Star Wars, ma decisamente meno adatto per chi in quella Galassia ci naviga già. Il ritmo c’è ed è adatto al formato serie, al contrario dei titoli sopracitati, interessante anche la trovata di un Guerre Stellari dei piccoli, ottima sia per il marketing che per dare una sfumatura inedita al franchise. 

    Farà invece storcere il naso ai fan di vecchia data: niente lati oscuri, niente Morte Nera, nessun vero villain, almeno non a livello di Vader o dell’Imperatore – ma nemmeno di Jabba the Hutt. Consigliatissima, invece, a un pubblico famigliare, target dichiarato di Skeleton Crew. Una serie leggera, facile da guardare, dal tono azzeccato e in linea con le premesse, perfetta se volete contagiare i vostri figli con la Star Wars mania. Trascurabile, invece, dai puristi più hardcore: vedere la vostra saga cult così tanto disneyzzata potrebbe essere un duro colpo.

    3. Rogue One: A Star Wars Story (2016)

    Finalmente sul podio, da qui in poi il gap tra il gruppo di testa e i titoli elencati in precedenza si fa consistente. Partiamo con Rogue One . Questo è un titolo fondamentale, per tutti i fan, avvincente e godibilissimo anche per chi si approccia per la prima volta a Star Wars. Il suo merito? Dare un volto umano ai protagonisti. La telecamera si sposta dagli intrecci Jedi, al centro della scena c’è la ribellione e l’operazione suicida per distruggere la Morte Nera – all’epoca in forma “cantiere”. Il ritmo è quello di un war movie a tutti gli effetti, e un paragone anche per la trama potrebbe essere Dunkirk (2017), ma in versione intergalattica. 

    La tensione e la paura dei personaggi, l’azione e la battaglia al centro della trama, niente Forza, niente profezie, né tragici rapporti padre-figlio. Il film, infatti, si colloca prima della storia inaugurata con la trilogia di Lucas, quindi prequel dell’Episodio III, e già soltanto orbitare attorno all’iconografia sacra è un atto di coraggio. E "coraggio" è il termine che più di altri definisce questo film. Coraggio degli sceneggiatori a tentare un’impresa impossibile, il coraggio dei protagonisti – semplici piloti, soldati, nei film precedenti usati come comparse da far esplodere attorno agli Skywalker.

    Consigliatissimo ai fan della saga, che qui troveranno uno sguardo davvero inedito e riuscito, che si integra appieno con gli altri titoli aggiungendo (finalmente!) qualcosa di nuovo. Ottimo anche per gli appassionati di film di guerra, qui in chiave stellare, o in generale dei film di azione. 

    2. The Mandalorian (2019–)

    Tra le serie, The Mandalorian è stata la prima pubblicata da Disney ed è quella che ha riportato l’astronave in carreggiata, dopo il mezzo passo falso di Solo. Non solo ha rilanciato l’interesse per la saga dopo gli alti e bassi dei sequel cinematografici, ma ha anche costruito una nuova mitologia a partire da un protagonista magnetico, Din Djarin, e da una delle trovate (anche di marketing) più geniali della storia recente di Star Wars: Grogu, aka “Baby Yoda”. 

    Una serie che può essere gustata anche senza perdersi nei riferimenti ad altri film, perfetta anche a sé stante. Il fascino del cacciatore di taglie nascosto dietro all’elmo, del suo popolo, inquadrature mozzafiato da western intergalattico e atmosfere alla Sergio Leone, vero colpo vincente di questo titolo. 

    The Mandalorian è cinema puro, un eroe in stile Robocop, un Impero che più che Palpatine ricorda i nazisti di Bastardi senza gloria, con tanto di cameo a sorpresa di Werner Herzog a capo di un piano segreto. Appassionante in tutte le sue stagioni, consigliata sia ai fan di lunga data (chi non ha mai fantasticato sull’elmo di Boba?) sia per chi abbia iniziato i primi passi nell’universo di Guerre Stellari.

    1. Andor (2022–)

    Senza dubbio la serie più riuscita tra quelle dell’Antologia, e come The Mandalorian condivide il pregio di poter essere vista come serie a sé stante. Certo, l’universo rimane lo stesso, ma anche chi non è esperto di Star Wars può appassionarsi a questi titoli, senza aver paura di perdersi in citazioni o intrecci sconosciuti.

    Andor, tuttavia, si merita il primo posto perchè è la serie che più delle altre è riuscita a portare qualcosa di davvero nuovo, dando alla Galassia un volto “politico”, che prima non aveva mai avuto. Anche qui non abbiamo spade laser, ma la nascita della ribellione raccontata nei suoi lati più nascosti, più umani. Sci-fi, certamente, ma meno fantasy: l’Impero non ha il volto di Vader, del nemico “classico”, ma qui ha i tratti del senso di oppressione tipico delle dittature, invisibile e quindi impossibile da sconfiggere con una spada laser. 

    Sequel di Rogue One, Andor riesce dove tutti gli altri titoli non avevano osato: dare un volto “reale” all’Impero, ma soprattutto alla resistenza. È la scelta giusta per chi cerca scrittura un titolo appassionante ma più adulto, e una tensione che cresce episodio dopo episodio. È anche il tassello che potenzialmente rilegge l’intera Anthology a posteriori, con un ritratto inedito delle frange ribelli.

1 2 3

51-100 / 505

JustWatch | Il motore di ricerca streaming
We are hiring!
© 2025 JustWatch Tutti i contenuti esterni rimangono di proprietà dei rispettivi proprietari (3.13.0)

Top 5 film
  • Frankenstein
  • A House of Dynamite
  • Wicked - Parte I
  • Now You See Me - I maghi del crimine
  • Una battaglia dopo l’altra
Top 5 Serie TV
  • Pluribus
  • Welcome to Derry
  • The Pitt
  • Il Mostro
  • Slow Horses
Top 5 provider
  • Netflix
  • Disney Plus
  • Amazon Prime Video
  • Rakuten TV
  • Apple TV
Top 5 novità sul provider
  • Cosa c'è di nuovo su Netflix
  • Cosa c'è di nuovo su Disney Plus
  • Cosa c'è di nuovo su Amazon Prime Video
  • Cosa c'è di nuovo su Rakuten TV
  • Cosa c'è di nuovo su Apple TV
Prossimi film in uscita
  • L'anno nuovo che non arriva
  • Pink Floyd a Pompei
  • Le bambine
  • Un anno di scuola
  • La lezione
Serie TV di prossima uscita
  • 6666 Stagione 1
  • Natale con uno sconosciuto Stagione 3
  • Is it Cake? - Dolci impossibili: Festeggiamo! Stagione 2
  • Three Idiots in Kenya Stagione 1
  • Prehistoric Planet: Ice Age Stagione 1
Top 5 ultime news
  • Preparate i fazzoletti! I 10 film più strappalacrime degli ultimi 10 anni
  • Dall’Alto Valyriano all'Alienese: la nostra classifica delle 10 migliori lingue inventate in film e serie TV
  • Hai amato “Il Maestro”? Ecco altri 7 film che raccontano il mondo del tennis
  • 10 serie animate (per adulti) da vedere se ami la satira demoniaca di “Hazbin Hotel”
  • 10 serie TV che mettono in scena la nostalgia degli anni '80 e '90 meglio di “Stranger Things”