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10 film storici che ci hanno "mentito” (ma che amiamo comunque)

10 film storici che ci hanno "mentito” (ma che amiamo comunque)

Andrea Ballerini

Andrea Ballerini

Editor a JustWatch

Quando la storia si mischia con Hollywood, la prima certezza è che il risultato finale sarà epico e grandioso. La seconda (quasi) certezza è che non sempre il lato storico verrà rispettato fino in fondo. Infatti, scelte creative per i più svariati motivi portano gli sceneggiatori e i registi a prendersi qualche libertà. Tutto per rendere i film più intrattenenti e d’impatto. Questa lista passa in rassegna 10 film storici che contengono alcune inaccuratezze, ma che perdoniamo perché sono rimasti nei nostri cuori per le più svariate motivazioni.

La lista è composta da film molto conosciuti, anche se non tutte le pellicole sono note per i loro scivoloni storici. Alcune, invece, sono passate alla storia anche per queste inaccuratezze. Ultima cosa, attenzione perché il testo contiene alcuni spoiler.

1. Braveheart - Cuore impavido (1995)

Braveheart - Cuore impavido fa parte di quei film leggendari le cui inesattezze storiche ci fanno chiudere un occhio. O entrambi. Diretta e interpretata da Mel Gibson, l’epica avventura di William Wallace, ribelle sostenitore di una Scozia indipendente dalla monarchia inglese, ha scaldato i cuori di molti. Dalle scene di battaglia all’amore con Murron, passando per i memorabili discorsi di Wallace, il film ce la mette tutta per elevare a leggenda il personaggio. E ci riesce tanto da farci dimenticare che Wallace non fu mai soprannominato “cuore impavido”. Inoltre, i kilt indossati dai ribelli non appariranno nella “moda” scozzese prima di tre secoli successivi. Ma il grido di libertà di William Wallace fa spazzare via qualsiasi errore storico!

2. Titanic (1997)

Se parliamo di film storici che si sono “macchiati” di alcune inaccuratezze, Titanic è tra i titoli da non escludere. Dopo decenni, la pellicola con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet rimane tra i primi della lista quando si tratta di drammi storici. Il lascito del classico di James Cameron trascende i due miliardi e passa di botteghino, essendo entrato nella cultura popolare di mezzo mondo. Tuttavia, Titanic (1997) non è immune dagli scivoloni storici. Prendiamo, per esempio, in considerazione la figura di William Murdoch. Il responsabile del ponte di comando non riesce a mantenere i nervi saldi, sparando a due passeggeri prima di suicidarsi. In realtà, le circostanze della fine di Murdoch nel vero affondamento del Titanic rimangono incerte.   

3. Shakespeare in Love (1998)

Shakespeare in Love ha distrutto il box office nel 1998, portandosi a casa quasi 290 milioni di dollari contro un investimento di soli 25. Non solo, ha battuto nient’altro che Salvate il soldato Ryan (1998) aggiudicandosi l’Oscar come Miglior film. Questa commedia romantica in costume riscrive in chiave moderna la figura di Shakespeare, ma facendolo va oltre la realtà storica. Nel film, il mitico autore inglese si innamora di una nobildonna interpretata da Gwyneth Paltrow e questa passione diventa una fonte d’ispirazione per completare il celeberrimo Romeo e Giulietta. Peccato che ciò non corrisponde alla verità, in quanto Shakespeare adattò la tragedia da un poema. 

4. Il gladiatore (2000)

Vi ricordate come Braveheart - Cuore impavido (1995) ci faccia dimenticare delle sue inesattezze storiche grazie alla sua epicità. Lo stesso vale per il classico di Ridley Scott Il gladiatore. Dalle frasi passate alla storia di Massimo Decimo Meridio alla colonna sonora di Hans Zimmer e Lisa Gerrard, passando per le scene spettacolari all’interno del Colosseo, Il gladiatore (2000) è tra gli esempi più brillanti di genere kolossal. Tuttavia, come ogni film storico di Hollywood che si rispetti, le inesattezze storiche non mancano. La più grande, che serve a enfatizzare il livello drammatico dell’opera, è l’uccisione da parte di Commodo del padre e Imperatore Marco Aurelio. In realtà, il vecchio Imperatore morì per cause naturali.

5. Il patriota (2000)

Mel Gibson si aggiudica un’altra posizione nella classifica dopo Braveheart (1995) con Il patriota di Roland Emmerich. L’attore australiano interpreta il soldato Benjamin Martin impegnato nella guerra d’indipendenza americana. Come prevedibile, un film come questo non poteva non reggersi sulla divisione buoni e cattivi, ovvero americani e inglesi. Infatti, Martin viene descritto come un uomo integerrimo che lotta con onore contro il nemico. Dall’altro lato, invece, gli ufficiali inglesi sono crudeli soldati che si accaniscono sulle loro vittime. È risaputo, però, che in guerra non ci sono né santi né eroi. Infatti, le figure storiche che hanno ispirato il personaggio di Benjamin Martin non erano di certo estranei alla violenza brutale e disonorevole.  

6. Troy (2004)

Potrebbe forse mancare La guerra di Troia, meglio conosciuto con il titolo inglese di Troy, da una lista come questa? Il film epico di guerra con Brad Pitt, Eric Bana e Diane Kruger è un peccato di gola che va visto almeno una volta nella vita. Il film è tutto ciò che potremmo aspettarci da un kolossal hollywoodiano: pomposo, commerciale e storicamente inaccurato. Due degli errori più grandi riguardano proprio il personaggio principale di Achille. Impossibile non menzionare come l’eroe dell’Iliade non entrò mai a Troia, morendo prima del trucco di Ulisse del cavallo di legno. Allo stesso tempo, il revisionismo de La guerra di Troia (2004) ha completamente eliminato il fatto che Achille non fosse etero. Forse, però, è pretendere troppo da un film del 2004.

7. Marie Antoinette (2006)

Marie Antoinette è una rivisitazione molto personale e stilosa da parte di Sofia Coppola della famosa regnante francese. La pellicola ripercorre in chiave pop alcuni passaggi della vita della regina, nella cui parte troviamo una strepitosa Kirsten Dunst. Dalla colonna sonora post-punk a un paio di Converse nell’armadio immenso di Maria Antonietta, il film mette subito in chiaro l’approccio post-moderno intrapreso dalla regista. A coronare le inaccuratezze storiche ci pensano le luci all’interno della reggia di Versailles, non a lume di candela ma alimentate dall’elettricità. Tuttavia, Marie Antoinette (2006) è una visione imperdibile proprio per queste libertà artistiche e senza dimenticare l’aspetto visivo superbo.  

8. The Imitation Game (2014)

The Imitation Game ha raccontato la straordinaria vicenda di Alan Turing, il mago della crittografia che durante la Seconda Guerra Mondiale ha decifrato i messaggi tedeschi per conto del governo britannico. Il film di Morten Tyldum ha ricevuto numerose candidature agli Oscar ed è stato un successo ai botteghini. Tanti hanno amato l’incredibile storia di Tuning, anche se il film pecca di diverse inaccuratezze storiche. Tra queste, la più grande è aver implicato Tuning in uno scambio di favori con una spia sovietica. L’uomo non avrebbe rivelato l’identità della spia in cambio di non essere denunciato per la sua omosessualità, considerata un reato in quegli anni. Questo fatto, però, non è mai accaduto.

9. L'ora più buia (2017)

Come per The Imitation Game (2014), L'ora più buia è ambientato in Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale. Al centro dell’opera di Joe Wright c’è Winston Churchill, primo ministro britannico interpretato perfettamente da Gary Oldman. L’attore si è anche portato a casa l’Oscar come Miglior attore proprio per questo ruolo. L'ora più buia (2017) brilla per la regia di Wright, per le prove di tutto il cast e per una sceneggiatura coinvolgente, tesa e ricca di momenti emozionanti. Come la scena di Churchill che prende la metro e parla ai comuni cittadini. Peccato che non ci siano prove che questo fatto sia accaduto! Senza dimenticare di quando il politico inglese scambia due parole con un uomo di colore: le risapute tendenze razziste di Churchill rendono la scena inverosimile e assurda.

10. La favorita (2018)

Dopo essere entrato nel panorama hollywoodiano con The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017), Yorgos Lanthimos ha cementato del tutto la sua posizione oltremare con La favorita. Questo dramma storico con tocchi di umorismo nero ha ricevuto nove nomination agli Oscar, con Olivia Colman che si è aggiudicata la statuetta per l’interpretazione magistrale della regina Anna. Al centro della vicenda c’è la lotta tra le cugine Abigail e Sarah per diventare la favorita della regnante. Ed è qui che Lanthimos si concede la libertà artistica di mostrare un tentato omicidio da parte di Abigail nei confronti di Sarah. Pur essendo vero il conflitto tra le due, mai le due arrivarono a minacciare la vita dell’altra.

Da “Mank” a “The Dropout”: i migliori film e serie TV con Amanda Seyfried

Da “Mank” a “The Dropout”: i migliori film e serie TV con Amanda Seyfried

Manuela Santacatterina

Manuela Santacatterina

Editor a JustWatch

Se il suo ultimo film, The Testament of Ann Lee, ha diviso critica e pubblico alla Mostra del Cinema di Venezia 82, la prova di Amanda Seyfried è riuscita comunque a centrare il segno. Non di certo una novità, perché l'attrice, con caparbietà e talento, è riuscita a ritagliarsi via via uno spazio sempre più importante ad Hollywood. Non è poi da tutti esordire con un ruolo da villain in un cult generazionale come Mean Girls (2004).

Se Mean Girls è stato il suo titolo di debutto, facendola notare al pubblico, sarà poi il musical Mamma mia! (2008) a consacrarla come una vera e propria star. Film dopo film, ha spaziato tra cinema e serie tv, come l'ultima serie arrivata in streaming, Long Bright River - I cieli di Philadelphia (2025). Non solo, Amanda Seyfried è stata diretta da grandi nomi come Joe Wright, Atom Egoyan, Simon Curtis, Paul Schrader e Dito Montiel.

In attesa di vederla sullo schermo con Una di famiglia (The Housemaid), JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Amanda Seyfried.

8. The Crowded Room (2013)

Una prova oscura, tesa, carica. Un ruolo complicatissimo, declinato secondo il linguaggio seriale. Amanda Seyfried colpisce e stupisce nella parte di Rya Goodwin, psichiatra che interroga Billy Milligan, ragazzo accusato di pesanti crimini – dagli stupri alle rapine – scavando attraverso un passato segnato da traumi e abusi. Il caso è entrato nella storia come la prima assoluzione negli Stati Uniti per infermità mentale, rivista in chiave seriale da The Crowded Room. Dieci puntate da un'ora ideate da Akiva Goldsman e basate sul romanzo Una stanza piena di gente di Daniel Keyes. Particolarmente apprezzata dal pubblico anche per via della performance umana ed empatica della Seyfried. Da vedere se sei una grande fan di Mindhunter (2017) o Presunto Innocente (2024).

7. Mean Girls (2004)

Il debutto di Amanda Seyfried sul grande schermo coincide con un ruolo volutamente sopra le righe, enfatizzando il cliché della bionda svampita. Nella commedia scritta da Tina Fey, l'attrice, interpreta infatti Karen Smith, membro delle Barbie, capitanate dalla spietata Regina George, con il volto di Rachel McAdams. Lungo i novanta minuti di durata, le Barbie daranno filo da torcere a Cady Heron (Lindsay Lohan), appena arrivata nella loro scuola. La Seyfried non si risparmia nell'assurda dimensione di un ruolo divertente, esagerando il più possibile. Senza dubbio, una parte integrante di una pellicola diventata un must. Se ami il film, non perdete il musical del 2024, Mean Girls, oppure Bottoms (2023) di Emma Seligman.

6. Mamma Mia! (2008)

Non è facile essere la figlia di Meryl Streep, eppure Amanda Seyfried, ancora giovanissima, non si tira indietro entrando a far parte di un film iconico. Nel musical diretto da Phyllida Lloyd, e basato sulle canzoni degli ABBA, la Seyfried interpreta Sophie, in procinto di sposarsi. Non ha mai conosciuto suo padre, e allora decide di invitare tutti e tre gli uomini che potrebbero aver avuto una relazione con la mamma, Donna Sheridan. Canta, balla e recita: l'attrice dimostra coraggio e bravura, presenza scenica e qualità interpretativa, mischiandosi agli spunti tipici di un musical di Broadway. Memorabile la sua interpretazione di Honey, Honey in duetto con Ashley Lilley e Rachel McDowall. Se cantare è la tua passione e hai amato Wicked (2024) e The Greatest Showman (2017), non ti resta che tuffarti in Mammia Mia!.

5. Les Misérables (2012)

Ancora un musical tra le migliori interpretazioni di Amanda Seyfried. Nel 2012 Tom Hooper dirige l'adattamento hollywoodiano del romanzo di Victor Hugo, affidando alla Seyfried il ruolo di Cosette, spiegando di essere stato convinto dalla bravura dell'attrice sia nella recitazione che nel canto. Nonostante Seyfried confiderà di essere stata spaventata dalla prova canora. Famigerata la trama del film (e del romanzo), che racconta dell'ex detenuto Jean Valjean, uscito di prigione dopo vent'anni per aver rubato un tozzo di pane, braccato dall'ispettore Javer. Sullo sfondo Parigi e la rivoluzione francese. Un'opera mastodontica da 158 minuti, ancora attuale e politica, in cui Seyfried, come già fatto in Mamma mia!, non sfigura al fianco di grandi nomi (da Hugh Jackman a Anne Hathaway), ritagliandosi un ruolo importante e determinante. Se hai cantato e ballato con West Side Story (2021) e ami i musical potenti come Hamilton (2020), Les Misérables ti sorprenderà.

4. Twin Peaks (2017)

Non tutte le attrici possono dire di essere state dirette da David Lynch. Il visionario regista, infatti, l'ha voluta in Twin Peaks, serie evento – nonché terza stagione legata all'originale del 1990 – tornata in tv nel 2017, come sequel diretto dell'episodio Oltre la vita e la morte. La serie, divisa in diciotto puntate da un'ora, riprende la storia del mitico Dale Cooper ancora bloccato nella Loggia Nera, mentre il suo doppio è posseduto da BOB nel mondo reale. Amanda Seyfried nella serie interpreta Becky Burnett, figlia dei personaggi “storici” Bobby Briggs e Shelly Briggs. Appena quattro puntate per lei, ma una prova in grado di restare impressa, lasciandosi andare e affidandosi alla visione unica e inconfondibile di David Lynch, che definirà “tutto il meglio rappresentato dal cinema”. Se sei fan del cult anni '90, allora non perdere True Detective (2014) e Outer Range (2022).

3. First Reformed - la creazione a rischio (2017)

In First Reformed, Amanda Seyfried fa coppia con Ethan Hawke sotto la direzione di un maestro come Paul Schrader. La storia racconta di un pastore in crisi di fede, afflitto da un trauma personale e dalla disperazione per il cambiamento climatico. L'uomo intraprende un oscuro percorso di radicalizzazione dopo aver incontrato l’'ambientalista Mar, con il volto di Seyfried. Una parte complicata e oscura, che arriva dopo diversi ruoli più leggeri affrontati dall'attrice. Basti pensare a Ted 2 (2015) o Natale all'improvviso (2015). Ciononostante, Amanda Seyfried risponde con una prova asciutta, sicura e profonda, andando oltre le apparenze. Come dimostra il bellissimo e intenso finale. Se vuoi chiudere l'ideale trilogia targata Paul Schrader dopo Il collezionista di carte (2021) e Il maestro giardiniere (2022), non puoi non vedere First Reformed.

2. Mank (2020)

Candidata all'Oscar e ai Golde Globe, una delle migliori interpretazione di Amanda Seyfried. David Fincher l'ha voluta per il suo Mank, regalandole il ruolo tutt'altro che facile di Marion Davies. Dietro al film dalla durata di due ore e undici minuti, la vicenda annosa di una delle più famose diatribe cinematografiche della storia: di chi è la sceneggiatura di Quarto Potere, scritta nel 1941? Di Orson Welles o di Herman J. Mankiewicz? In sottrazione, la Seyfried tratteggia il profilo di Marion Davies, attrice attiva negli anni Trenta nonché interesse amoroso e ispirazione di Mankiewicz. Figura centrale nel film, così come nel dietro le quinte di Quarto potere, torna a vivere grazie alla prova di Seyfried, occhi grandi e capelli cotonati, declinando con passione una perfetta diva di Hollywood. Se le storie vere ti affascinato e hai apprezzato Saving Mr. Banks (2013) o L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo (2015), recupera Mank.

1. The Dropout (2022)

Una storia vera direttamente tratta dall'omonimo romanzo di Rebecca Jarvis per quella che è la miglior interpretazione di Amanda Seyfried. Un Golden Globe sulla mensola e una candidatura agli Emmy per la Elizabeth Holmes tratteggiata dall'attrice. In otto episodi da cinquanta minuti, la miniserie illumina l'ascesa e la fragorosa caduta di Holmes e della sua società di biotecnologie, la Theranos. Un cammino ambizioso, mosso da una forte determinazione, sfociando però in diverse frodi portate alla luce dall'esposizione mediatica. Seyfried non si tira indietro costruendo una persona e non un personaggio. Una prova efficace, ben aderente allo spirito della serie, in un'inaspettata alternanza di tonalità. Se la tua passione sono le storie vere medical in stile Dopesick (2021) e Painkiller (2023), allora non farti scappare The Dropout.

Il meglio della Mega Movie Week: tutti i titoli imperdibili da acquistare e noleggiare dal 3 al 9 novembre

Il meglio della Mega Movie Week: tutti i titoli imperdibili da acquistare e noleggiare dal 3 al 9 novembre

Manuela Santacatterina

Manuela Santacatterina

Editor a JustWatch

Destreggiarsi nella miriade di film disponibili in digitale può essere un'impresa ardua, specie se il tempo che abbiamo a disposizione è sempre meno. Fortuna vuole che sia arrivata la Mega Movie Week che per sette giorni offre la possibilità di scegliere tra una selezione di titoli da acquistare o noleggiare a prezzi imperdibili.

Tra le pellicole più recenti e di maggior successo presenti sulle principali piattaforme, troviamo un mix variegato che comprende blockbuster internazionali e film d'animazione per tutta la famiglia, storie dell'orrore e grandi saghe cinematografiche passando per film drammatici ed esordi folgoranti.

JustWatch ha stilato una classifica dei 10 migliori film da vedere durante la Mega Movie Week, ma in fondo all'articolo potete trovare la lista completa del "meglio" di questa settimana speciale!

10. Il Gladiatore II (2025)

L'eredità era di quelle impegnative. Confrontarsi con il classico del 2000 con protagonista Russell Crowe nei panni di Massimo Decimo Meridio e proseguire la storia iniziata 25 anni fa. Ma a Ridley Scott le sfide devono piacere parecchio. Ed è per questo che ha deciso di tornare nell'antica Roma con Il Gladiatore II per dare vita a un nuovo kolossal in costume.

Questa volta il protagonista ha il volto di Paul Mescal nei panni di Lucio, romano fatto schiavo e costretto a lottare nel Colosseo all'ombra di un difficile quadro politico mentre cerca di portare a termine la sua vendetta. Un film che, come il precedente, si confronta con il concetto di eredità morale e corruzione figlia della sete di potere. Un'esperienza cinematografica fatta di articolate sequenze d'azione e combattimenti nell'arena più celebre del mondo per un'opera di due ore e mezza in cui il personale si mescola con la Storia mentre parla di giustizia, onore e ideali. Da non perdere se ti piaccioni i titoli in costume come Ben-Hur (1959) o Troy (2004).

9. Piccole cose come queste (2024)

Presentato in anteprima al Festival di Berlino del 2024, Piccole cose come queste è l'adattamento cinematografico del romanzo breve di Claire Keegan. Una storia ambientata nell'Irlanda del 1985 in cui un commerciante di carbone, Bill Furlong (Cillian Murphy), scopre l'orrore tenuto nascosto dietro le mura di un convento gestito da suore in cui orfani e ragazze madri subiscono atrocità. Un dramma storico lucido e teso trainato dalla potente interpretazione di Murphy nei panni di un uomo onesto che cerca solo di fare la cosa giusta. 

La pellicola si inserisce in quel filone di cinema sociale che, in questo caso specifico, vuole smascherare l'ipocrisia in seno alla Chiesa. La regia di Tim Mielants, con il quale l'attore è recentemente tornato a lavorare in Steve (2025), non scade mai nell'eccesso preferendo raccontare con stile asciutto la tempesta emotiva, i dilemmi e i dubbi che attraversano il protagonista nell'arco di circa 90 minuti. Se film come Philomena (2013), Magdalene (2002) e Il caso Spotlight (2015), ti hanno emozionato e indignato, non puoi perderti Piccole cose come queste.

8. Heretic (2024)

Mai lasciarsi tentare dal profumo di una torta ai mirtilli appena sfornata. Lo sanno bene le due giovani missionarie mormone protagoniste di Heretic. Un horror thriller con Hugh Grant nei panni di un uomo apparentemente innocuo, che nasconde però una natura spaventosamente sadica.

Ambientato quasi esclusivamente all'interno di una casa, il film vede le due ragazze vittime di un gioco di sopravvivenza brutale in cui saranno messe alla prova sulla base di domande a sfondo religioso. Una pellicola che parla della facilità con la quale la nostra mente può essere manipolata, delle insidie del fanatismo e della fede che non lascia spazio al dubbio. I registi Scott Beck e Bryan Woods, già sceneggiatori diA Quiet Place - Un posto tranquillo (2018), per un'ora e 40 minuti si divertono a giocare con noi spettatori costruendo un'atmosfera claustrofobica ricca di suspense e terrore.

7. Jurassic World - La rinascita (2025)

Cosa dire di Jurassic World - La rinascita se non che qualsiasi amante del primo capitolo della saga e del cinema di Steven Spielberg dovrebbe vederlo? Settimo titolo del franchise nato nel 1993, il film è nettamente superiore alla trilogia di Jurassic World (2015-2022) che lo precede. Ambientata nel 2027, la pellicola si muove in un mondo sempre meno interessato ai dinosauri ormai relegati in zone inaccessibili all'uomo.

Ma una spedizione capitanata da Zora Bennett, agente sotto copertura con il volto di Scarlett Johansson, e dal paleontologo Henry Loomis di Jonathan Bailey si avventura in quei luoghi per recuperare il loro DNA, indispensabile nella creazione di un farmaco salvavita per l'uomo. Se ami il grande cinema di intrattenimento, l'azione degna di Indiana Jones e il tempio maledetto (1984) e l'adrenalina che solo un faccia a faccia con un Velociraptor può dare, devi recuperare il film diretto da Gareth Edwards. Poco più di 120 minuti che ogni amante del cinema degli anni '90 apprezzerà.

6. 28 anni dopo (2025)

Danny Boyle e Alex Garland in coppia non deludono mai. Con 28 anni dopo realizzano un nuovo capitolo della saga horror sci-fi iniziata nel 2002 con 28 giorni dopo e proseguita nel 2007 con27 settimane dopo. Il risultato è un film profondamente attuale che, oltre a espandere l'universo narrativo iniziato oltre 20 anni fa, riflette in modo estremamente lucido sul presente.

Al centro il viaggio di una famiglia che da un'isola sopravvissuta all'epidemia di rabbia prova a raggiungere la terraferma in cerca di aiuto. Un racconto frenetico e crudo fatto di tensione e violenza in cui la regia di Boyle realizza sequenze visivamente notevoli mentre parla di memoria (privata e collettiva), famiglia e sopravvivenza. Se sei un fan dei primi due capitoli e hai apprezzatoI figli degli uomini (2006) e World War Z (2013), non resterai deluso.

5. Superman (2025)

Il primo film del nuovo corso del DC Universe capitanato da James Gunn che ne è anche regista e sceneggiatore. Chi non ha amato le atmosfere cupe dei film di Zack Snyder può tirare un sospiro di sollievo. Superman è un film che, in due ore e 15 minuti, torna alle origini dei fumetti e ci regala un Uomo d'Acciaio più luminoso e in costante bilico tra la sua identità aliena e l'amore per il genere umano a cui sente di appartenere.

David Corenswet è la scelta giusta per incarnare il supereroe che nasconde la sua identità dietro gli occhiali da vista di Clark Kent. Così come la Lois Lane di Rachel Brosnahan è perfetta nel tenere testa e spalleggiare Big Blue. Una pellicola che guarda all'oggi assumendo contorni politici nel racconto di villain che vogliono imporre il loro potere sul prossimo attraverso l'appropriazione delle terre altrui. Se hai nostalgia del Superman (1978) di Christopher Reeves, il film di James Gunn fa al caso tuo.

4. Alien: Romulus (2024)

Oltre 45 anni dopo il primo capitolo del franchise horror-fantascientifico di Ridley Scott, Alien: Romulus torna a raccontare una storia che riporta alle origini. La pellicola diretta da Fede Álvarez è un midquel ambientato cronologicamente tra Alien (1979) e Alien – Scontro finale (1986). Ambientato nel 2142, il film vede al centro del racconto un gruppo di giovani colonizzatori che si ritrova a confrontarsi con l'alieno superpredatore Xenomorfo in una stazione spaziale abbandonata.

Un'atmosfera claustrofobica e tesa che porta in scena, in poco meno di due ore, tutto l'orrore viscerale che ha fatto la storia della saga resa celebre da Ridley Scott. Un omaggio capace, però, di dare vita a una propria mitologia fatta di tensione e terrore. Se hai amato i capitoli precedenti è impossibile non vedere questo nuovo tassello del franchise.

3. Dragon Trainer (2025)

Se vi siete emozionati con il film d'animazione omonimo del 2010, preparatevi a rivivere le stesse sensazioni con Dragon Trainer, remake live-action diretto da Dean DeBlois. Un compito non facile confrontarsi con un titolo tanto amato e provare a infondergli la stessa magia. Eppure l'incantesimo si è replicato. Merito dell'amicizia apparentemente impossibile tra il giovane vichingo Hiccup e il drago Sdentato.

Una storia lunga due ore che parla di accettazione del diverso e del superamento dei pregiudizi che mantiene intatta la carica emotiva anche grazie alla fedeltà alla trama originale. Un film perfetto per essere visto da tutta la famiglia e che abbraccia un pubblico di qualsiasi età. Se vuoi commuoverti con una storia piena di epica e cuore, non puoi perderti questo live action!

2. Challengers (2024)

Si tratta di un dramma psicologico travestito da film sportivo per una delle opere più riuscite di Luca Guadagnino. Quella che vede protagonisti Tashi (Zendaya), ex prodigio del tennis diventata allenatrice dopo un brutto infortunio, Patrick (Josh O'Connor), giocatore talentuoso quanto indolente, e Art (Mike Faist), campione che non riesce più a vincere e vorrebbe appendere la racchetta al chiodo.

È un film di sudore e di sguardi Challengers, di desiderio e gemiti di fatica e piacere, di ferite e mani sul corpo. Un film di soggettive e rallenty in cui Guadagnino rende sensoriale la sceneggiatura di Justin Kuritzkes e ci regala un film seducente che, in 2 ore e 11 minuti, gioca con le linee temporali e le regole del tennis per parlare di relazioni. Sfacciata e indimenticabile la colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross. Se avete amato Closer (2004) e avete un debole per i drammi dalla forte componente sentimentale, non potete perdervi questo film.

1. C’è ancora domani (2023)

Il film italiano che ha riportato il nostro cinema in giro per il mondo vincendo decine di premi e battendo record su record al botteghino. Stiamo parlando del debutto dietro la macchina da presa di Paola Cortellesi conC'è ancora domani. Un film girato in bianco e nero e ambientato nella Roma del 1946 che usciva a fatica dalla miseria della seconda guerra mondiale. La protagonista è Delia (interpretata dalla stessa Cortellesi), moglie di un marito violento e madre che vorrebbe per sua figlia un futuro diverso dal suo.

Un film di poco più di due ore intriso di delicatezza e ironia. Le armi con le quali parla di violenza domestica e della società di ieri e di oggi poi non così diverse. Un inno alla forza delle donne, uno sguardo pieno di amore alle nostre madri e nonne che hanno lottato per conquistare la loro e la nostra emancipazione. Un classico moderno che merita di essere visto e rivisto per ricordarci di non dare per scontata la nostra libertà e di continuare a combattere per mantenerla tale.

“Notte prima degli esami”: arriva il sequel! Ecco i film precedenti da recuperare nell’attesa

“Notte prima degli esami”: arriva il sequel! Ecco i film precedenti da recuperare nell’attesa

Giovanni Berruti

Giovanni Berruti

Editor a JustWatch

Non c’è due senza tre. A vent’anni di distanza dalla commedia generazionale di Fausto Brizzi, Notte prima degli esami (2006), che sancì il suo esordio da regista, e a sedici da Notte prima degli esami – Oggi (2010), è in arrivo Notte prima degli esami – Remix (2026).

La pellicola, stavolta diretta da Tommaso Renzoni, che firma la sceneggiatura con lo stesso Brizzi, è prevista nelle sale cinematografiche per il prossimo 19 marzo 2026, a ben cento giorni dal vero esame di maturità. Operazione nostalgia oppure un aggiornamento? In attesa di scoprire sul grande schermo la maturità ai tempi dei social, ecco una breve panoramica sui film precedenti, e soprattutto dove è possibile recuperarli in streaming.

Notte prima degli esami (2006)

Opera prima di Fausto Brizzi, Notte prima degli esami (2006) è una commedia generazionale che ha conquistato il pubblico sin dal suo debutto. Ispirandosi all’omonima canzone di Antonello Venditti del 1984, il film racconta le vicende di un gruppo di giovani amici alle prese con l’esame di maturità nella Roma di fine anni Ottanta. Protagonisti sono Nicolas Vaporidis e Cristiana Capotondi, rispettivamente nei panni di Luca Molinari e Alice Martinelli. Accanto a loro il compianto Giorgio Faletti, che interpreta il padre di Alice e, allo stesso tempo, professore di lettere di Luca, soprannominato “la carogna” da ben quattro generazioni di studenti. Una commedia che ha toccato le corde degli spettatori, con battute che sono rimaste impresse, come quella pronunciata dal professore al giovane protagonista: “Vedi Molinari, l'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa... l'importante è quello che provi mentre corri”.  Notte prima degli esami (2006) è consigliato a chi cerca un film che è diventato un vero e proprio cult, una commedia capace di emozionare più di una generazione. È rimasta infatti nel cuore di chi ha vissuto la maturità, specialmente negli anni Ottanta, e continua ancora oggi a coinvolgere i giovani che si trovano ad affrontare un momento così indimenticabile della vita. 

Notte prima degli esami – Oggi (2010)

Gli esami non finiscono mai…tantomeno con la vittoria dell’Italia ai mondiali del 2006. Notte prima degli esami – Oggi (2010) abbandona gli anni Ottanta per spostare il racconto nel presente (di allora). Non è un vero e proprio sequel di Notte prima degli esami (2006), nonostante ritroviamo Luca Molinari (Nicolas Vaporidis), stavolta alle prese con un nuovo amore, Azzurra (Carolina Crescentini), biologa marina poco più grande. Stavolta maggior spazio al confronto generazionale, con uno sguardo approfondito nella famiglia del protagonista, alle prese con il padre Paolo (Giorgio Panariello), che non ne vuole sapere di crescere. Ma la sostanza rimane (più o meno) la stessa tanto che allora Brizzi, tornato nella cabina di regia, definì l’operazione con il neologismo “newquel”. Da non perdere se avete apprezzato il precedente capitolo, di cui mantiene quella leggerezza senza però eguagliarne la grandezza.

Notte prima degli esami – Remix (2026)

La maturità ai tempi dei social.  Notte prima degli esami - Remix (2026) prende le mosse proprio dal voler raccontare di come siano cambiati quei ragazzi sui banchi di scuola, dalla fine degli anni Ottanta, passando per il 2006 fino ai giorni nostri. Il film diretto da Tommaso Renzoni uscirà nelle sale con 01 Distribution all’alba della prossima primavera, il 19 marzo 2026. Nel cast Tommaso Cassissa, Adriano Moretti e Alice Maselli tra i giovani, mentre tra gli adulti Gianmarco Tognazzi e Sabrina Ferilli, che interpreterà la versione al femminile del ruolo che fu magistralmente interpretato dal compianto Giorgio Faletti, il Professor Martinelli. La sceneggiatura è firmata dallo stesso Renzoni con Fausto Brizzi.

  • Dopo “Il Mostro”: 10 film di serial killer che ti terranno con il fiato sospeso

    Dopo “Il Mostro”: 10 film di serial killer che ti terranno con il fiato sospeso

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Dopo aver deliziato il pubblico di intere generazioni con la serie TV di culto Romanzo criminale - La serie (2008) e l’altrettanto magnifica ZeroZeroZero (2020), Stefano Sollima è tornato al formato serie con Il Mostro (2025). Ancora una volta al centro del suo sforzo creativo c’è il crimine italiano.

    Tuttavia, al contrario di Romanzo criminale - La serie (2008), lo show non parla di gangster, bensì di un serial killer. Non uno qualunque, ma il più famigerato nella cronaca nera dello Stivale: il Mostro di Firenze. Dopo aver guardato la serie targata Netflix, forse vi verrà voglia di calarvi ancora di più nell’oscurità, continuando a esplorare opere incentrate su killer seriali. In questo caso, questa lista è perfetta per voi, perché vi propone 10 film di serial killer da considerare dopo la visione de Il Mostro (2025).

    1. La rabbia giovane (1974)

    La follia omicida del Mostro di Firenze si è dipanata per lunghi anni, attraversando completamente gli anni settanta. Per questo motivo, un film di quella decade non poteva mancare dalla lista. La rabbia giovane è il folgorante esordio di Terrence Malick, liberamente ispirato da fatti reali. Il film, infatti, si focalizza su una scia di omicidi commessi da una coppia di giovani, interpretati magistralmente da Martin Sheen e Sissy Spacek. La rabbia giovane è indimenticabile non solo per le performance dei due protagonisti, ma anche per la mano sublime di Malick e dei tre direttori della fotografia Brian Probyn, Tak Fujimoto e Stevan Larner. Ogni inquadratura è perfetta e i colori che vengono sprigionati su pellicola lasciano a bocca aperta.

    2. L'elemento del crimine (1984)

    L’impatto visivo de La rabbia giovane può essere ritrovato anche ne L'elemento del crimine, anche se con scelte estetiche completamente diverse. Il film è un altro esordio di un regista mastodontico, ovvero Lars Von Trier. Fin dall’inizio, l’idea di cinema del regista danese è radicale ed estrema. A cominciare da una fotografia dai toni seppia a tratti tossica, che trasforma le classiche tonalità marroni in sfumature arancioni. Questa scelta non è solo stilistica, ma aiuta anche lo spettatore a immergersi nel mondo distopico in cui è ambientata la trama. Quest’ultima è l’altro punto di forza dell’esordio di Von Trier, perché tratta il tema del serial killer con toni noir moderni. Dall’uso dell’ipnosi al contestato metodo con il quale il detective protagonista caccia il killer, L'elemento del crimine si distingue positivamente dai film dozzinali sui serial killer.

    3. Manhunter - Frammenti di un omicidio (1986)

    Hannibal Lecter è, senza dubbio, uno dei serial killer più conosciuti e temuti nel panorama filmico. La sua esclusione era impossibile. Tuttavia, la scelta poteva cadere sul classico Il silenzio degli innocenti (1991) o sul primo film in cui la figura di Lecter appare. Come potete vedere, la seconda opzione ha prevalso ed eccoci con Manhunter - Frammenti di un omicidio. Il film di Michael Mann mantiene intatta la formula del regista americano. Trame focalizzate sull’elemento crime, livello estetico fuori dal comune e un’impronta psicologica nella costruzione dei personaggi. Meno conosciuta del film con Jodie Foster e Anthony Hopkins, quest’opera deve essere assolutamente vista da tutti i fan dei film sui serial killer.

    4. Assassini nati - Natural Born Killers (1994)

    Quando si parla di killer seriali, gli anni ‘90 ci hanno regalato perle estremamente pregiate. Prima di parlarvi di uno dei film più famosi di quella decade, non si poteva omettere Assassini nati - Natural Born Killers. Lo spirito anarchico e strafottente di Mickey e Mallory, i protagonisti del film di Oliver Stone, assomiglia senza dubbio a quello di Kit e Holly de La rabbia giovane. Questa volta, però, la follia omicida di Mickey e Mallory è incontenibile e grondante sangue. Oltre alla violenza estrema, il film è ricordato per la sua critica esplicita ai mass media, sempre in cerca di una notizia a tutti i costi, e per le interpretazioni sublimi dei due protagonisti, Woody Harrelson e Juliette Lewis.

    5. Seven (1995)

    Non c’è lista di film sui serial killer che si rispetti senza l’inclusione di Seven. Il film di David Fincher con Brad Pitt e Morgan Freeman è un viaggio sanguinoso attraverso i sette peccati capitali. Uno dei film più amati degli anni ‘90, Seven colpisce ancora a distanza di anni per il suo valore estetico e per la grandiosa atmosfera dark della trama. L’unica pecca che va a intaccare l’eredità di questo thriller horror è il finale. Con un materiale così creativo, l’epilogo della vicenda poteva essere construito in maniera diversa, mantenendo alto il livello già visto nel resto dell’opera. Nonostante ciò, basta la performance sublime di Kevin Spacey per riequilibrare del tutto le cose.

    6. American Psycho (2000)

    Di folli criminali, la filmografia a stelle e strisce ne è piena. Ma pochi hanno raggiunto il livello di pazzia e crudeltà di Patrick Bateman, immortalato per sempre in American Psycho da Christian Bale. Se i protagonisti de La rabbia giovane e Assassini nati - Natural Born Killers sono pieni di emozioni contrastanti, Bateman è freddo, distaccato e chirurgico fino al momento dell’esplosione omicida. Questa sua natura si riflette anche nella fotografia, che esalta il carattere glaciale del protagonista con luci che mai si azzardano a infondere calore. American Psycho è ormai un cult grazie alla prova indelebile di Bale e ad alcune sequenze passate alla storia, come quella della routine mattutina di Bateman.

    7. Memorie di un assassino (2003)

    Memorie di un assassino è uno dei thriller polizieschi più belli mai realizzati. Il film di Bong Joon Ho lascia chiunque sbalordito con una potenza visiva imbattibile. Il regista sa posizionare la camera dove è necessaria, non sbagliando un’inquadratura che sia una. I colori spenti e slavati della fotografia fanno da complemento a una storia buia ispirata a fatti realmente accaduti. Allo stesso tempo, come ogni poliziesco che si rispetti, Memorie di un assassino risucchia lo spettatore nel suo mondo e non gli fa distogliere lo sguardo dallo schermo grazie a una trama serrata e ricca di dettagli. Uno dei migliori film degli anni 2000 creato da uno dei migliori registi contemporanei.

    8. Zodiac (2007)

    Zodiac è un classico moderno del genere serial killer e, forse, il film più riuscito di David Fincher. La pellicola cerca di portare sullo schermo le vicende reali del Killer dello Zodiaco, uno degli assassini seriali più conosciuti di sempre. Con teorie di alcuni che collegano la sua figura a quella del Mostro di Firenze, Zodiac è stato tra i primi film che ho preso in considerazione per la lista. Al contrario di Seven, dove la forma tendeva a sovrastare la sostanza, il film con Jake Gyllenhaal e Robert Downey Jr. piega tutto in favore della trama. Questo non vuol dire che Zodiac non contenga movimenti di macchina impeccabili e una fotografia da urlo. Semplicemente, tutti questi elementi vanno a braccetto con una trama ricca di tensione ed estremamente coinvolgente che vi farà dimenticare dei 157 minuti di durata.

    9. The Chaser (2008)

    Con The Chaser vi aspettano due ore frenetiche di inseguimenti, indizi da collegare e un serial killer da trovare. Il film di Na Hong-jin è una corsa continua, anche se la pellicola riesce a conservare attimi di introspezione. Il livello tecnico dell’opera è senza discussione, basterebbe vedere anche altri titoli come The Yellow Sea (2010) e Goksung - La presenza del diavolo (2016) per comprendere l’occhio sublime del regista. Similmente a Zodiac, però, è la trama e la costruzione dei personaggi che chiudono l’affare. Sarete, sì, sorpresi dal pregio estetico di The Chaser, ma la storia disturbante del film vi terrà a occhi spalancati e con il fiato sospeso fino all’epilogo da bocca aperta.

    10. I Saw the Devil (2010)

    Terminiamo questi consigli con un’altra bomba sudcoreana, I Saw the Devil diretto da Kim Jee-woon. Se pensate che Seven o American Psycho siano disturbanti, tenetevi forti. La pellicola con Lee Byung-hun e Choi Min-sik potrà di certo ammaliarvi con una fotografia da capogiro, soprattutto nelle scene notturne. Ma quello che non vi lascerà indifferenti sarà il livello di crudeltà con il quale il serial killer protagonista finisce le sue vittime. Come per Memorie di un assassino, bellezza e orrore si fondono in una pellicola che è impossibile da dimenticare dopo la sua visione. I Saw the Devil è la mostruosità elevata ad arte.  

  • “Springsteen – Liberami dal nulla” e altri 10 migliori biopic musicali di sempre

    “Springsteen – Liberami dal nulla” e altri 10 migliori biopic musicali di sempre

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    C’è qualcosa di irresistibile nei biopic musicali. Il modo in cui riescono a farci entrare nelle storie di chi ha trasformato la propria vita in musica, di chi ha saputo raccontare il mondo attraverso una melodia o una frase scritta su un taccuino. Film in cui il cinema si incrocia con la musica, in cui si raccontano le canzoni e gli album attraverso le vite di chi li ha scritti.

    In questo solco arriva Springsteen – Liberami dal nulla, (2025) il nuovo film con Jeremy Allen White dedicato a Bruce Springsteen. Un film in cui il volto del Boss viene indagato nei suoi lati più intimi e inedito, portandoci in un viaggio che intreccia il senso del successo e del fallimento, il peso della memoria e del senso di colpa, tra le strade polverose del New Jersey e i fantasmi della sua giovinezza.

    E proprio da questa uscita nasce la nostra lista dei migliori music biopic di sempre: film che, come Liberami dal nulla, non si accontentano di celebrare un mito, ma cercano la persona dietro la leggenda. Dalla furia punk di Control (2007) alla visione pop e glitter di Rocketman (2019), passando per la malinconia di Walk the Line (2005) o la poesia beatnik di Io non sono qui (2007), ecco dieci titoli imperdibili che raccontano cosa significa vivere (e sopravvivere) per la musica.

    24 Hour Party People (2002)

    Più che un biopic, 24 Hour Party People è una festa dedicata alla scena musicale di Manchester tra anni ’70 e ’90. Michael Winterbottom racconta la nascita di Joy Division, New Order e Happy Mondays attraverso Tony Wilson, geniale fondatore della Factory Records. Questo film porta dritto dentro i party del mitico club The Haçienda, raccontando la follia di un’epoca dove tutto sembrava possibile, con un ritmo difficilmente eguagliabile. Perfetto per chi quest’estate è corso alla reunion degli Oasis e per chi sa a memoria Supersonic (2016), e non vede l’ora di scoprire le atmosfere della MADchester da cui nacquero i fratelli Gallagher.

    Ray (2004)

    Tra tutti i biopic inclusi in questa lista, Ray è certamente quello in cui l’attore protagonista (Jamie Foxx) è riuscito davvero a incarnare il corpo e l’anima dell’artista ritratto. L’infanzia, la cecità, il razzismo, il dolore, la capacità di superare ogni difficoltà grazie alla musica. Un biopic classico ma commovente, capace di vibrare tra gospel, blues e R&B, nel racconto di chi ha imparato a trasformare la sofferenza in arte. La storia travolge, la musica figurarsi, la prestazione di Foxx è impressionante per come riesce a riportare in scena il ritratto di Charles, tanto da valergli un Oscar come migliore attore. Forse qualche tocco risulterà un po’ idealizzato per rispecchiare le esigenze del cinema, ma questo è il film perfetto per chi ama le storie di riscatto, ancora meglio se raccontate attraverso l’arte.

    Walk the Line (2005)

    Con Walk the Line, James Mangold racconta la vita di Johnny Cash come una grande ballata country fatta di colpa, amore e redenzione. Joaquin Phoenix dà voce e corpo al “Man in Black” con intensità magnetica, mentre Reese Witherspoon (premiata con l'Oscar) riesce a portare sullo schermo un lato inedito di June Carter. Questo è un biopic nel senso più letterale del termine, un film che attraversa la vita del cantante, dall’ infanzia fino alle dipendenze a al riscatto di un uomo che ha trasformato il dolore in musica, ma sempre mantenendo al centro la storia d’amore più avvincente delle storia della musica pop. Consigliatissimo ai fan della musica di Cash, perfetto per chi cerca il lato più umano e tenero dietro la leggenda.

    Last Days (2005)

    Più che un biopic questo è il racconto di un’atmosfera asfissiante, del buio che circondò gli ultimi giorni di Kurt Cobain. Con Last Days Gus Van Sant firma uno dei suoi lavori più poetici e radicali, portando in scena la storia di Blake, alter ego del cantante dei Nirvana, toltosi la vita il 5 aprile del 1994. Il protagonista è ritratto in toni apatici, quasi come fosse un fantasma, tra silenzi e malinconia sospesa. Michael Pitt, in una delle sue prove migliori, prende sulle spalle un film che indaga il dolore, catturando la solitudine di un artista intrappolato nel proprio mito. Un film duro, non per tutti, ma consigliato a chi cerca un titolo che vada oltre il semplice biopic, capace di raccontare il buio di uno degli artisti più tormentati del rock.

    Control (2007)

    Anton Corbijn trasforma la tragedia di Ian Curtis in un bianco e nero di struggente bellezza. Sam Riley è straordinario nel ruolo del frontman dei Joy Division, un ragazzo fragile intrappolato tra l’arte, la malattia e la paura del successo. Ogni inquadratura sembra respirare il dramma e l’angoscia che circondava la figura di Curtis, tra i palazzi grigi di Manchester, le stanze spoglie, la distanza tra persone che non riescono più a parlarsi. Control non racconta una rockstar, ma il suo dolore e la depressione. Questo film è molto più di un semplice biopic, ma è cinema puro, fatto di musica, silenzi e sguardi. Come in Last Days l’atmosfera è claustrofobica, non consigliabile se cercate un titolo leggero, ma perfetto se volete un ritratto profondo e commovente di un anti-rockstar fragile e umana.  

    Io non sono qui (2007)

    Premessa doverosa, se cercate un biopic su Bob Dylan nel senso classico del termine, il consiglio è recuperare l’ottimo A Complete Unknown (2024), sempre che non l’abbiate già visto. Infatti, rispetto al film con Timothée Chalamet, in Io non sono qui Bob Dylan viene decostruito attraverso sei volti e sei anime che insieme compongono l’essenza di un artista inafferrabile. Cate Blanchett, Christian Bale, Heath Ledger, un cast che non cerca di riportare Dylan sullo schermo, ma di cogliere il cuore della sua poetica, dei personaggi delle sue canzoni, la libertà di essere continuamente altro da sé. Il film attraversa epoche, stili e linguaggi; è un esperimento audace, poetico, disorientante, ma anche incredibilmente fedele allo spirito del suo protagonista. Io non sono qui è per chi ama il cinema che apre porte su mondi impensabili e indefinibili, un viaggio dentro le metamorfosi infinite di un artista eterno. 

    Cadillac Records (2008)

    Con Cadillac Records, Darnell Martin ci porta nella Chicago anni Cinquanta, dove il blues diventa la voce di un’America che cambia. Adrien Brody è Leonard Chess, il fondatore dell’etichetta che lanciò Muddy Waters, Chuck Berry e Etta James. Con una versione da panico di At Last, Beyoncé regala una prova da attrice che andò oltre ogni previsione, straordinaria nei panni di Etta, capace di riportare la malinconia e che bruciò la cantante. Il film è un omaggio alle radici della musica moderna, un racconto corale che intreccia talento, dolore e discriminazione. È per chi ama i film che uniscono memoria e ritmo, perfetto per chi voglia scoprire le vere origini del rock and roll.

    Bohemian Rhapsody (2018)

    Oltre le righe, esagerato, maestoso, Bohemian Rhapsody è un film tale e quale al suo protagonista. Qui Freddie Mercury è ritratto a fondo, da un Rami Malek che riuscì a portare sullo schermo i lati più fragili e le insicurezze di uno dei frontman più potenti e carismatici di sempre. Una performance che valse all’attore protagonista l’Oscar del 2018, per un film che (nonostante qualche libertà narrativa sulla storia dei Queen) riesce a riportare pienamente la personalità di Mercury. Da applausi le scene in cui viene raccontato il concerto del Live Aid: cinema puro, sembra di essere a Wembley nel 1985. Un film che parla di libertà e identità, perfetto per chi cerca un ritratto larger-than-life come la voce del suo protagonista.

    Rocketman (2019)

    La storia di Elton John ma raccontata attraverso gli eccessi, i colori sfavillanti, i lati più teatrali del Baronetto della musica, ritratto nel suo lato più emotivo e nella sua immaginazione sfrenata. Più che un biopic questo è un musical vero e proprio, in cui l’attore protagonista Taron Egerton ha reinterpretato le canzoni più amate dai fan, Tiny Dancer, Your Song e, ovviamente,  Rocketman. Un film travolgente, che esplora la carriera e le cadute di Elton John, tra la fama planetaria e la solitudine del protagonista. Un film potente e realizzato con precisione, perfetto per chi ama il genere biopic ma nel suo lato più musicale e spettacolare.

    Elvis (2022)

    Solo Baz Luhrmann (Moulin Rouge, 2001)  poteva raccontare Elvis Presley con questa potenza visiva. Un film che è la perdizione di quella Las Vegas, la fama leggendaria e il suo lato oscuro, il luccichio del successo e le ombre della solitudine. Attraverso la performance impressionante di Austin Butler, Elvis diventa un caleidoscopio attraverso l’America che ha creato e distrutto il mito del Re, tra fan in delirio e il controllo ossessivo del suo manager, interpretato da Tom Hanks. Ogni scena è in equilibrio tra eccesso e malinconia, un musical barocco che restituisce il peso del mito e la fragilità dell’uomo. Elvis è per chi ama il cinema che osa, il melodramma rock che non ha paura di esagerare.

    Springsteen – Liberami dal nulla (2024)

    Bruce Springsteen non è solo il soggetto, ma l’anima stessa del racconto. Liberami dal nulla intreccia confessione e mito, portandoci dentro la mente di un artista che ha sempre trasformato la fragilità in forza e la provincia americana in poesia universale. Le immagini scorrono come una delle ballad del Boss, tra solitudine, fede e redenzione, fino a diventare un autoritratto sul senso di inadeguatezza e sulla grazia del ricominciare. È un film che parla di musica, certo, ma anche di chi cerca la libertà sapendo che non la troverà mai del tutto. Un film profondo che offre uno sguardo inedito su Springsteen, consigliato soprattutto a chi vuole scoprire il lato più fragile dell’artista “Born In The U.S.A”.

  • Plot twist! 10 film con colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan (senza spoiler)

    Plot twist! 10 film con colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan (senza spoiler)

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    I colpi di scena sono uno degli elementi che possono rendere un film memorabile. In alcuni casi, il colpo di scena è talmente efficace che il film si riduce a questo momento clou e nient’altro. In ogni caso, questa scelta creativa viene utilizzata per giocare con le emozioni degli spettatori e lasciarli esterrefatti. Ovviamente, se il colpo di scena funziona e non è telefonato.

    Questa lista di JustWatch vi propone 10 colpi di scena che hanno lasciato a bocca aperta i fan. Ho scelto i film non solo in base all'unicità dei colpi di scena, ma anche considerando l’impatto di questi twist sulla totalità del film. In poche parole, questi colpi di scena devono avere senso nella trama generale della pellicola e non essere utilizzati solamente come una facile mossa per impressionare. Non ci sono spoiler!

    1. Fight Club (1999)

    Fight Club è uno di quei film che è diventato un tutt'uno con il colpo di scena principale. Il classico di David Fincher è sulla bocca di tutti quando si parla di colpi di scena nei film ed è per questo che non poteva mancare dalla lista. Fight Club (1999) è un grande esempio di come utilizzare un colpo di scena al servizio della trama e non come effetto fine a sé stesso. Basta riguardarlo per capire come le premesse per il coup de théâtre iconico vengano costruite in sordina. In questo modo, quando il twist avviene, lo spettatore ricollega questi indizi velati e ricostruisce a posteriori ciò che ha portato a questo colpo di scena. Questa, però, rimane la forza di Fight Club (1999). Gli indizi sono solo visibili a posteriori, impedendo allo spettatore di prevedere il colpo di scena.    

    2. Audition (2000)

    Il colpo di scena in Audition è un violento pugno allo stomaco, come molti altri capolavori eccessivi di Takashi Miike. Questo cambiamento improvviso nella trama non solo porta alla luce la vera natura di uno dei personaggi principali. È un vero cambiamento di atmosfera, oltre che di genere. Se per una buona parte di Audition (2000) assistiamo quasi a una commedia romantica con qualche tocco drammatico, il colpo di scena che introduce l’epilogo è una sferzata verso l’horror che nessuno poteva aspettarsi. Per lo meno, non con quel tipo di sfrontatezza, neanche per un maestro degli spettacoli eccessivi come Miike. Dopo decenni, questo cult rimane tra i preferiti della filmografia del regista giapponese anche grazie a questo colpo di scena impensabile.

    3. Memento (2000)

    Il 2000 è stato un anno ricco di colpi di scena iconici. Dopo la svolta orrorifica in Audition (2000), ecco un altro carico di questa lista. Memento è il film che ha cambiato per sempre la carriera di Christopher Nolan, grazie a una trama intricata, momenti di tensione fuori dal comune e il caro vecchio colpo di scena. Qui, la svolta è fondamentale perché mette chiarezza sulla vita fuori dal comune che conduce il protagonista Leonard (Guy Pearce). A mio avviso, la potenza di questo colpo di scena non si cela solamente nell’informazione svelata agli spettatori. È la decisione di Leonard dopo la rivelazione a lasciare ancora più aperta la bocca già spalancata di chi sta vedendo Memento (2000) per la prima volta.

    4. Old Boy (2003)

    Il colpo di scena di Old Boy è brutale tanto quanto quello di Audition (2000), anche se meno sanguinoso. Il secondo film della trilogia della vendetta di Park Chan-wook è sicuramente rimasto nella mente di molti proprio per la svolta improvvisa che lascia tutti esterrefatti. Il colpo di scena è anche simile a quello in Memento (2000) perché mette luce, finalmente, su ciò a cui lo spettatore ha assistito fino a quel momento. Old Boy (2003) non è solo riducibile a questa svolta, ma brilla anche per la magnifica prova di method acting dell’attore protagonista Choi Min-sik e per l’impareggiabile regia ultra tecnica di Park Chan-wook. Come gli altri due film citati in questo paragrafo, Old Boy (2003) è una di quelle pellicole difficili da dimenticare.

    5. Crazy, Stupid, Love (2011)

    Crazy, Stupid, Love è l’unica pellicola non drammatica presente nella lista. Fino a prova contraria, infatti, la tecnica del colpo di scena non è utilizzata solo in film dalle atmosfere seriose. Tuttavia, è proprio il contrasto tra i toni da commedia romantica e il momento drammatico della svolta che vale a Crazy, Stupid, Love (2011) una menzione nella lista. Come per Old Boy (2003), tutto ciò che avviene prima del colpo di scena è fondamentale perché serve a costruire le premesse per lo shock della rivelazione. Il film con Steve Carell, Ryan Gosling ed Emma Stone rimane uno degli esempi meglio riusciti dell’utilizzo di un colpo di scena in un film non drammatico.

    6. Prisoners (2013)

    Con Crazy, Stupid, Love (2011) finiscono le risate vere e proprie, anche se non mancano momenti ilari nel giallo moderno più avanti Cena con delitto - Knives Out. Prisoners di Denis Villeneuve è agghiacciante tanto quanto Audition (2000) e tratta del tema della vendetta similmente a Old Boy (2003). La vana ricerca di un colpevole da parte del protagonista trova la sua conclusione nel colpo di scena, ma quest’ultimo ha un effetto distruttivo sullo spettatore. Infatti, pur risolvendo il mistero non placa la frustrazione provata fino a quel momento, ma la esaspera. Lasciatemelo dire,  Prisoners (2013) non è adatto agli impazienti ed è decisamente sconsigliato ai deboli di cuore.

    7. Predestination (2014)

    Con Predestination entriamo in territori sci-fi e lo facciamo con una trama alla Nolan, arzigogolata e spalmata su diversi piani temporali. Il film con Ethan Hawke e Sarah Snook contiene un colpo di scena che lascia completamente disorientati gli spettatori. Nonostante i salti temporali rendano intricata la comprensione della pellicola alla prima visione, la svolta che cambia le carte in tavola è come un fulmine a ciel sereno. Nonostante non sia famoso come altre pellicole nella lista, questo film è diventato pian piano un cult proprio grazie al geniale colpo di scena che altera la mente di chiunque lo veda.

    8. Scappa - Get Out (2017)

    Il colpo di scena in Scappa - Get Out è tra i più terrificanti e agghiaccianti della lista e potrebbe competere con Audition (2000) e Old Boy (2003). Al contrario di Predestination (2014), la svolta di Scappa - Get Out (2017) non è impensabile. Tutti gli ingredienti del film fanno capire allo spettatore che ci sia qualcosa che non vada. Nonostante tutti gli indizi, però, nessuno poteva aspettarsi una rivelazione così macabra da far accapponare la pelle. Qui, il colpo di scena corona l’atmosfera di costante disagio che si percepisce man mano che la trama si dipana. Come i migliori horror, le persone apparentemente “normali” sono in realtà i veri mostri.

    9. Cena con delitto - Knives Out (2019)

    Rispetto a Scappa - Get Out (2017), i toni tornano a distendersi leggermente con Cena con delitto - Knives Out (2019). Dopo vari successi in ambito sci-fi, Rian Johnson torna a scenari da film del mistero con successo planetario. Costruito come un tipico whodunit hitchcockiano, Cena con delitto - Knives Out (2019) è un film completo tra trama, cast, regia, fotografia e contenuti. Come ogni giallo che si rispetti, però, il colpo di scena deve fare da padrone lasciando tutti a bocca aperta. Nel caso del film di Johnson, la svolta è inaspettata e perfettamente costruita per saziare la voglia di verità dello spettatore.

    10. Parasite (2019)

    Parasite è molto più del suo colpo di scena, anche se quest’ultimo è tra i più inaspettati e riusciti di sempre. Girato da un altro regista, il film avrebbe puntato ancora di più sul colpo di scena. Tuttavia, la bravura smisurata di Bong Joon Ho rende la svolta di Parasite (2019) solo un altro dei tasselli dell’opera, a cui si aggiungono una non velata critica sociale, inquadrature da maestro e una trama ricca di tensione fin dagli inizi. Il colpo di scena del film aggiunge un altro strato alla storia ed è strettamente legato al tema delle disuguaglianze sociali, risultando quindi non fine a sé stesso ma parte integrante del messaggio finale del film.

  • Da Laurie Strode a Sidney Prescott: le 10 migliori final girl del cinema horror

    Da Laurie Strode a Sidney Prescott: le 10 migliori final girl del cinema horror

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Quanti horror abbiamo visto in cui le vittime erano giovani donne indifese perseguitate da serial killer brutali? Innumerevoli. Ma è vero anche che la storia del cinema horror è costellata di eroine. Le cosiddette final girl. Quei personaggi femminili, cioè, che alla fine di un film dell'orrore sono gli unici ad essere sopravvissuti alla follia omicida dei loro antagonisti. 

    Un termine coniato nel 1987 dalla studiosa di cinema americano Carol J. Clover nel suo articolo, Her Body, Himself: Gender in the Slasher Film, in cui analizzava quali erano gli elementi che le rendevano tali.

    Quello che appare lampante è come si siano evolute nel corso dei decenni. Una trasformazione che è andata di pari passo con quella della società. Se all'inizio, infatti, erano donne in pericolo messe in salvo dall'eroe di turno, con il passare del tempo hanno assunto una loro indipendenza tale da far sì che non ci fosse più bisogno di una controparte maschile pronta a trarle in salvo.

    Se siete curiosi di scoprire chi sono, JustWatch ha stilato la classifica delle 10 migliori final girl di tutti i tempi.

    10. Tree Gelbman (Jessica Rothe) - Auguri per la tua morte (2017)

    Prendete la struttura narrativa di Ricomincio da capo (1993) e aggiungete un serial killer degno di Ghostface in Scream. Se l'idea vi stuzzica allora non potete perdervi Auguri per la tua morte. Horror comedy con protagonista Jessica Rothe nei panni di Tree Gelbman, studentessa universitaria uccisa la sera del suo compleanno che, la mattina seguente, si risveglia intrappolata in un loop temporale per il quale rivive costantemente il suo ultimo giorno.

    Se inizialmente Tree è il prototipo della ragazza superficiale ed egocentrica, con il passare dei giorni (e delle morti), la vediamo trasformarsi e confrontarsi con le sue mancanze e difetti mentre cerca di scoprire l'identità del suo assassino. Una final girl la cui salvezza sta tutta nella consapevolezza interiore che la trasforma in un essere umano migliore e le permette di trovare la giusta via per la salvezza.

    9. Grace Maccaullay (Samara Weaving) - Finché morte non ci separi (2019)

    Famiglia che vai, tradizioni che trovi. Potremmo sintetizzare così la trama di Finché morte non ci separi, black comedy con protagonista Samara Weaving nei panni della novella sposa Grace Maccaullay. Ma da neo moglie a final girl il passo è brevissimo. Quello che il marito non le ha mai detto è che la sua famiglia, allo scoccare della mezzanotte del giorno delle loro nozze, si riunirà per un macabro nascondino in cui tutti cercheranno di ucciderla per scongiurare una maledizione che credono affligga la loro ricca casata.

    È così che Grace è costretta a trasformarsi nel giro di una manciata di minuti da giovane donna in pericolo a predatrice a sua volta, utilizzando armi improvvisate per combattere i suoi aggressori e sopravvivere alla notte più lunga della sua vita. Una final girl astuta che utilizza il suo ingegno per salvarsi e capovolgere la situazione da incubo in cui si è ritrovata suo malgrado.

    8. Ginny Field (Amy Steele) – L'assassino ti siede accanto (1981)

    Ginny Field è la seconda final girl della saga horror Venerdì 13 iniziata nel 1980 con il film omonimo che ha visto protagonista l'Alice Hardy di Adrienne King e proseguita con L’assassino ti siede accanto. Abbiamo scelto di inserire Ginny nella nostra classifica perché per salvarsi dal sanguinario Jason Voorhees utilizza il suo intelletto e la sua formazione in psicologia infantile per confonderlo e manipolarlo. 

    A cinque anni di distanza dal massacro di Crystal Lake, infatti, la ragazza lavora come consulente in un campo estivo ritrovandosi faccia a faccia con il serial killer al quale, indossando il maglione della madre defunta, farà credere di essere lei per convincerlo a deporre la sua arma e guadagnare tempo per poterlo colpire. Un classico del genere horror per una final girl da manuale.

    7. Ellen Ripley (Sigourney Weaver) - Alien (1979)

    Qualcuno potrebbe storcere il naso e pensare che il genere fantascientifico non si sposi bene con le final girl. Ma soffermatevi un attimo a pensare a Ellen Ripley, la protagonista della saga di Alien con il volto di Sigourney Weaver. È uno dei membri dell'equipaggio dell'astronave Nostromo che, nel 2122, è in viaggio verso la Terra.

    Sono tutti immersi in uno stato di ipersonno, almeno fino a quando non ricevono una chiamata di emergenza da un altro pianeta che finisce per tradursi in una tragedia causata da una creatura aliena, lo Xenomorfo. È così che Ripley si ritrova ad essere una final girl in piena regola. Ma non c'è destino o fortuna nella sua salvezza, bensì una mente razionale e uno spirito da leader che la guidano con la freddezza necessaria per affrontare la minaccia extraterrestre.

    6. Sally Hardesty (Marilyn Burns) - Non aprite quella porta (1974)

    La sua risata isterica e terrorizzata sul retro di un pick-up mentre, ricoperta di sangue, riesce a mettersi in salvo dalla follia omicida di Leatherface è una delle sequenze più celebri e iconiche del cinema horror. Sally Hardesty è, senza ombra di dubbio, una delle final girl più importanti e celebri mai apparse sul grande schermo. A differenza di molti altri personaggi femminili protagonisti di pellicole appartenenti al genere dell'orrore, quello interpretato da Marilyn Burns in Non aprite quella porta è al centro di un'agonia fisica e psicologica raccapricciante che le costerà molto in termini di salute mentale.

    Molto distante dalle eroine femminili contemporanee che hanno un maggior potere in termini di azione e decisioni, Sally appartiene a un'altra categoria. Quella delle vittime che non attaccano il loro aggressore. Ma l'orrore che vive sulla sua pelle è la testimonianza di un potere maschile patriarcale e sessista che ha agito incontrastato a lungo.

    5. Maxine Minx (Mia Goth) – X: A Sexy Horror Story (2022) e MaXXXine (2024)

    Con la trilogia di X, Ti West ci regala un omaggio a grandi classici dell'horror come Non aprite quella porta e Psyco (1960). Al centro del primo e dell'ultimo capitolo, X: A Sexy Horror Story e MaXXXine, c'è la final girl con il volto di Mia Goth.

    Stiamo parlando di Maxine Minx, giovane ragazza desiderosa di sfondare a Hollywood che, grazie alla sua ambizione e a una buona dose di cinismo ed egoismo, riesce a sopravvivere alle mire omicide di una coppia di anziani prima e di un serial killer poi. Ben lontana dall'essere una vittima innocente, Maxine incarna il ritratto di una final girl determinata e con un suo lato oscuro. È proprio la sua sete di popolarità a tenerla in vita e a fare di lei una delle più popolari final girl degli ultimi 20 anni.

    4. Jaime "Jay" Height (Maika Monroe) - It Follows (2014)

    Maika Monroe è il volto della final girl del XXI secolo. A guardare alla sua filmografia, da Watcher (2022) a Non siamo soli (2022) fino a Longlegs (2024), sono molti i film nei quali l'attrice ha vestito i panni della protagonista alle prese con serial killer ed entità aliene malefiche. Ma con It Follows ha incarnato la final girl moderna per antonomasia in un film impossibile da dimenticare.

    L'attrice interpreta Jay, una ragazza che dopo un incontro sessuale resta vittima di una maledizione che consiste nell'essere inseguita da un'entità soprannaturale che può assumere qualsiasi forma. L'unico modo per liberarsene è attraverso un altro rapporto intimo. Un film terrificante perché la paura è tutta giocata sul piano psicologico. Un horror audace, intelligente, originale che ci regala una final girl terrorizzata quanto combattiva che affronta la minaccia impalpabile grazie alla sua arguzia e all'aiuto di un gruppo di amici.

    3. Julie James (Jennifer Love Hewitt) – Il franchise di So cosa hai fatto (1997)

    Sul terzo gradino del podio non poteva che esserci Julie James, interpretata da Jennifer Love Hewitt, nel franchise slasher iniziato con So cosa hai fatto (1997). Un film nato sulla scia del successo di Scream che ha saputo, però, creare una propria mitologia dell'orrore. La storia è quella di un gruppo di amici che, involontariamente, investe e uccide un uomo. Il gruppo stringe quindi un patto per coprire la loro responsabilità. 

    Ma, a un anno di distanza dall'incidente, un assassino munito di uncino li perseguita in cerca di vendetta. L'attrice è comparsa anche nel sequel del 1998, Incubo finale, e nel quarto capitolo della saga, So cosa hai fatto (2025). Da eroina teen e final girl anni '90, Julie James si è trasformata con il tempo in una sorta di mentore o punto di riferimento per un nuovo gruppo di adolescenti perseguitati dal Pescatore, passando loro il (nefasto) testimone.

    2. Sidney Prescott (Neve Campbell) - Il franchise di Scream

    Un anno prima di So cosa hai fatto, il pubblico ha fatto la conoscenza di quella che a tutti gli effetti è la reginetta delle final girl anni '90: Sidney Prescott. È lei la protagonista di Scream, saga slasher in cui un serial killer con la maschera di Ghostface tenta di ucciderla più e più volte. Non prima, però, di averla minacciata o provocata attraverso ripetute telefonate.

    Sidney, interpretata da Neve Campbell, è l'eroina che rifiuta l'etichetta di vittima e che resiste ai numerosi tentativi di omicidio grazie a una conoscenza profonda delle dinamiche horror. Una sopravvissuta che non si è lasciata spezzare dal male e dai traumi e che alla fuga ha sempre preferito il confronto con i suoi aggressori. Un modello per qualsiasi altra final girl futura.

    1. Laurie Strode (Jamie Lee Curtis) - Il franchise di Halloween

    Non poteva che essere Laurie Strode a svettare sul primo gradino del podio dedicato alle migliori final girl di tutti i tempi. La protagonista della saga di Halloween iniziata nel 1978,  interpretata da Jamie Lee Curtis, è l'esempio principe quando si parla di eroine horror.

    Da adolescente innocente braccata dal serial killer psicopatico che risponde al nome di Michael Myers, capitolo dopo capitolo, Laurie si trasforma in una combattente che non arretra di un centimetro per difendere se stessa o le persone che ama. Per arrivare a quella forza e consapevolezza, però, la donna attraversa un periodo caratterizzato da un forte stress post-traumatico e dall'alcolismo. Sarà la trilogia finale diretta da David Gordon Green, iniziata nel 2018, a permetterle una risalita emotiva che, a distanza di quasi 50 anni dal primo capitolo fa di lei ancora la final girl per eccellenza.

  • Da “A Knight of the Seven Kingdoms” a “Blade Runner 2099”: le serie TV più attese del 2026

    Da “A Knight of the Seven Kingdoms” a “Blade Runner 2099”: le serie TV più attese del 2026

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Puntuale come il ritorno in ogni stazione radio di All I Want for Christmas is You di Mariah Carey con l'arrivo del primo freddo, è arrivato quel momento dell'anno in cui si guarda a quello che arriverà per scoprire di quali nuove storie e personaggi faremo la conoscenza. 

    Se avremo la fortuna di tornare al Pittsburgh Trauma Medical Center al fianco del dottor Robby di Noah Wyle per la seconda stagione di The Pitt (2024), scoprire nuovi segreti sul passato dell'agente Xavier Collins di Sterling K. Brown in Paradise (2025) e sul campo da calcio con Jason Sudeikis per The Lasso 4 (2026), è anche vero che ci attendono nuove serie TV. Viaggeremo in mondi antichissimi e nel futuro, torneremo in cittadine infestate da vampiri e conosceremo più da vicino i dettagli di una storia d'amore romantica quanto tragica.

    Se vuoi scoprire di quali titoli di tratta, JustWatch ha stilato la classifica delle serie TV più attese del 2026.

    1. A Knight of the Seven Kingdoms

    Dopo Il trono di spade (2011-2019) e House of the Dragon (2022) è arrivato il momento del terzo adattamento televisivo de Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin basato sui racconti “Tales of Dunk” e “Tales of Egg”. Si tratta di A Knight of the Seven Kingdoms , serie composta da sei episodi che vedrà come protagonisti Ser Duncan l'Alto (Peter Claffey) e il principe Aegon Targaryen (Dexter Sol Ansell) che si nasconde dietro la falsa identità dello scudiero Egg.

    Ambientata circa un secolo prima degli eventi de Il trono di spade, di cui funge da prequel, la serie avrà un taglio on the road seguendo i due protagonisti nelle loro peregrinazioni e racconterà un periodo di pace permettendo di scoprire un lato inedito dei Sette Regni. Niente draghi nei cieli e un tono più leggero che, invece di concentrarsi su intrighi e lotte per il potere, avrà un'atmosfera più intima.

    2. American Love Story

    Primo capitolo del nuovo spin-off antologico firmato da Ryan Murphy, American Love Story ci mostrerà il dietro le quinte di una delle relazioni più glamour e tragiche del XX secolo. Quella tra John F. Kennedy Jr. (Paul Kelly) e Carolyn Bessette (Sarah Pidgeon), l'erede della più celebre dinastia statunitense e la pubblicitaria membro dell'élite di New York.

    Una relazione vivisezionata dai media e conclusasi con la loro morte dovuta a un fatale incidente aereo. Dopo l'horror con American Horror Story (2011) e il crime con American Crime Story (2018), questa volta Murphy punta sull'amore. Ma dietro la patina romantica ci sarà sicuramente una critica all'ossessione di stampa e opinione pubblica per le vite private dei volti noti attraverso una delle coppie più famose degli anni '90. Nel cast anche Naomi Watts nei panni di Jacqueline Kennedy Onassis.

    3. VisionQuest

    In questi anni la Marvel ci ha abituati a serie TV da generi e toni sempre diversi, esempio dell'attenzione a voler diversificare il più possibile per regalare al pubblico esperienze originali. Ora con VisionQuest si appresta a svelare un altro lato ancora del suo universo. Spin-off di WandaVision (2021) e conclusione della trilogia proseguita con Agatha All Along (2024), la serie è la numero 18 del MCU e vede Paul Bettany tornare a vestire i panni di Visione i cui ricordi sono stati ripristinati dopo essere stato fatto tornare in vita nel finale dello show con Elizabeth Olsen.

    Creata da Terry Matalas, già nome dietroStar Trek: Picard (2020), la serie sarà un viaggio alla ricerca della propria identità da parte del protagonista sorretta da un tono più filosofico. Secondo le prime indiscrezioni ogni episodio dovrebbe avere uno stile diverso proprio come WandaVision in ogni puntata rendeva omaggio a un'epoca diversa delle sitcom americane 

    4. Blade Runner 2099

    Ambientata 50 anni dopo Blade Runner 2049 (2017), Blade Runner 2099 espande ulteriormente l'universo sci-fi immaginato da Ridley Scott con il cult del 1982. La serie vede protagoniste Michelle Yeoh nei panni di Olwen, una replicante alla fine della sua vita, e Hunter Schafer in quelli di Cora, giovane donna che cambia continuamente identità fino a quando non scopre che il fratello è in pericolo.

    Una serie indubbiamente molto attesa visto il peso che il franchise ricopre nell'immaginario collettivo. A far ben sperare la presenza di Scott come produttore esecutivo, mentre la showrunner è Silka Luisa che aveva già avuto modo di farsi notare con la serie Shining Girls (2022). Nel cast anche il nostro Maurizio Lombardi.

    5. Spider-Noir

    Nicolas Cage e Spider-Man. Un'accoppiata decisamente insolita. Eppure Spider-Noir si appresta ad essere una delle serie più attese del 2026. Ambientato in una versione alternativa di New York City negli anni '30, lo show segue l'anziano investigatore privato e supereroe sfortunato ai tempi della Grande Depressione. Otto episodi intrisi di noir che immergono le atmosfere classiche del fumetto in un contesto del tutto inedito.

    Inoltre, la serie sarà disponibile sia a colori che in bianco e nero così da restare quanto più possibile fedele al genere d’appartenenza. Non aspettatevi battaglie tra i grattacieli della Grande Mela, ma un racconto debitore del cinema e della letteratura hard boiled che al ritmo forsennato preferisce un respiro lento. Nel cast anche Lamorne Morris e Brendan Gleeson.

    6. Buffy the Vampire Slayer: New Sunnydale

    Non chiamatelo reboot! Sarah Michelle Gellar ha sottolineato più volte che Buffy the Vampire Slayer: New Sunnydale è una prosecuzione della serie di fine anni '90. Un ritorno che fa battere il cuore a qualsiasi spettatore che in quegli anni è stato adolescente ed è cresciuto con il teen drama soprannaturale con protagonista la Cacciatrice.

    L'attrice, anche produttrice esecutiva insieme a Dolly Parton, torna a vestire i panni del suo leggendario personaggio, ma questa volta sarà una mentore chiamata a guidare una nuova prescelta, Nova (Ryan Kiera Armstrong). Nora e Lila Zuckerman, già acclamate per Poker Face (2025), prendono il posto di Joss Whedon come showrunner, mentre alla regia dell’episodio pilota c'è il premio Oscar Chloé Zhao. Esattamente come la serie originale, anche qui la giovane protagonista sarà affiancata da un gruppo di amici e personaggi ricorrenti.

    7. Lanterns

    Se vieni descritta come la True Detective (2014) dell'Universo DC, è impossibile non attirare l'attenzione del pubblico. Stiamo parlando di Lanterns, serie TV con protagonisti i personaggi di Lanterna Verde, Hal Jordan (Kyle Chandler) e John Stewart (Aaron Pierre), chiamati a indagare su un omicidio in Nebraska che li porta a scoprire un mistero di vasta portata.

    Otto episodi molto attesi che mescoleranno le atmosfere crime e cupe tipiche del poliziesco con quelle della mitologia legata ai fumetti DC. Alla guida della serie in veste di showrunner Chris Mundy, produttore e sceneggiatore di Ozark (2017) e della già citata True Detective, che ha creato lo show insieme a Damn Lindelof (Lost, 2004) e il fumettista Tom King.

  • “Il diavolo veste Prada 2” e altri legacy sequel imperdibili

    “Il diavolo veste Prada 2” e altri legacy sequel imperdibili

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

     Il Diavolo ri-veste Prada. L’attesa è alle stelle per il secondo capitolo de Il Diavolo veste Prada (2006), le cui riprese sono ancora in corso. L’uscita nelle sale è prevista il 1 maggio 2026, con il ritorno del cast originale: Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley Tucci. Da poco è stato anche annunciato un secondo capitolo di Sognando Beckham (2002), il cult che lanciò Keira Knightley e di Parminder Nagra.

    In questo caso, non è ancora noto se le attrici riprenderanno i loro ruoli. Ma cosa accomuna questi due film? L’essere dei “legacy sequel”. Non dei semplici sequel, in quanto pur riprendendo le storie delle precedenti pellicole a distanza di molti anni (addirittura anche trenta), si concentrano spesso su nuovi personaggi. Non sono allo stesso tempo nemmeno dei remake, in quanto tengono conto degli eventi raccontati in precedenza, e soprattutto riportano in scena gli stessi attori nei loro ruoli iconici. Nella Hollywood degli ultimi anni, e non solo, è un continuo proliferare di produzioni di questo tipo.

    Si parte dall’effetto nostalgia, che fa leva su un brand ben definito per richiamare i fan dal passato e allo stesso tempo ci si pone l’obiettivo di agganciare il pubblico dei nostri giorni attraverso l’introduzione di nuovi personaggi. Il passato e il presente si confrontano, e il passaggio di testimone tra generazioni è un elemento chiave. Nella nostra lista qualche esempio di “legacy sequel”, dal precursore Il colore dei soldi (1986) a Star Wars: Il risveglio della forza (2015). Soprattutto dove guardarli in streaming grazie alla nostra guida JustWatch, in attesa dei nuovi capitoli de Il Diavolo veste Prada e Sognando Beckham.

    Top Gun: Maverick (2022)

    Tra i più grandi incassi cinematografici nell’era post-covid, Top Gun: Maverick (2022) è un grande esempio di legacy sequel. A 36 anni da Top Gun (1986) ritroviamo Pete “Maverick” Mitchell (Tom Cruise), alle prese con la formazione di una nuova generazione di piloti. Tra le new entry Miles Teller, che interpreta Bradley, il figlio di Nick “Goose” Bradshaw, il migliore amico di Maverick, e Jennifer Connelly, che farà breccia nel cuore del protagonista. Un film con spettacolari sequenze d’azione aeree, che volutamente richiama quegli elementi che hanno fatto amare la precedente pellicola e allo stesso tempo guarda al futuro, specialmente con i nuovi personaggi. Chi ha amato il primo capitolo non può perderlo. Così come non può sottrarsi chi è alla ricerca di un buon film d’azione, capace di offrire un’esperienza coinvolgente, spaziando anche in momenti commoventi.

    Creed – Nato per combattere (2015)

    Spin-off di Rocky (1976), segue le vicende di Adonis Johnson (Michael B. Jordan), figlio illegittimo di Apollo Creed, che pur non avendo conosciuto il padre decide di seguirne le orme. Per allenarsi si affida a Rocky Balboa (Sylvester Stallone), ritiratosi da tempo, intraprendendo in una dura battaglia sul campo, e soprattutto a livello personale, per costruirsi una carriera di tutto rispetto. È una lettera d’amore al franchise, e allo stesso tempo è in grado di emozionare anche chi non si è mai approcciato ai film con Stallone. Un film che sarà apprezzato dagli amanti delle storie di riscatto, con un pizzico d’azione.

    Independence Day – Rigenerazione (2016) 

    Era il 1996 quando approdava nelle sale Independence Day. Esattamente vent’anni dopo arriva un sequel del kolossal sci-fi, nuovamente diretto da Roland Emmerich, tra i massimi esperti di disaster movie. Stavolta l’umanità è alle prese con una minaccia aliena più grande e il prezzo da pagare potrebbe essere più alto del solito per uscirne vincitori. Una storia imperdibile per gli appassionati di fantascienza, che riporta in scena vecchi protagonisti e ne introduce di nuovi. Chi ha apprezzato il film precedente si divertirà sicuramente, così come gli amanti delle pellicole che puntano sull’intrattenimento, ricche di effetti speciali, decisamente più d’impatto rispetto al passato.

    Bad Boys for Life (2020)

    Terzo capitolo del franchise Bad Boys, rimasto dormiente per quasi vent’anni, la storia vede il ritorno di Will Smith e Martin Lawrence nei panni dei due amatissimi detective protagonisti. Michael Bay abbandona la regia lasciando il testimone a Adil El Arbi e Bilall Fallah. L’intenzione era quella di richiamare la gloriosa operazione produttiva delle precedenti due pellicole. Il risultato potrebbe lasciare qualcuno perplesso, ma nel complesso si tratta di un action movie leggero, che intrattiene. Sicuramente consigliato a un pubblico giovane che vuole avvicinarsi alla saga, e agli amanti di “popcorn movies”alla Fast & Furious.

    Blade Runner 2049 (2017)

    È il sequel di Blade Runner (1982), tra i migliori film di fantascienza mai realizzati. Da Ridley Scott il testimone passa a Denis Villeneuve, il prossimo regista del James Bond targato Amazon MGM. A trent’anni dagli eventi del precedente capitolo, l’ufficiale K (Ryan Gosling), un blade runner della polizia di Los Angeles, riporta in luce un segreto che rischia di scatenare il caos e che lo costringe a scovare Rick Deckard (Harrison Ford). Una nuova avventura emozionante che riporta sullo schermo i replicanti, le atmosfere e i toni di una pellicola che inizialmente fu un flop e che venne rivalutata con il tempo, trasformandosi in un cult. Confronti generazionali a parte, è altamente consigliato di recuperare l’opera di Scott prima di guardare ciò che Villeneuve ha realizzato trentacinque anni dopo.

    Star Wars: Il risveglio della forza (2015)

    Primo capitolo della nuova saga di Guerre Stellari dopo l’acquisizione della LucasFilm. Con la regia di J.J. Abrams, si svolge trent’anni dopo Il ritorno dello Jedi (1983), riportando sullo schermo personaggi storici della saga, come Han Solo, Leia Organa e Luke Skywalker, e introducendo una nuova generazione, da Rey al villain Kylo Ren. È un buon “legacy sequel”, in quanto riesce a guardare al passato e allo stesso tempo ad aprirsi al futuro.

    Tron: Legacy (2010)

    L’esordio alla regia di un lungometraggio di Joseph Kosinski. Poco più di dieci anni prima dal suo Top Gun: Maverick (2022), si cimenta nel girare il secondo capitolo di Tron (1982), in cui riporta in scena i protagonisti originali, Jeff Bridges e Bruce Boxleitner. A 27 anni dagli eventi del primo film, si seguono le vicende di Sam Flynn, il figlio di Kevin (Bridges), che nell’indagare sulla scomparsa del padre si ritrova catapultato nel mondo dove è rimasto catapultato per vent’anni. È l’inizio di un incredibile viaggio dove i protagonisti saranno sospesi tra la vita e la morte. Come suggerito dal titolo, il discorso relativo all’eredità è centrale nel racconto, proprio attraverso quel rapporto padre-figlio che è il motore degli eventi. Più legacy sequel di così!

    Spider-Man: No Way Home (2022)

    Il terzo capitolo della saga cinematografica con Tom Holland nei panni nell’Uomo Ragno è un legacy sequel di due film ben precisi. Riprende infatti gli eventi del terzo film della trilogia diretta da Sam Raimi, Spider-Man 3 (2007), e del secondo capitolo di quella di Marc Webb, The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro (2014), riportando in scena alcuni tra gli interpreti originali, in primis Tobey Maguire e Andrew Garfield. Il rischio di combinare un pasticcio era elevatissimo, ma l’effetto nostalgia è davvero emozionante. I brividi nel rivedere il villain Green Goblin di Willem Dafoe, il Dottor Octopus di Alfred Molina, ma anche l’Electro di Jamie Foxx, ma sono tanti i momenti divertenti.

    Il colore dei soldi (1986)

    È considerato il padre dei legacy sequel. Diretto da Martin Scorsese, riprende la storia de Lo Spaccone (1961)e vede il ritorno di Paul Newman nei panni di Eddie Falson. L’idea di realizzare il progetto arrivò dallo stesso Newman, una volta messo mano sull’omonimo romanzo di Walter Tevis, che proseguiva le vicende raccontate nel precedente lavoro. Nel film si affianca a un giovane Tom Cruise, allora astro nascente della cinematografia internazionale, e la sua interpretazione gli ha fatto ottenere il suo unico Oscar. Un concreto passaggio di testimone, anche sullo schermo con una storia che mette in scena il rapporto tra passato e futuro.

  • TarantinoVerse: tutti i film di Quentin Tarantino ambientati nello stesso universo (e come riconoscerli)

    TarantinoVerse: tutti i film di Quentin Tarantino ambientati nello stesso universo (e come riconoscerli)

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Gangster che citano la Bibbia, cowboy dalla D muta, assassine dal nome di serpente e assetate di vendetta: nei suoi film Quentin Tarantino ha creato dei veri e propri universi, ciascuno abitato da personaggi indimenticabili, raccontati attraverso scene diventate pietre miliari nella storia del cinema.

    Ma quello che forse alcuni non sanno, è che questi universi sono collegati tra loro. Non esplicitamente come accade nel mondo Marvel, con titoli crossover o sequel, il filo rosso qui è più sottile. Piccoli dettagli, cognomi che ritornano, brand fittizi amati dai protagonisti, talvolta anche la Storia (quella con la S maiuscola) che prende pieghe diverse da come la conosciamo.

    E quindi, cosa collega Mr. Blonde a Shosanna? Bellatrix ha qualche connessione con Jules Winnfield? Procediamo con calma, e facciamo un po’ di ordine. D’altronde, è stato lo stesso Tarantino a raccontare che il suo universo è diviso in due mondi distinti…

    Il “TarantinoVerse” spiegato semplice: due mondi in uno

    Per capire meglio come funziona l’universo di Tarantino, bisogna riprendere una sua intervista rilasciata nel 2017, quando lo stesso regista raccontò come distinguere i due livelli narrativi che esistono nei suoi film.

    Da una parte abbiamo il cosiddetto “Realer-than-Real World”, il mondo “più reale del reale”. Qui incontriamo personaggi e storie che, per quanto improbabili, si muovono dentro una realtà simile alla nostra. Gangster dai nomi “colorati”, cacciatori di taglie o di nazisti, figure che – almeno in teoria – sarebbero potute esistere nel nostro mondo.

    Il secondo livello, invece, è più chiamato “Movie-Within-a-Movie Universe”, e qui il discorso si fa più complicato. Questi film – volutamente esagerati, quasi fumettistici – sono i film che i personaggi del primo universo andrebbero a vedere al cinema. Per intenderci meglio, questo è un universo di vampiri assetati di sangue, katane e arti marziali contro ogni legge della fisica, nulla di lontanamente reale. E come noi andiamo al cinema a gustarci un horror o un film d’azione, lo stesso varrebbe per Vincent Vega con Dal tramonto all’alba.

    Quali film fanno parte dei due universi?

    Fatta questa distinzione, vediamo quindi quali sono i film che appartengono a ciascun universo.

    Il mondo Realer-than-Real World: qui troviamo i personaggi che vivono in un mondo vicino al nostro, “reale” (o quasi). I film ambientati in questo universo sono:

    • Le Iene (Reservoir Dogs)
    • Pulp Fiction
    • Una vita al massimo ( True Romance, scritto da Tarantino)
    • Grindhouse - A prova di morte (Death Proof)
    • Bastardi senza gloria (Inglourious Basterds)
    • Django Unchained
    • The Hateful Eight
    • C’era una volta… a Hollywood (Once Upon a Time... in Hollywood)

    Il mondo Movie-Within-a-Movie Universe: qui ci sono i titoli che nel primo universo potrebbero esistere solo come finzione. In questo universo si ambientano:

    • Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2
    • Dal tramonto all’alba (From Dusk Till Dawn)
    • Natural Born Killers (sceneggiato da Tarantino, poi riscritto da Oliver Stone)

    Piccola nota a margine, Jackie Brown. Infatti, nonostante l’inconfondibile stile cinematografico e narrativo, questo film è considerato “autonomo”, ovvero non appartenente a nessuno dei due universi del “Tarantino Verse”, in quanto si tratta di un adattamento dal romanzo di Elmore Leonard.

    Quali sono i collegamenti? Nomi, famiglie e… hamburger

    Ora che sappiamo quali film appartengono a ciascun universo, bisogna chiarire un altro punto. Nei film di Tarantino non vedremo mai Django cavalcare con il tenente Aldo Raine, né la Sposa di Kill Bill tagliare la testa a qualche vampiro in Dal tramonto all’alba. Nessuna alleanza spettacolare in stile Iron Man e Thor.

    Nelle pellicole tarantiniane i collegamenti tra film (e universi) sono sottili, quasi invisibili, eppure ci sono, nascosti tra piccoli dettagli, spesso impercettibili dopo una sola visione, ma che creano un senso di continuità attraverso tutta l’opera del regista. Come? A volte tramite un cognome, altre con citazioni, persino marche di hamburger…

    Le famiglie che tornano da un film all’altro: in molti casi, Tarantino ha creato delle vere e proprie “dinastie” di personaggi, che vivono in film diversi ma che (forse) appartengono alla stessa famiglia.

    • I Vega: Vic Vega, alias Mr. Blonde di Le Iene, è il fratello maggiore di Vincent Vega, il gangster interpretato da John Travolta in Pulp Fiction. Tarantino aveva persino immaginato uno spin-off su di loro, purtroppo mai realizzato.
    • Gli Scagnetti: in Le Iene viene nominato Seymour Scagnetti, ufficiale di sorveglianza di Mr. Blonde. In Natural Born Killers, film scritto da Tarantino, appare Jack Scagnetti, poliziotto violento e vendicativo. Due poliziotti, stesso cognome, entrambi con un senso molto “personale” della legge e dell’ordine.
    • I Koons: in Pulp Fiction, il Capitano Koons (interpretato da Christopher Walken) racconta la storia dell’orologio di famiglia nascosto nel posto più impensabile. In Django Unchained, ambientato un secolo prima, uno dei criminali che Django uccide si chiama Craig Koons. Forse un antenato del Capitano?
    • I Nash, uno dei nomi più sfortunati del “TarantinoVerse”. Si parte con Marvin Nash, il poliziotto torturato dal Mr. Blonde interpretato da Michael Madsen ne Le Iene, sulle note di Stuck in the Middle with You. Ma il cognome Nash ritorna anche in Natural Born Killers, dove un altro Nash viene citato come una vittima dei protagonisti, e in Django Unchained, dove un fuorilegge con lo stesso nome fa una fine simile. Cambiano i tempi e le storie, ma i Nash, in un modo o nell’altro, finiscono sempre male.

    I marchi inventati che fanno da filo conduttore: ma non soltanto personaggi, perché Tarantino ha anche riempito i suoi film di brand o prodotti immaginari, che i personaggi consumano o citano nei dialoghi.

    • Big Kahuna Burger, il fast food hawaiano da cui arriva il celebre hamburger che Jules assaggia in Pulp Fiction. Ma la stessa catena è citata anche in Grindhouse, Dal tramonto all’alba e C’era una volta… a Hollywood.
    • Red Apple Cigarettes, il marchio di sigarette preferito da molti personaggi tarantiniani. Le troviamo fumate in Pulp Fiction, pubblicizzate in C’era una volta… a Hollywood, e persino citate in spagnolo in The Hateful Eight.
    • Fox Force Five, la serie tv mai andata in onda in cui Mia Wallace racconta di aver recitato in Pulp Fiction. La trama dell’episodio pilota sembra la scenografia di Kill Bill scritta ante-litteram: «cinque donne letali, ognuna con una specialità diversa».

    Tarantino riscrive la Storia (a modo suo)

    Ma le curiosità riguardanti il lavoro di Tarantino non finiscono qui. Oltre a collegare universi cinematografici, il regista ha creato mondi ucronici, film in cui la Storia come la conosciamo viene riscritta. Infatti, se da una parte questi film sono ambientati nel mondo “reale”, dall’altra Tarantino qui immagina un passato alternativo, più “cinematografico” per così dire.

    Prendiamo come esempio Bastardi senza gloria, dove Hitler e i suoi uomini vengono uccisi durante un attentato in un cinema parigino – metafora della potenza della settima arte?. E ancora, Django Unchained, in cui Tarantino prende una delle pagine più buie della storia americana e la ribalta: uno schiavo fugge dalla sua condizione, armato fino ai denti, e si vendica dei padroni che lo avevano ridotto in catene.

    Infine, in C'era una volta... a Hollywood, il regista riscrive uno dei capitoli più cupi della cronaca degli anni Sessanta, la strage compiuta dalla Manson Family. Nel mondo di Tarantino, Sharon Tate e i suoi amici vengono salvati da Rick Dalton e Cliff Booth, due personaggi immaginari, che quasi senza volerlo riscrivono il finale di quella notte.

    Il film finale: chiusura o nuovo inizio?

    Ora che sappiamo tutto (o quasi) dei dettagli che collegano gli universi e i personaggi di Tarantino, veniamo alla domanda delle domande. Tarantino tirerà mai i fili che collegano i suoi mondi? Magari nel suo attesissimo “ultimo film” di cui da anni si parla?

    Il regista, infatti, ha spesso parlato di The Movie Critic, il progetto che avrebbe dovuto essere il suo decimo e ultimo (?) film. Un titolo che tiene svegli la notte tutti gli appassionati di cinema e che, ovviamente, non poteva che scatenare rumors e congetture tra i fan.

    Sarà qui che il regista collegherà finalmente il "Realer-than-Real World" e il "Movie-Within-a-Movie Universe" come in una sorta di Avengers: Endgame? (perdonate il paragone). Oppure si tratterà di un’ultima storia indipendente, in cui il regista aggiungerà qualche dettaglio nascosto, lasciando le trame aperte, come è tipico del suo stile?

    Risposte non ne abbiamo, almeno non ancora, quindi meglio riguardarci tutti i suoi film, e qui sotto trovate tutte le informazioni su come rivederli e, magari, cercare nuovi collegamenti nel “TarantinoVerse”. Buona visione!

  • Da “The White Lotus” a “Succession”: le 10 migliori dark comedy da non perdere

    Da “The White Lotus” a “Succession”: le 10 migliori dark comedy da non perdere

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Chi l'ha detto che argomenti profondi e complessi come la violenza domestica, i traumi o la rabbia repressa non possono essere raccontati con una chiave comica? Fortunatamente esistono le dark comedies che, tra satira e umorismo nero, portano sul piccolo schermo una varietà di storie complesse e sfaccettate.

    Forse, seppur nella loro estremizzazione, ancor più simili alla vita reale. O perlomeno alle emozioni contrastanti che, prima o poi, viviamo tutti. Un genere tra i più popolari che ci ha regalato personaggi entrati a far parte della storia del piccolo schermo, da Kendall Roy in Succession a Tanya McQuoid in The White Lotus. JustWatch ha stilato la classifica delle migliori 10 dark comedies da vedere.

    10. Bad Sisters (2022)

    Se avete riso a crepapelle guardando Derry Girls (2018), sapete quanto possono essere divertenti le serie irlandesi. In Bad Sisters, oltre all'umorismo dark, si aggiunge una componente da dramma familiare e una da thriller. Al centro la storia delle cinque sorelle Garvey, da sempre protettive l'una con l'altra, che decidono di uccidere l'ossessivo, abusivo e manipolatore marito di una di loro. La serie si svolge su due piani temporali. Da un lato il presente con le indagini di una coppia di assicuratori che non vogliono pagare l'indennizzo, dall'altro il passato che mostra i vari tentativi di omicidio. Uno show che porta all'estremo tematiche molto attuali, dalla violenza domestica all'oppressione psicologica fino alla solidarietà femminile. Sempre oscillando, nelle sue due stagioni da 19 episodi di circa un'ora, tra parentesi drammatiche e altre esilaranti. Da vedere se sei fan di Big Little Lies – Piccole grandi bugie (2017).

    9. The End of the F***ing World (2017)

    Essere adolescenti può essere davvero complicato. Specie se sei convinto di essere uno psicopatico o sei annoiata dalla vita come i protagonisti di The End of the F***ing World. Ispirata alla graphic novel di Charles Forsman, la serie vede i due giovani decidere di fuggire dalle rispettive quotidianità per intraprendere un viaggio che li porterà a vagabondare per l'Inghilterra, tra incontri e situazioni improbabili. Ti affezionerai a James e Alyssa, due ragazzini profondamente soli alla disperata ricerca di una connessione. Un coming of age bizzarro, ironico, surreale, malinconico accompagnato da una grande colonna sonora che spazia da Graham Coxon a Bettye Swan, che tra voiceover, satira sociale e racconto delle criticità adolescenziali rapisce nelle sue due stagioni da 16 episodi che non raggiungono la mezz'ora. Imperdibile se hai apprezzatoI Am Not Okay With This (2020).

    8. Search Party (2016)

    Search Party andrebbe vista anche solo per la brillante interpretazione di Alia Shawkat nei panni della protagonista Dory. Una ventenne che non sa bene cosa fare della sua vita e si butta a capofitto a indagare sulla scomparsa di una sua compagna di università, coinvolgendo tre riluttanti amici. Ma la serie merita la visione anche per la sua capacità di evolversi e reinventarsi nel corso delle sue cinque stagioni. Un totale di 50 episodi di circa 20/30 minuti in cui si passa da atmosfere poliziesche a noir, dal thriller psicologico al procedurale mantenendo sempre intatto il suo tono da commedia dark. Tra i suoi punti di forza la critica a una società sempre più ossessionata dal proprio io e dalla fama. Da recuperare se hai adorato Only Murders in the Building (2021) e Dead to Me - Amiche per la morte (2019).

    7. Barry (2018)

    Anche i killer su commissione hanno passioni slegate alla professione. È il caso di Barry Berkman, l'ex marine diventato sicario a basso costo con il volto di Bill Hader. È lui il protagonista di Barry, spassosa dark comedy che vede l'uomo cercare di lasciare alle spalle il suo passato violento quando scopre di avere un talento per la recitazione. Quattro stagioni – da 32 episodi complessivi da 25/35 minuti – in cui lo show indaga la psiche del suo protagonista diviso tra i fantasmi della sua vita precedente e le difficoltà di restare in equilibrio tra due realtà che non devono incontrarsi. A rendere il tutto ancora più comico la presenza di Henry Winkler nei panni di Gene Cousineau, l'insegnante di recitazione estroso e melodrammatico del protagonista. Alla comicità, la serie contrappone però anche una riflessione sul cambiamento e la redenzione. Da recuperare se hai amato Killing Eve (2018) e Better Call Saul (2015).

    6. Beef - Lo scontro (2023)

    Un incidente stradale è la miccia che dà il via a Beef - Lo scontro. Una diapositiva di tutta la rabbia repressa che tratteniamo nel nostro quotidiano. Solo che i due protagonisti, un appaltatore di poco successo e una piccola imprenditrice, decidono di non ingoiare il rospo e dare il via a una faida che li porterà a raggiungere punte inverosimili. Protagonisti gli ottimi Steven Yeun e Ali Wong per una serie che parla di traumi, fallimento, frustrazione e autodistruzione. Il tutto mentre danno libero sfogo alla parte peggiore di loro stessi o a momenti di pura fragilità. Una serie emotivamente simile alle montagne russe dove il desiderio di vendetta va a braccetto con l'ossessione e il peso delle aspettative sociali sulle nostre vite. In attesa della seconda stagione con protagonisti Carey Mulligan, Oscar Isaac, Charles Melton, Cailee Spaeny e Youn Yuh-jung, puoi recuperare i 10 episodi del primo capitolo. Specie se tra le tue serie preferite ci sono titoli come Fargo e Killing Eve (2018).

    5. You’re the Worst (2014)

    Prendete due persone irrisolte, egocentriche e con tendenze autodistruttive e immaginate che inizino una relazione che non prevede nessuna implicazione sentimentale. Ma che poi, contro ogni previsione, quel rapporto si evolva in qualcosa di più profondo. È da questa premessa che prende il via You're the Worst, una piccola gemma che si diverte a smontare uno per uno i cliché delle commedie romantiche. Attraverso Jimmy e Gretchen, la serie - di 65 episodi da meno di mezz'ora distribuiti in 5 stagioni – mette in luce i lati meno brillanti e teneri delle relazioni mostrandone una prospettiva più autentica. Inoltre, anche grazie ai personaggi secondari, lo show parla di traumi e malattia mentale con autenticità. Se agli idilli romantici preferisci racconti più autentici come Fleabag (2016) e Lovesick (2014), You're the Worst è la dark comedy che fa al caso tuo.

    4. I May Destroy You – Trauma e rinascita (2020)

    Quello di Michaela Coel è un talento puro capace di guardare al presente e a tematiche complesse con uno sguardo acuto che non dimentica mai la lente dell'umorismo nero. Ne sono un esempio sia Chewing Gum (2015) che I May Destroy You – Trauma e rinascita. Se nella prima serie raccontava le peripezie di una protagonista che in tutti i modi cercava di perdere la verginità vista come un peso e una vergogna, nella seconda esplora il tema del consenso e del trauma. Lo fa attraverso la storia di una scrittrice emergente che cerca di ricostruire gli eventi della notte in cui è stata drogata subendo un'aggressione sessuale.Uno show crudo e onesto che usa il tono della dark comedy per mettere in scena un racconto in cui violenza, dramma e rabbia si intrecciano con un ritratto delle emozioni post-traumatiche della protagonista. Inoltre, a questo si aggiunge anche una fotografia del nostro presente, tra ansia social(e) e il peso delle aspettative legate al lavoro. Una stagione di 12 episodi di circa mezz'ora che per la forza della scrittura ricorda la voce di Phoebe Waller-Bridge e del suo Fleabag.

    3. Fargo (2014)

    In principio fu il capolavoro dei fratelli Coen datato 1996, poi Noah Hawley ha pensato di ideare una serie antologica che traesse ispirazione dal film, ma con storie e personaggi sempre diversi. È nata così Fargo, cinque stagioni da circa un'ora per 51 episodi ambientati in anni e luoghi diversi del Midwest. È lì che crimini efferati e personaggi sui generis prendono vita dietro una facciata di apparente tranquillità. Hawley è bravissimo a preservare il tono che ha reso il film un cult, intrecciando umorismo nerissimo e violenza brutale insieme al grottesco che si insinua in ogni capitolo. Ma è anche bravissimo nell'infondere freschezza alle sue storie. A contribuire alla riuscita della serie anche la scelta di affidarsi a un cast stellare che spazia da Billy Bob Thornton a Martin Freeman passando per Ewan McGregor a Kirsten Dunst. Attraverso i loro personaggi, Fargo mette in scena la natura umana divisa tra stupidità e malvagità e ci mostra come nessuno possa sfuggire al karma. Da non perdere se sei fan del film originale e se hai apprezzato Soldi sporchi (1998).

    2. The White Lotus (2021)

    Quella di Mark White è una satira sociale al vetriolo quando spassosa che, nel formato antologico, si prende beffe del mondo dei ricchi in contesti sempre diversi. Ad accumularli le sedi sparse per il mondo del White Lotus, lussuoso resort che dà il titolo alla serie e in cui le vite dello staff si intrecciano a quelle di facoltosi ospiti americani. Fin dall'inizio il pubblico è messo a conoscenza della morte di uno di loro e le puntate ripercorrono a ritroso gli avvenimenti che hanno portato a quel tragico evento. Tre stagioni – con una quarta già confermata – per 19 episodi che oscillano tra i 50 e gli 80 minuti e in cui al centro c'è una riflessione sulle dinamiche di classe, il potere e il privilegio bianco. Similmente a quanto raccontato in Succession, anche The White Lotus è una disamina sull'oscurità dell'animo umano in relazione al denaro, al sesso alla razza e alla supremazia sul prossimo.

    1. Succession (2018)

    Se Il Trono di Spade (2011) fosse ambientato ai giorni nostri vedrebbe protagonisti i personaggi di Succession. Una ricchissima e disfunzionale famiglia, guidata dal patriarca Logan Roy, a capo di un impero mediatico globale che si contende il controllo dell'azienda in una lotta per il potere e l'approvazione paterna.  Un racconto dai contorni shakespeariani dove il dramma familiare si mescola alla satira sociale e a una riflessione che non fa sconti alla corruzione dell'animo umano, alla meritocrazia e all'ambizione cieca ai tempi del capitalismo. Al centro personaggi moralmente raccapriccianti quanto irresistibili interpretati da un gruppo di attori strepitosi come Jeremy Strong, Brian Cox, Sarah Snook e Kieran Culkin. Quattro stagioni da 39 episodi totali da 60/70 minuti di durata per una serie davvero imperdibile, specie se sei fan di show come The White Lotus, Billions (2016) e House of Cards – Gli intrighi del potere (2013).

  • “È colpa mia?”, “After” e tutti gli altri film tratti da storie scritte su Wattpad

    “È colpa mia?”, “After” e tutti gli altri film tratti da storie scritte su Wattpad

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Partito come un semplice sito di fanfiction con cui gli utenti condividevano le storie scritte tra i banchi di scuola, diventato una vera e propria miniera d’oro per il cinema e le piattaforme streaming. Le storie nate su Wattpad sono il perfetto riflesso di un’epoca in cui viviamo, in cui il romanticismo si vive online, tra amori adolescenziali impossibili e disperati, talvolta tossici.

    Ed è per questa ragione che, dalle pagine digitali ai set di Netflix e Prime Video, il passaggio è stato naturale. After (2019) ha aperto la strada, È colpa mia? (2023) l’ha trasformata in un fenomeno globale. Alcuni titoli puntano tutto su storie ad alto contenuto ormonale, altre sul melodramma, altre ancora provano a raccontare l’adolescenza così com’è, senza strafare. 

    Per questo abbiamo fatto una lista di tutti i film adattati dai racconti uploadati su Wattpad, scegliendo i dieci migliori da cui partire, riportati dal meno riuscito ai più interessanti o iconici. Trovate la lista completa in fondo all’articolo. Buon binge watching!

    Dalla mia finestra (2022)

    Con Dalla mia finestra si viene catapultati in un racconto Wattpad fatto di passione giovanile a tutto spiano, in una storia d’amore rovente che dilaga sulla rete  Wi-Fi che separa i due vicini di casa Raquel e Ares. La trama? Lei introversa e sognatrice, lui arrogante e irresistibile, una coppia impossibile ma per questo impossibile da fermare (insomma, ci siamo capiti). Tuttavia il film trova il suo perché proprio nei contrasti che alimentano la relazione tra i due protagonisti, tra sensualità e tenerezza, amore e ossessione, desiderio e paura, ed è proprio questo saliscendi che riesce a dare questo titolo il ritmo giusto del guilty pleasure travolgente. Ideale per chi cerca un mix tra Elite (2018) e L’estate nei tuoi occhi (2022), ma con un tocco più oscuro e audace.

    The Kissing Booth (2018)

    Ciò che distingue The Kissing Booth rispetto agli altri film del genere è la sua leggerezza. Qui non si cerca il melodramma a tutti i costi, ma con la storia di Elle e Noah si mescolano toni più vicini alla teen comedy in stile Disney Channel. Alcune parti della trama tuttavia possono far storcere il naso (soprattutto la gelosia del protagonista maschile) tuttavia questo film resta un ritratto sincero di quella confusione adolescenziale in cui tutto sembra “per sempre”. Perfetto per chi cerca una commedia romantica leggera, consigliato anche per riscoprire le origini di uno degli attori più in voga del momento, Jacob Elordi.

    È colpa mia: Londra (2025)

    Con È colpa mia: Londra la saga Culpables approda oltremanica, spogliandosi degli eccessi stilistici delle origini per abbracciare un tono più maturo e malinconico. Qui ci trasferiamo in una Londra piovosa e introspettiva, dove il dramma si mescola al coming-of-age. Il film rinuncia all’adrenalina delle corse clandestine, per concentrarsi sulle emozioni represse, sul senso di distanza e sul bisogno di crescere. Meno guilty pleasure, questo titolo investiga di più sull’ evoluzione dei personaggi e dà al franchise un respiro più adulto. Questo adattamento è consigliato a chi è cresciuto con la serie Wattpad per eccellenza e vuole scoprirne il lato più riflessivo.

    Perfect Addiction (2023)

    Perfect Addiction porta il dramma romantico dentro una palestra di MMA, e già questo basta a distinguerlo dagli altri film del genere. Qui passione e botte vanno a braccetto, e il ritratto della  protagonista è decisamente altro rispetto alla solita teen “bella e innocente” in stile Wattpad. I toni da melodramma teen rimangono, ma la storia parla meno di amore disperato, concentrandosi più sul come imparare a rialzarsi. Un titolo meno struggente e decisamente più “fisico”, consigliato a chi cerca una trama più ritmata e decisa, con personaggi diversi dal solito

    After 3 (2021)

    Con il terzo capitolo della saga, After apre il gas, trasformandosi in una telenovela contemporanea, senza se e senza ma. Tradimenti, bugie, riconciliazioni, un eterno tira e molla in slow motion, colonna sonora strappalacrime. Insomma, le regole del teen drama perfetto. Tuttavia, rispetto ai capitoli precedenti, After 3 è quello che convince di più, anche se la storia ormai funziona da sola, anche a costo di sembrare ripetitiva. In linea con il resto della saga, a farla da padrone è ancora il saliscendi dei protagonisti – l’amore distruttivo, il cadere per poi rialzarsi e così via. Come si dice pure? Squadra che vince non si cambia, ed ecco perché anche questo film ha tutte le carte in regola per diventare il vostro nuovo guilty pleasure. Perfetto per chi cerca un titolo leggero ma ad alta carica emotiva.

    Virtualmente reale (2021)

    Tra i tanti adattamenti da Wattpad, Virtualmente reale è uno dei titoli più delicati, uno dei pochi film del genere che vira verso note più gentili e meno drammatiche. Una commedia romantica messicana che parla di due liceali, Vale e Alex, che si detestano nella vita reale ma iniziano a scriversi per errore senza sapere chi siano davvero. È una storia leggera, vivace, che preferisce l’ironia ai conflitti tossici. In questo film il tono resta sempre luminoso, quasi spensierato, senza mai inoltrarsi nelle spine degli amori tormentati. Un film pensato per un pubblico più giovane, per chi ama le storie d’amore da sogni ad occhi aperti, che racconta l’adolescenza con affetto ma senza mai esagerare.

    Float (2023)

    Finalmente un’anomalia nel mondo Wattpad, nessun amore tossico, ma una storia tenero, luminoso, ma la storia di due ragazzi che imparano ad amarsi senza distruggersi. Una commedia romantica estiva, con personaggi credibili e dialoghi che non eccedono mai. Sicuramente meno spettacolare rispetto alla concorrenza, ma più delicato, perfetto per chi cerca una pausa dalle relazioni tossiche e vuole riscoprire la semplicità dell’amore genuino. Un titolo che ricorda Tutte le volte che ho scritto ti amo (2028), ma con un tono più realistico e malinconico, da guardare con il cuore leggero.

    After (2019)

    Tratto inizialmente da una fanfiction su Harry Styles, After è il punto zero di tutto, il titolo da cui tutto è partito. Questo è il film che ha trasformato Wattpad da piattaforma di scrittura a fabbrica di cult adolescenziali. Al centro del racconto Tessa e Hardin, l’eterno conflitto teen tra innocenza e ribellione. Lei timida e determinata, lui bello e maledetto. Insomma, nulla di nuovo, ma il format è collaudatissimo e non sbaglia mai. Una storia d’amore tormentata, un amore tossico che ha rapito milioni di spettatori in tutto il mondo. Certo, un film a tratti esagerato e lontano anni luce da qualsiasi spiraglio di realismo, ma funziona proprio per questo. Un manifesto del guilty pleasure moderno, perfetto per chi ama le storie d’amore totalizzanti, che bruciano di passione. After resta un punto di riferimento imprescindibile per i fan del genere.

    Fabbricante di lacrime (2024)

    Con Fabbricante di lacrime, anche l’Italia entra nel panorama Wattpad, e lo fa anche con una certa arroganza. Tratto dal romanzo di Erin Doom, questo titolo ha un estetica più originale rispetto agli altri film inclusi in questa lista, toni più cupi, quasi gotici. C’è il trauma infantile dei due protagonisti, il loro dolore passato, il desiderio di superarlo insieme. Un film che parla di crescita e dolore, e che trova proprio nella fragilità dei protagonisti la sua forza più autentica  Rispetto a È colpa mia? Qui il tono è più fiabesco, i colori più oscuri, consigliato più a chi cerca un romanticismo più intimo.

    È colpa mia? (2023) 

    È colpa mia? è il titolo che ha confermato Wattpad come marchio globale di intrattenimento. La storia di Noah e Nick ormai la conoscono tutti, sicuramente dai 25 anni in giù nessuno è escluso. Corse clandestine, un amore proibitissimo, un’attrazione irresistibile. Rispetto alla concorrenza, questo titolo si distingue da un'estetica che sembra presa da un videoclip musicale, in cui i toni teen drama e quelli action sono messi in un equilibrio volutamente eccessivo. Rispetto al capostipite After qui andiamo più verso la soap, ma rivista in maniera super contemporanea. Se state cercando il guilty pleasure perfetto, ricco di passione e ribellione giovanili, siete nel posto giusto.

  • 8 prequel e sequel in prossima uscita che stanno facendo impazzire i fan

    8 prequel e sequel in prossima uscita che stanno facendo impazzire i fan

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il pubblico è ormai abituato a trilogie, saghe e spin-off, tanto che ogni anno decine di prequel e sequel fanno la loro comparsa al cinema. Questi tipi di pellicole sono fondamentali per espandere l’universo già creato dai loro predecessori o per far luce su personaggi secondari o vicende mai raccontate prima.

    Questa lista di JustWatch vi presenta 8 prequel e sequel in prossima uscita che stanno facendo impazzire i fan. Qui sotto trovate tutti i titoli e le informazioni più succulente che vi faranno appuntare sul calendario tutte le uscite. Allo stesso tempo, non perdetevi i 10 film più attesi del 2026.

    1. 1944

    1944 si preannuncia come l’ennesima serie di successo della saga western di Yellowstone (2018). La creatura di Taylor Sheridan si è moltiplicata a vista d’occhio, espandendo i suoi orizzonti con i prequel 1883 (2021) e 1923 (2022). Dopo aver esplorato le origini della famiglia Dutton e il difficile periodo del primo dopoguerra, l’anno della serie in arrivo fa presagire il tema della Seconda Guerra Mondiale. Non a caso, Spencer Dutton aveva combattuto nella Prima e chissà se altri membri della famiglia saranno impegnati nel secondo conflitto. I fan dei toni neo-western dello show non devono però spazientirsi. Come sempre, 1944 (2026) mostrerà anche la vita dei Dutton nel loro ranch di famiglia.

    2. A Knight of the Seven Kingdoms

    Il finale deludente de Il Trono di Spade (2011) aveva quasi demolito la reputazione di una delle migliori serie di sempre. A risollevare il morale ci aveva pensato House of the Dragon (2022), prima serie spin-off della saga. Ora tutto è nelle mani di A Knight of the Seven Kingdoms, un’alta serie prequel tra le più attese. E non senza motivo. Questo prequel non solo ci riporta nell’universo de Il Trono di Spade (2011), ma lo fa preservando il carattere leggero e comico del libro di George R. R. Martin. Il teaser uscito sul canale YouTube di HBO Max fa presagire anche gli elementi classici della saga: guerra e amore, onore e coraggio.

    3. Constantine 2

    Constantine (2005) è tuttora uno degli adattamenti dei fumetti DC più sottovalutati di sempre. Il film con Keanu Reeves è diventato un cult per intenditori grazie al suo universo dark e al personaggio sui generis di John Constantine. Fumatore accanito, dotato di un’intelligenza fuori dal comune ma anche di un cinismo ruvido, l’esorcista è entrato nel cuori di tutti i fan dell’horror. Per questo motivo, molti non stanno più nella pelle per il ritorno del personaggio in Constantine 2. Solo l’idea di rivederlo sul grande schermo basta e avanza. Tuttavia, dovremo aspettare ancora un po’. La sceneggiatura è stata completata ma deve essere presentata agli studios per l’approvazione.

    4. Jumanji 3

    Jumanji (1995) aveva convinto grandi e piccini, ottenendo unanimemente lo status di cult anni ‘90. Negli anni 2010, poi, il film è tornato sulla bocca di tutti grazie al fortunato reboot Jumanji: Benvenuti nella giungla (2017) e al suo sequel Jumanji - The Next Level (2019). La ventata di aria fresca capitanata da Dwayne Johnson e Jack Black è pronta a soffiare di nuovo con il terzo capitolo della saga sequel. Jumanji 3 è nella watch list di molti non solo per il ritorno del cast stellare. Il film in arrivo risponderà finalmente alle domande dei fan riguardo al finale di Jumanji - The Next Level (2019), dove in una scena dopo i titoli di coda alcuni animali del gioco scorrazzano nel mondo reale.

    5. The Batman Part II

    The Batman Part II è uno dei sequel più attesi nel breve periodo. Nessuno vuole perdersi Robert Pattinson ritornare nei panni dell’uomo pipistrello. Se come molti pensavo che il personaggio di Batman non potesse più essere reinventato, The Batman (2022) di Matt Reeves mi aveva smentito con le sue atmosfere noir e poliziesche e un Bruce Wayne depresso e gotico. The Batman Part II (2027) sta facendo impazzire i fan con tutte le supposizioni e dicerie riguardanti il possibile villain. Per chi non se lo ricordasse, sul finale del primo capitolo faceva la sua apparizione, in un cameo, Barry Keoghan nei panni di Joker. Che sia lui il cattivo che Batman dovrà fronteggiare?

    6. The Devil Wears Prada 2

    The Devil Wears Prada 2 è un altro di quei titoli che i fan vorrebbero al cinema oggi stesso. Il suo predecessore era stato un fenomeno mondiale e aveva lanciato Anne Hathaway nell’Olimpo delle star di Hollywood. Non solo, Il diavolo veste Prada (2006) ci aveva regalato anche una delle performance di method acting più famose di sempre, ovvero quella di Meryl Streep nelle vesti dell’odiosa Miranda Priestly. Il sequel che tutti aspettavano vedrà il ritorno delle due, anche se sono le nuove aggiunte al cast a innalzare il livello dell’attesa. Tra tutti ci saranno Kenneth Branagh, Lucy Liu e un cameo di nient’altro che Lady Gaga.

    7. The Hunger Games: Sunrise on the Reaping

    Tra le saghe che ritornano non poteva mancare quella di The Hunger Games. Dopo che il primo prequel Hunger Games: La ballata dell'usignolo e del serpente (2023) si era focalizzato sulla figura di Coriolanus Snow, The Hunger Games: Sunrise on the Reaping avrà al centro della storia Haymitch Abernathy. Il personaggio interpretato da Woody Harrelson nella saga principale sarà animato sullo schermo da Joseph Zada. Come per The Devil Wears Prada 2 (2026), ad attrarre l’attenzione dei fan è il fantastico cast di questo nuovo titolo targato The Hunger Games. I nomi più caldi sono quelli di Ralph Fiennes, Elle Fanning, Glenn Close, Billy Porter e Mckenna Grace.

    8. Toy Story 5

    Il 2026 darà spazio anche a una delle saghe più classiche del mondo animato e del cinema nella sua interezza. Toy Story 5 arriva a sette anni di distanza dal suo predecessore Toy Story 4 (2019). Il film del 2019 aveva confermato ancora una volta la longevità della saga, portandosi a casa più di un miliardo di incassi e un Oscar. Poco si sa di questo nuovo tassello, ma sembra che i creativi della saga utilizzeranno il quinto capitolo per esplorare il tema della tecnologia. Il potere dirompente e destabilizzante della digitalizzazione del mondo non poteva non colpire anche i nostri, con nuovi giocattoli digitali pronti a rompere l’equilibrio e a minacciare Woody & co..

  • Da Francesco Gheghi a Enrico Borello: ecco dove hai già visto il cast di “40 secondi”

    Da Francesco Gheghi a Enrico Borello: ecco dove hai già visto il cast di “40 secondi”

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Un litigio per un semplice equivoco. Quello che a Willy Monteiro Duarte, ventenne italiano di origine capoverdiana, costerà la vita il 6 settembre 2020 a Colleferro. Ucciso durante un pestaggio per difendere un amico in difficoltà per mano di un gruppo di ragazzi poco più grandi. 

    Una storia di violenza e ingiustizia raccontata in un film, 40 secondi, diretto da Vincenzo Alfieri che ha scritto la sceneggiatura a quattro mani con Giuseppe G. Stasi partendo dall’omonimo romanzo di Federica Angeli.

    La pellicola, presentata alla Festa del Cinema di Roma dove ha vinto il premio speciale della giuria al cast e il premio L.A.R.A. 2025 a Enrico Borello come miglior interprete, ripercorre le ventiquattro ore che precedono il tragico evento. Tra i protagonisti del film, che arriverà in sala il 19 novembre, Francesco Gheghi, Francesco Di Leva, Enrico Borello, Beatrice Puccilli, Maurizio Lombardi e Sergio Rubini oltre a una serie di esordienti selezionati attraverso uno street casting, come nel caso di Justin De Vivo che presta il volto a Willy.

    Su JustWatch potete scoprire in quali altri film e serie TV sono comparsi i protagonisti del film.

    1. Francesco Gheghi (Maurizio)

    Attore fin da adolescente, Francesco Gheghi ha esordito sul grande schermo a 14 anni al fianco di Elio Germano in Io sono Tempesta (2018) di Daniele Luchetti. Da lì sono seguite le sue interpretazioni in Mio fratello ricorre i dinosauri (2019) con Alessandro Gassmann e PadreNostro (2020) dove condivide lo schermo con Pierfrancesco Favino. Nel 2022 è il protagonista dell'horror Piove diretto da Paolo Strippoli. Un film che si inserisce a pieno titolo in quella ricerca di ruoli o progetti tutt'altro che scontati che fanno parte di un percorso attoriale preciso.

    Lo dimostrano la scelta di lavorare a dubutti originali e freschi come Roma Blues (2023) di Gianluca Manzetti o di lottare per ottenere il ruolo di Gigi Celeste in Familia (2024) di Francesco Constabile. Un personaggio ispirato a Luigi Celeste che, nel 2008, uccise il padre nel tentativo di difendere la madre dalle continue violenze di cui era vittima. Ad oggi la sua migliore interpretazione che gli è valsa il premio Orizzonti a Venezia 81 per un film selezionato per rappresentare l'Italia agli Oscar 2026 come miglior film internazionale.

    A dimostrazione dell'ecletticità delle sue scelte anche Mani Nude (2024) di Mauro Mancini in cui dà vita a una performance estrema e fisica e Fuori (2025) di Mario Martone. Lo stesso regista che l'ha voluto nei panni di Romeo nella trasposizione del classico di Shakespeare al Teatro Strehler di Milano nel 2023.

    2. Francesco Di Leva (Ludovico)

    Nato a San Giovanni a Teduccio, a Napoli, dove con alcuni amici e colleghi ha dato vita al Nest, teatro nato dall'occupazione di una palestra abbandonata per dare un'occasione ai ragazzi delle periferie, Francesco Di Leva è uno dei nomi più importanti del nostro cinema. Un attore dalla lunga gavetta iniziata nel 1999 con La donna lupo che l'ha portato a incrociare il suo cammino professionale con quello di Mario Martone che, nel 2010, lo chiama per Noi credevamo ambientato durante il Risorgimento.

    Una collaborazione che continuerà con Il sindaco del rione Sanità (2019) in cui interpreta il boss protagonista nell'adattamento in chiave moderna dell'opera omonima di De Filippo. Un ruolo per il quale verrà premiato a Venezia 76. A questo seguiranno Qui rido io (2021) e Nostalgia (2022). Un film che gli regalerà un David di Donatello come miglior attore non protagonista per la sua potente interpretazione di don Luigi Rega al fianco di Pierfrancesco Favino. Stesso riconoscimento ottenuto nel 2025 per la sua complessa prova in Familia in cui interpreta un marito violento.

    Tra le altre pellicole di rilievo a cui ha preso parte, dando prova di essere a suo agio in generi diversi, anche Mixed by Erri (2023) di Sydney Sibilia, Adagio (2023) di Stefano Sollima e Il treno dei bambini (2024) di Cristina Comencini.

    3. Enrico Borello (Cosimo)

    La prima volta che abbiamo visto Enrico Borello al cinema è stata al fianco di Andrea Carpenzano in Lovely Boy (2021) di Francesco Lettieri nel ruolo di Borneo, migliore amico e socio musicale del protagonista con cui forma il duo rap XXGang. Ma è l'esordio alla regia di Giulia Steigerwalt con Settembre (2022) che permette all'attore di farsi conoscere al grande pubblico grazie al ruolo di Matteo, ingenuo ragazzo che si innamora di Ana (Tesa Litvan), ignorando la sua doppia vita.

    Nel 2024 recita in SuperSex al fianco di Alessandro Borghi nella serie dedicata alla vita di Rocco Siffredi e ha un piccolo ruolo in Familia di Francesco Constabile. Ma è il 2025 l'anno in cui gli viene affidato il primo ruolo da protagonista maschile ne La città proibita di Gabriele Mainetti. Un ruolo importante al quale infonde diverse sfumature, dalla rabbia alla tenerezza. Nello stesso anno è parte del cast corale della commedia di Alessio Maria Federici, Ogni maledetto fantacalcio, dove condivide lo schermo con Francesco Russo, Antonio Bannò, Silvia D'Amico e Giacomo Ferrara.

    4. Beatrice Puccilli (Michelle)

    Quello di Michelle in 40 secondi di Vincenzo Alfieri è finora il suo ruolo più importante e ampio al cinema, ma Beatrice Puccilli ha già preso parte a svariati progetti. Dai videoclip di È sempre bello (2019) di Coez a Tutta la voglia di vivere (2023) di Fabrizio Moro, a svariati cortometraggi di cui è stata protagonista come Kaiju (2020) di Alfredo Giusi o Paramore (2022) di Andrea Lamedica e Francesco Mastroleo.

    Sul grande schermo ha esordito nel 2019 con The App di Elisa Kukas per poi partecipare a Quell'estate con Irene (2019) di Carlo Sironi, Diva futura (2024) di Giulia Steigerwalt e Una figlia (2025) di Ivano De Matteo. Mentre sul piccolo schermo è stata una delle protagoniste di Adorazione (2024) di Stefano Mordini.

    5. Maurizio Lombardi (Chef Tocai)

    Quella di Maurizio Lombardi è una carriera sconfinata che, nell'arco di 25 anni, abbraccia teatro, cinema e televisione. Molti i progetti internazionali come Tutti i soldi del mondo (2017) di Ridley Scott sul rapimento Getty al ruolo dell'ispettore Pietro Ravini in Ripley (2024), dove condivide lo schermo con Andrew Scott e Dakota Fanning nell'adattamento televisivo del romanzo di Patricia Highsmith, e le coproduzioni come The Young Pope (2016) e The New Pope (2020) di Paolo Sorrentino dove presta il volto al cardinale Mario Assente o M – Il figlio del secolo (2025) di Joe Wright in cui interpreta il generale Emilio De Bono.

    Ma anche tanto cinema e serialità nostrani, da Il ragazzo invisibile – Seconda generazione (2018) di Gabriele Salvatores a Metti la nonna in freezer (2018) di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi passando per Pinocchio (2019) di Matteo Garrone, Romeo è Giulietta (2024) di Giovanni Veronesi e le serie 1992 (2015), 1993 (2017) e 1994 (2019). Nel 2024 ha debuttato alla regia con il corto Marcello con protagonista Francesco Gheghi.

    6. Sergio Rubini (Il prof)

    Se si scorre la filmografia di Sergio Rubini si resta impressionati dalla quantità di film interpretati e diretti da Sergio Rubini in 40 anni. Come Maurizio Lombardi, la sua carriera inizia in teatro per poi esordire al cinema nel 1985 con Figlio mio, infinitamente caro… di Valentino Orsini. Tra i grandi registi che lo hanno diretto Federico Fellini in Intervista (1987), Giuseppe Piccioni ne Il grande Blek (1987), Sergio Citti in Mortacci (1989), Carlo Verdone in Al lupo al lupo (1992), Giuseppe Tornatore in Una pura formalità (1994) ed Ettore Scola in Che strano chiamarsi Federico (2013).

    Ma è con Gabriele Salvatores che Sergio Rubini dà vita ad alcune delle sue migliori interpretazioni. Da Nirvana (1997) a Denti (2000) fino ad Amnèsia (2002). Tra le esperienze su set internazionali Il talento di Mr. Ripley (1999) di Anthony Minghella, La passione di Cristo (2004) di Mel Gibson e Storia di mia moglie (2021) di Ildikó Enyedi.

  • Il cast de “Il Mostro” e i personaggi reali della serie TV crime Netflix

    Il cast de “Il Mostro” e i personaggi reali della serie TV crime Netflix

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Il Mostro (2025) è la serie del momento. Dal suo debutto su Netflix, lo scorso 22 ottobre, i quattro episodi diretti da Stefano Sollima, apprezzato regista di titoli come Romanzo Criminale – La serie (2008-2010), Gomorra – La serie (2014-2016), Suburra (2015) e Soldado (2018), sono in cima alla classifica del servizio streaming in diverse parti del mondo, oltre che nel nostro paese.

    Sceneggiata dallo stesso Sollima con Leonardo Fasoli, la serie ripercorre le prime indagini per far luce sulla scia di sangue durata ben diciassette anni, caratterizzata da otto duplici omicidi. In particolare si concentra sulla cosiddetta “pista sarda”, recentemente tornata al centro dell’attenzione mediatica con la rivelazione dell’identità del padre biologico di Natalino Mele, il bambino sopravvissuto al mostro. Dunque chi si aspettava Pacciani e i compagni di merende potrebbe restare deluso (che diventino oggetto di una seconda parte?).Scopriamo il cast e i rispettivi personaggi realmente esistiti, o ancora esistenti, di una storia torbida, che ancora oggi suscita più domande rispetto alle risposte.

    Marco Bullitta (Stefano Mele)

    Nato a Sassari nel 1981, Marco Bullitta ha recitato in alcune fiction come È arrivata la felicità (2015-2018) e in film come Il muto di Gallura (2021) e Andarevia (2013). Ne Il Mostro (2025) interpreta Stefano Mele, che nella realtà è stato condannato per il primo delitto del mostro di Firenze, avvenuto nell’agosto del 1969. Le vittime erano Barbara Locci e Antonio Lo Bianco. La donna era la moglie di Mele, e nel sedile posteriore dell’auto in cui sono stati uccisi era presente il figlio piccolo, Natalino, che dormiva al momento degli omicidi. Il fatto che Lo Bianco fosse l’amante della Locci e che il piccolo Mele fu ritrovato illeso, a circa due chilometri di distanza dal luogo del duplice delitto persino con dei calzini puliti, spinse gli inquirenti a sospettare di Stefano, che alla fine confessò di essere l’assassino. Non si può non sottolineare il continuo cambio di versione della sua ricostruzione, oltre al collegamento con altri omicidi attribuiti al mostro, compiuti con la stessa arma, una Beretta calibro 22, mentre lui si trovava in carcere. Un’arma che non fu mai ritrovata.

    Di recente, è emerso da un accertamento genetico disposto dalla Procura di Firenze che Natalino non fosse il figlio di Stefano Mele, bensì di Giovanni Vinci, il fratello maggiore di Francesco e Salvatore Vinci, due figure centrali della cosiddetta “pista sarda”, raccontata nella serie. I due fratelli finiscono per essere accusati da Mele nel corso di una delle sue ritrattazioni, che di conseguenza oltre per omicidio fu condannato proprio per calunnia. “Ho lavorato sul mio personaggio nello specifico affidandomi a tutte le fonti su cui potevo mettere mani, dagli atti processuali a libri scritti” – ha dichiarato Bullitta nel corso di un’intervista a proposito dell’approccio al ruolo di Stefano Mele, al quale è dedicato il primo episodio della serie. Il vero Stefano Mele morì trent’anni fa, nel 1995. 

    Valentino Mannias (Salvatore Vinci)

    Classe 1991, originario di Cagliari, Valentino Mannias ha preso parte a diversi progetti cinematografici, come Storia di un riscatto (2025) di Stefano Odoardi, oltre a essersi distinto come autore, interprete e regista di diversi spettacoli teatrali, come l’Orestea di Eschilo. Nella serie di Sollima indossa i panni di Salvatore Vinci, figura centrale della cosiddetta “pista sarda”. Sospettato di essere il mandante del primo duplice omicidio del mostro del 1968, che sancì la morte di Barbara Locci, della quale era diventato amante, e di Antonio Lo Bianco, Vinci viene poi messo da parte perché Stefano Mele che inizialmente lo aveva accusato di avergli fornito la pistola si assume la colpa. A metà degli anni Ottanta viene ufficialmente indagato per gli otto duplici omicidi del Mostro.

    Nel frattempo i magistrati di Cagliari ordinano il suo arresto per la morte della moglie, Barbarina Steri, avvenuta in circostanze sospette decenni prima. Il processo si concluse con l’assoluzione, e Vinci fece sparire le sue tracce. È stato dato per morto, anche se i familiari non ricevettero mai alcun certificato ufficiale del decesso. C’è chi pensa che sia stata una simulazione, e che oggi sia ancora vivo, nascosto in Spagna. Salvatore Vinci è ancora un enigma di uno dei misteri più inquietanti mai conosciuti dalla cronaca nera italiana.

    Francesca Olia (Barbara Locci)

    Nata a Cagliari, Francesca Olia si trasferisce a Roma per studiare recitazione. Si diploma presso l’Accademia Internazionale di Teatro come attrice e regista, e successivamente recita in diversi progetti, tra cui il film Boys (2021) di Davide Ferrario. Ne Il Mostro (2025) interpreta Barbara Locci, la vittima del primo duplice omicidio attribuito prima al marito Stefano Mele, e successivamente alla figura del Mostro. Il personaggio della Locci diventa centrale nella ricostruzione della serie tv. È raccontata come una figura simbolo contro il patriarcato, una donna alla ricerca di una libertà che non era in alcun modo tollerata da quei maschi violenti che la circondavano. “Ci siamo affidati alla visione di Stefano Sollima, che ci ha saputo guidare nel modo più rispettoso possibile” – ha raccontato Olia in un’intervista.

    Liliana Bottone (Silvia Della Monica)

    Nata a Napoli nel 1995, Liliana Bottone conseguì il diploma di recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Al cinema ha recitato in Cento domeniche (2023) di Antonio Albanese, e di recente in Zvanì – Il romanzo famigliare di Giovanni Pascoli (2025) e Tre ciotole (2025) e per il piccolo schermo in serie come Inganno (2024) e la terza stagione di La legge di Lidia Poët (2025), in uscita prossimamente. Nella serie Il Mostro (2025) è Silvia Della Monica, il sostituto procuratore che per prima collegò passato e presente, con l’intuizione che il mostro avesse già ucciso nel 1968. Soprattutto, è stata l’unica donna ad aver indagato sul caso e ad aver ideato quel bluff, dichiarando pubblicamente che una vittima avesse parlato prima di morire, per attirare l’attenzione del mostro… tanto da essere stata sfidata da quest’ultimo.

    Nonostante lei avesse lasciato da qualche tempo le indagini, nel 1985 ricevette infatti una busta anonima al cui interno era contenuto un lembo del seno di Nadine Mauriot, la vittima francese, l’ultima della inquietante catena di delitti. “Trattiamo di personaggi realmente esistiti o esistenti, dunque l’obiettivo non è mai replicare la persona, diventandone il doppione, ma coglierne almeno l’essenza” – ha spiegato la Bottone, che nel corso delle riprese ha incontrato anche la vera Silvia Della Monica, che in una recente intervista ha dichiarato di aver apprezzato la ricostruzione e la manifattura delle serie di Sollima.

    Giacomo Fadda (Francesco Vinci)

    Originario di Cagliari, nel suo curriculum cinema, televisione e teatro, incluso un piccolo ruolo in To Rome with Love (2012) di Woody Allen. Ha recitato in Don Chisciotte (2024) di Fabio Segatori. Ne Il Mostro (2023) interpreta Francesco Vinci, tra i sospettati di essere il serial killer. Nel 1966 conosce Barbara Locci, diventando sua amante. Tant’è che dopo il suo omicidio, Stefano Mele lo accusò di essere l’assassino e di aver agito per motivi di gelosia. Fu arrestato, ma scarcerato poco dopo per assenza di prove. Nel 1982 viene sospettato di essere il mostro, ma anche stavolta viene rilasciato perché due dei duplici delitti avvennero mentre lui era recluso. Nell’estate del 1993 venne trovato morto, carbonizzato all’interno di un’auto assieme a un amico, Angelo Vargiu.

    La moglie di Vinci, Vitalia Velis, ha sempre però avuto il “forte sospetto che il marito fosse ancora vivo”, raccontando persino di averlo visto qualche giorno dopo i funerali, che la salutava con un cenno della mano da una macchina. L’anno scorso il corpo fu riesumato per volere dei familiari ai fini di un esame del DNA per verificare una volta per tutte se il defunto fosse lui o meno. Gli accertamenti hanno dato esito positivo: il cadavere è quello di Francesco Vinci.

    Antonio Tintis (Giovanni Mele)

    Nato a Roma nel 1976, ma cresciuto a Cagliari, Antonio Tintis si diploma all’Accademia “Silvio D’Amico”. Tra i titoli per il grande e il piccolo schermo, ha recitato nel film La coda del diavolo (2022) e nel film TV Fabrizio De Andrè- Principe libero (2018). Nella serie di Sollima interpreta Giovanni Mele, fratello di Stefano (Marco Bullitta). Un personaggio ambiguo, che finì sotto accusa assieme al cognato, Piero Mucciarini. A destare dei sospetti dei comportamenti inquietanti così come gli oggetti visti in suo possesso, da coltelli di grosse dimensioni a riviste pornografiche, come raccontato ai Carabinieri da Iolanda Libbra, la sua ex amante. La donna raccontò persino che l’uomo, che prediligeva avere dei rapporti sessuali in automobile, in un’occasione la portò proprio nelle campagne a Roveta di Scandicci, nei pressi della Taverna del Diavolo, un ristorante non molto lontano da dove avvenne l’omicidio del 1981.

    Così come un’altra volta si recarono presso un cimitero abbandonato, nella zona di Monteridolfi. Nella serie le due uscite vengono condensate in un’unica serata, regalando al pubblico una delle scene più inquietanti dei quattro episodi. “Ho cercato innanzitutto di rispettare la cronaca, il fatto che son stati tutti personaggi viventi, e soprattutto di sospendere il giudizio” - ha dichiarato Tintis, aggiungendo che non avesse a disposizione così tanto materiale sul personaggio realmente esistito al contrario di altri come i fratelli Vinci.

    Giordano Mannu (Natalino Mele)

    Giovanissimo attore, al suo debutto ne Il Mostro, Giordano Mannu interpreta Natalino Mele, che dormiva nel sedile posteriore dell’auto dove la madre Barbara Locci è stata uccisa assieme al suo amante. L’unico sopravvissuto al mostro, tanto che gli inquirenti hanno sospettato che ci fosse stata la mano del padre dietro il primo duplice omicidio del 1968. Di recente è emerso che Natalino Mele, oggi 64enne, non fosse figlio di Stefano Mele, condannato per il duplice omicidio della moglie e dell’amante …bensì di Giovanni Vinci, il fratello di Francesco e Salvatore, due figure centrali della pista sarda.

  • Tutti i film di Paul Thomas Anderson, ordinati secondo la nostra classifica

    Tutti i film di Paul Thomas Anderson, ordinati secondo la nostra classifica

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Paul Thomas Anderson è uno dei massimi esponenti del cinema americano della sua generazione. Il regista di Los Angeles ha portato avanti la tradizione lasciatagli dal suo grande maestro, Robert Altman, costruendo uno stile unico e personale. Cast corali, analisi psicologiche dei personaggi, spruzzate di commedia nera e lunghe sequenze sono diventati i marchi di fabbrica di PTA.

    Essendo tornato al cinema nel 2025 con il sottovalutatissimo Una battaglia dopo l’altra, qui a JustWatch abbiamo deciso di rendere omaggio al regista passando in rassegna tutti i suoi film. La classifica che segue è stata redatta prendendo in considerazione l’estetica delle pellicole, il loro lascito artistico e la capacità di rappresentare al meglio l’idea di cinema di Paul Thomas Anderson. Non vi nascondo che il mio gusto personale ha preso il sopravvento in alcune scelte, soprattutto per quanto riguarda la posizione numero uno.

    10. Sydney (1997)

    Sydney è l’esordio in salsa crime di Paul Thomas Anderson e un film che potrebbe essere la punta di diamante di qualsiasi regista. Nel caso del cineasta losangelino, però, è il suo film meno riuscito, nonostante i tanti punti di forza. Come vedrete in qualsiasi posizione della classifica, anche Sydney (1997) si contraddistingue per il suo valore estetico. Il film è stiloso come ci si aspetterebbe da una storia crime anni ‘90. Anche le prove del cast sono convincenti e lo stesso si direbbe per la mano di PTA. Ciò che tuttora non mi convince è la trama troppo derivativa e ancorata ad alcuni cliché del genere. La vera gemma crime del regista arriverà quasi vent’anni dopo con Vizio di forma.

    9. Licorice Pizza (2021)

    Dopo aver sguazzato per anni nel dramma e nella commedia, PTA non poteva non rilasciare un film coming-of-age, dove questi due elementi sono un tutt’uno. Il regista aveva perfezionato la resa degli anni ‘70 sullo schermo con Boogie Nights - L'altra Hollywood e Vizio di forma (2014), ed è per questo che Licorice Pizza appare così autentico. Come sempre, lo stile visivo di Thomas Anderson è impareggiabile, soprattutto nella resa della fotografia notturna. Bisogna però segnalare l’aspetto controverso della pellicola, che potrebbe lasciare interdetti molti. Infatti, Licorice Pizza (2021) tratta della relazione sentimentale tra un giovane di 15 anni e una donna di 25. Per questo motivo, il film si attesta in settima posizione.

    8. Ubriaco d'amore (2002)

    Ubriaco d'amore è uno di quei film che si amano o si “odiano”. Immagino abbiate già capito in quale categoria mi colloco dalla posizione numero nove assegnata alla pellicola. Bisogna partire dal presupposto che stiamo parlando di un film di Paul Thomas Anderson. Non metto in dubbio la qualità tecnica dell’opera, a partire da una fotografia perfetta. Non posso non menzionare la prova grandiosa di Adam Sandler, in stato di grazia tanto quanto in Diamanti grezzi (2019). Ma tutto ciò non può competere con le delizie filmiche che si susseguono dalla settima posizione in poi. Forse Ubriaco d'amore (2002) doveva dosare meglio i toni surreali alla PTA, che a mio modesto parere non si legano bene con le tematiche romcom.

    7. The Master (2012)

    The Master trae ispirazione dalle vicende di L. Ron Hubbard, il fondatore di Scientology, e le mescola con il romanzo V. di Thomas Pynchon, autore adattato altre due volte da PTA. Con la posizione numero uno, questa è di gran lunga la più controversa. The Master (2012) è considerato una delle punte di diamante della filmografia di Thomas Anderson per la magnificenza visiva e per la prova da storia del cinema di Joaquin Phoenix. Tuttavia, l’universo della pellicola non mi ha mai catturato interamente come altri che troverete più avanti. Allo stesso tempo, la trama mi è sempre apparsa più caotica del necessario. Per queste due ragioni trovate The Master (2012) all’ottavo posto.

    6. Magnolia (1999)

    Il cast corale era uno dei marchi di fabbrica di Robert Altman, come testimoniano alcuni suoi capolavori come Nashville (1975) e Gosford Park (2001). In Magnolia, Thomas Anderson fa proprio questo stilema raccontando le vite drammatiche di molteplici personaggi, interpretati con maestria da Tom Cruise, Julianne Moore, Jason Robards, Philip Seymour Hoffman e John C. Reilly, tra gli altri. Questa epopea drammatica è ricca di spunti di riflessione, ma potrebbe far allontanare alcuni possibili spettatori per la sua durata mastodontica di 188 minuti. Per questa ragione ho preferito posizionare Magnolia (1999) non oltre il sesto posto, anche se la terza prova di PTA merita di essere vista almeno una volta nella vita.

    5. Il filo nascosto (2017)

    Il filo nascosto è, senza dubbio, il film più elegante di PTA. Dai costumi ai set, passando per la magnifica colonna sonora, tutto sprigiona stile nella pellicola con Daniel Day-Lewis e Vicky Krieps. I due attori portano sullo schermo la relazione tumultuosa dei personaggi che interpretano e che costituisce il cuore del film. La loro chimica è irresistibile e i due riescono a portare in scena in maniera impeccabile il rapporto, diremmo oggi, tossico che anima le loro vite. Un film più intimo rispetto a Magnolia (1999) o The Master (2012), Il filo nascosto (2017) si posiziona al quinto posto perché mostra la versatilità del regista e per la strepitosa esperienza visiva dell’opera.

    4. Boogie Nights - L'altra Hollywood (1997)

    Dopo l’esordio con Sydney (1997), PTA si fa notare dal grande pubblico per la prima volta con Boogie Nights - L'altra Hollywood (1997). Pur distanti per moltissimi elementi, il film con Mark Wahlberg, Burt Reynolds e Julianne Moore non è molto diverso da Il petroliere nel cercare di raccontare il sogno americano. Tuttavia, Boogie Nights - L'altra Hollywood (1997) è condito con sequenze drammatiche e comiche in parti uguali ed è molto distante dal tono crudo del film con Daniel Day-Lewis. La cosa straordinaria di questo cult anni ‘90 rimane lo sforzo artistico di Thomas Anderson che, a soli 26 anni, firma un’opera che raggiunge una profondità inaudita, tanto da valergli il quarto posto.   

    3. Una battaglia dopo l’altra (2025)

    L’accoppiata formata da Paul Thomas Anderson e Thomas Pynchon, a mio avviso, è tra le migliori mai viste prima. Quando il regista adatta i romanzi dello scrittore post-moderno, un universo sui generis si apre agli occhi degli spettatori. Una battaglia dopo l’altra (2025) è il secondo adattamento di un romanzo di Pynchon dopo Vizio di forma (2014). Questa volta, però, il regista cambia l’asse temporale dell’opera, dagli anni ‘80 ai giorni nostri. Il film con Leonardo DiCaprio non ha sbancato i botteghini come previsto, ma mi sento di dire che, questa volta, sono gli spettatori ad aver toppato. Una battaglia dopo l’altra (2025) è un thriller politico irresistibile, ricco di azione, ritmo e pennellate comiche esilaranti. Ovviamente, il tocco autoriale di PTA è la ciliegina sulla torta ed è proprio questo aspetto a donare al film la terza posizione.   

    2. Il petroliere (2007)

    Il petroliere (2007) arriva a dieci anni dall’esordio dietro la macchina da presa con Sydney (1997) ed è il coronamento mainstream degli sforzi di PTA. Il film si è portato a casa due Oscar, uno alla fotografia per Elswit e uno per il Miglior attore protagonista a Daniel Day-Lewis. Basta vedere il film per capire come l’aspetto visivo e la prova dell’attore anglo-irlandese siano due dei punti di forza de Il petroliere (2007). Sfido chiunque a non rimanere a bocca aperta guardando la sequenza del petrolio che esplode fuori dal terreno. Per quanto riguarda Daniel Day-Lewis nei panni di Daniel Plainview c’è poco da dire. L’attore non interpreta il personaggio, è il personaggio. Tutto grazie a una delle 10 performance di method acting più famose e riverite di sempre. Il secondo posto era imprescindibile.

    1. Vizio di forma (2014)

    Non giriamoci intorno. Questa sarà vista come una scelta molto controversa da tanti. Tuttavia, sono disposto a correre questo rischio ed è per questo che Vizio di forma (2014) si trova più in alto di tutti. La scelta è dovuta a diversi fattori. Innanzitutto, questo è il film più altmaniano di PTA e l’omaggio a Il lungo addio (1973) è esplicito tanto quanto sentito. Ho voluto premiare anche l’estetica sopraffina dell’opera, con una fotografia che sembra uscita dai migliori capolavori anni ‘70. Per non parlare delle prove magistrali di Joaquin Phoenix e Josh Brolin, che si calano un due personaggi agli antipodi: un hippie allucinato e un poliziotto reazionario. Vizio di forma (2014) ci mostra un PTA insuperabile e dovrebbe essere visto come film complementare a Una battaglia dopo l’altra (2025).

  • ​​I migliori film “Battle Royale”: 10 giochi di sopravvivenza per il 25° anniversario del cult giapponese

    ​​I migliori film “Battle Royale”: 10 giochi di sopravvivenza per il 25° anniversario del cult giapponese

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Nel 2000, Battle Royale di Kinji Fukasaku cambiò per sempre il cinema d’azione e di fantascienza. Il film, tratto dal romanzo di Koushun Takami, mostrava una classe di studenti costretti a uccidersi su un’isola per ordine del governo giapponese.

    Un’idea semplice e brutale, che divenne un manifesto della violenza istituzionale e della gioventù sacrificata. A venticinque anni di distanza, Battle Royale resta una pietra miliare: un’allegoria della competizione sociale, della perdita dell’innocenza e del voyeurismo mediatico. La sua eredità vive in film, serie e videogiochi che hanno trasformato la sopravvivenza in spettacolo. Ecco i 10 migliori film in stile Battle Royale, dove i protagonisti combattono per la vita in arene feroci, tra politica, psicologia e pura adrenalina.

    1. The Hunger Games (2012)

    Tra i discendenti diretti di Battle Royale, The Hunger Games è senza dubbio il più noto. Ambientato in un futuro distopico, segue Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence), costretta a partecipare a un reality show in cui adolescenti si uccidono per intrattenere le élite di Panem. Il film di Gary Ross trasforma l’orrore sociale di Fukasaku in una parabola hollywoodiana sulla ribellione e la speranza. Pur più levigato e meno disperato, conserva la stessa carica sovversiva: un sistema che sfrutta i giovani come spettacolo. Chi ha amato il tono politico e l’epica di sopravvivenza può trovare un’eco interessante in Divergent (2014), dove la società è ancora una volta una prigione travestita da ordine.

    2. The Belko Experiment (2016)

    The Belko Experiment sposta l’arena di Battle Royale dentro un ufficio. In un grattacielo colombiano, una voce anonima ordina ai dipendenti di uccidersi a vicenda per sopravvivere. Il film, prodotto da James Gunn, è una feroce satira sul capitalismo e sull’obbedienza cieca. Le regole diventano meccanismi aziendali, i capi veri e propri burattinai del massacro. Come Fukasaku, anche McLean filma la violenza con ironia nera e ritmo serrato, ricordandoci quanto poco basti per scatenare la bestia sotto la superficie civile. Chi vuole restare in questo tono di anarchia aziendale può recuperare Mayhem (2017), che unisce umorismo e sangue in un contagio di follia da open space.

    3. The Condemned (2007)

    In The Condemned, dieci detenuti vengono spediti su un’isola per partecipare a un reality in cui solo uno potrà sopravvivere. Trasmesse in diretta streaming, le loro morti diventano contenuto virale per un pubblico invisibile. È Battle Royale nell’era di Internet, dove l’etica scompare dietro la spettacolarizzazione. Scott Wiper costruisce un action ruvido e violento che alterna scontri fisici a riflessioni sulla fame di intrattenimento. Se l’idea di “morte come show” vi affascina, Death Race (2008) di Paul W.S. Anderson propone una variante motoristica: prigionieri gladiatori che competono su auto da guerra in un reality televisivo.

    4. Cube (1997)

    Precedente a Battle Royale, Cube di Vincenzo Natali è il suo fratello filosofico. Sei sconosciuti si risvegliano in un labirinto di stanze cubiche piene di trappole letali, costretti a collaborare o morire. Non ci sono spettatori, solo il meccanismo crudele di un esperimento privo di scopo. Il film è claustrofobico, matematico, e spietatamente umano: la violenza nasce non dal sistema, ma dall’incapacità di fidarsi. L’angoscia esistenziale e il minimalismo visivo lo rendono un classico del survival psicologico. Chi ama enigmi e tensione può provare Exam (2009), altro thriller da camera che trasforma un colloquio di lavoro in una sfida mentale senza via d’uscita.

    5. Squid Game (2021 – 2025)

    La serie coreana di Hwang Dong-hyuk ha riportato il concetto di Battle Royale nell’immaginario globale. In Squid Game, centinaia di persone indebitate partecipano a giochi infantili con regole mortali, nella speranza di vincere un’enorme somma di denaro. La brutalità delle prove si mescola a una critica tagliente al capitalismo e alla spettacolarizzazione della sofferenza. Ogni episodio è un equilibrio perfetto tra intrattenimento e disperazione. La violenza non è gratuita: serve a mostrare quanto sia fragile la morale quando il sistema ti costringe a scegliere tra la dignità e la sopravvivenza. Chi cerca un’estetica simile, ma più enigmatica, può recuperare Alice in Borderland (2020), che trasforma Tokyo in una scacchiera letale.

    6. Il Buco (2019)

    Il Buco di Galder Gaztelu-Urrutia è un’allegoria verticale della disuguaglianza. In una prigione a più livelli, il cibo scende dall’alto: chi sta sopra banchetta, chi sta sotto muore. Il protagonista si ritrova a scalare (e discendere) questo inferno sociale dove la solidarietà è un’illusione. Come Battle Royale, è un esperimento che spoglia l’uomo di ogni ipocrisia. L’orrore nasce dal meccanismo stesso della società, non dal singolo carnefice. Il film unisce body horror e parabola marxista in un mix disturbante e brillante. Per chi apprezza questa metafora crudele del potere, Snowpiercer (2013) di Bong Joon-ho offre una versione orizzontale, altrettanto tagliente e visivamente potente.

    7. Escape Room (2019)

    Nel film di Adam Robitel, sei sconosciuti ricevono un misterioso invito a partecipare a un gioco di logica, ma presto scoprono che le stanze sono trappole mortali progettate per le loro paure. Escape Room combina l’enigma di Cube con la tensione competitiva di Battle Royale: ogni mossa è vita o morte, e la sopravvivenza dipende dall’ingegno. È un thriller pop e patinato, ma sorprendentemente efficace nel mostrare come la mente umana reagisca sotto pressione. Chi vuole un approccio più horror e morale può avvicinarsi a Saw (2004), dove la logica dei giochi si trasforma in lezione sanguinaria sul valore della vita.

    8. The Hunt (2020)

    Craig Zobel firma con The Hunt una satira ferocemente contemporanea. Un gruppo di ricchi progressisti rapisce e libera dodici persone “meritevoli di punizione” in un gioco di caccia all’uomo. Dietro il pretesto pulp, il film smonta le ideologie opposte dell’America moderna, mostrando come la violenza nasca dal moralismo di entrambe le fazioni. È ironico, spietato e sorprendentemente lucido: Battle Royale aggiornato ai social e alla guerra culturale. Per chi ama questo tono tra horror e sarcasmo, Ready or Not (2019) propone un’altra caccia aristocratica, ma con venature gotiche e un irresistibile humour nero.

    9. Gantz: O (2016)

    Basato sul manga di Hiroya Oku, Gantz: O racconta di persone morte che vengono “resuscitate” da una misteriosa sfera nera per combattere mostri alieni in missioni ad alto rischio. Ogni partita è un death game visivamente spettacolare e narrativamente crudele: chi sopravvive guadagna punti, chi fallisce muore di nuovo. L’azione in CGI è impressionante, ma sotto il ritmo da videogioco c’è un senso di destino e perdita che riecheggia Battle Royale. Chi apprezza questo intreccio tra fantascienza e sopravvivenza può riscoprire Edge of Tomorrow (2014), altro racconto dove la morte diventa un ciclo da superare per vincere.

    10. Nerve (2016)

    In Nerve di Henry Joost e Ariel Schulman, il “gioco” è digitale: un social network sfida gli utenti a compiti sempre più pericolosi in cambio di popolarità. Quando Vee (Emma Roberts) si unisce, scopre che la linea tra sfida e manipolazione è sottilissima. È una versione contemporanea e pop di Battle Royale, dove la pressione sociale sostituisce le armi e i like diventano strumenti di controllo. Colorato, ansiogeno e visivamente accattivante, Nerve denuncia la dipendenza da spettacolo e la perdita del limite morale. Chi vuole approfondire il tema della sorveglianza digitale può guardare The Circle (2017), che esplora la distopia della trasparenza totale.

  • Giappone, vendetta e samurai: 10 film da vedere se stai giocando a "Ghost of Yotei"

    Giappone, vendetta e samurai: 10 film da vedere se stai giocando a "Ghost of Yotei"

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Ghost of Yotei  (2025) è l’attesissimo sequel del videogioco Ghost of Tsushima (2020) della Sucker Punch Productions. Uscito il 2 ottobre 2025, il nuovo videogioco ci porta nel Giappone feudale del 1603 e narra una classica storia di vendetta. Il personaggio assetato di sangue non è altro che Atsu, una giovane guerriera alla ricerca degli assassini della sua famiglia.

    Una volta entrati nel mondo di Ghost of Yotei, i rimandi alla filmografia nipponica sono più che evidenti. A cominciare da modalità di gioco speciali che prendono il nome di tre registi giapponesi fondamentali: Akira Kurosawa, Takashi Miike e Shinichirō Watanabe. 

    Per celebrare l’uscita di Ghost of Yotei e, soprattutto, per tutti coloro che stanno giocando al videogioco in questo momento, questa lista vi propone 10 film che si abbinano perfettamente alla nuova uscita della Sucker Punch Productions. Samurai, sangue, guerre e vendetta sono gli ingredienti principali delle pellicole che trovate qui sotto, ordinate secondo l’anno di uscita.

    1. I sette samurai (1954)

    I sette samurai è uno dei tanti capolavori di Akira Kurosawa. Questa epica vicenda di quasi tre ore e mezza richiama Ghost of Yotei per la sua ambientazione feudale e per le figure dei samurai protagonisti. La durata di questa epopea non deve scoraggiarvi e lo stesso vale per la fotografia in bianco e nero e lo stile “apparentemente” datato vista l’età dell’opera. I sette samurai (1954) non è invecchiato di un giorno e conserva ancora intatta tutta la sua potenza filmica. Kurosawa è un maestro quando si tratta di posizionare la camera e i personaggi nel frame. Un regista pittore che compone arte a ogni fotogramma. Non solo, la storia è ricca di emozioni, cambiamenti di ritmo e scene d’azioni tali da rendere I sette samurai (1954) una pietra miliare del genere action. Imprescindibile.

    2. Harakiri (1962)

    Cambia la decade, cambia il regista, ma il risultato è eccelso tanto quanto I sette samurai (1954). Harakiri di Masaki Kobayashi è una storia di vendetta che richiama la rivalsa sanguinosa tanto cercata dalla protagonista di Ghost of Yotei. Tanto quanto Kurosawa, Kobayashi non sbaglia un posizionamento di camera neanche a pregarlo. Allo stesso tempo, il film è considerato un capolavoro per i bellissimi scontri a suon di katana che accendono lo schermo. Il famoso duello che si apre con una simbolica camminata attraverso un cimitero è tra i migliori mai visti in assoluto. Se non potete fare a meno di film di samurai in bianco e nero come La sfida del samurai (1961) e Sanjuro (1962), Harakiri (1962) non può che essere il prossimo film su cui buttarsi.

    3. Onibaba (1964)

    Onibaba è un cult horror che fonde analisi sociale e terrore soprannaturale. Due sono gli elementi che vi faranno ricordare Ghost of Yotei: l’immancabile ambientazione feudale e l’iconica maschera han'nya presente nella seconda parte del film. Infatti, l’uso delle maschere in Ghost of Yotei è massiccio, tanto che una taverna nel gioco è accessibile solo se provvisti di una particolare maschera. Onibaba (1964), come per Carnevale di anime (1962) e Occhi senza volto (1960), è il classico film dell’orrore in bianco e nero di cui tutti sottovalutano l’effetto paura. Credetemi, sognerete quell’han'nya tutta la notte dopo una sola visione. Per gli amanti del J-Horror, Onibaba (1964) vi aprirà le porte all’età d’oro del genere.

    4. Lady Snowblood (1973)

    Lady Snowblood è il cult anni ‘70 di Toshiya Fujita, notoriamente una grande fonte d’ispirazione per Kill Bill: Volume 1 (2003), che trovate più avanti. Come il classico moderno di Tarantino e similmente a molti gioielli anni ‘70, il film di Fujita trova il mix perfetto di bellezza e violenza. Le scene a dir poco gore vi ricorderanno di sicuro i fiumi di sangue che scorrono in Ghost of Yotei, mentre i movimenti di macchina e le inquadrature sopraffine li renderanno piacevolmente disturbanti. Lady Snowblood (1973) non poteva mancare dalla lista perché, come per Yurusarezaru mono, fonda la sua potenza narrativa sul tema della vendetta. Ovviamente, con il videogioco della Sucker Punch Productions condivide anche la protagonista femminile.

    5. Yakuza (1974)

    Insieme a Kill Bill (2003), Yakuza è l’unico titolo nella lista dove un regista occidentale porta sullo schermo una vicenda fortemente influenzata dalla cultura giapponese. Nonostante il film con Robert Mitchum e Ken Takakura soffra in alcuni punti, riesce comunque nell’intento di mescolare valori antichi e ambientazioni moderne tanto quanto Lady Snowblood (1973). Yakuza (1974) ha dalla sua anche una sceneggiatura che ammicca al noir tanto quanto al film di samurai, ma che lascia spazio a momenti di riflessione profondi. Apprezzerete il film di Sydney Pollack se Black Rain - Pioggia sporca (1989) e Lotta senza codice d'onore (1973) sono rimasti impressi nella vostra mente.

    6. Ran (1985)

    Visto che la modalità di gioco Akira Kurosawa in Ghost of Yotei richiama il magnifico bianco e nero del regista giapponese, avrei potuto optare per un altro classico con quella scelta cromatica. Tuttavia, le generose dosi splatter del videogioco hanno guidato la mia scelta verso Ran, capolavoro dall’impressionante tavolozza di colori. L’epopea samurai con Tatsuya Nakadai richiama Ghost of Yotei anche per l’ambientazione feudale. Ran (1985) rimarrà nel cuore di molti soprattutto per la perfezione visiva che sprigiona, fotogramma dopo fotogramma. A più di trent’anni di distanza da I sette samurai (1954), Kurosawa mantiene il primato di miglior regista a saper girare le scene di battaglia. I soldati sembrano danzare sullo schermo, anche se ciò a cui vanno incontro è terribile.

    7. Kill Bill: Volume 1 (2003)

    Kill Bill: Volume 1 (2003) con Uma Thurman mostra come la vendetta secondo Tarantino vada servita freddissima e con stile. Ovviamente, il tema della rivalsa accomuna il film a Ghost of Yotei, oltre che all’inondazione di sangue e richiami espliciti del videogioco alla trama dei due film. Troverete una manciata di Lady Snowblood (1973) e un pizzico di Sergio Leone, il tutto ben amalgamato dalla mente sui generis di Tarantino. In ultimo, è doveroso sottolineare la prova iconica di Thurman e le pregevoli scene di duelli che si susseguono per tutta la durata della pellicola fino al finale maestosamente sanguinante alla Casa delle Foglie Blu.

    8. Kill Bill: Volume 2 (2004)

    Kill Bill: Volume 2 (2004) è solitamente meno amato rispetto al primo volume. La critica numero uno è sempre la stessa: la caduta di ritmo rispetto al suo predecessore. Tuttavia, il ridimensionamento del passo aiuta Tarantino a mostrare anche il lato meditativo della vendetta. Allo stesso tempo, il regista catapulta lo spettatore in un’atmosfera feudale simile a Ghost of Yotei nel capitolo dedicato all’addestramento di Pai Mei. Anche se in chiave cinese e non giapponese. Kill Bill: Volume 2 (2004) è il degno capitolo conclusivo del film in due parti e contiene uno dei finali migliori della filmografia del regista americano.   

    9. 13 assassini (2010)

    Oltre alla modalità Akira Kurosawa e Shinichirō Watanabe, Ghost of Yotei ti da la possibilità di giocare in modalità Takashi Miike. Non è una sorpresa che questa opzione innalzi ancora di più il livello di sangue e di gore del videogioco. Infatti, il regista non è solo una delle punte di diamante del cinema nipponico, ma è anche un visionario che provoca con immagini disturbanti e al limite di ogni regola e morale. Miike è anche una garanzia in quanto ha dominato qualsiasi genere, dal thriller all’horror fino agli immancabili polizieschi e gangster movie. 13 assassini, però, è un gioiello storico passato alla storia per i magnifici scontri con armi bianche e per la torrenziale battaglia finale che non impallidisce neanche di fronte all’epilogo da storia del cinema de I sette samurai (1954).

    10. Yurusarezaru mono (2013)

    Yurusarezaru mono (2013) calza a pennello con i temi e l’ambientazione di Ghost of Yotei. Il remake in chiave samurai de Gli spietati (1992) di Clint Eastwood porta sullo schermo la storia di vendetta che ha donato al regista due Oscar. La pellicola con Ken Watanabe richiama anche i tratti feudali di Ghost of Yotei, anche se è collocata temporalmente a cavallo tra il feudalesimo giapponese e il periodo di modernizzazione e occidentalizzazione della nazione. Pur non raggiungendo il livello dell’originale, Yurusarezaru mono (2013) rimane un omaggio ben riuscito con prove solide del cast e un’estetica che attira l’occhio, grazie alla mano sapiente del regista Lee Sang-il.

  • Da “Akira” a “Paprika”, i capolavori anime che hanno influenzato i grandi registi del cinema

    Da “Akira” a “Paprika”, i capolavori anime che hanno influenzato i grandi registi del cinema

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Molti grandi registi di Hollywood devono qualcosa agli anime. Da Akira (1988) a Evangelion (1995), la potenza visiva e filosofica dell’animazione giapponese ha riscritto l’immaginario del cinema contemporaneo.

    Non si tratta solo di ispirazione estetica: nei loro mondi caotici, malinconici e spesso apocalittici, questi autori hanno trovato metafore sul corpo, sulla memoria e sulla tecnologia che Hollywood ha poi tradotto in blockbuster e drammi visionari. Nel 25° anniversario di The Matrix (1999) e con il ritorno dell’interesse globale per le trasposizioni anime live-action, ripercorriamo i 10 capolavori che hanno influenzato i registi più iconici del nostro tempo — da Nolan a Del Toro, da Villeneuve ai Duffer Brothers.

    Akira (1988)

    Il film Akira di Katsuhiro Ōtomo è diventato un pilastro del cinema animato e della fantascienza visiva. Ambientato in una Neo-Tokyo post-apocalittica, Akira ha ridefinito l’estetica del cyberpunk e della trasformazione corporea con un impatto che va ben oltre l’animazione giapponese. Molti critici citano Akira come fonte d’ispirazione per film hollywoodiani come The Matrix (1999), grazie all’uso di immagini spettacolari, mutazioni estreme e ambienti urbani ossessivi. L’eredità visiva di Akira è evidente: l’effetto “bullet time” e le moto volanti sono stati più volte associati al design del film. Del resto, senza Akira, è difficile immaginare il cinema d’azione sci-fi degli anni 2000 con la stessa potenza visiva e quella fusione tra tecnologia, gioventù distrutta e metropoli in tumulto.

    Ghost in the Shell (1995)

    Con Ghost in the Shell di Mamoru Oshii, il concetto di identità e corpo digitale diventa puro cinema filosofico. Ambientato in un futuro in cui coscienze umane e intelligenze artificiali si fondono, l’anime ha ispirato direttamente The Matrix (1999): dal design dei cavi neuronali alle riflessioni sull’anima e la simulazione. I suoi intrecci politico-tecnologici e l’analisi della coscienza collettiva hanno influenzato Jonathan Nolan e Lisa Joy nella creazione di Westworld (2016–2022), così come Denis Villeneuve per Blade Runner 2049 (2017). Ma è stato citato anche da Alex Garland per Ex Machina (2014) e da Jonathan Glazer in Under the Skin (2013). Ghost in the Shell rimane ancora oggi un’opera che sfida il tempo: la sua fusione tra estetica cyberpunk e spiritualità orientale continua a guidare il cinema che riflette sull’uomo dentro la macchina.

    Neon Genesis Evangelion (1995–1996)

    Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno non è solo un anime sui robot: è una riflessione sull’angoscia, la solitudine e l’identità. Le sue battaglie apocalittiche tra Angeli e EVA hanno influenzato registi come Guillermo del Toro, che ha citato l’opera come fonte diretta per Pacific Rim (2013). Anche Darren Aronofsky ha tratto ispirazione da Evangelion per la tensione psicologica di The Fountain (2006). 

    Con il suo linguaggio simbolico e religioso, Neon Genesis Evangelion ha ridefinito la narrativa mecha, trasformandola in un dramma esistenziale che continua a ispirare chiunque provi a unire spettacolo e introspezione.

    Nausicaä della Valle del vento (1984)

    Diretto da Hayao Miyazaki, Nausicaä della Valle del vento è un poema ecologico e spirituale che ha ispirato profondamente James Cameron nella creazione di Avatar (2009). 

    L’anime del 1984 unisce pacifismo, natura e responsabilità dell’uomo, raccontando la lotta della principessa Nausicaä per salvare un mondo contaminato. Miyazaki concepisce la fantascienza come estensione morale del mito, e questo ha aperto la strada ai grandi blockbuster filosofici occidentali. In Nausicaä della Valle del vento, l’umanità e la natura sono due facce della stessa fragilità — una lezione che Hollywood ha imparato bene, spesso senza eguagliarla.

    Perfect Blue (1997)

    Satoshi Kon con Perfect Blue (1997) porta l’horror psicologico nell’era della celebrità digitale. La storia della cantante Mima, perseguitata da un fan ossessivo e dalla sua stessa immagine riflessa, ha influenzato direttamente Darren Aronofsky per Black Swan (2010), fino a riprodurre alcune inquadrature identiche. Il film esplora la scissione tra realtà e proiezione, corpo e identità — temi che ritornano anche in Requiem for a Dream (2000). Perfect Blue è un thriller disturbante che ha anticipato i pericoli della cultura dell’immagine molto prima dei social network, diventando una bussola per tutto il cinema sul doppio e sulla fama tossica.

    Paprika (2006)

    Sempre Satoshi Kon, con Paprika (2006), ci regala un viaggio visivo tra sogno e realtà. La storia della dottoressa Chiba e del dispositivo che permette di entrare nei sogni ha ispirato Inception (2010) di Christopher Nolan, che ne riprende l’idea di architettura mentale e i passaggi onirici a cascata. Il film è un’esplosione di immaginazione, con un linguaggio visivo che ha cambiato per sempre la rappresentazione del sogno nel cinema. Paprika dimostra come l’animazione giapponese possa affrontare temi complessi come la memoria e l’inconscio con una libertà che Hollywood ha solo tentato di imitare.

    Cowboy Bebop (1998)

    Creato da Shinichirō Watanabe, Cowboy Bebop (1998) è un noir spaziale che mescola jazz, malinconia e fantascienza pulp. La sua influenza estetica è riconoscibile in Guardiani della Galassia (2014) di James Gunn, ma anche nell’universo coreografico e solitario di John Wick (2014) di Chad Stahelski. Ogni episodio di Cowboy Bebop è un piccolo film di genere, una lezione di ritmo e colonna sonora. Watanabe ha dato al mondo uno spazio profondo e disordinato, abitato da cacciatori di taglie dal cuore spezzato — un modello di coolness che continua a definire l’action moderno.

    Attack on Titan (2013–2023)

    ConAttack on Titan di Hajime Isayama, la violenza diventa metafora politica e teologica. Tra muri ciclopici, titani cannibali e dilemmi morali, l’anime ha influenzato Denis Villeneuve (Dune: Part Two, 2024) e Zack Snyder (Rebel Moon, 2023) nel rappresentare la scala epica e la tragedia del potere. Attack on Titan è una riflessione sul sacrificio e la libertà che unisce la brutalità del corpo alla profondità dell’idea. Il suo approccio visivo e narrativo — tra horror, guerra e filosofia — ha ridefinito il concetto di epopea animata, diventando la Bibbia moderna del genere dark fantasy.

    Elfen Lied (2004)

    Elfen Lied di Mamoru Kanbe è un anime estremo e straziante che unisce violenza, dolore e empatia. La storia di Lucy, una ragazza dotata di poteri telecinetici e tormentata dal passato, ha influenzato direttamente i Duffer Brothers nella creazione di Stranger Things (2016–2025). L’idea di una bambina con poteri soprannaturali, prigioniera di esperimenti e capace di devastare il mondo con la mente, nasce proprio da qui. Elfen Lied combina body horror e tenerezza, spingendo l’animazione oltre i limiti del genere, e aprendo la strada a quella nuova sensibilità horror-emotiva che domina oggi la serialità americana.

    Jin-Roh: The Wolf Brigade (1999)

    Diretto da Hiroyuki Okiura e scritto da Mamoru Oshii,Jin-Roh: The Wolf Brigade è un thriller politico distopico ambientato in un Giappone alternativo, dove una polizia paramilitare affronta gruppi ribelli in una spirale di paranoia e tragedia. L’anime fonde realismo militare e metafora fiabesca, prendendo spunto da Cappuccetto Rosso per raccontare la perdita dell’innocenza. La sua estetica cupa e il tono apocalittico hanno avuto un impatto profondo sul cinema di fantascienza moderno: Denis Villeneuve ha spesso citato l’influenza di Mamoru Oshii nel plasmare l’atmosfera di Blade Runner 2049, mentre la critica ha accostato Jin-Roh alla visione disperata di I figli degli uomini (2006) di Alfonso Cuarón. Un capolavoro di silenzio e sangue, dove l’animazione diventa tragedia politica e lirismo visivo.

  • “Only Murders in the Building” e altri cozy mystery perfetti da guardare in autunno

    “Only Murders in the Building” e altri cozy mystery perfetti da guardare in autunno

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Le giornate si accorciano, l’autunno è arrivato, l’accoppiata plaid/ serie tv è un richiamo irresistibile. Arriva Halloween con la sua dose di horror,  ma se siete alla ricerca di qualcosa di caldo, abbiamo le serie tv che state cercando. Il cozy mystery, il genere in cui il fascino del giallo si fonde ai toni pastello della comedy, perfetto per chi ama gettarsi tra indizi e prove ma con la giusta dose di leggerezza. 

    Dalla nuova stagione di Only Murders in the Building (2021) verso la provincia italiana di del BarLume (2013), dalla queen Angela Lansbury fino alla scena del crimine made in Shondaland di The Residence (2025), in questa lista trovate le serie cozy mystery con cui scaldarvi questo autunno.

    Only Murders in the Building (2021– )

    Il fascino di New York, un’amicizia improbabile, un podcast improvvisato e misteri da risolvere. Only Murders in the Building non solo è uno dei cozy mystery più riusciti di sempre, ma anche una delle serie più godibili e appassionanti uscite negli ultimi anni. Un racconto delicato, in cui il giallo “classico” si incontra con un ritmo quasi da sitcom, con il trio Steve Martin, Martin Short e Selena Gomez che funziona come un trio comico perfetto, tra sarcasmo e malinconia per una Manhattan che non c’è più. Un titolo perfetto e adatto a tutti, consigliato a chi cerca un titolo leggero e brillante. Un consiglio per l’autunno? Cioccolata calda, coperta e quinta stagione (o un rewatch, perchè no).

    La signora in giallo (1984–1996)

    La signora in giallo (1984) con Jessica Fletcher è, senza ombra di dubbio, la madrina di tutti i cozy mystery moderni. Come la Gubbio di Don Matteo (2000), anche la sua Cabot Cove è il prototipo del microcosmo dove il crimine è quasi un’abitudine, ma anche qui sempre risolto con grazia e intuito. Angela Lansbury regala al personaggio un’eleganza e un aplomb che rende ogni episodio un piccolo rituale. È perfetta per chi ama i gialli rassicuranti, le serie “da compagnia” e il fascino vintage della TV anni Ottanta. Rivederla oggi, tra un tè e la pioggia fuori, è come tornare a casa dopo una lunga giornata, un classico del cozy mystery che appassiona ancora oggi.

    Poirot (1989–2013)

    Un altro classicone, un’altra figura mitologica del cozy mystery, l'Hercule Poirot portato in scena da David Suchet è uno dei personaggi più iconici della tv, il GOAT dei detective insieme allo Sherlock Holmes di Jeremy Brett (1984). Impeccabile, preciso, ossessionato dall’ordine, ma allo stesso tempo umanissimo e rassicurante. Una serie classica, rassicurante, ma rispetto alle altre incluse in questa lista con Poirot l’asticella narrativa si alza, d’altronde siamo davanti ad Agatha Christie, la regina incontrastata del giallo. Ogni episodio è un piccolo gioiello di logica, ambientato tra i fasti degli anni Trenta, elegante come solo i gialli classici sanno essere. Questa è la serie ideale per chi vuole qualcosa di raffinato e impeccabile, perfetto per le lunghe serate d’autunno.

    L’ispettore Coliandro (2006–2021)

    Nato dalla penna di Carlo Lucarelli e diretto dai Manetti Bros. (Diabolik, 2021), L’ispettore Coliandro è il lato punk del cozy mystery italiano. Bologna diventa un labirinto noir, dove il protagonista si muove tra la comedy e il macchiettistico spudorato (i riferimenti a Clint Eastwood e alle atmosfere de L’ispettore Callaghan sono un colpo da maestro). È ideale per chi ama i gialli irriverenti e ricchi di comicità, questa serie è un gioiellino delle produzioni Made In Italy, perfetto per chi cerca un titolo leggero e divertente, un ottimo tassello anche per apprezzare lo stile dei registi tra i più apprezzati del nostro panorama contemporaneo.

    I delitti del BarLume (2013– )

    Come suggerisce il titolo, qui i toni sono decisamente più luminosi, con I delitti del BarLume si va nella provincia toscana. Basata sui romanzi di Marco Malvaldi, la serie è più vicina alla commedia italiana che al mystery, i casi si avvinghiano alle voci di paese, alle chiacchiere degli anziani seduti al bar, tra una partita di carte e un camparino. Una serie delicata, affettuosa, dove si respira la vita lenta ma con un ritmo comico e gentile. Meno “dark” e polizziottesca di Coliandro, anche il BarLume è un titolo leggero e divertente, ma più morbido, perfetta anche per la visione in famiglia.

    Enola Holmes (2020)

    Più che un semplice spin-off dell’universo di Sherlock, Enola Holmes è un esperimento riuscito di re-invenzione del mystery per il pubblico young adult. Millie Bobby Brown si ritaglia addosso un’eroina vivace e intelligente, capace di fondere ironia e determinazione in una storia che parla di indipendenza e identità femminile. La regia di Harry Bradbeer (Fleabag, 2016) dà ritmo e modernità, anche se a volte la costante rottura della quarta parete e rende il film più simile a un esercizio di stile, che una trovata realmente brillante com’era stato con Phoebe Waller-Bridge. È però un titolo perfetto per chi cerca un cozy mystery d’avventura, pieno di humour britannico e con un messaggio di empowerment ben calibrato, ideale per un pubblico teen o per chi vuole qualcosa di leggero ma non superficiale. Non avrà il fascino classico del fratello Sherlock, ma la giovane Holmes aggiorna il genere con energia e stile.

    The Afterparty (2022–2023)

    Un mistero, una rimpatriata, e ogni sospettato racconta la stessa notte in un genere cinematografico diverso, dal musical alla commedia romantica, dal thriller all’action. Se non avete ancora visto The Afterparty, questo autunno è l’occasione perfetta per scoprire un titolo che ha reinventato il giallo, sperimentando e giocando tra stili diversi, episodio dopo episodio. Un esperimento tra i più azzeccati degli ultimi anni, se avete amato il ritmo stile Knives Out (2019) questo è il titolo che fa per voi. Alcuni episodi funzionano meglio di altri, ma il risultato è sempre brillante e originale. È perfetta per chi vuole un cozy mystery più moderno e imprevedibile, un antidoto al grigiore dell’autunno

    Deadloch (2023– )

    Sulla costa della Tasmania, due detective diversissime tra loro indagano su un omicidio che sconvolge una piccola comunità. Deadloch mescola mistero, satira e humour nero, trasformando il cozy in un racconto femminista, queer e irriverente. È una serie piena di ritmo e battute taglienti, ma anche capace di momenti di autentica empatia. Perfetta per chi ama i gialli fuori dagli schemi e vuole ridere anche mentre cerca il colpevole. È il titolo più recente di questa lista e forse anche il più sorprendente: dimostra che il cozy può evolversi senza perdere il suo calore.

    Il club dei delitti del giovedì (2025)

    Diretto da Chris Columbus, Il club dei delitti del giovedì è un cozy mystery elegante e pieno di calore, ambientato nel luogo meno crime di sempre, una residenza per anziani che diventa teatro di indagini, segreti e amicizie inattese. Helen Mirren, Pierce Brosnan e Ben Kingsley guidano un cast da scuola di cinema, capace di fondere humour a tocchi malinconici. Un titolo che gioca con le regole del genere, sostituendo l’adrenalina con la tenerezza e i colpi di scena con l’ora del tè trascorsa insieme ai vecchi amici. Un film che parla di curiosità, memoria e voglia della continua voglia di scoprire, anche quando il tempo sembra rallentare. Perfetto per chi ama i gialli dal ritmo pacato e le atmosfere british.

    The Residence (2025)

    Prodotta da Shonda Rhimes, The Residence porta il delitto perfetto nel posto più sorvegliato del pianeta: la Casa Bianca. Durante una cena di Stato, il maggiordomo del Presidente viene trovato morto e a indagare arriva Cordelia Cupp, una detective geniale, sarcastica e fuori dagli schemi. Uzo Aduba è perfetta nel ruolo, a metà tra Poirot e Benoit Blanc ma con un’ironia tutta sua. La serie mescola mistero e satira politica, tra battute, colpi di scena e un ritmo che tiene sempre alta l’attenzione. È brillante, divertente e piena di personaggi eccentrici, perfetta per chi ama i gialli moderni con una vena comica e un tocco di caos tipico di Shondaland.

  • Troppa paura? Ecco 10 film horror non troppo spaventosi adatti a bambini e famiglie

    Troppa paura? Ecco 10 film horror non troppo spaventosi adatti a bambini e famiglie

    Sarah Grossi

    Sarah Grossi

    Editor a JustWatch

    Halloween può essere una tradizione divertente, ma per chi non ama il genere, è davvero un peccato saltare la tradizionale visione di un film horror in compagnia! Fortunatamente, negli anni, sono stati realizzati diversi film che presentano elementi tipici dei racconti del terrore, ma non si spingono mai troppo oltre: niente violenza, sangue, serial killer o temi eccessivamente cupi e pesanti.

    Al contrario, questi titoli mischiano il terrore all’avventura, alla commedia e al fantasy. Per accontentare tutti – tra cui bambini, famiglie e spettatori che solitamente non guardano film horror – noi di JustWatch abbiamo stilato una lista dei 10 film spooky ma non spaventosi perfetti da guardare in famiglia (anche con i più piccoli) o con amici. Tra film d’animazione classici e uscite recenti che forse non conoscete, vediamo tutti i titoli adatti ai non-amanti dell’horror!

    1. Nightbooks (2021)

    Ami leggere? Ma soprattutto, ami scrivere? Perché è proprio questo che tiene il giovane Alex e la sua amica Yasmin al sicuro in casa (o meglio, appartamento) di una strega di New York: la scrittura di storie dell’orrore. Ogni sera, la strega rincasa per ascoltare uno dei racconti del piccolo aspirante scrittore. Ma durante il giorno, i due ostaggi hanno modo di esplorare l’enorme abitazione della strega… Nightbooks è una storia commovente con elementi tipici dell'horror che parla direttamente a tutti coloro che hanno un interesse, lasciando intendere che forse il vero terrore – al di là di streghe, fantasmi, foreste oscure e creature mostruose – si incontra solo quando la fiamma di quella passione si spegne. Consigliata vivamente a tutti coloro che si sentono un po’ “fermi” e a chi cerca una perfetta via di mezzo fra commedia e horror non troppo infantile.

    2. Hotel Transylvania (2012)

    Non volete guardare niente di spaventoso ma non volete neanche rinunciare ai classici mostri della letteratura e del cinema? Hotel Transylvania è il film d’animazione che fa per voi. Stavolta, però, il Conte Dracula si limita a gestire un hotel e, contrariamente alla reputazione che gli ha donato lo scrittore Bram Stoker, teme il mondo esterno e rimane chiuso nel suo castello. Ecco perché fa di tutto affinché la figlia Mavis non ne sia attratta. Ma naturalmente, le cose non andranno come previsto… Perfetto anche per i più piccoli, Hotel Transylvania è una piacevole film di un’ora e mezza che gioca con gli archetipi dei classici dell’horror, tra tradizione e contemporaneità. Se amate ritrovare personaggi conosciuti in chiave comica e sopra le righe come in Shrek (2001) questo film è ciò che cercate.

    3. Chi ha paura delle streghe? (1990)

    I bambini hanno paura delle streghe: la premessa è semplice, ma ha portato al successo uno dei romanzi più noti di Rohal Dhal, Le streghe (1983). Il film vede protagonisti un bambino e sua nonna che si trovano in un albergo durante una vacanza. Quello che non sanno, è che la sala grande dell’hotel è stata riservata a un gruppo di streghe per la loro convention annuale. Nostalgico per i più adulti e preziosa scoperta per i più giovani, Chi ha paura delle streghe? mette d’accordo grandi e piccini grazie alla vincente interpretazione di Angelica Huston nel ruolo della Strega (impossibile non ricordarla anche nelle vesti della spettrale Morticia Addams) e al duo nonna e nipote, che insieme si sostengono in una divertente – ma sufficientemente inquietante – caccia alle streghe. Se le streghe sono il vostro personaggio di Halloween preferito e avete amato Hocus Pocus (1993), questo film è imperdibile.

    4. Monster House (2006)

    Questo divertente film d’animazione in stop motion si apre con una premessa già vista in tanti film: in un quartiere residenziale, c’è una casa inquietante in cui vive un anziano scorbutico che trasmette inquietudine e ostilità a tutti… ma quello che i giovani DJ, Timballo e Jenny scopriranno è tutto fuorché banale. Monster House unisce perfettamente commedia slapstick a elementi horror creativi e originali, partendo da una premessa narrativa conosciuta e prendendo una direzione che saprà stupire grandi e piccini. Se amate i film d’animazione come La famiglia Addams (2019) che abbondano di elementi comici senza però rinunciare a un’atmosfera cupa e un leggero dark humor, Monster House è il film che cercate.

    5. Piccoli Brividi (2015)

    Chi ricorda con piacere (e terrore) la famosa serie tratta dai racconti di R.L.Stine, non può perdersi il film, fruibile anche alle nuove generazioni e a chi non ha familiarità con gli episodi dello show originale. In questo Piccoli Brividi, incontriamo direttamente lo scrittore Stine, che per tenere a bada tutte le creature dei suoi libri (da Slappy il Pupazzo Parlante agli inquietanti gnomi da giardino viventi) le ha intrappolate nei suoi manoscritti. Inutile dire che qualcuno aprirà i volumi rilasciando gli orrori per la città… Questo simpatico Pagemaster (1994) in chiave horror-comica intrattiene tutti i tipi di spettatori, specialmente quelli (di ogni età) che amano mostri e creature spaventose di ogni genere. Vi attende una carrellata di mostruosità diverse, ma senza il terrore agghiacciante tipico degli horror! Solo un po’ di… piccoli brividi.

    6. Scooby-Doo (2002)

    Anche se non lo si è mai visto, Scooby-Doo (1969) è uno di quei cartoni animati che è impossibile non conoscere. Fred, Daphne, Velma e Shaggy sono quattro amici che, insieme al cane Scooby, risolvono misteri di natura sovrannaturale. E dal piccolo al grande schermo il passo è stato breve e di gran successo; Scooby-Doo (2002) con Sarah Michelle Gellar e Rowan Atkinson è oggi una commedia cult. Pur non essendo un film al 100% fedele ai personaggi e alle storie, è un’ottima scelta per chi cerca un tipo di intrattenimento sgangherato, assurdo e che non si prende mai sul serio, in cui l’elemento comico supera di gran lunga quello leggermente horror. Se amate l’umorismo fuori di testa alla Alvin Superstar (2007) con l’aggiunta di qualche mostro e maniero infestato, questo film fa per voi.

    7. Haunted Mansion (2023)

    Chi conosce i parchi divertimenti Disney sa bene che il colosso statunitense ha prodotto numerosi adattamenti cinematografici ispirati alle attrazioni più famose, da I Pirati dei Caraibi(film dal 2003 al 2017) a Jungle Cruise(2021). L’adattamento più recente è anche il più spettrale: La casa dei fantasmi. Già portata sul grande schermo da un film con Eddie Murphy nel 2003, la Haunted Mansion è tornata al cinema con un nuovo adattamento spettrale e commovente. Haunted Mansion è il film perfetto da guardare con tutti i membri della famiglia; gli adulti e gli adolescenti ne sapranno apprezzare le scene più intense a livello emotivo che il film presenta oltre ai classici e molto ben fatti elementi spooky, che renderanno comunque felici anche gli spettatori un po' giovani (e temerari) alla ricerca di qualche brivido “da grandi”! Per chi cerca una storia che sia al contempo soprannaturale e profondamente umana, Haunted Mansion è la scelta perfetta.

    8. Frankenweenie (2012)

    Se Hotel Transylvania mette al centro della vicenda il vampiro Dracula nella sua forma più classica, Frankenweenie reinterpreta la storia e i temi del romanzo di Mary Shelley in chiave moderna. La storia vede protagonista piccolo Victor, un aspirante scienziato che, dopo aver perso l’amato cagnolino, cerca un modo per riportarlo in vita con un esperimento scientifico. Questo film d’animazione in bianco e nero (per celebrare i classici dell’horror!) non è un blockbuster né uno dei più famosi film di Tim Burton, ma chi cerca un film semplice, colmo di personaggi caratteristici (dalla bambina con il suo gattino profetico all’eccentrico professore di scienze di Victor) dalle tinte tetre e malinconiche ma mai troppo dark, troverà ciò che cerca. Se tutti in famiglia o nel vostro gruppo di amici hanno amato Nightmare Before Christmas (1993) e La sposa cadavere (2005), la visione di Frankenweenie è d’obbligo.

    9. Hubie Halloween (2020)

    Chi adora Adam Sandler? Ebbene, anche uno dei più noti attori comici statunitensi ha recitato in un film a tema Halloween. Ma non temete, Sandler ha comunque avuto occasione di sfoggiare la sua verve comica (e tenera). In Hubie Halloween, interpreta il timido e fifone Hubie, che ironicamente abita a Salem, in Massachusetts. Una serie di misteriose sparizioni lo costringeranno però a raccogliere tutto il suo coraggio per difendere gli abitanti della città. Hubie Halloween è un piacevole film commedia con elementi horror mai eccessivamente cupi, senza pretese e che propone una formula familiare a tanti spettatori, mescolando misteri, qualche brivido e tanti buoni sentimenti adatti a tutta la famiglia e a tutti gli spettatori che si sentono un po’ fifoni come Hubie.

    10. Casper (1995)

    Non solo il mondo di Scooby-Doo è stato trasposto sul grande schermo con attori in carne e ossa (più o meno!). Qualche anno prima, uscì al cinema il film tratto dal cartone Casper (iniziato negli anni Sessanta), che conquistò i cuori di parte della critica e della maggioranza degli spettatori. La storia è quella della giovane Kat e del padre Harvey che si trasferiscono in una casa… infestata. Ma non tutti i fantasmi sono malvagi. Al contrario, Kat stringerà un’importante amicizia con uno di loro. Nonostante un buon numero di scene siano divertenti e piuttosto comiche, questo Casper è consigliato a chi cerca anche un risvolto più profondo e una morale importante alla fine della storia. Mai realmente spaventoso, il film è perfetto per gli spettatori fifoni adolescenti e adulti che cercano divertimento, brividi e, inevitabilmente, qualche lacrima.

  • Tutti i film più attesi del 2026, tra sequel e nuovi titoli

    Tutti i film più attesi del 2026, tra sequel e nuovi titoli

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il 2026 si preannuncia come un anno ricco di sorprese per tutti gli amanti del cinema. Sembra proprio che le uscite del prossimo anno lasceranno tutti soddisfatti. Non importa se vi piacciono i blockbuster o i film di genere, il 2026 porterà con sé un altro grande anno di cinema. Per questo motivo, qui sotto trovate i 10 film più attesi del 2026 con le loro date d’uscita.

    Tra i titoli presi in considerazione, ho tenuto conto sia di film che provengono da saghe che pellicole a sé stanti. Inoltre, ho dato spazio non solo a film ad alto budget, ma anche a opzioni più contenute, se per contenute intendiamo 80 milioni di dollari per La Sposa! . Per questo motivo, non disperate se nella lista non compaiono titoli come Jumanji 3 o Toy Story 5. Infine, tutti i 10 film più anticipati del 2026 sono ordinati in base alla data di uscita italiana.

    1. 28 anni dopo - Il tempio delle ossa (15 gennaio 2026)

    Il 2025 è stato l’anno del ritorno per tutti i fan della saga di 28 giorni dopo (2002). A quasi vent’anni di distanza dal secondo capitolo 28 settimane dopo (2007) di Juan Carlos Fresnadillo, 28 anni dopo (2025) ha riportato al cinema la saga zombie e ha sancito anche il ritorno della collaborazione tra Danny Boyle e Alex Garland. Il grande risultato ai botteghini, più di 150 milioni di incassi, ha soffiato nuova linfa vitale sul franchise horror. Infatti, solo un anno dopo, 28 anni dopo - Il tempio delle ossa catapulta di nuovo gli spettatori nella Gran Bretagna post-apocalittica che ha caratterizzato tutta la saga. Se Boyle è presente solo in vece di produttore e Garland rimane lo sceneggiatore, i fan della saga possono stare tranquilli perché la regia è affidata a Nia DaCosta, che già aveva dimostrato tutta la sua bravura nel genere con Candyman (2021).

    2. Scream 7 (27 febbraio 2026)

    I fan dell’horror continueranno a gioire per tutto il 2026. A trent’anni esatti dall’uscita di Scream (1996), film leggendario dell’altrettanto leggendario regista Wes Craven, il settimo capitolo della saga è pronto a terrorizzare di nuovo. La saga che ha fatto impazzire gli amanti dell’horror ha rivoluzionato il sottogenere slasher decostruendolo, ma lasciando intatte le morti cruente da arma bianca. La formula di Scream è cambiata nel tempo senza mai risultare riciclata e Scream 7 sembra mantenere le promesse. Infatti, alla regia troviamo Kevin Williamson, già sceneggiatore del primo, secondo e quarto capitolo del franchise. Il killer dall’iconica maschera è pronto a tornare.     

    3. L'ultima missione: Project Hail Mary (marzo 2026)

    A quasi dieci anni di distanza da First Man - Il primo uomo (2018), Ryan Gosling torna nello spazio con L'ultima missione: Project Hail Mary. Il film di Phil Lord e Christopher Miller si posiziona a metà tra la grande narrativa sci-fi alla Interstellar (2014) o alla Sunshine (2007) con tocchi comici che sgrassano i temi cupi come in Mickey 17 (2025). Allo stesso tempo, ciò che rende L'ultima missione: Project Hail Mary (2026) uno dei film più attesi del 2026 è sicuramente il materiale narrativo da cui è tratta la sceneggiatura. Stiamo parlando del romanzo omonimo di Andy Weir, ormai un punto di riferimento nell’ambiente fantascientifico per un altro capolavoro poi trasposto sul grande schermo: Sopravvissuto - The Martian (2015).   

    4. La Sposa! (5 marzo 2026)

    Il prossimo anno sarà una festa continua per gli amanti degli horror. Se 28 anni dopo - Il tempio delle ossa (2026) e Scream 7 (2026) aprono le danze, La Sposa! (2026) di Maggie Gyllenhaal potrebbe portare il tutto a un livello superiore. Dopo la versione moderna di Frankenstein (2025) di Guillermo del Toro, l’attrice al suo secondo film da regista rivisita un classico dell’horror come La moglie di Frankenstein (1935). E dal teaser trailer rilasciato per la promozione del film, ci possiamo aspettare una versione che incrocia le tematiche gotiche e orrorifiche del materiale originale con atmosfere che ricordano, udite udite, i film gangster. Non a caso, La Sposa! (2026) è ambientato nella Chicago degli anni ‘30 perfettamente descritta nel classico di De Palma Gli intoccabili (1987).

    5. Star Wars: The Mandalorian and Grogu (20 maggio 2026)

    Star Wars: The Mandalorian and Grogu porta di nuovo sul grande schermo l’infinita e mai banale saga di Star Wars. Pensate che Star Wars: L'ascesa di Skywalker (2019) era uscito addirittura in epoca pre-COVID. Ovviamente, la pellicola in uscita a maggio 2026 funge da continuazione dell’amata serie TV di tre stagioni The Mandalorian (2019). Infatti, Pedro Pascal torna nei panni di Din Djarin e con lui ci sarà l’immancabile compagno di avventure Grogu, meglio noto come Baby Yoda. Se pensiamo alla restante parte del cast –tra tutti Sigourney Weaver e Jeremy Allen White– e alla regia affidata al re dei blockbuster moderni Jon Favreau, non possiamo che essere certi che la saga sia in buone mani.

    6. Odissea (16 luglio 2026)

    Christopher Nolan ci ha abituato a livelli di epicità fuori dal comune. Dal primo capitolo della trilogia dell’uomo pipistrello Batman Begins (2005) in poi, i film di Nolan hanno sempre mantenuto alta l’asticella in quanto a grandiosità. Dopo altri film storici, seppur ambientati in tempi moderni, come Dunkirk (2017) e Oppenheimer (2023), il regista inglese mette mano per la prima volta all’epica vera e propria. Non solo, il suo esordio nel genere Odissea si basa su uno dei testi più famosi e classici scritti da Omero. Se non bastasse il carattere mitologico a rendere leggendario questo film, a togliere ogni dubbio ci pensa il cast corale, anch’esso veramente epico: Matt Damon, Anne Hathaway, Tom Holland, Zendaya, Robert Pattinson, Lupita Nyong'o, Jon Bernthal e Charlize Theron tra gli altri.

    7. Spider-Man: Brand New Day (31 luglio 2026)

    Tom Holland avrà un 2026 molto movimentato. Oltre ad apparire in Odissea (2026), l’attore torna al cinema con una nuova trilogia sull’Uomo Ragno che si apre con Spider-Man: Brand New Day. Il film è anche la continuazione della trilogia precedente che comprende Spider-Man: Homecoming (2017), Spider-Man: Far from Home (2019) e Spider-Man: No Way Home (2021). Quest’ultimo film aveva incassato quasi 2 miliardi di dollari, entrando nella top 10 dei film più redditizi di sempre. Holland non è l’unico attore di Odissea (2026) a recitare nel film di Destin Daniel Cretton. Insieme a lui ritroveremo Jon Bernthal nei panni di Frank Castle, nient’altro che The Punisher. Visto il successo della trilogia precedente, Spider-Man: Brand New Day (2026) sembra destinato a inaugurarne un’altra con simili risultati.

    8. The Legend of Aang The Last Airbender (9 ottobre 2026)

    The Legend of Aang The Last Airbender ha sulle spalle una pressione non da poco. Dopo il finale dell’amata serie Avatar - La leggenda di Aang (2005), Hollywood aveva già provato a portare sul grande schermo la vicenda di Aang. Tuttavia, L'ultimo dominatore dell'aria (2010) si era dimostrato un film non all’altezza del materiale di riferimento, nonostante la presenza alla regia di M. Night Shyamalan. The Legend of Aang The Last Airbender (2026) di Lauren Montgomery e William Mata, però, già presenta dei buoni presupposti. A cominciare dalla scelta di affidarsi all’animazione e di stare il più lontano possibile dal formato live-action. Se poi pensiamo che la pellicola dovrebbe essere la prima di una trilogia, non ci dovrebbero essere più dubbi.

    9. Avengers: Doomsday (18 dicembre 2026)

    Un nuovo anno al cinema non potrebbe essere lo stesso senza il ritorno degli Avengers. Avengers: Doomsday vede di nuovo alla regia i veterani del MCU Anthony e Joe Russo e si unisce agli altri film sul team di supereroi diventandone la quinta installazione, oltre che trentanovesimo film del Marvel Cinematic Universe. Come per Odissea (2026), la pellicola vanta un cast chilometrico con le migliori star del momento, da Chris Hemsworth a Vanessa Kirby, passando per Ebon Moss-Bachrach e Letitia Wright. E Tom Holland, che come abbiamo detto non può che aspettarsi un 2026 a dir poco vivace. Ma la vera star del film potrebbe essere il villain che dà il nome a questo capitolo, interpretato da Robert Downey Jr..

    10. Dune: Part Three (18 dicembre 2026)

    Dopo il tentativo mal riuscito negli anni ‘80 da parte di David Lynch, la mastodontica raccolta di romanzi sci-fi di Frank Herbert ha trovato l’adattamento che meritava con la trilogia di Denis Villeneuve. Dopo Dune (2021) e Dune - Parte due (2024), il trittico del regista canadese con Timothée Chalamet e Zendaya si conclude con Dune: Part Three. Anche se poco si sa di questo epilogo, possiamo essere certi che porterà sullo schermo gli ingredienti che hanno reso magici i primi due capitoli. Immagini maestose, sequenze d’azione impressionanti, introspezione e intrighi politici saranno di nuovo le punte di diamante di Dune: Part Three (2026).

  • “La donna della cabina numero 10” e altri 10 thriller psicologici con protagoniste femminili

    “La donna della cabina numero 10” e altri 10 thriller psicologici con protagoniste femminili

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con La donna della cabina numero 10 (2025) il thriller psicologico torna a brillare grazie a una protagonista femminile complessa, fragile e insieme determinata. Ma la storia di donne che combattono contro i propri demoni – reali o interiori – attraversa tutto il cinema contemporaneo, trasformandosi in un linguaggio potente per esplorare paura, potere e identità.

    Dalla freddezza calcolatrice di Amy in Gone Girl (2014) alla follia perfettamente coreografata de Il cigno nero (2010), questi film mostrano donne che reagiscono al controllo e al trauma con forza e ambiguità. Quindi, ecco a voi dieci titoli da recuperare, dove il cuore pulsante del thriller è una protagonista indimenticabile.

    1. Gone Girl – L’amore bugiardo (2014) 

    Rosamund Pike firma un’interpretazione glaciale e perfetta nei panni di Amy Dunne, donna scomparsa e insieme regista del proprio destino. In Gone Girl, Fincher smonta il mito del matrimonio e dei media, trasformando la protagonista in un’icona del controllo. Amy è tutto ciò che la società non vuole che una donna sia: intelligente, vendicativa, capace di ribaltare la narrazione per sopravvivere. Il fascino del film sta nella sua ambiguità, nel confondere continuamente vittima e carnefice. Il suo ritratto ha ispirato una generazione di thriller al femminile, come Sharp Objects (2018), dove l’ossessione diventa una forma di potere.

    2. La ragazza del treno (2016) 

    Emily Blunt offre una delle performance più fragili e realistiche del cinema recente. Rachel, la protagonista di La ragazza del treno, è un’alcolista la cui memoria compromessa la rende inaffidabile perfino a sé stessa. Il film ci porta dentro la sua mente confusa, tra rimpianti, illusioni e un desiderio disperato di verità. L’empatia che Blunt suscita deriva proprio dalla sua vulnerabilità: la vediamo crollare, ma anche ricomporsi e affrontare la realtà. È un thriller domestico e psicologico che usa la soggettività come gabbia e specchio. 

    Chi ha amato l’introspezione sofferta di The Girl Before (2021) o la tensione domestica di The Undoing (2020) troverà in La ragazza del treno un dramma altrettanto torbido e sensuale.

    3. A Simple Favor – Un piccolo favore (2018) 

    Blake Lively e Anna Kendrick si muovono in un elegante gioco di specchi dove la manipolazione si traveste da amicizia. A Simple Favor è un thriller che mescola ironia, mistero e fashion con sorprendente equilibrio, mostrando due donne opposte che si definiscono a vicenda: la carismatica Emily e la ingenua Stephanie. Il film sovverte il classico binomio “buona e cattiva” e costruisce un duello psicologico in cui entrambe manipolano e si lasciano manipolare. La forza sta nella scrittura affilata e nella messa in scena lucente, che nasconde una crudeltà da noir. Chi ama le protagoniste ambigue apprezzerà anche Big Little Lies (2017 – 2019), dove il glamour diventa maschera di un trauma condiviso.

    4. Il cigno nero (Black Swan, 2010) 

    Natalie Portman vince l’Oscar per una delle interpretazioni più fisiche e devastanti mai viste. In Il cigno nero, Aronofsky trasforma la danza in un campo di battaglia mentale, dove la ricerca della perfezione coincide con la discesa nella follia. Nina è una protagonista tragica, imprigionata tra disciplina e desiderio, tra la purezza del Cigno Bianco e la sensualità oscura del Cigno Nero. La forza del film sta nella sua ambivalenza: la fragilità diventa estasi, la distruzione liberazione. È un viaggio nella mente femminile che ricorda i turbamenti psicologici di Perfect Blue (1998), altra storia di identità spezzata e sguardi che consumano.

    5. Promising Young Woman (2020) 

    Carey Mulligan dà vita a una delle eroine più complesse del cinema recente. In Promising Young Woman, Cassie trasforma il trauma in arma, fingendosi vulnerabile per smascherare l’ipocrisia patriarcale. Emerald Fennell costruisce un film che mescola il linguaggio pop con la rabbia del thriller morale, creando una tensione costante tra vendetta e compassione. Cassie non cerca la redenzione: cerca la verità, e in questo sta la sua forza. È un film che parla di dolore e controllo, ma anche di solidarietà femminile. Chi ama i racconti di rivalsa psicologica apprezzerà anche I Care a Lot (2021), dove Rosamund Pike incarna un altro tipo di potere corrotto.

    6. The Night House (2021) 

    Rebecca Hall domina The Night House con una performance di pura intensità emotiva. Dopo la morte del marito, la protagonista scopre segreti che la costringono a confrontarsi con il vuoto, la paura e la propria mente. Il film è un ritratto straordinario del lutto e della negazione, costruito con tensione sottile e malinconia profonda. Hall regge da sola l’intera narrazione, oscillando tra razionalità e allucinazione. Il suo sguardo incredulo e vulnerabile è ciò che tiene lo spettatore ancorato alla realtà. Chi ha amato l’orrore psicologico di Relic (2020) o Hereditary (2018) troverà in The Night House una riflessione più intima e umana.

    7. Run (2020)

    In Run, la giovane Kiera Allen sfida Sarah Paulson in un intenso confronto madre-figlia che scivola nel terrore domestico. La protagonista, costretta su una sedia a rotelle, scopre che la donna che la protegge potrebbe in realtà imprigionarla. Il film ribalta il paradigma della vittima, trasformando la fragilità fisica in determinazione pura. Allen offre una prova fisica e coraggiosa, sostenuta da una regia essenziale che amplifica il senso di oppressione. È un thriller asciutto, di tensione costante, dove la paura nasce dall’intimità familiare. Chi ama le protagoniste resilienti troverà echi simili in Room (2015) e Misery non deve morire (1990).

    8. La ragazza più fortunata del mondo (2022) 

    Mila Kunis sorprende in La ragazza più fortunata del mondo (2022), adattamento dell’omonimo romanzo di Jessica Knoll. La sua Ani sembra avere tutto: lavoro perfetto, fidanzato ideale, vita impeccabile. Ma dietro la superficie si nasconde un trauma che riaffiora con violenza. Il film esplora il tema dell’immagine femminile come costruzione sociale e sopravvivenza psicologica. Kunis mostra come la rabbia e la vergogna possano convivere, dando vita a una protagonista dura, sarcastica, ma profondamente umana. È una storia di resilienza che dialoga idealmente con The Morning Show (2019 – 2026) o Frammenti di lei (2022), altre opere in cui la maschera della perfezione si sgretola sotto la pressione della memoria.

    9. Last Night in Soho (2021) 

    Last Night in Soho è un sogno che si trasforma in incubo. Thomasin McKenzie interpreta Eloise, una giovane stilista che, trasferitasi a Londra, comincia a vivere visioni del passato attraverso gli occhi di una cantante misteriosa. Wright fonde thriller psicologico e horror pop in un’estetica accecante, dove la fascinazione per il glamour diventa pericolo. Eloise è ingenua e sensibile, ma il suo percorso è di risveglio e autodifesa. Il film riflette sul modo in cui le donne vengono consumate dallo sguardo maschile — letteralmente e simbolicamente. Chi ama atmosfere simili troverà in The Neon Demon (2016) o Black Mirror: San Junipero (nella terza stagione di Black Mirror) la stessa tensione visiva e malinconica.

    10. The Invitation (2016)

    Con The Invitation, Karyn Kusama costruisce un gioiello di paranoia lenta e implacabile. Tammy Blanchard incarna la forza inquietante di una donna che sembra serena ma nasconde un culto distruttivo. Il film è una riflessione sulla fede cieca, la manipolazione e la violenza psicologica di gruppo. Kusama, una delle poche registe a muoversi con coerenza nel thriller contemporaneo, firma un’opera in cui il pericolo è sempre fuori campo, trattenuto fino all’ultimo respiro. La protagonista femminile, magnetica e disturbante, è il cuore segreto del film. Chi ama il crescendo teso e ambiguo di Coherence (2013) o The Gift (2000) troverà qui una tensione altrettanto raffinata e glaciale.

  • “R.I.P (Roast In Peace)” e altri show italiani divertenti da vedere su Prime Video

    “R.I.P (Roast In Peace)” e altri show italiani divertenti da vedere su Prime Video

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Con R.I.P (Roast In Peace) (2025), Prime Video inaugura la stagione più cattiva e divertente della comicità italiana. Dopo anni di stand-up “politicamente corretta”, questo show riporta in auge il gusto del sarcasmo senza filtri, il piacere del roast e quella sana cattiveria che fa ridere di tutto, persino della morte.

    Tra battute al vetriolo, ironia funebre e performance esagerate, R.I.P è già diventato un cult. Ma se vi siete divorati tutti gli episodi e avete ancora voglia di ridere con intelligenza (o di essere un po’ “roastati”), ecco 10 show comici italiani su Prime Video da vedere subito, tra improvvisazione, autoironia e momenti surreali che fanno a pezzi il buon gusto – nel modo migliore possibile.

    1. R.I.P (Roast In Peace) (2025)

    In R.I.P (Roast In Peace), le star vengono “celebrate” in un finto funerale dove amici e colleghi le prendono in giro con ironia mortale. Il tono è volutamente nero, ma l’autoironia vince su tutto: si ride della morte per celebrare la vita pubblica dei personaggi. L’ambientazione gotica, la regia elegante e la scrittura graffiante lo rendono un piccolo cult immediato. È il segno che la comicità italiana può spingersi oltre il politically correct. Se vi piacciono gli show di roast spietati, recuperate The Roast of Tom Brady (2024): il corrispettivo americano, ancora più feroce.

    2. LOL: Chi ride è fuori (2021 – in corso)

    Con LOL: Chi ride è fuori, Prime Video ha rivoluzionato l’idea di gara comica. Dieci comici professionisti chiusi in una stanza devono resistere alle risate mentre gli altri fanno di tutto per farli crollare. Il risultato è un’escalation di assurdità, giochi verbali e momenti esilaranti. Fedez, Frank Matano e Maccio Capatonda portano un ritmo televisivo nuovo, in cui il fallimento è parte dello spettacolo. È la versione più pop e giocosa del sadismo comico di R.I.P. Se amate il format ma volete vederlo in chiave internazionale, provate LOL: Last One Laughing Germany (2021 – in corso) stesso spirito, ma con humor teutonico imprevedibilmente efficace.

    3. Prova Prova Sa Sa (2022)

    Prova Prova Sa Sa è la celebrazione pura dell’improvvisazione. Frank Matano guida quattro comici in una serie di sfide assurde senza copione, dove la risata nasce dall’imprevisto. Michela Giraud, Francesco Mandelli, Edoardo Ferrario e Maccio Capatonda trasformano ogni scena in un piccolo esperimento d’arte comica.Rispetto al sarcasmo strutturato di R.I.P, qui regna il caos creativo. È la controparte istintiva del roast: dove lì si scrive per colpire, qui si inventa per sopravvivere. Se vi intriga la comicità d’improvvisazione, provate Game On! (2020 – 2021), altra competizione a base di follia e rapidità mentale.

    4. Celebrity Hunted – Caccia all’uomo (2020 – in corso)

    In Celebrity Hunted – Caccia all’uomo, le celebrità italiane devono fuggire da un team di investigatori professionisti. Lo show, a metà tra spy movie e reality, unisce tensione e ironia involontaria: il pubblico ride e tifa allo stesso tempo. Tra fughe rocambolesche e piani assurdi, è uno spettacolo di pura adrenalina travestito da thriller. Come R.I.P, gioca con la messa in scena e la vulnerabilità dei vip, ma lo fa in esterni e con il linguaggio dell’action. Se vi piace questo mix tra reality e satira, provate The Traitors: UK (2022 – in corso), un altro show dove la strategia e il bluff diventano intrattenimento puro.

    5. Dinner Club (2021 – in corso)

    In Dinner Club, Carlo Cracco abbandona la cucina patinata e si trasforma in compagno di viaggio per un gruppo di comici e attori. Luciana Littizzetto, Sabrina Ferilli, Fabio De Luigi e altri ospiti attraversano l’Italia tra cibo, risate e confessioni inattese. È uno dei programmi più eleganti di Prime Video, capace di fondere ironia, cultura gastronomica e autenticità. Se R.I.P dissacra la morte, Dinner Club celebra la vita attraverso la convivialità. Per chi ama i programmi culinari con comicità e cuore, consigliato Clarkson’s Farm (2021 – in corso): stesso mix di caos e tenerezza, ma in salsa britannica.

    6. Sono Lillo (2023 – in corso)

    Sono Lillo è la risposta surreale al culto delle celebrity. Dopo LOL, il comico romano ottiene una serie che trasforma il suo alter ego “Posaman” in simbolo del successo che divora la vita privata. La serie alterna sketch e momenti di meta-commedia, portando la riflessione sull’identità nel mondo dell’intrattenimento. Pur non essendo un reality, condivide con R.I.P la capacità di ironizzare su fama e immagine pubblica, mescolando risate e malinconia. Se apprezzate questo tipo di comicità consapevole, provate Inside Amy Schumer (US): altro esempio di satira intelligente sulla cultura pop.

    7. LOL Talent Show: Chi fa ridere è dentro (2023)

    In LOL Talent Show: Chi fa ridere è dentro, Mago Forest conduce una sfida tra giovani comici pronti a entrare nel cast ufficiale di LOL. Il programma è un laboratorio di nuove voci, con stand-up, sketch e momenti di improvvisazione. L’atmosfera è competitiva ma giocosa, e mostra la vitalità della comicità italiana emergente. Rispetto a R.I.P, qui la cattiveria lascia spazio alla scoperta, ma resta la voglia di spingere i limiti del linguaggio comico. Se volete scoprire talent show comici simili, guardate Last Comic Standing (2003 – 2015): il classico formato americano dedicato alla stand-up.

    8. Holiday Crush (2025)

    A un primo sguardo, Holiday Crush potrebbe sembrare un reality sentimentale nel solco di Too Hot to Handle (2020 – in corso) o Love Island (2015 – in corso). Ma il colpo di genio sta nel commento costante dei The Jackal, che osservano, ridono e commentano in tempo reale i partecipanti come in un gigantesco “reaction show”. Il meccanismo trasforma il trash in satira: il romanticismo artificiale diventa una scusa per ironizzare sul nostro modo di consumare i reality stessi. Con ospiti diversi a ogni puntata, da Cristina D’Avena a La Pina, Holiday Crush è un ibrido perfetto tra dating show e comicità di costume. Se vi piace questo tipo di metatelevisione ironica, provate Celebrity Watch Party (2020): celebrità che reagiscono ai programmi TV, con toni altrettanto spassosi.

  • Gli anime più disturbanti (e geniali) che i bambini non dovrebbero mai guardare

    Gli anime più disturbanti (e geniali) che i bambini non dovrebbero mai guardare

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Non tutto ciò che è disegnato è per bambini. Gli anime, da sempre, amano travestire i loro traumi sotto occhi giganteschi e melodie dolci, salvo poi scaraventarti nell’abisso dell’anima umana.

    Tra depressione, sangue, metafisica e filosofia, il Giappone ci ha regalato capolavori che non hanno niente di “infantile” — se non il coraggio di guardare il mondo senza filtri. Con l’uscita di serie sempre più audaci come Chainsaw Man (2022 – in corso) e Made in Abyss (2017 – 2022), vale la pena ricordare che l’animazione non è sinonimo di leggerezza. Ecco quindi 10 anime troppo incasinati, disturbanti o geniali per un pubblico bambino, ma perfetti per chi ama la complessità e le emozioni forti.

    1. Neon Genesis Evangelion (1995–1996)

    Il trauma di una generazione. Neon Genesis Evangelion sembra un mecha anime come tanti, ma dopo pochi episodi diventa un viaggio nel subconscio. Tra croci, apocalissi e crisi di identità, Hideaki Anno racconta adolescenti depressi costretti a salvare un mondo che li divora. L’angoscia esistenziale sostituisce l’eroismo, e ogni combattimento diventa un atto di autolesionismo collettivo. È una serie che parla di solitudine, fede e incapacità di amare — roba che nemmeno Freud avrebbe digerito. Da non mostrare a nessun minore di 16 anni (e forse nemmeno agli adulti troppo sereni). Se ti piace, prova Serial Experiments Lain (1998) ancora più rarefatto e alienante, ma ugualmente affascinante.

    2. Berserk (1997)

    Berserk è la leggenda più oscura mai animata: una tragedia medievale di potere, follia e carne. Seguiamo Guts, guerriero maledetto dalla violenza e dal destino, in un mondo dove gli dèi si nutrono di dolore. È un anime crudo, intriso di simbolismo religioso e sessualità disturbante. Le sequenze del “marchio” e dell’Eclissi sono tra le più traumatiche mai viste sullo schermo. Nonostante le diverse versioni, l’anima di Berserk resta sempre la stessa: disperata e grandiosa. Non è un anime da guardare, ma a cui bisogna sopravvivere. Ma se è questo tipo di epica vi appassiona, allora prova anche Claymore (2007), altra epopea dark fantasy di spade e mostri, dove la violenza è anche introspezione.

    3. Serial Experiments Lain (1998)

    In Serial Experiments Lain, la realtà è solo un’illusione di rete. Lain, una ragazzina introversa, scopre un mondo parallelo chiamato “Wired”, dove identità e corpo si dissolvono. L’opera di Ryutaro Nakamura anticipa tutto: Internet, avatar, alienazione digitale, depressione da schermo. Minimalista e spettrale, è un labirinto di dati e silenzi in cui ogni immagine pesa come un sogno. Non cercare di capirlo tutto: lasciati assorbire. È filosofia cibernetica mascherata da racconto di formazione. Consigliato anche Texhnolyze (2003), ancora più cupo, una discesa lenta nella disumanizzazione.

    4. Perfect Blue (1997)

    Satoshi Kon trasforma Perfect Blue in un thriller mentale degno di Hitchcock. Mima, idol pop in cerca di libertà, sprofonda nella paranoia dopo aver lasciato il mondo dello spettacolo. L’anime riflette sull’ossessione, sullo sguardo e sull’identità frantumata, anticipando temi come social media e body shaming. Il confine tra realtà e delirio svanisce, e ogni inquadratura ti costringe a dubitare dei tuoi occhi. Non è solo inquietante: è un capolavoro sul lato oscuro della celebrità. Sulla medesima scia, sebbene fuori dal panorama anime, Black Swan (2010) diretto da Darren Aronofsky che Perfect Blue l’ha praticamente adorato, e si vede.

    5. Paranoia Agent (2004)

    Con Paranoia Agent, Satoshi Kon colpisce ancora, raccontando un Giappone che implode sotto la pressione sociale. Un misterioso ragazzo con un bastone d’oro attacca persone disperate: da lì nasce un contagio di isteria collettiva. È un anime corale e disturbante, dove ogni episodio svela una diversa forma di follia. Sotto la superficie, però, c’è una critica feroce alla società del lavoro e alla cultura della fuga. Visionario, angosciante, irresistibile. Assolutamente da vedere anche Erased (2016), thriller temporale che esplora colpa e trauma, ma in chiave più accessibile.

    6. Ergo Proxy (2006)

    Ergo Proxy è un noir esistenzialista travestito da fantascienza. In una città cupa governata da androidi, Re-l Mayer indaga su una serie di omicidi che nascondono un segreto metafisico. Il tono è decadente, la regia astratta, i dialoghi densi di filosofia e religione. Ogni episodio è un enigma su cosa significhi essere vivi. È un anime che non ti spiega, ti sfida: perfetto per chi ama l’estetica cyberpunk e i dilemmi ontologici. Da vedere anche Ghost in the Shell: Stand Alone Complex (2002), stessa tensione tra umanità e tecnologia, ma con un ritmo più d’azione.

    7. Made in Abyss (2017– 2022)

    Non lasciarti ingannare dal design tenero: Made in Abyss è una discesa negli inferi. Due bambini esplorano un abisso popolato da orrori e misteri, in un crescendo di dolore fisico e psicologico. Ogni scoperta è una ferita, ogni episodio un trauma emotivo. L’opera alterna meraviglia e crudeltà, parlando di crescita e perdita con un’onestà devastante. Un contrasto disarmante tra estetica kawaii e contenuti da incubo. Se la strada della sofferenza è quella che cercate, non saremo noi a dissuadervi, ma anzi a indirizzarvi verso The Promised Neverland (2019), un altro racconto di infanzia e sopravvivenza che non risparmia colpi bassi.

    8. Devilman Crybaby (2018)

    Masaaki Yuasa reinterpreta il classico di Go Nagai in chiave psichedelica e apocalittica. Devilman Crybaby è un trip di sangue, sesso e disperazione: un’orgia visiva che esplode in tragedia cosmica. Akiro Fudo diventa l’angelo caduto di una generazione senza speranza. La violenza non è fine a sé stessa: è catarsi, è condanna. Un’opera che parla d’amore assoluto e autodistruzione come due lati della stessa fiamma. Consigliamo un’altra grande cult da non perdere: Akira (1988), lo stesso caos visivo, la stessa furia giovanile in un mondo in rovina.

    9. Chainsaw Man (2022 – in corso)

    Con Chainsaw Man, Tatsuki Fujimoto ridefinisce l’horror moderno. Denji è un ragazzo povero che si fonde con il suo demone per diventare un cacciatore di mostri con motoseghe al posto delle braccia. Ma dietro il sangue e l’assurdo, c’è un racconto crudo sulla solitudine, il desiderio e il bisogno di amore. Il tono oscilla tra splatter, ironia e malinconia esistenziale: pura follia contemporanea. Un anime che parla di generazione precaria e sogni spezzati, con la violenza come metafora della sopravvivenza. Se vi è piaciuto, allora potete proseguire sulla stessa scia con Jujutsu Kaisen (2020 – in corso) — più mainstream, ma con la stessa energia demoniaca e ritmica.

    10. Puella Magi Madoka Magica (2011)

    Sembra un tenero anime di maghette, ma Puella Magi Madoka Magica è un incubo travestito da fiaba. Dietro i colori pastello, si nasconde una storia di sacrificio e disperazione cosmica. Gen Urobuchi decostruisce il genere “magical girl” con crudeltà chirurgica, trasformando il sogno in condanna. Ogni episodio toglie un velo di innocenza, fino a un finale da vertigine metafisica. È l’infanzia che si autodistrugge per capire il mondo. E se volete continuare sulla stessa atmosfera, allora c’è Revolutionary Girl Utena (1997), altra gemma simbolista, dove femminilità e potere si sfidano sul terreno dell’allegoria.

  • Le 10 performance di method acting più famose

    Le 10 performance di method acting più famose

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Il method acting è quella tecnica interpretativa che fa immedesimare completamente un attore o un’attrice nel ruolo che devono impersonare. Per farlo, un performer mima lo stile di vita, i vezzi o le caratteristiche peculiari di un personaggio, mantenendosi nella parte anche quando la camera è spenta. Rimanere nella parte, davanti e fuori dalla telecamera, durante tutta la durata delle riprese rende l’interpretazione autentica e “naturale”.

    Tuttavia, come vedrete nella lista, il method acting può spingersi oltre i confini convenzionali, richiedendo scelte difficili ed estreme. Nonostante ciò, alcuni attori o attrici rimangono fedeli a questa tecnica per il grande impatto sullo schermo. Ne sà qualcosa Daniel Day-Lewis, uno dei maestri del method acting, da poco ritornato alla recitazione in Anemone (2025). Non a caso, è l’unico attore nella lista che ho voluto premiare con due posizioni.

    Qui sotto trovate le 10 performance di method acting più famose. I criteri di scelta sono stati non solo la rilevanza nella cultura pop di queste prove attoriali, ma anche il livello di dedizione alla tecnica che gli attori e le attrici hanno dimostrato.

    10. Meryl Streep ne "Il diavolo veste Prada" (2006)

    Una delle attrici più importanti e dotate della settima arte, Meryl Streep non poteva mancare nella lista. Nonostante la parte di Miranda Priestly sia leggendaria, rimane al numero 10 della classifica perché Streep non è una classica attrice di method acting. Ne Il diavolo veste Prada, Streep ha voluto sperimentare con questa tecnica, ottenendo un risultato sorprendente nei panni dell’odiosa, autoritaria e perfezionista Priestly. Per calarsi nella parte, l’attrice si è auto isolata dal resto del cast ed è rimasta nella parte per tutta la durata delle riprese. Ciò le ha fatto guadagnare una nomination agli Oscar, ma l’esperienza le ha fatto mettere una croce sopra la tecnica. Il diavolo veste Prada (2006) rimane un classico con uno dei “cattivi” più famosi di sempre, al livello di Joker ne Il cavaliere oscuro.

    9. Al Pacino in "Scent of a Woman - Profumo di donna" (1992)

    Con interpretazioni stellari attraverso gli anni ‘70 e ‘80, tuttora stento a credere che Al Pacino abbia vinto il suo primo e ultimo Oscar nel 1993 per Scent of a Woman - Profumo di donna. Pacino è senza dubbio uno degli attori più famosi ad aver abbracciato il method acting e il film di Martin Brest è l’ennesima prova dell’efficacia e dei rischi associati alla tecnica. Oltre a rimanere sempre nella parte, Pacino ha utilizzato un bastone per non vedenti per muoversi. Se ciò non bastasse, l’attore non ha mai guardato negli occhi il cast né la troupe, arrivando anche a distorcere la sua visione. Risultato: cornea danneggiata. Se pensate che la nona posizione sia bassa, aspettate di scoprire cosa ha fatto Jamie Foxx per interpretare Ray Charles.

    8. Choi Min-sik in "Old Boy" (2003)

    Old Boy è il secondo bellissimo film della trilogia della vendetta di Park Chan-wook e non sarebbe lo stesso senza la performance da urlo di Choi Min-sik. L’attore sud coreano si è sottoposto a molte difficoltà pur di interpretare al meglio Oh Dae-Su. Oltre ad aver praticato quasi tutti i suoi stunt, Min-sik ha continuato a cambiare peso in base alle scene che doveva girare. Tuttavia, niente riesce a battere la scena del polipo, dove il suo personaggio ne divora uno vivo. L’attore ha deciso di sottoporsi lui stesso alla procedura, con un totale di quattro riprese e altrettanti polipi mangiati. Con il senno di oggi, la pratica risulta criticabile, ma dimostra l’impegno di Choi Min-sik a onorare il method acting. Per questo, lo trovate alla posizione numero otto.        

    7. Jamie Foxx in "Ray" (2004)

    Se Al Pacino in Scent of a Woman (1992) ha deciso di distorcere la sua vista per mimare la vita da non vedente, Jamie Foxx è andato oltre in Ray. Per immedesimarsi al 100% nei panni della leggenda della musica Ray Charles, Foxx si è fatto incollare le palpebre durante le giornate di ripresa, utilizzando protesti speciali. Allo stesso tempo, l’attore e cantante ha imparato il braille e ha ridimensionato il suo corpo per farlo assomigliare alla leggenda di Albany. La performance di Foxx non solo gli ha regalato l’Oscar, ma ha reso Ray (2004) un biopic musicale imperdibile, allo stesso livello di opere come Bohemian Rhapsody (2018) e Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line (2005). La pratica di incollare le sue palpebre dona a Jamie Foxx la settima posizione.

    6. Daniel Day-Lewis ne "Il petroliere" (2007)

    Lo so. Tutti si aspettavano il ruolo di Daniel Plainview al primo posto della classifica. Ma non temete, quando scoprirete chi domina il podio, non sarete di certo sorpresi. Il re indiscusso del method acting negli ultimi trent’anni, Daniel Day-Lewis ne Il petroliere firma una delle sue performance più riuscite, nonché famose. Il film di Paul Thomas Anderson lo vede nei panni di un uomo pronto a tutto pur di arricchirsi. Day-Lewis è diventato una copia di Plainview leggendo lettere di uomini che avevano percorso il suo stesso cammino qualche secolo prima. È ovviamente rimasto nella parte per tutta la durata delle riprese, immedesimandosi a tal punto da far allontanare l’attore che verrà rimpiazzato da Paul Dano. Non contento, ha imparato a usare la strumentazione disponibile a inizio XX secolo, periodo in cui la storia è ambientata. Penso che tutto ciò sia abbastanza per una meritata sesta posizione.

    5. Hilary Swank in "Boys Don't Cry" (1999)

    Boys Don't Cry narra magistralmente la tragica vicenda di Brandon Teena, un uomo trans vittima di odio e discriminazione. A calarsi nel ruolo troviamo Hilary Swank, in una delle performance che l’ha fatta conoscere al grande pubblico. L’attrice non si è risparmiata per interpretare al meglio Brandon, decidendo di vivere come un uomo prima e durante le riprese. Per farlo, non solo si è tagliata i capelli e ha indossato vestiti considerati maschili, ma si è anche fasciata il seno. La trasformazione nella parte è stata talmente convincente che i vicini di allora la scambiarono per suo cugino. Se anche i tuoi vicini non ti riconoscono più, il gioco è fatto. Per questo motivo, il quinto posto è indiscutibile.

    4. Christian Bale in "L'uomo senza sonno" (2004)

    A un soffio dal podio troviamo un altro attore che, come Daniel Day-Lewis, si butta a capofitto nelle sue parti. Sto parlando di Christian Bale ne L'uomo senza sonno. L’attore è ormai una garanzia quando si tratta di perdere o mettere su peso per una parte, ma nel thriller psicologico di Brad Anderson, Bale supera persino sé stesso. Per il ruolo di Trevor Reznik, l’attore ha perso decine e decine di chili, fino ad arrivare a una corporatura a dir poco scheletrica. Come per Old Boy (2003), L'uomo senza sonno (2004) è un esempio lampante dell’intransigenza del method acting e dell’impegno senza fondo dell’attore gallese. Non ho messo Bale sul podio solamente perché le tre performance che seguono sono di portata leggendaria.

    3. Robert De Niro in "Taxi Driver" (1976) 

    Robert De Niro non ha bisogno di alcuna presentazione. Lo stesso si potrebbe dire per Taxi Driver, uno dei capolavori di Martin Scorsese. L’accoppiata De Niro-Scorsese ci ha regalato classici dopo classici e molti titoli si sono contesi questa posizione. Tuttavia, l’iconicità del film e della performance di De Niro regalano a Taxi Driver (1976) il terzo posto. Per diventare il tassista Travis Bickle, l’attore italo-americano ha perso molti chili e ha ottenuto una licenza per taxi. Ciò non ha soddisfatto De Niro, il quale ha anche lavorato come tassista per un mese intero prima delle riprese. Se tutto ciò può sembrare fin troppo, basta godersi questo classico anni ‘70 per rimanere estasiati dalla performance di De Niro.

    2. Heath Ledger ne "Il cavaliere oscuro" (2008)

    Nonostante Christian Bale sia il protagonista de Il cavaliere oscuro (2008), la vera forza magnetica sullo schermo è rappresentata dal compianto Heath Ledger. La sua versione di Joker rimane tra le migliori di sempre e testimonia la rigida disciplina del method acting. Per calarsi nel ruolo del villain anarchico, Ledger si è isolato completamente per un mese in una stanza di hotel, lavorando sulla psicologia del personaggio, sui suoi vezzi e sulla voce inconfondibile. Quando ne è uscito, Ledger era ormai Joker. La posizione numero due per la prova magistrale di Ledger mi sembra quasi indiscutibile. L’autenticità, la forza e l’intensità con le quali l’attore ha portato sullo schermo il villain lo hanno reso immortale.

    1. Daniel Day-Lewis in "Gangs of New York" (2002)

    Ve l’avevo detto di non preoccuparvi. Daniel Day-Lewis non poteva non essere al primo posto. La scelta è ricaduta su Gangs of New York perché, a mio avviso, il method acting impiegato per la parte di Bill il Macellaio rimane insuperabile. Day-Lewis non solo ha imparato a destreggiarsi con i coltelli, ma ha rifiutato medicine moderne dopo aver contratto una polmonite. L’attore non si è fermato qui. Oltre a non aver parlato con Leonardo DiCaprio per tutta la durata delle riprese, ha fatto a pugni per strada con sconosciuti per immedesimarsi nella mentalità ostile di Bill. Ma la cosa, forse, più sorprendente è stata farsi applicare una lente a contatto di vetro per simulare l’occhio finto di Bill e per picchiettarla con un coltello senza sbattere le palpebre. Se questo non è da posizione numero uno, non so cosa possa esserlo.

  • Tutti i film di “Tron” in ordine cronologico

    Tutti i film di “Tron” in ordine cronologico

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    Tron: Ares (2025) è arrivato. A 43 anni da Tron (1982) e a quindici da Tron: Legacy (2010), il terzo capitolo riporta sul grande schermo la celebre saga di fantascienza. Purtroppo gli incassi non lo stanno premiando, e ad oggi la speranza di vedere un quarto capitolo sembra essere alquanto remota. Pensare che anche il capostipite non fu così fortunato. Almeno all’inizio. Erano gli anni in cui il genere fantascientifico era sempre più frequentato dal cinema.

    Proprio quel 1982 fu l’anno di titoli come Blade Runner, ET – L’extra-terrestre, Star Trek II – L’ira di Khan e Interceptor – Il guerriero della strada. Il film scritto e diretto da Steven Lisberger passò infatti un po’ in sordina, nonostante fosse estremamente all’avanguardia dal punto di vista estetico e precursore di molti temi oggi contemporanei, come l’intelligenza artificiale e il cyberspazio. Solo con il passare del tempo si trasformò in un cult, antesignano di una saga con interpreti da Jeff Bridges a Jared Leto. Cosa racconta la trilogia di Tron? È una trilogia che indaga il rapporto tra uomo e macchina. Una realtà in cui il confine tra mondo reale e virtuale si fa sempre più labile. Storie di esseri umani che entrano nei computer, e viceversa. Ripercorriamo la saga di Tron, che tra alti e bassi, ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema.

    1. Tron (1982)

    Kevin Flynn (Jeff Bridges) è un programmatore che si mette contro la società d’informatica per cui lavorava, la ENCOM, accusandola di avergli sottratto dei videogiochi da lui creati. Nel tentativo di addentrarsi nella banca dati della ditta, Flynn si ritrova intrappolato in un mondo digitale, controllato da un autoritaria intelligenza artificiale, il Master Control Program (MCP). Per sconfiggerla e tornare nel mondo reale si dovrà alleare con Tron (Bruce Boxleinter) e Yori (Cindy Morgan), alter ego virtuali di due dipendenti della ENCOM, Alan Bradley e Lora. Sceneggiato e diretto da Steven Lisberger, si tratta del primo film a focalizzarsi sulla realtà virtuale. Ma soprattutto è il primo film della Disney, oltre a uno dei primi in assoluto, a fare un uso massiccio della CGI, snobbato agli Oscar con le sue due candidature. In qualità di pioniere, Tron (1982) è sicuramente consigliato a chi apprezza il genere fantascientifico, a chi è alla ricerca di una storia che coniuga avventura e tecnologia. Negli anni a seguire è una pellicola che si è anche trasformata in un cult, tanto da spingere la Casa di Topolino alla realizzazione di un sequel.

    2. Tron: Legacy (2010)

    L’esordio alla regia di Joseph Kosinski (Top Gun: Maverick (2021) e F1 – Il film (2025)) per un sequel che vede Jeff Bridges e Bruce Boxleitner riprendere i ruoli originali. Sam Flynn (Garrett Hedlund) decide di indagare sulla scomparsa del padre Kevin (Bridges), finendo per raggiungerlo proprio in quel mondo digitale in cui era rimasto intrappolato. Un viaggio incredibile dove i protagonisti si troveranno sospesi tra la vita e la morte. Consigliato a chi ha apprezzato il primo capitolo, ma è anche un film che può essere visto senza aver visto l’originale. È sicuramente un’esperienza in termini di visione, che fa sfoggio di moderne tecnologie per gli effetti speciali di allora (anche se a posteriori Bridges svelò di essere stato scontento del suo ringiovanimento in CGI). Però, avviso, forse è una pellicola che punta più sugli effetti che sulla storia stessa.

    3. Tron: Ares (2025)

    Dopo anni travagliati, con il naufragio di Tron: Ascension, che avrebbe visto il ritorno dietro la macchina da presa di Kosinski, la Disney ufficializza all’inizio del 2023 la lavorazione del terzo capitolo per la regia di Joachim Rønning e il coinvolgimento di Jared Leto nel cast. Per la prima volta nel franchise si assiste all’incontro tra umanità e intelligenza artificiale, quando Ares, interpretato da Leto, viene trasportato per una missione cruciale nel mondo reale. Di nuovo l’estetica trionfa sulla sceneggiatura. Non manca quell’effetto nostalgia, che però non avvicina Tron: Ares (2023) ai livelli passati. Consigliato a chi vuole amplificare quell’esperienza visiva riscontrata in Tron: Legacy (2010), ma soprattutto a chi è intenzionato a chiudere quel cerchio cominciato nel lontano 1982.

  • I sequel horror migliori degli originali: 10 film che hanno superato le aspettative

    I sequel horror migliori degli originali: 10 film che hanno superato le aspettative

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Nel cinema horror, il secondo capitolo è spesso una condanna: più sangue, meno cervello. Eppure, la storia del genere ci ha regalato rarissimi sequel capaci di superare l’originale, reinventandolo con idee fresche, ritmo perfetto e regie più mature.

    Dalla genialità grottesca di Evil Dead II al perfezionismo gotico di Bride of Frankenstein, fino ai fenomeni recenti come Smile 2 e Final Destination: Bloodlines, il terrore dimostra di sapersi evolvere. A volte serve tornare sul luogo del delitto per fare centro davvero. Ecco i 10 sequel horror migliori degli originali, da vedere (o rivedere), per scoprire che la paura può migliorare con l’esperienza.

    1. Evil Dead II (1987)

    Sam Raimi firma il miracolo: un sequel che è anche un reboot, capace di superare l’originale The Evil Dead (1981) in ogni aspetto. Evil Dead II è una corsa sfrenata tra splatter, slapstick e pura invenzione visiva. Bruce Campbell diventa icona con la motosega al posto del braccio e la follia narrativa si trasforma in arte del ritmo. Raimi alza l’asticella della creatività tecnica e definisce il tono di tutta la saga. Rispetto al primo, c’è più ironia, più controllo e una messa in scena che anticipa decenni di horror meta. Se amate questo equilibrio tra orrore e risata isterica, provate anche Splatters - Gli schizzacervelli (1992) di Peter Jackson, altro gioiello di splatter comico senza freni.

    2. Annabelle: Creation (2017)

    Il primo Annabelle (2014) era un derivato prevedibile dell’universo The Conjuring. Ma con Annabelle: Creation, il regista David F. Sandberg riscrive tutto. Niente jumpscare gratuiti: qui domina la tensione pura, il dolore e la fede distorta. Ambientato in un orfanotrofio isolato, il film racconta l’origine della bambola maledetta, trasformandola in un racconto gotico classico ma moderno. Sandberg porta maturità visiva, ritmo preciso e personaggi credibili, offrendo uno dei migliori horror del “Conjuring Verse”. Se vi intriga questo modo di ampliare il mito senza tradirlo, recuperate Ouija: Origin of Evil (2016), un altro caso di sequel nato per correggere gli errori del passato.

    3. Scream 2 (1997)

    Il sequel perfetto di un film che era già perfetto. Scream 2 prende la brillante ironia meta del primo e la trasforma in riflessione sul concetto stesso di sequel. Wes Craven firma un capitolo più maturo, più violento e ancora più consapevole delle regole dell’horror. Sidney Prescott diventa una vera eroina tragica, mentre Ghostface si fa icona del rinnovamento del genere. È un film che si diverte con il proprio pubblico e lo colpisce con precisione chirurgica. Chi ama questa intelligenza autoironica può guardare The Final Girls (2015), altra commedia-horror che smonta e celebra le convenzioni del genere con cuore e lacrime.

    4. Smile 2 (2024)

    Uscito a sorpresa e accolto con entusiasmo, Smile 2 è uno dei rari sequel contemporanei che riesce davvero a migliorare il proprio predecessore. Dove il primo film si concentrava sulla metafora del trauma, questo secondo capitolo allarga lo sguardo su colpa e spettacolarizzazione del dolore. Con una regia più controllata e un’angoscia visiva più raffinata, Smile 2 unisce introspezione psicologica e tensione costante, confermando il potenziale di un nuovo franchise horror. Se vi affascina questo modo di raccontare il male come contagio emotivo, cercate It Follows (2014): un film che, come Smile 2, trasforma l’orrore in parabola psicologica.

    5. Bride of Frankenstein (1935)

    James Whale trasforma un capolavoro in leggenda. Bride of Frankenstein è un sequel che supera il già magnifico Frankenstein del 1931 per profondità e ironia. La Creatura (Boris Karloff) diventa figura tragica e poetica, mentre la Sposa di Elsa Lanchester è un’icona istantanea di bellezza mostruosa. Whale fonde umorismo gotico, tragedia e filosofia, inventando l’horror moderno come lo conosciamo. Un film che parla d’amore, diversità e solitudine con un coraggio ineguagliato. Se amate il romanticismo macabro, Crimson Peak (2015) di Guillermo del Toro è l’erede più diretto di questa sensibilità visiva e sentimentale.

    6. Ouija: Origin of Evil (2016)

    Un caso raro: un sequel migliore di un film che nessuno voleva rivedere. Mike Flanagan prende Ouija, horror mediocre del 2014, e ne realizza un prequel elegante, inquietante e malinconico, Ouija: Origin of Evil. Ambientato negli anni ’60, segue una famiglia che usa una tavola Ouija per truffare i clienti — finché qualcosa risponde davvero. Flanagan sostituisce gli spaventi banali con tensione emotiva e una fotografia che ricorda l’horror classico. Il risultato è una storia di possessione più umana che soprannaturale. Chi apprezza l’equilibrio tra paura e dramma familiare amerà anche The Autopsy of Jane Doe (2016), che gioca sulla stessa tensione di segreti e presenze.

    7. Final Destination: Bloodlines (2025)

    Il nuovo capitolo della saga è riuscito dove molti avevano fallito: dare nuova vita a una formula ormai prevedibile. Final Destination: Bloodlines unisce il sadismo inventivo dei primi film con una narrazione più coesa e un sottotesto sorprendentemente emotivo. Le morti sono sempre coreografiche, ma qui c’è anche un senso di destino e memoria che rievoca il trauma dei sopravvissuti. Un sequel che aggiorna la serie con sensibilità moderna, visivamente più raffinata e narrativamente più solida. Se amate l’horror che trasforma la fatalità in spettacolo, Drag Me to Hell (2009) di Raimi è il compagno perfetto: altrettanto ironico e spietato.

    8. 10 Cloverfield Lane (2016)

    Più che un sequel diretto, è un’evoluzione del concetto di Cloverfield: dal found footage caotico a un thriller da camera magistrale. 10 Cloverfield Lane si concentra su tre personaggi chiusi in un bunker, in un’atmosfera di paranoia crescente. Mary Elizabeth Winstead e John Goodman offrono interpretazioni magnetiche e ambigue. La minaccia aliena diventa metafora del controllo e della fiducia. Un film teso, impeccabile e sorprendente, che dimostra come si possa espandere un universo narrativo cambiandone completamente il linguaggio. Chi ama le storie di isolamento e manipolazione troverà altrettanto inquietante The Invitation (2015), altro gioiello di claustrofobia psicologica.

    9. The Purge: Anarchy (2014)

    Il primo The Purge (2013) era un’idea brillante limitata a un’unica casa. The Purge: Anarchy spalanca le porte e ci porta per le strade durante la Notte dello Sfogo, rendendo il concetto finalmente epico. James DeMonaco amplia la mitologia e aggiunge un sottotesto sociale più marcato: la violenza come politica del controllo. Frank Grillo guida un cast efficace in un film che mischia azione, horror urbano e critica americana. È un sequel che dà respiro e significato all’intero franchise. Chi apprezza il connubio tra distopia e ribellione può guardare Upgrade (2018), che condivide lo stesso spirito anarchico e viscerale.

    10. Terrifier 2 (2022)

    L’orrore underground trova la sua consacrazione con Terrifier 2. Se il primo film era un esercizio di gore, questo sequel diventa manifesto di cinema indipendente estremo. Art the Clown torna più feroce e stilizzato, ma Damien Leone aggiunge anche una dimensione mitologica e onirica che amplia l’universo narrativo. Il film unisce brutalità grafica e visionarietà visiva, conquistando persino la critica. È il raro caso in cui un horror underground diventa fenomeno di culto internazionale. Chi cerca la stessa energia sovversiva può guardare Mandy (2018) con Nicolas Cage: un viaggio allucinato tra sangue e vendetta.

  • “È colpa mia?” Tutti i film in ordine di uscita

    “È colpa mia?” Tutti i film in ordine di uscita

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Elite (2018), Summertime (2020), Skam (2018), Outer Banks (2020), il teen drama sembrava appannaggio esclusivo di Netflix, ma negli ultimi anni un altro competitor è entrato sul ring degli amori adolescenziali, con serie come come  L’estate nei tuoi occhi (2022), L’estate dei segreti perduti (2025), il remake di Cruel Intentions (2024) o, soprattutto, il franchise nato sulla scia del successo planetario della trilogia Culpables.

    È proprio da questo titolo che Prime Video ha iniziato a imporsi sempre di più nel genere teen, con lavori forse più stucchevoli e immediati, ma devastanti a livello del successo riscontrato. Ed è proprio al titolo più popolare presente sulla piattaforma, la trilogia (e mezzo) che parte con È colpa mia? (2023), che dedichiamo questa lista. È infatti  appena uscito il nuovo (e ultimo) film della serie, è tempo quindi di fare ordine nella storia d’amore tra Noah e Nick.

    1. È colpa mia? (2023)

    Il primo film della saga, diretto da Domingo González, è la scintilla che ha acceso tutto. L’amore proibito tra i due fratellastri, Noah e il ribellissimo Nick, le corse clandestine prese in toto da  Fast & Furious (2009), quel tocco di proibito in stile After (2019). Il tutto più ritmato, più saturato, più sdolcinato, in sintesi: la bomba atomica del teen drama. La trama procede per cliché ben collaudati, ma questo film funziona proprio per questo, perchè non ha paura di essere un guilty pleasure da guardare tutto d’un fiato. Forse non sarà il tipo di film che non cambia la vita ma funziona alla grande in una serata di binge. Perfetto per chi cerca un teen romance patinato e volutamente esagerato.

    2. È colpa tua (2024)

    Il secondo capitolo rallenta il ritmo, prende toni più emozionali – i lati “fastandfuriosi” sono messi da parte. Qui subentra tutto il lato Tre metri sopra il cielo (ma, appunto, niente corse clandestine) con qualche tocco di Gossip Girl (2007), tra gelosie, insicurezze adolescenziali, segreti e – ovviamente – un livello ormonale che si conferma alle stelle, in linea con il capitolo precedente. Rispetto al primo film, È colpa Tua prova a essere più maturo e riflessivo, anche se a tratti si perde nel melodramma. Tra i film della saga questo è forse quello più romantico e di crescita, e se avete adorato L’estate nei tuoi occhi questo è il titolo che fa per voi.

    3. È colpa mia: Londra (2025)

    Dalla Spagna all’Inghilterra, con È colpa mia: Londra la saga cambia pelle, trasferendosi nella capitale britannica per un riadattamento pensato per il pubblico anglofono. Stessa trama di base ma filtrata da un tono più sobrio, quasi malinconico, in linea con il clima d’oltremanica – meno sole e motori, più pioggia e introspezione. Rispetto alla versione iberica qui si è cercato di dare un taglio più maturo ai personaggi. Un esperimento interessante che, pur non avendo il fuoco dell’originale, guadagna in spessore. Perfetto per i fan più grandicelli della serie.

    4. È colpa nostra? (2025)

    Rullo di tamburi, siamo al capitolo finale. Dopo l’Erasmus a Londra si torna dritti a Noah e Nick, al rendez vous dopo quattro anni di distanza, ma il primo amore non si scorda mai. Qui la saga vira verso temi più adulti, riflettendo la storia dei suoi protagonisti, più riflessivi e maturi rispetto ai titoli precedenti. I toni da melodramma la fanno ancora da padrone (vero marchio di fabbrica della trilogia Culpables, ma le atmosfere malinconiche da fine saga danno un tocco dolce-amaro inedito, più vicino a After 5 (2023) o The Last Summer (2019). Con i suoi 120 minuti, È colpa nostra? è un finale coerente, che non cerca di stupire ma di chiudere il cerchio con un epilogo che racconta di strade che si separano, del diventare adulti, e alla fine va bene così.

  • 6 film horror italiani contemporanei perfetti per la sera di Halloween

    6 film horror italiani contemporanei perfetti per la sera di Halloween

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    La valle dei sorrisi (2025) è al cinema. Dopo l’acclamato passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, l’ultima opera di Paolo Strippoli sta incontrando il favore del pubblico, entusiasta di trovarsi di fronte a un horror ben fatto. L’opera di Strippoli, che si era già fatto notare con Roberto De Feo nel loro film targato Netflix A Classic Horror Story (2021), è ancora però un caso nel panorama produttivo italiano.

    Negli ultimi anni infatti è emersa nel nostro paese la volontà di tornare a fare i film dell’orrore, guardando al glorioso passato, quando a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta registi del calibro di Dario Argento, Mario Bava e Lucio Fulci erano “spaventosamente” prolifici. Oggi c’è una nuova classe di giovani autori, che si sta rimboccando le maniche. Oltre a Strippoli, per esempio Roberto De Feo, Federico Zampaglione, Domenico de Feudis, Ambra Principato. Dunque quale occasione migliore delle imminenti feste di Halloween per scoprire alcuni dei nuovi horror italiani più interessanti, che possano accompagnarci in una serata tra popcorn, dolcetti e spaventi?

    La valle dei sorrisi (2025)

    Un insegnante di ginnastica (Michele Riondino) si ritrova a fare una sostituzione a Remis, un paese di montagna dove tutti i suoi abitanti sono felici. Cosa si nasconde dietro questa serenità collettiva? Un inquietante rito che coinvolge Matteo, un adolescente in grado di assorbire il dolore degli altri. Al suo terzo lungometraggio, Paolo Strippoli regala al pubblico un’opera ben realizzata sul piano tecnico, caratterizzata da paesaggi suggestivi capaci di trasmettere un senso di profonda inquietudine che si rafforza nel corso della visione. La valle dei sorrisi (2025) è consigliata agli appassionati di horror psicologici, di storie che esplorano temi profondi come il rapporto con il dolore o il sacrificare sé stessi per accontentare gli altri. Una volta usciti dal cinema, oltre a essere scossi, la sensazione provata è di  orgoglio di avere un artigiano come Strippoli, che avvalendosi del genere riesce ad affrontare dei temi in grado di toccare le nostre corde.

    The Well (2024)

    Se con Shadow (2009) e Tulpa – Perdizioni mortali (2012) aveva conquistato gli appassionati, stavolta Federico Zampaglione non è da meno. Siamo negli anni Novanta, e seguiamo le vicende di una restauratrice d’arte americana, chiamata in un piccolo borgo italiano a riportare al suo antico splendore un dipinto medievale, che nasconde una maledizione. The Well (2024) è un film crudo e inquietante, che cita il nostro glorioso passato, per esempio La casa dalle finestre che ridono (1976) di Pupi Avati, che si muove su due piani narrativi che finiscono per intrecciarsi. Non è consigliato a deboli di stomaco, ma per chi fosse intenzionato a trascorrere un’ora e mezzo di puro terrore, e soprattutto di ottima manifattura made in Italy, è una scelta più che azzeccata.

    Piove (2022)

    Un horror ben fatto ambientato in una Roma post-apocalittica, che strizza gli occhi a pellicole di registi come George A. Romero. Un dramma familiare dentro una Capitale dominata dal caos, in cui la pioggia è incessante e dalle fogne una misteriosa sostanza, se inalata, è in grado di scatenare gli istinti più violenti delle persone. Presenta qualche affinità con Siccità (2022) di Paolo Virzì nel racconto dell’apocalisse capitolina e di una società al collasso, seppur con toni differenti. Piove (2022), il primo lungometraggio da “solista” di Paolo Strippoli, è fortemente consigliato per chi è alla ricerca di un’opera che intrattiene, angoscia, e soprattutto per chi è alla ricerca di una nuova voce per il genere.

    A Classic Horror Story (2021)

    Un viaggio in camper tra cinque sconosciuti si trasforma in un incubo. Dopo essere scampati a un incidente, il gruppo si ritrova in una zona isolata, a peregrinare nei boschi per poi imbattersi in una casa di legno e in un misterioso culto. Con A Classic Horror Story (2021) Paolo Strippoli e Roberto De Feo hanno realizzato un meta-horror, che oltre a citare continuamente dei capisaldi del genere, da Non aprite quella porta (1974) a La casa (1981), offre persino una riflessione sullo stato di salute del genere in Italia. Spoiler? Eh no, non se la passa bene… anche se forse dopo aver visto questo film un bagliore di speranza lo avrete.

    Il legame (2020)

    Domenico de Feudis e il suo horror pugliese. Emma (Mia Maestro), accompagnata dalla figlia, si reca in Puglia con il fidanzato Francesco (Riccardo Scamarcio) per conoscere la madre di lui, Teresa. Lì la bambina verrà colpita da un’antica maledizione, che sembra possa essere risolta solo con alcuni riti ancestrali. Una storia di magia nera, di elementi sovrannaturali e di credenze arcaiche a sfondo rurale che rende Il legame (2020) un’opera prima convincente, che si è conquistata uno spazio tra le ultime produzioni italiane che tentano di rendere ordinario il cinema dell’orrore. Consigliato a chi non è alla ricerca di uno “spavento immediato” e che preferisce una tensione costante da tenere incollati alla poltrona per l’intera durata del film.

    The Nest – Il Nido (2019)

    Una casa di campagna, una madre severa e iperprotettiva nei confronti del figlio, costretto alla sedia a rotelle per un incidente, tanto da non farlo uscire dalle mura domestiche. Qual è il mistero dietro questa prigionia forzata? Buona la prima per Roberto De Feo che confeziona un horror ben curato, che si avvale di intense interpretazioni, e non vi scorderete di Francesca Cavallin. Lo sguardo va oltreoceano, per atmosfere e sviluppo narrativi non si può non pensare a titoli come The Village (2004) o The Others (2001). Consigliato agli appassionati di horror psicologici, di drammi a sfondo familiare, e soprattutto a chi vuole dare una possibilità a una rinascita del genere nel nostro paese.

  • Tutti i film e le serie di “Scooby-Doo”: guida completa e ordine di visione

    Tutti i film e le serie di “Scooby-Doo”: guida completa e ordine di visione

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Che tu sia cresciuto con la sigla "Scooby-Dooby-Doo, where are you?" o abbia scoperto per caso un mistero al sabato mattina, una cosa è certa: Scooby-Doo è un pezzo di storia. Dal 1969 a oggi, il cane fifone più famoso della TV ha collezionato serie, film, reboot e crossover che hanno conquistato intere generazioni.

    Ma tra mille adattamenti, timeline e versioni alternative, è facile perdersi. Da dove si parte? Cosa è canonico? E in che ordine ha senso guardarli?

    In questo articolo ti guidiamo alla scoperta di tutti i film le serie TV di Scooby-Doo e dove guardarli in ordine in streaming. Che tu sia un nostalgico della Mystery Inc. o un nuovo fan incuriosito dai mostri smascherati, qui troverai il modo perfetto per fare binge tra spettri, trappole e panini giganti.

    1. Scooby-Doo, Where Are You! (1969–1970)

    È la serie con cui tutto è cominciato. Scooby-Doo, Where Are You! ha introdotto al mondo la Mystery Inc.: Fred, Daphne, Velma, Shaggy e l’indimenticabile Scooby-Doo, un alano fifone ma dal cuore d’oro. Ogni episodio segue una formula semplice ma irresistibile: un mistero paranormale, una vecchia casa abbandonata, indagini strampalate e, alla fine, un colpevole in maschera smascherato dal gruppo. Il tono è leggero, umoristico, con gag ricorrenti e una colonna sonora vintage che è diventata iconica. Nonostante l’animazione limitata e i fondali riciclati, questa serie è ancora oggi amata per il suo charme retrò e per aver dato il via a uno dei franchise più longevi della TV. Se vuoi iniziare dall’inizio e capire l’essenza pura di Scooby-Doo, questo è il punto di partenza ideale. È come leggere il primo capitolo di un libro che ha ancora tantissime pagine da raccontare.

    2. The New Scooby-Doo Movies (1972–1973)

    Con questa seconda serie, gli episodi di Scooby-Doo diventano più lunghi e... molto più affollati! The New Scooby-Doo Movies introduce un format inedito: ogni puntata dura circa 45 minuti e presenta un ospite speciale, spesso una celebrità reale o un personaggio dei cartoni. Da Batman e Robin ai Globetrotters, passando per Don Knotts o Sonny & Cher, è una carrellata di crossover folli e irresistibili. Il tono rimane fedele all’originale, ma con un pizzico in più di assurdità e un ritmo più disteso. È una serie curiosa, perfetta per chi ama le sorprese e vuole vedere la Mystery Inc. interagire con icone pop dell’epoca. Anche se non tutti gli episodi sono memorabili, è una pietra miliare nella storia dell’animazione e un esperimento che ha ampliato l’universo di Scooby. Se ti piacciono i crossover e l’umorismo camp, questa serie è da riscoprire.

    3. The Scooby-Doo Show (1976–1978)

    Spesso considerata la “terza stagione non ufficiale” della serie originale, The Scooby-Doo Show riprende in pieno lo stile e la formula di Where Are You!, ma con una produzione più moderna per l’epoca e una maggiore varietà di scenari. I mostri diventano un po’ più elaborati, le gag meglio ritmate e le ambientazioni più ricche, anche se il cuore della serie resta invariato: misteri finti, colpevoli mascherati e trappole che non funzionano mai. Questa serie è perfetta per chi vuole continuare la visione dopo le prime due stagioni classiche, mantenendo intatto lo spirito della Mystery Inc. Alcuni episodi sono davvero memorabili, con villain bizzarri e ambientazioni gotiche molto affascinanti. È anche una delle serie più nostalgiche per i fan cresciuti negli anni ’70 e ’80. In breve, se hai apprezzato il primo Scooby-Doo, questo è il naturale proseguimento prima che il franchise iniziasse a cambiare volto.

    4. Scooby-Doo and Scrappy-Doo (1979–1980)

    Con l’arrivo di Scrappy-Doo, il franchise cambia ritmo. Questo cucciolo coraggioso (e a volte irritante) irrompe nella Mystery Inc. con il suo motto “Puppy Power!” e un’energia opposta a quella di Scooby e Shaggy. La serie Scooby-Doo and Scrappy-Doo segna un punto di svolta: il tono si fa più frenetico, le gag più slapstick e i misteri iniziano a lasciare spazio all’azione comica. Sebbene non tutti i fan abbiano amato Scrappy, è impossibile negare l’impatto di questa fase nella storia del franchise. La struttura degli episodi resta familiare, ma le dinamiche tra i personaggi si rimescolano: Fred, Daphne e Velma sono spesso messi in secondo piano per dare più spazio al trio Scooby-Shaggy-Scrappy. È una serie transitoria ma importante, che ha mantenuto vivo l’interesse verso Scooby-Doo in un momento di evoluzione. Da vedere per capire come il brand ha cercato di rinnovarsi restando fedele a sé stesso.

    5. The 13 Ghosts of Scooby-Doo (1985)

    Tra tutte le serie del franchise, The 13 Ghosts of Scooby-Doo è una delle più atipiche — e anche tra le più amate dai fan più curiosi. Per la prima volta, Scooby e compagni affrontano veri fantasmi: niente più finti mostri smascherati, ma creature soprannaturali da intrappolare in uno scrigno magico. Il gruppo è ridotto: solo Scooby, Shaggy, Daphne e Scrappy, con l’aggiunta del piccolo Flim-Flam e del misterioso Vincent Van Ghoul (doppiato da Vincent Price!). La serie ha un tono più dark e seriale, con un arco narrativo (trovare e catturare i 13 fantasmi fuggiti). Purtroppo la serie fu interrotta prima della conclusione, con solo 13 episodi realizzati e uno lasciato in sospeso fino al film Scooby-Doo! and the Curse of the 13th Ghost (2019). Un piccolo cult, divertente e unico, ideale per chi cerca qualcosa di diverso nella saga.

    6. A Pup Named Scooby-Doo (1988–1991)

    Con A Pup Named Scooby-Doo, la Mystery Inc. torna... all’infanzia. Questa serie reimmagina Scooby, Shaggy, Velma, Daphne e Fred come bambini, alle prese con misteri scolastici e mostri stilizzati. Il tono è più cartoonesco e umoristico, con un’estetica vivace e colori sgargianti. Ogni episodio è un mix di slapstick, espressioni esagerate e battute pensate per un pubblico più giovane, ma non per questo meno godibili dagli adulti. La serie introduce gag ricorrenti divertenti (come l’accusa immotivata al sospettato Red Herring) e sviluppa un’identità propria, pur mantenendo la struttura da classico Scooby-Doo. È una parentesi molto anni ’90, perfetta per chi ama le versioni “baby” dei personaggi iconici. Con il suo stile energico e autoreferenziale, è un prodotto unico nel franchise, e ha contribuito a far conoscere Scooby-Doo a una nuova generazione di spettatori.

    7. Scooby-Doo on Zombie Island (1998)

    Considerato il capolavoro assoluto dei film animati di Scooby-Doo, Zombie Island segna una svolta dark nel franchise. Stavolta i mostri non sono finti: sono veri zombie, spiriti vendicativi e gatti mannari, il tutto ambientato in una palude della Louisiana carica di tensione gotica. Dopo anni di pausa, la Mystery Inc. si riunisce per un servizio giornalistico, ma l’avventura prende una piega inquietante. L’animazione è più curata, i dialoghi più maturi e l’atmosfera decisamente più cupa rispetto alle produzioni precedenti. Il film è diventato un cult proprio perché rompe gli schemi e dimostra che Scooby-Doo può essere anche inquietante, emozionante e visivamente ricco. Per molti fan, questo è il punto più alto mai raggiunto dalla saga animata. Se vuoi vedere la Mystery Inc. affrontare un vero horror sovrannaturale, Zombie Island è la tappa obbligata. E sì: Scooby ha veramente paura, e stavolta con ottime ragioni.

    8. Scooby-Doo! and the Witch’s Ghost (1999)

    Dopo il successo di Zombie Island, il secondo film animato mantiene il tono dark e misterioso. In Witch’s Ghost, la gang accompagna un famoso scrittore gotico — Ben Ravencroft — nella sua città natale nel New England, dove scoprono un’antica leggenda legata alla stregoneria. La colonna sonora rock firmata dalle Hex Girls (una band diventata culto tra i fan) aggiunge energia alla narrazione, mentre la storia affronta temi come l’ossessione, l’inganno e la riscrittura della storia. Ancora una volta, l’elemento sovrannaturale è reale, e l’atmosfera gotica è accentuata da una palette scura e scenari autunnali perfetti. Il personaggio di Ravencroft, ispirato a Stephen King, è una chicca per gli appassionati di horror letterario. Un film avvincente, perfetto per Halloween, che consolida la rinascita adulta e più intensa del franchise. Da vedere con le Hex Girls a tutto volume e una candela accesa.

    9. Scooby-Doo and the Alien Invaders (2000)

    Con Alien Invaders, la saga animata cambia leggermente tono: dopo due film cupi, qui si vira verso la fantascienza con un mix più soft tra mistero e romanticismo. La gang si ritrova bloccata in un paesino nel deserto dove si dice siano atterrati degli alieni. Tra mulini a vento, camper e agenti governativi sospetti, Scooby e Shaggy vivono una vera love story con due hippy… che forse non sono chi sembrano. Il film è visivamente brillante, con un’atmosfera da Area 51 e un umorismo più marcato. Nonostante l’impianto sia meno horror rispetto ai predecessori, resta uno dei titoli più amati per il suo tono spensierato e i momenti emotivi tra i personaggi. È ideale per chi cerca una versione più dolce e psichedelica di Scooby-Doo, ma con misteri e colpi di scena al punto giusto. E sì, ci sono davvero gli UFO!

    10. Scooby-Doo and the Cyber Chase (2001)

    L’ultimo della “tetralogia d’oro” dei film animati early 2000s, Cyber Chase porta Scooby e la gang dentro un videogioco ispirato alle loro stesse avventure. È un film divertente, pieno di azione e con un concept metanarrativo interessante: i protagonisti devono affrontare versioni digitali di se stessi, superare livelli e combattere un misterioso virus chiamato Phantom. L’ambientazione virtuale permette all’animazione di spaziare in mondi diversi: da un’arena di gladiatori a una spiaggia preistorica. Il tono è più leggero rispetto a Zombie Island, ma mantiene alta la tensione e la creatività. È anche il primo film in cui la voce di Scooby passa ufficialmente a Frank Welker. Un titolo perfetto per gli appassionati di videogiochi, avventure dinamiche e viaggi dentro al mondo digitale. Conclude un’era iconica per il franchise e resta tra i preferiti dei fan per il suo spirito geek e la struttura da “livelli da superare”.

    11. Scooby-Doo (2002)

    Il primo film live action di Scooby-Doo, diretto da Raja Gosnell e scritto da James Gunn (sì, proprio lui), è diventato un cult generazionale. Con un cast perfetto — Freddie Prinze Jr. (Fred), Sarah Michelle Gellar (Daphne), Linda Cardellini (Velma) e Matthew Lillard (Shaggy) — porta sul grande schermo una versione ironica e satirica del franchise. La gang si ritrova sull’isola di Spooky Island, dove qualcosa di oscuro sta controllando gli studenti in vacanza. L’atmosfera è camp, sopra le righe e volutamente kitsch, ma riesce a catturare lo spirito originale del cartone con trovate visive geniali e un umorismo che strizza l’occhio anche agli adulti. La CGI di Scooby può sembrare datata oggi, ma la performance di Lillard è così perfetta da diventare iconica. Il film ha saputo reinventare Scooby-Doo per il cinema senza snaturarlo, e resta ancora oggi una tappa obbligata per ogni fan.

    12. Scooby-Doo 2: Mostri Scatenati (2004)

    Sequel diretto del primo film live action,Mostri Scatenati riporta la Mystery Inc. a Coolsville, dove una mostra sui loro vecchi casi viene attaccata… dai mostri stessi! Questa volta non si tratta di una singola creatura, ma di un'intera galleria di villain classici riportati in vita, da Black Knight Ghost a Tar Monster. Il film è un omaggio puro alla storia animata del franchise, con un’estetica da fumetto e un tono più action. Rispetto al primo capitolo, c’è più spazio per i singoli personaggi: Velma vive una (imbarazzante) infatuazione, Fred e Daphne mostrano le loro fragilità, e Shaggy e Scooby cercano di dimostrarsi veri eroi. È più leggero e forse meno memorabile del primo, ma è pieno di fanservice e creature bizzarre. Nonostante il tono giocoso, riesce a essere una lettera d’amore ai fan storici della serie animata. Imperdibile per chi è cresciuto con Scooby-Doo.

    13. Le nuove avventure di Scooby-Doo (2002–2006)

    Dopo una lunga pausa, Le nuove avventure di Scooby-Doo segna il ritorno della Mystery Inc. in grande stile. È un reboot fresco e moderno, pensato per una nuova generazione di spettatori ma fedele allo spirito originale. L’animazione è più fluida e pulita, le ambientazioni variano in ogni episodio (da parchi di divertimento a basi scientifiche), e le colonne sonore pop-punk firmate dai Simple Plan aggiungono un tocco early 2000s irresistibile. La formula resta classica: mistero, investigazione e smascheramento finale, ma tutto è più dinamico. La serie riesce a rinnovare il brand senza snaturarlo, introducendo anche piccoli aggiornamenti nelle personalità dei protagonisti. È perfetta per chi vuole un Scooby-Doo accessibile, allegro e ritmato. Inoltre, per molti è una delle ultime produzioni “classiche” prima delle sperimentazioni più spinte degli anni successivi. Se vuoi iniziare con qualcosa di moderno ma familiare, questa serie è la scelta giusta.

    14. Shaggy & Scooby-Doo Get a Clue! (2006–2008)

    Una delle serie più divisive dell’universo Scooby-Doo, Shaggy & Scooby-Doo Get a Clue! rompe con la tradizione: niente Mystery Inc., niente misteri classici e un’estetica completamente diversa. Qui i protagonisti sono solo Shaggy e Scooby, che ereditano una fortuna e diventano improbabili agenti segreti alle prese con il malvagio Dr. Phibes. L’animazione è più stilizzata, il tono più surreale e iperattivo. La serie punta su un umorismo caotico e una trama più orientata all’azione che al mistero. Non è la preferita dei fan nostalgici, ma rappresenta un esperimento curioso e, per certi versi, audace nel tentativo di rinnovare completamente la formula. Ideale per chi cerca un Scooby-Doo fuori dagli schemi, anche se può spiazzare chi ama la struttura tradizionale. Un piccolo outsider nel franchise, da vedere almeno una volta per farsi un’idea.

    15. Scooby-Doo! Il mistero ha inizio (2009)

    Con Il mistero ha inizio, Warner Bros. rilancia il brand live action raccontando le origini della gang. Niente cast originale, ma volti più giovani per un pubblico teen: Nick Palatas è Shaggy, Robbie Amell è Fred, Kate Melton è Daphne e Hayley Kiyoko è Velma. Il film è ambientato durante il liceo, quando i quattro protagonisti si incontrano per la prima volta e risolvono il loro primo mistero. Il tono è da high school movie con un tocco paranormale, e la CGI è migliorata rispetto ai film precedenti. Nonostante sia destinato a un pubblico più giovane, funziona per introdurre una nuova generazione al mondo di Scooby-Doo. Interessante anche per i fan storici che vogliono scoprire “come tutto è cominciato”. Una produzione TV, ma con buona cura e tanto cuore, che ha il merito di espandere la mitologia in modo coerente e rispettoso del materiale originale.

    16. Scooby-Doo! La maledizione del mostro del lago (2010)

    Sequel diretto di Il mistero ha inizio, La Maledizione del Mostro del Lago segue la gang durante un’estate in cui lavora in un country club, ma ovviamente… succede qualcosa di strano. Una creatura misteriosa terrorizza il lago, e toccherà ancora una volta a Scooby e amici scoprire chi c’è dietro la minaccia. Il tono resta leggero e adatto ai più giovani, con dinamiche sentimentali tra i personaggi (Fred e Daphne flirtano, Velma è gelosa) e momenti comici tipici del franchise. La CGI è discreta e i paesaggi lacustri danno un tocco estivo e rilassato alla vicenda. Anche se meno potente del primo capitolo, resta una visione simpatica per chi ha apprezzato il reboot adolescenziale della Mystery Inc. Un film che punta tutto sull’intrattenimento, sulle interazioni tra i protagonisti e sul fascino delle “vacanze rovinate dai mostri”. Niente di rivoluzionario, ma perfettamente in linea con lo spirito Scooby-Doo.

    17. Scooby-Doo! Mystery Incorporated (2010–2013)

    Considerata da molti la migliore serie Scooby-Doo di sempre, Mystery Incorporated porta il franchise a un nuovo livello di profondità. Per la prima volta, la narrazione è seriale: c’è un grande mistero che si sviluppa episodio dopo episodio, una mitologia ricca di riferimenti oscuri e colpi di scena degni di un drama. I personaggi sono più complessi, le dinamiche tra loro si fanno tese (Velma e Shaggy hanno una relazione, Daphne è innamorata di Fred…), e i misteri sono più cupi, con veri elementi horror e riferimenti alla cultura gotica. L’animazione è moderna ma stilosa, e il tono mescola umorismo, azione e pathos. È una serie pensata anche per un pubblico adulto, pur restando accessibile ai più giovani. Se vuoi vedere Scooby-Doo come non l’hai mai visto prima, con una trama appassionante e una qualità altissima, questa è la serie imperdibile.

    18. Be Cool, Scooby-Doo! (2015–2018)

    Be Cool, Scooby-Doo! è la serie più sperimentale del franchise dal punto di vista visivo. L’animazione è volutamente caricaturale, quasi da I Griffin, e l’umorismo è molto più surreale e autoreferenziale. Dopo l’intensità drammatica di Mystery Incorporated, questa serie punta tutto sul tono leggero, sulla comicità e sul nonsense. La Mystery Inc. resta al completo, ma i personaggi sono portati all’estremo: Fred diventa ossessionato dalle trappole, Velma iper-razionale fino al paradosso, Daphne… sempre più bizzarra. È una serie che spiazza, e non tutti l’hanno apprezzata, ma funziona se la si prende per quello che è: una parodia giocosa del mito di Scooby-Doo. Se cerchi risate senza troppe pretese, o se vuoi qualcosa di completamente diverso, questa serie può sorprenderti. Da provare con mente aperta.

    19. Scooby-Doo and Guess Who? (2019–2021)

    Scooby-Doo and Guess Who? è un nostalgico ritorno alle origini con un tocco contemporaneo. Riprende il formato degli anni ’70 (The New Scooby-Doo Movies), in cui ogni episodio vede la Mystery Inc. affiancata da una celebrità diversa. Ma qui gli ospiti sono ancora più vari e sorprendenti: da Whoopi Goldberg a Sia, da Steve Urkel a Neil deGrasse Tyson. L’umorismo è leggero e ironico, e i misteri tornano a essere classici, con smascheramenti e colpi di scena buffi. L’animazione è pulita e colorata, adatta a un pubblico giovane ma piacevole anche per gli adulti. La serie riesce a essere inclusiva, stravagante e al passo coi tempi, mantenendo però intatto il fascino vintage del brand. È una scelta perfetta per chi ama i crossover, gli ospiti VIP e un Scooby-Doo divertente, ritmato e pieno di sorprese.

    A questi si aggiungono, alcuni film stand-alone da gustare anche senza conoscenze pregresse. Alcuni sono a tema stagionale, perfetti per Halloween o l’estate!

    • Scooby-Doo! Camp Scare (2010)
    • Scooby-Doo! and the Legend of the Vampire (2003)
    • Scooby-Doo! and the Loch Ness Monster (2004)
    • Scooby-Doo! Moon Monster Madness (2015)
    • Happy Halloween, Scooby-Doo! (2020)
    • Trick or Treat Scooby-Doo! (2022)
  • Da "The Witch" a "Midsommar": i 10 migliori horror A24 da non perdere

    Da "The Witch" a "Midsommar": i 10 migliori horror A24 da non perdere

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Che A24, la casa di produzione e distribuzione fondata a New York nel 2012, abbia rivoluzionato il cinema statunitense è una realtà oggettiva. Lo dimostra la pluralità di voci e generi che, in questi primi suoi anni di vita, ha saputo portare sullo schermo dando spazio a registi emergenti o grandi autori e a un'audacia narrativa che ha ravvivato l'industria cinematografica. 

    Altro grande merito è quello di aver contribuito, insieme alla Blumhouse e a Jordan Peele, a dare nuova linfa al genere horror. Da Under the Skin di Jonathan Glazer, loro prima produzione di genere, passando per Robert Eggers con The Witch - con il quale danno il via al cosiddetto horror elevato in cui il male c'è ma non si vede -, A24 ha un peso notevole nella storia del moderno cinema dell'orrore.

    Questo anche grazie alla scelta di lasciare carta bianca ai loro registi, liberi di sperimentare e osare portando a un'innovazione narrativa ed estetica. Senza contare poi al gran numero di esordi prodotti. Uno dei casi più eclatanti è quello dei registi australiani Danny e Michael Philippou che con Talk to Me prima e Bring Her Back poi, hanno ottenuto una grande attenzione da parte di pubblico e critica. Per il futuro, invece, vi conviene segnarvi questo nome: Kane Parsons.

    Liceale classe '95 che, dopo aver postato sul suo canale YouTube un video, The Backrooms, da milioni di visualizzazioni, ha attirato l'attenzione della casa di produzione. Realizzato con la camera a mano con la tecnica del found footage, il filmato immortala spazi abbandonati e lunghi corridoi vuoti prendendo spunto da una leggenda metropolitana legata ai bug dei videogiochi. Un progetto che ha convinto A24 a produrre il suo primo film basato sui suoi corti.

    JustWatch vi porta alla scoperta dei 10 migliori horror A24 da (ri)vedere, perfetti per Halloween.

    1. The Witch (2015)

    Esordio alla regia per Robert Eggers e davanti alla macchina da presa per Ana Taylor-Joy, The Witch è un folk horror con elementi soprannaturali di grande impatto. Ambientato nel XVII secolo, il film racconta la storia di una famiglia puritana che si imbatte nelle forze del male che infestano i boschi adiacenti la loro fattoria nel New England. Senza mai mostrare l'orrore, la pellicola segue un andamento lento che culmina nel finale in un potente climax. Come ci ha abituati Eggers anche nei suoi film successivi, The Witch è ricco di dettagli e avvolto in un'atmosfera sottilmente disturbante. Senza voler solo spaventare, il film affronta anche svariate tematiche: dalla repressione sessuale femminile al fanatismo religioso.

    2. It Comes at Night (2017)

    Un altro grande horror basato sulla percezione, con il quale Trey Edward Shults mette in scena un racconto paranoico. La storia è quella di un padre (Joel Edgerton) che vive isolato in una casa immersa nel bosco con la sua famiglia dopo che sulla Terra si è diffusa una malattia contagiosa e letale. In It Comes at Night convivono horror, thriller, survival movie e dramma. Un film dall'andamento lento nella prima parte, che si apre al dubbio e al sospetto nella seconda, quando il protagonista si imbatte in altri sopravvissuti. Isolamento, diffidenza e paura sono gli ingredienti che alimentano la narrazione per una storia che sottolinea come spesso sia l'uomo stesso la più grande minaccia per se stesso.

    3. Il sacrificio del cervo sacro (2017)

    Ispirato in parte dal mito greco rappresentato da Euripide nell'Ifigenia in Aulide, Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos è un thriller psicologico intriso di umorismo nerissimo e tragicità. Colin Farrell è un chirurgo affermato che si ritrova a dover scegliere quale membro della sua famiglia sacrificare dopo che una strana malattia ha colpito uno dei figli. Un sinistro adolescente legato al suo passato (Barry Keoghan), infatti, gli spiega che quella è l'unica soluzione in suo possesso per salvarlo. Un racconto disturbante, dove l'ambiguità morale va a braccetto con sensi di colpa e vendetta. Formalmente impeccabile, la pellicola è un horror d'autore che attraverso un ricatto mette in scena una scelta impossibile che si traduce in una paura crudele.

    4. Hereditary – Le radici del male (2018)

    Esordio alla regia di Ari Aster, uno dei più grandi registi horror del cinema contemporaneo. Hereditary – Le radici del male vede nella morte dell’anziana Ellen il vaso di Pandora attraverso il quale la sua famiglia scopre una serie di segreti terrificanti che la porta a confrontarsi con un destino al quale sembra non poter sfuggire. Un film sul lutto e sul peso dell'eredità che Aster costruisce con maestria, spingendo il film verso l'horror soprannaturale e psicologico. Un racconto che porta lo spettatore a percepire un senso di angoscia latente per tutta la visione, anche grazie all'incredibile lavoro fatto sul suono. Una visione obbligata del cinema dell'orrore del XXI secolo.

    5. Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019)

    Partendo dall'esperienza personale della fine di una relazione, Ari Aster ci regala uno degli horror più rappresentativi di A24 e degli anni 2000. La protagonista è Florence Pugh nei panni di una studentessa di psicologia che porta sulle spalle il peso di una relazione infelice e una tragedia familiare. Quando parte con il ragazzo e un gruppo di amici per un festival estivo in un villaggio svedese, spera di ritrovare un po' di serenità. Ma quel luogo apparentemente placido si rivela presto sinistro. Con Midsommar – Il villaggio dei dannati, il regista dà vita a una favola macabra immersa in elementi folk horror e illuminata da una luce accecante, che parla di lutto, codipendenza, manipolazione emotiva e vendetta. Un film audace che, a suo modo, parla di rinascita.

    6. Saint Maud (2019)

    Altro incredibile esordio al lungometraggio quello di Rose Glass con Saint Maud, un horror psicologico in cui fede, malattia mentale e terrore convivono. Al centro del racconto una solitaria infermiera recentemente convertita (Morfydd Clark), convinta che Dio abbia in serbo per lei un piano divino. Molto lontano per atmosfera, scrittura e regia dagli horror a tema religioso, il film è una disamina di una donna isolata dalla società e persa in un delirio. Narrativamente divisa in due, la pellicola usa ambientazioni e musiche per amplificare il senso di isolamento in cui è immersa la protagonista e per costruire attorno a lei un'atmosfera densa.

    7. The Lighthouse (2019)

    Il secondo film di Robert Eggers è un horror espressionista interamente girato in un bianco e nero conturbante e inquieto, influenzato da Sigmund Freud. Ambientato verso la fine del XIX secolo sulle coste del New England, il film vede Willem Dafoe e Robert Pattinson nei panni di un vecchio guardiano del faro e del suo timoroso aiutante. Filmata in 4:3 e in 35mm, The Lighthouse è una discesa nella follia dei due uomini attraverso cui parlare di dinamiche di potere, rivalità maschile, salute mentale e le zone d'ombra che ognuno di noi ha. Un film dall'estetica raffinata in cui convivono psicologia, sessualità e mitologia, e in cui non manca un accenno umoristico.

    8. Lamb (2021)

    Esordio dell'islandese Valdimar Jóhannsson, Lamb vede protagonista Noomi Rapace nei panni di una donna che vive in una fattoria insieme al marito. La loro felicità è andata in frantumi quando hanno perso la loro unica figlia. Ma in quelle stesse campagne scoprono una creatura misteriosa che porta a una nuova dinamica familiare. Una favola popolare che intreccia horror, dramma, humour, surrealismo e, addirittura, tenerezza mentre esplora il tema del lutto e della genitorialità. Uno dei migliori esempi di un nuovo corso dell'horror moderno.

    9. La trilogia di X di Ti West (2022-2024)

    La trilogia di X di Ti West è un'opera ambiziosa che dal Texas del 1918 arriva fino all'Hollywood del 1985. Al centro due personaggi, Maxine Minx e Pearl, entrambi interpretati da Mia Goth. La prima è un'aspirante attrice mentre la seconda ha perso la sua chance di diventare famosa. Un horror slasher che esplora i temi di ambizione, invecchiamento, sessualità e il prezzo della fama. Se X è un omaggio proprio allo slasher anni '70, Pearl, il suo prequel, è un dramma psicologico mentre MaXXXine abbraccia un'atmosfera da thriller neon-noir. Una trilogia che ha anche il sapore di una riflessione sull'influenza di determinate epoche cinematografiche sulla società.

    10. Bodies Bodies Bodies (2022)

    Prima di Babygirl, la regista olandese Halina Reijn ha realizzato uno slasher pungente, ironico e venato di comicità su un gruppo di ventenni privilegiati. Tutti insieme nella stessa villa isolata, i protagonisti iniziano un gioco di società, ma quando qualcosa va storto sono costretti ad affrontare insicurezze e dinamiche tossiche. Bodies Bodies Bodies mette al centro la Gen Z, di cui si prende gioco in un film che usa il linguaggio dei social e la tecnologia per evidenziare quanto influenzano le amicizie giovanili. Un horror che guarda a un classico come Scream e si attesta come slasher dei tempi moderni.

  • Da “L'amica geniale” a “M – Il figlio del secolo”: le 10 migliori serie TV italiane dell'ultimo decennio

    Da “L'amica geniale” a “M – Il figlio del secolo”: le 10 migliori serie TV italiane dell'ultimo decennio

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la serialità italiana gode di ottima salute, quella cattiva è che 10 titoli non bastano a racchiudere le migliori serie TV nostrane dell'ultimo decennio. 

    Sono, infatti, molte di più le produzioni che in quest'ultima decade hanno arricchito il panorama narrativo del piccolo schermo, permettendo anche all'Italia di poter esportare all'estero titoli capaci di competere con successi di fama mondiale.

    Tra il proliferare delle piattaforme che hanno concesso una maggiore libertà creativa a sceneggiatori e registi e un'apertura a storie più audaci, ecco che il pubblico ha potuto avere a disposizione un ventaglio ricchissimo di scelte. Da Il miracolo (2018) e Anna (2021), due gemme scritte e dirette da Niccolò Ammaniti, a L'arte della gioia (2025) di Valeria Golino passando per l'ambizione di Romulus (2020) e la minuziosa ricostruzione di Avetrana – Qui non è Hollywood (2024), l'originalità di Christian (2023), l'autoironia diCall My Agent – Italia (2023), le sfumature dell'adolescenza raccontate in SKAM – Italia (2018) e Prisma (2022) fino al successo popolare di Mare Fuori (2020)

    JustWatch ha stilato una lista delle 10 migliori serie tv dell'ultimo decennio.

    The Young Pope (2016)

    Una serie spiazzante e provocatoria che segna l'esordio di Paolo Sorrentino alla regia di una serie TV. Jude Law è Lenny Belardo, il primo pontefice americano. Considerato un santo da alcuni, il neo Papa vuole riportare la Chiesa ad essere inaccessibile e misteriosa decidendo di non farsi vedere o intervistare e adottando una politica conservatrice. Quello scritto da Sorrentino è un personaggio enigmatico e contraddittorio che cala in un racconto visivamente sontuoso filmato con il suo tocco inconfondibile. Ironica, profonda, surreale, The Young Pope è uno dei più alti esempi di serialità italiana.

    1992 – 1994 (2015 – 2019)

    Da “un'idea di Stefano Accorsi”, come recitava il tormentone che ha accompagnato l'uscita della trilogia 1992/1993/1994. Il racconto in chiave romanzata degli eventi che hanno portato a Tangentopoli e all'inchiesta di Mani Pulite. Attraverso personaggi fittizi, su tutti il pubblicitario dal passato oscuro Lorenzo Notte, la serie ci fa sbirciare dal buco della serratura di uno dei periodi più concitati del nostro Paese, tra corruzione, aule di tribunale, intercettazioni, mazzette e ascese politiche. Un titolo accolto con favore anche in Europa e negli Stati Uniti che intreccia la ricostruzione storica con sottotrame dedicate ai personaggi di fantasia, ma profondamente ancorati alla realtà.

    L'amica geniale (2018 - 2024)

    La serie italiana dell'ultimo decennio più rappresentativa delle nostre capacità e la più acclamata dalla stampa oltreoceano. L'amica geniale – co-prodotta con la HBO – è l'adattamento per il piccolo schermo dei romanzi di Elena Ferrante. Un ritratto dell'amicizia femminile dagli anni '50 ai primi 2000 che segue l'evoluzione del complesso legame tra Lila e Lenù, dall'infanzia nel rione di Napoli in cui sono nate fino all'età adulta, mentre sullo sfondo vanno in scena 60 anni di storia italiana. Quattro stagioni densissime, emozionanti e profonde, rese ancor più preziose dalle meravigliose interpretazioni dei suoi attori.

    We Are Who We Are (2020)

    We Are Who We Are - commissionata da HBO e Sky Studios - è la prima serie TV scritta, prodotta e diretta da Luca Guadagnino. Ambientata in uno spicchio di Stati Uniti in Italia, nella base militare di Chioggia, la serie esplora le tematiche di adolescenza, identità e scoperta di sé grazie al rapporto tra l'introverso Fraser e la spavalda Caitlin, due giovani alla ricerca del proprio posto nel mondo. Un racconto di formazione splendido che riflette sui corpi, la sessualità fluida e l'amicizia. Ad accompagnare il racconto una colonna sonora, come sempre capita nei lavori di Guadagnino, capace di far convivere più anime, dall'elettronica al pop italiano.

    Strappare lungo i bordi (2021)

    Un gioiello d'animazione firmato Zerocalcare che passa dalla bidimensionalità delle strisce dei suoi fumetti alla tridimensionalità della serialità. Sei episodi senza sbavature in cui il fumettista di Rebibbia racconta episodi della sua infanzia e vita adulta intervallandoli con digressioni e flashback. Dentro c'è di tutto, dalle riflessioni sull'ansia ai riferimenti alla storia più recente come i fatti del G8 di Genova. Profondamente divertente quanto commovente, Strappare lungo i bordi – accompagnata da personaggi iconici come Secco e l'Armadillo – è un racconto intimo eppure universale nel quale rispecchiarsi.

    Esterno notte (2022)

    Presentato al Festival di Cannes come film, Esterno notte è anche la prima serie TV diretta da Marco Bellocchio che, dopo Buongiorno Notte (2003), torna a raccontare il rapimento di Aldo Moro. Questa volta però sceglie di metterlo in scena non solo dal punto di vista del presidente della Democrazia Cristiana, ma anche attraverso lo sguardo di chi gli stava intorno. Fabrizio Gifuni, eccellente nei panni del politico e giurista, guida un cast di grandi attori per una serie dalla ricostruzione storica impeccabile che si addentra nelle complesse dinamiche politiche di quegli anni. Un'opera affascinante, tragica e sfaccettata.

    The Bad Guy (2022)

    L'uscita di The Bad Guy è stata una vera e propria sorpresa. Una serie crime che si diverte a giocare e ribaltare i cliché del genere con un tono pop e irriverente. Protagonista il Nino Scotellaro di Luigi Lo Cascio, un magistrato siciliano che finisce per diventare un criminale dopo essere stato accusato ingiustamente di essere colluso con Cosa nostra. Un racconto grottesco e satirico che parla di giustizia, illegalità e ambiguità morale mentre costruisce più di un parallelo con la nostra realtà.

    Dostoevskij (2024)

    La prima serie TV dei fratelli D’Innocenzo è un noir cupo sull'origine stessa della violenza. Un lavoro complesso e visivamente potente che esplora il lato oscuro dell'animo umano. Ambientata in una provincia spettrale, Dostoevskij vede Filippo Timi nei panni di Enzo Vitello, cupo investigatore sulle tracce di un serial killer con il quale inizia un rapporto epistolare segreto che lo costringerà a guardarsi dentro. Una serie dal taglio autoriale che disturba e ammalia. La riprova del talento dei due fratelli registi.

    Hanno ucciso l'uomo ragno - La leggendaria storia degli 883 (2024)

    Un tripudio di gioia e nostalgia. Non si può che descrivere così Hanno ucciso l'uomo ragno - La leggendaria storia degli 883, la serie di Sydney Sibilia ispirata all'omonima canzone degli 883 di cui racconta gli inizi. Una storia di musica e amicizia sullo sfondo della provincia degli anni '90 e di un successo travolgente quanto imprevisto. Elia Nuzzolo e Matteo Oscar Giuggioli sono strepitosi nel dare voce e corpo a Max Pezzali e Mauro Repetto così come regia e sceneggiatura sono accurati nel riportare in vita un'epoca a cui guardare con il sorriso. Ironica, tenera ed entusiasmante.

    M – Il figlio del secolo (2025)

    Coraggiosa e splendida. M – Il figlio del secolo, basata sull'acclamato romanzo di Antonio Scurati, è una serie ambiziosa che fotografa l'ascesa al potere di Benito Mussolini mentre ne distrugge il mito. Un grande sforzo produttivo e artistico che si regge sull'intensa interpretazione del Duce di Luca Marinelli contornato da un cast di grandi comprimari. Joe Wright dà vita alle pagine del romanzo con un piglio deciso in cui coglie tutta l'ambivalenza del padre del fascismo. Molto più di una serie TV, M – Il figlio del secolo è anche un monito per il nostro presente grazie alla figura e alle parole di Giacomo Matteotti.

  • Autunno Crunchyroll 2025: 10 anime da non perdere e tutte le nuove uscite

    Autunno Crunchyroll 2025: 10 anime da non perdere e tutte le nuove uscite

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’autunno 2025 di Crunchyroll ha l’energia della prima campanella: weekend scanditi dai simulcast, ritorni XXL e nuove serie pronte a monopolizzare le timeline. Tra fine settembre e metà ottobre si compone un mosaico molto vario: da un evento‑finale come My Hero Academia – FINAL SEASON ai rientri amati (SPY x FAMILY 3, To Your Eternity 3, Campfire Cooking 2, One‑Punch Man 3).

    Si passa poi per novità chiacchieratissime iniziate quest’estate che spingono sul lato pop del catalogo (Gachiakuta, TOUGEN ANKI) e per nuovi adattamenti che parlano chiaro al pubblico di oggi (la vendetta elegante di May I Ask for One Final Thing? e l’isekai “furbo” My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s). Intanto One Piece continua a fare da bussola, con l’appuntamento domenicale che non molla.

    Per non perdersi nulla, qui sotto approfondiamo i dieci titoli più attesi e da non perdere assolutamente, ma se vuoi pianificare la tua watchlist a colpo d’occhio, a fine articolo trovi la lista completa dell’offerta autunnale.

    One-Punch Man — Stagione 3 (2015 - in corso)

    Saitama torna a fare ciò che gli riesce meglio: risolvere cataclismi con uno sbadiglio e un pugno, mentre il mondo impazzisce intorno a lui. La nuova stagione di One-Punch Man alza la posta con l’Associazione dei Mostri e un Garou sempre più magnetico, portando il tono su binari più cupi ma senza perdere la scintilla meta‑comica che ha reso la serie un fenomeno. Ci aspettano scontri che picchiano duro, una regia che gioca con la sproporzione tra hype epico e nonchalance assoluta del protagonista, e un ensemble di eroi sempre più strampalato. È il tipo di anime che guardi per l’azione, ma resti per l’ironia corrosiva e il commento sul mito del supereroe. Se ti affascina la miscela tra botte shōnen e satira alla Mob Psycho 100 (2016 - 2022) o il cinismo supereroistico di The Boys (2019 - in corso), sentirai casa: One‑Punch Man è il comfort‑food più esplosivo dell’autunno, perfetto per i rewatch del weekend e le clip virali del giorno dopo.

    My Hero Academia — FINAL SEASON (2016 - in corso)

    Ultima corsa per una delle saghe cardine dell’ultimo decennio: la stagione finale di My Hero Academia promette un climax corale che stringe tutti i fili – dal duello ideale tra Deku e Shigaraki alla legacy di All Might – con quell’equilibrio tra spettacolo e sentimento che ha reso l’accademia degli eroi un rito di passaggio per tanti spettatori. Preparati a battaglie di peso, confessioni che fanno male e quel tema, mai banale, del “passare la torcia”. Qui non si tratta solo di chi vincerà: conta come i personaggi scelgono chi essere sotto pressione. Se ami i finali che chiudono i cerchi alla Fullmetal Alchemist: Brotherhood (2009 - 2010) e ti emozioni con il senso di squadra alla Haikyuu!! (2014 - 2020), questo è il tuo evento di stagione: un addio celebrativo, perfetto per watch‑party e discussioni infinite.

    May I Ask for One Final Thing? (2025)

    Voglia di revenge fantasy con mordente? Entra Scarlet di May I Ask for One Final Thing?: un’antieroina affilata come una lama che, dopo l’ennesima umiliazione, ribalta il tavolo con una grazia letale e un umorismo nerissimo. Qui il ballo di corte diventa arena, il bon ton si spezza in coreografie d’azione, e le dinamiche da “villainess” si tingono di sangue e sarcasmo senza rinunciare alla brillantezza romantica. Il ritmo è quello giusto per il binge, tra twist frizzanti e soddisfazioni catartiche. È la serie che consigli a chi chiede “qualcosa di cattivo ma divertente”, capace di mischiare empowerment e slap di trama con una leggerezza consapevole. Se ti hanno conquistato i ribaltamenti di ruolo di My Next Life as a Villainess (2020 - 2021) ma cerchi più grinta, o l’energia tagliente di The Executioner and Her Way of Life (2022), qui trovi un nuovo guilty pleasure… senza il guilty.

    My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s (2025)

    My Status as an Assassin Obviously Exceeds the Hero’s è un isekai dal taglio scaltro: il protagonista viene evocato come comprimario, ma scopre presto che le sue skill da assassino superano di parecchio l’eroe designato. Da lì parte un on‑the‑run pieno di intrighi di corte, incontri ambigui e combattimenti disegnati per far brillare la progressione di potere. Niente tono spensierato: l’atmosfera è più dark del previsto, con decisioni morali che pesano e una tensione costante tra libertà personale e pedine del regno. L’appeal sta nel vedere un “numero due” prendersi la scena, ribaltando le gerarchie. Se ti intriga la spietatezza tattica di Overlord (2015 - 2022) o hai un debole per i protagonisti pragmatici alla Shield Hero (2019 - in corso), questa serie è il tuo appuntamento del lunedì: solida, furba, pronta a far discutere sulle scelte del suo anti‑eroe.

    SPY x FAMILY — Stagione 3 (2022 - in corso)

    La famiglia Forger rientra in missione con l’equilibrio perfetto tra spionaggio vintage, commedia degli equivoci e momenti teneri che fanno “aw” anche al più coriaceo, ma anche una parentesi sul passato oscuro e non così felice di Twilight. L’operazione Strix si allarga in SPY x FAMILY, i piccoli drammi domestici diventano heist di quartiere, e la messa in scena rimane elegante, giocosa, irresistibile. È quell’anime che puoi proporre a chiunque: ride il fan navigato, si innamora il neofita, si affezionano perfino i cinici grazie alle espressioni inimitabili di Anya e alle coreografie incredibilmente leggibili. Se ami la brillantezza romantica di Kaguya‑sama: Love Is War (2019 - 2022) e il gusto d’azione leggera alla City Hunter (1987 - 1991), qui ritrovi lo stesso ritmo scintillante: perfetto per serate in famiglia, comfort‑watch garantito e meme assicurati a ogni episodio.

    To Your Eternity — Stagione 3 (2021 - in corso)

    Il viaggio di Fushi in To Your Eternity continua e cambia pelle, come sempre, ma senza tradire la domanda che lo muove da subito: cosa significa davvero vivere e legarsi agli altri quando il tempo non ti consuma? La nuova stagione promette incontri che segnano, perdite che interrogano, e un’espansione del mondo capace di rispecchiare il presente con delicatezza. L’anime resta un balsamo ruvido: ti accarezza e poi ti graffia, spingendoti a pensare all’identità, alla memoria, alla responsabilità affettiva. Non è “solo” fantasy, è una meditazione accessibile, sostenuta da immagini evocative e da un ritmo che lascia respirare. Se ti hanno spezzato e ricomposto Violet Evergarden (2018) o Made in Abyss (2017 - 2022), qui troverai la stessa malinconia luminosa: preparati a piangere bene e a voler bene a ogni nuovo incontro.

    Campfire Cooking in Another World with My Absurd Skill — Stagione 2 (2023 - in corso)

    Campfire Cooking in Another World with My Absurd Skill è indubbiamente l’isekai più comfort del listino di Crunchyroll che torna a servire piatti caldi e slice‑of‑life ben speziati. Tra ricette “OP”, amicizie da party e quel cagnone carismatico che ruba la scena, la serie conferma la sua vocazione: allentare la tensione senza scadere nel piatto. È una coccola settimanale che sposa food‑animation golosa, micro‑avventure e un umorismo gentile che ti fa sorridere a bassa voce. Il bello è che non devi “stare al passo”: puoi entrare quando vuoi e sentirti subito a casa. Se ti hanno sfamato l’inventiva culinaria di Delicious in Dungeon (2024 - in corso) e il tepore da locanda di Restaurant to Another World (2017 - 2021), questa seconda stagione è il tuo appuntamento mid‑week: una pausa rigenerante tra due shōnen pieni di adrenalina.

    One Piece (1999 - in corso)

    Non è una serie, è un ecosistema: One Piece continua a reinventarsi senza perdere l’odore di salsedine e la fame d’avventura. Ogni settimana porta il suo piccolo rito – teoria, clip, discussione – e ogni mini‑arco sa trovare un picco emotivo o coreografico da ricordare. Il fascino resta quello della grande epopea pop: amicizia, sogni impossibili, scelte che costano. È perfetto sia per il follow‑up seriale da domenica sera sia per i recuperi a blocchi, perché la narrazione premia la dedizione ma regala soddisfazioni immediate. Se sei cresciuto con Dragon Ball Z (1989 - 1996) o Naruto (2002 - 2017) e cerchi ancora quel senso di “mondo che si apre”, qui non sbagli: le vele sono sempre tese e il viaggio continua a valere la rotta.

    Gachiakuta (2025 - in corso)

    Un pugno di ruggine nello stomaco: Gachiakuta mescola urban‑fantasy e attitudine punk, preferendo la grana sporca alla patina lucida. L’azione è nervosa, la regia cerca soluzioni fisiche e creative, e i personaggi si muovono in un ambiente che sembra graffiare anche quando stai fermo. È l’anti‑comfort della stagione: più rabbia, più sudore, più verticalità nei combattimenti. Funziona perché non ha paura di essere sgradevole quando serve, e proprio lì trova la sua bellezza. Se ti seducono i mondi eccentrici e abrasivi di Dorohedoro (2020) o l’energia compressa di Jujutsu Kaisen 0 (2021), questo è il titolo che aggiunge spezie forti alla tua playlist: da vedere con cuffie alte e luci basse.

    TOUGEN ANKI (2025 - in corso)

    Battle‑shōnen vecchia scuola nel migliore dei sensi: lignaggi maledetti, scuole, allenamenti che spingono al limite e rivalità che crescono insieme ai personaggi. Il divertimento è tutto nel “come”: coreografie fisiche, poteri dal design riconoscibile, e un’idea chiara di progressione che ti fa tifare per ogni micro‑traguardo. TOUGEN ANKI non cerca rivoluzioni, punta alla qualità del gesto e alla costruzione di un cast che ti resta addosso. Se adori il sacro triangolo allenamento‑scontro‑superamento di Blue Exorcist (2011 - 2024) o Fire Force (2019 - in corso), qui trovi la dose settimanale perfetta per accendere il weekend: un episodio e sei già in modalità “ne voglio un altro”.

  • Chi potrebbe vincere gli Oscar nel 2026? Le nostre speculazioni in base ai festival di Venezia e Toronto

    Chi potrebbe vincere gli Oscar nel 2026? Le nostre speculazioni in base ai festival di Venezia e Toronto

    Giovanni Berruti

    Giovanni Berruti

    Editor a JustWatch

    And the Oscar goes to… Può sembrare ancora presto, ma l’inizio dell’autunno è in realtà il momento giusto per iniziare a chiedersi chi potrebbe vincere l’Oscar. Per farsi un’idea basta infatti guardare gli ultimi due grandi Festival svoltisi da poco: la Mostra del Cinema di Venezia e il Toronto International Film Festival.

    Parlando di Venezia, negli ultimi anni la Mostra ha predetto diversi titoli che sono poi andati agli Oscar, da nominati o addirittura da vincitori. Per esempio “Nomadland” (2020) di Chloé Zhao, dopo aver ricevuto il Leone d’Oro al Lido, ha vinto tre Oscar, di cui uno per miglior film. È successo anche a “The Shape of Water – La forma dell’acqua” (2017) di Guillermo del Toro, che ha vinto quattro statuette dorate, miglior film incluso, su tredici candidature.

    Il prestigioso Premio del Pubblico di Toronto (People’s Choice Award) è spesso predittivo per il premio più ambito dell’Academy. Tra gli esempi, “The Millionaire” (2008) di Danny Boyle, “Il discorso del re” (2010) di Tom Hooper, “12 anni schiavo” (2013) di Steve McQueen, “Green Book” (2018) di Peter Farrelly, e di nuovo “Nomadland” (2020). 

    Quest’anno il Leone d’Oro è andato a “Father Mother Sister Brother” (2025) di Jim Jarmush, mentre il People’s Choice Award a “Hamnet” (2025) di Chloé Zao, che potrebbe ambire a un bis del riconoscimento più importante del cinema. 

    Passiamo però in rassegna anche altri titoli che sono stati presentati ai Festival, che potrebbero far parlare di sé alla prossima notte degli Oscar, e dunque nella prossima stagione cinematografica.

    Hamnet - Nel nome del figlio (2025)

    Reduce dal People’s Choice Award a Toronto, ad oggi “Hamnet - Nel nome del figlio” (2025) è il favorito agli Oscar. Il film di Chloé Zhao è stato accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica, e sembrerebbe destinato a lasciare il segno nell’immaginario dei cinefili, e non solo. Tratto dal pluripremiato bestseller di Maggie O’Farrell, “Nel nome del figlio. Hamnet” (2021), edito in Italia da Guanda, la pellicola segue il rapporto tra William Shakespeare e la moglie Agnes, focalizzandosi sull’impatto del drammatico lutto di loro figlio, Hamnet, scomparso a soli undici anni. Protagonisti Jessie Buckley e Paul Mescal per l’opera che avrebbe tutte le carte in tavola per giocare una partita interessante davanti ai giurati dell’Academy.

    Father Mother Sister Brother (2025)

    Reduce dal Leone d’Oro a Venezia, “Father Mother Sister Brother” (2025) è un altro contendente importante per l’Oscar. L’opera di Jim Jarmusch è un film a episodi, che cerca di indagare le dinamiche familiari, a tratti inevitabilmente ancora misteriose. Definito dallo stesso regista un anti-film d’azione, si concentra sulla quotidianità, sui piccoli dettagli, raccontando le disfunzioni che albergano le famiglie. Alternando ironia e malinconia, e avvalendosi di grandi interpretazioni, ha sicuramente sorpreso pubblico e critica, oltre ad aver evidentemente toccato le corde della giuria veneziana. L’uscita nelle sale italiane è prevista per il 24 dicembre. 

    La voce di Hind Rajab (2025)

    24 minuti di applausi alla fine della proiezione a Venezia. “La voce di Hind Rajab” (2025) un’opera potente e soprattutto straziante quella della regista tunisina Kaouther Ben Hania (“Quattro figlie” (2023), che ripercorre la tragica storia di Hind Rajab, di origine palestinese, uccisa a soli sei anni durante un attacco dell’esercito israeliano. Avvalendosi delle vere registrazioni audio delle telefonate intercorse tra la bambina, i familiari e i volontari della Mezzaluna, ne esce un film duro e commovente. Ha sfiorato il Leone d’Oro, ha vinto il Leone d’Argento – Gran premio della giuria, è stato scelto come candidato tunisino all’Oscar per miglior film straniero. Nelle sale cinematografiche dal 25 settembre.

    No Other Choice – Non c’è altra scelta (2025)

    La Corea del Sud ha appena scommesso su “No Other Choice – Non c’è altra scelta” (2025) per la corsa agli Oscar per il miglior film straniero. Molto apprezzato a Venezia, a Toronto classificato al primo posto dell’International People’s Choice Award, il film che segna il ritorno dietro la macchina da presa di Park Chan-wook potrebbe fare molto rumore in caso di nomination. Una black comedy che ruota attorno a Yoo Man-soo, interpretato da Lee Byung Hun (“Squid Game” (2021-2025), un uomo che viene improvvisamente licenziato dalla cartiera per cui ha lavorato per oltre venticinque anni. Non trovando un nuovo impiego, escogita una singolare strategia: eliminare (letteralmente) la concorrenza. Una spietata riflessione sul mondo del lavoro e sulle storture del capitalismo dei nostri giorni, che fa pensare a un “Parasite” (2018) bis. Stavolta forse con meno ambizioni, in termini di statuette. 

    Frankenstein (2025)

    Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, “Frankenstein” (2025) di Guillermo del Toro è una rilettura moderna del romanzo di Mary Shelley. Il regista ha assemblato un cast d’eccezione per un progetto al quale ha lavorato per decenni, come Oscar Isaac, Jacob Elordi e Mia Goth, e le prime recensioni parlano di un film affascinante sul piano tecnico e visivo. A Toronto si è classificato al secondo posto del People’s Choice Award, il che fa pensare che potrebbe rimettere in campo il cineasta messicano nella prossima edizione degli Oscar. Dal 22 ottobre nelle sale, e dal 7 novembre su Netflix.

    La Grazia (2026)

    Dopo l’anteprima mondiale a Venezia, e la vittoria di Toni Servillo della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, “La Grazia” (2026) di Paolo Sorrentino è sicuramente un film da tenere sott’occhio. Soprattutto alla luce che quest’anno non è rientrato tra i titoli selezionati per rappresentare l’Italia come miglior film straniero agli Oscar. La pellicola non è risultata infatti eleggibile per la selezione, in quanto la sua uscita italiana supera la data limite del 30 settembre 2025. Tuttavia, potrebbe concorrere agli Oscar in altre categorie, grazie all’uscita statunitense fissata al 5 dicembre 2025.

    Alla loro settima collaborazione, Sorrentino e Servillo mettono in scena il ritratto di un fittizio Presidente della Repubblica durante i suoi ultimi giorni di mandato. Che si tratti del film più politico del regista de “Il Divo” (2008)? In sala dal 15 gennaio 2026.

    The Smashing Machine (2025)

    “The Smashing Machine” (2025), biopic su Mark Kerr, segna l’esordio da solista alla regia di un lungometraggio per Benny Safdie (dunque senza il fratello Josh). Una prova fortunata che gli ha fatto ottenere proprio a Venezia il Leone d’Argento- Premio speciale per la regia. Così come potrebbe essere fortunata anche per il suo attore protagonista, Dwayne “The Rock” Johnson, che per la sua interpretazione del leggendario campione di lotta libera, Vale Tudo e MMA, con tanto di meticolosa preparazione fisica sostenuta, sembrerebbe avere una strada spianata per la sua prima nomination all’Oscar. In sala dal 19 novembre.

    Bugonia (2025)

    “Bugonia” (2025) segue le vicende di due uomini ossessionati dalle cospirazioni che arrivano a rapire la CEO di una grande multinazionale, convinti che si tratti di un’aliena intenzionata a distruggere la terra. Remake del film sudcoreano “Save the Green Planet!” (2003), Yorgos Lanthimos si riunisce ancora una volta con l’attrice-musa, Emma Stone (dopo “La favorita” (2018), “Povere creature!” (2023) e “Kinds of Kindness” (2024) i due sono alla quarta collaborazione) per mettere in scena una satira sulla società contemporanea, che sembrerebbe essere stata accolta con entusiasmo. Presentato in concorso a Venezia, l’uscita nelle sale italiane è prevista per il 13 novembre.

    Dead Man’s Wire (2025)

    L’ultima fatica di Gus Van Sant si ispira a una storia vera, avvenuta l’8 febbraio 1977 a Indianapolis. “Dead Man’s Wire” (2025) ripercorre il caso di Tony Kritsis, che sentendosi truffato dalla sua banca finì per prenderne in ostaggio il figlio del presidente, pretendendo delle scuse e un risarcimento da 5 milioni di dollari. Le trattative furono trasmesse in diretta televisiva, fu una vicenda che tenne l’America col fiato sospeso per ben 63 ore. Un film ricco di suspense, ricco di inquietanti parallelismi con altri recenti fatti di cronaca, come la vicenda di Luigi Mangione. Potrebbe concorrere agli Oscar, persino come miglior interpretazione dell’attore protagonista, Bill Skarsgård. La data di uscita non è ancora nota.

    Wake Up Dead Man - Knives Out (2025)

    “Wake Up Dead Man – Knives Out” (2025) è la terza indagine del detective Benoit Blanc (Daniel Craig). Le prime indiscrezioni da Toronto parlano di un cambio di rotta per la saga murder mystery scritta e diretta da Rian Johnson: toni più cupi per una storia più emozionante. Ci sarebbero stati anche elogi per il lavoro dell'attore Josh O’Connor, tra le new entry del cast. Ricordando che i precedenti film, “Cena con delitto” (2019) e “Glass Onion” (2022), erano riusciti a ottenere la candidatura agli Oscar, rispettivamente nella categoria miglior sceneggiatura originale e miglior sceneggiatura non originale, chissà che stavolta la candidatura possa allargarsi ad altre categorie. Su Netflix dal 12 dicembre. 

    Christy (2025)

    “Christy” (2025) è un biopic su Christy Martin, leggendaria pugile statunitense. Presentato in anteprima mondiale a Toronto, la pellicola con protagonista Sydney Sweeney ha impressionato il pubblico, soprattutto per l’incredibile trasformazione della giovane attrice, che ha preso ben 13 kg per il ruolo. Potrebbe essere un perfetto contraltare per “The Smashing Machine” (2025), in quanto in entrambi i film sono state elogiate le prove attoriali dei loro protagonisti, fantasticando già per una nomination agli Oscar rispettivamente per “miglior attore” e “miglior attrice”.

  • Che fine hanno fatto gli attori del cast di “Scrubs”? Ecco dove rivederli

    Che fine hanno fatto gli attori del cast di “Scrubs”? Ecco dove rivederli

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    È ufficiale, i medici di Scrubs torneranno in corsia. A dare l’annuncio, infatti, è stato il network ABC, con la conferma che la sitcom medica più amata dei primi anni ‘2000 tornerà con una nuova stagione, prevista per il 2025-2026.

    Non c'è ancora una data d’uscita, tuttavia è certo che rivedremo presto i corridoi del Sacro Cuore, insieme al trio di attori che l’ha reso l’ospedale più divertente del piccolo schermo: Zach Braff, Sarah Chalke e Donald Faison. Alla regia, ovviamente, ci sarà il creatore della serie Bill Lawrence, che nel frattempo si è dato da fare, con due gioiellini come Ted Lasso e Shrinking.

    Per ora altri indizi non ce ne sono, e ancora non si sa da dove partirà questa nuova stagione, né tantomeno è stata rivelata la trama; l’unico punto fermo è che JD, Turk e Elliot torneranno a far squadra. Tuttavia, a quindici anni dall’ultimo episodio, i fan non possono che chiedersi chi ci sarà al loro fianco. Il temutissimo Dottor Cox? Il direttore dell’ospedale sarà ancora Bob Kelso? L’inserviente tornerà a tormentare JD? 

    È ancora troppo presto per dare risposte, ma in attesa di vedere chi tornerà a indossare il camice, facciamo un ripasso con un salto indietro nel tempo per scoprire che fine hanno fatto gli attori di Scrubs. 

    Zach Braff (John “JD” Dorian)

    JD non era solo il protagonista e la voce narrante di Scrubs, JD era Scrubs. Sognatore inguaribile, ironico, perso nei suoi pensieri, un personaggio impossibile da non adorare. Dopo la serie, Zach Braff ha portato lo stesso spirito creativo che animava il suo personaggio, nel cinema indipendente con titoli come Wish I Was Here (di cui è stato anche regista), In Dubious Battle (diretto da James Franco) fino a French Girl, uscito nel 2024. Prolifico anche dietro la macchina da presa, con l’ultimo lavoro pubblicato nel 2023, A Good Person, interpretato da Florence Pugh, compagna di Braff dal 2019 al 2022. Come regista ha anche affiancato Bill Lawrence per alcuni episodi di Ted Lasso e Shrinking.

    Sarah Chalke (Elliot Reid)

    Elliot era la dottoressa talvolta saputella, brillante, ma spesso impacciata e bloccata dalle sue insicurezze. A darle voce Sarah Chalke che, dopo Scrubs ha diviso la carriera tra sitcom (How I Met Your Mother, Compagni di università) e doppiaggio (Rick and Morty, dove interpreta Beth). Più di recente è stata protagonista nella serie L’estate in cui imparammo a volare. È anche molto attiva nel sociale, in particolare per la sensibilizzazione sulla sindrome di Kawasaki, patologia da cui suo figlio è affetto. 

    Donald Faison (Christopher Turk)

    Turk era l’amico che tutti vorrebbero: chirurgo tra i più talentuosi del Sacro Cuore, simpatico, e metà perfetta della “bromance” con JD. Dopo Scrubs, Donald Faison ha recitato in The Exes e Emergence e ha prestato la sua voce come doppiatore di Hype Fazon per Star Wars Resistance, oltre ad alcuni lavori come conduttore e podcaster. 

    John C. McGinley (Perry Cox)

    Quasi fosse una versione comica di Gregory House, il dottor Cox era il mentore (e incubo) di JD e colonna portante del Sacro Cuore. Non da meno l’attore che l’ha reso un personaggio cult, John C. McGinley, volto lanciato con Platoon di Oliver Stone. Dopo Scrubs, McGinley ha infatti continuato a lavorare, tra serie come Stan Against Evil e film come 42 e The Belko Experiment. Fuori dal palco è un attivista impegnato nella lotta alla sindrome di Down, portavoce internazionale di diverse associazioni benefiche.

    Judy Reyes (Carla Espinosa)

    E qui veniamo alla spina dorsale dell’intero ospedale, l’instancabile infermiera Carla, vero ago della bilancia in mezzo alle follie dei suoi amici-colleghi. Dopo Scrubs, Judy Reyes ha recitato in serie come Devious Maids e Claws, spaziando dal genere drama alla dark comedy. Negli ultimi anni, inoltre, ha preso parte a titoli di successo planetario, come Succession o Smile. Oggi è anche coinvolta in progetti legati alla rappresentazione latina a Hollywood.

    Ken Jenkins (Bob Kelso)

    Il dottor Kelso era il direttore dell’ospedale, temuto e amato allo stesso tempo per il suo cinismo e le sue uscite imprevedibili. Ken Jenkins ha continuato a collezionare ruoli in serie di successo, tra cui Cougar Town e The Middle. Classe 1940, la sua ultima apparizione risale al 2019 nel film Girls Weekend, e sarà probabilmente difficile vederlo tornare a indossare i panni di Bob Kelso. Ma se succede…

    Christa Miller (Jordan Sullivan)

    Jordan era la “cattiva” più amata dell’Ospedale Sacro Cuore: fredda, pronta a distruggere chiunque con il suo sarcasmo, soprattutto l’ex marito Perry Cox. Dopo il successo riscosso con Cougar Town, oggi l’attrice Christa Miller è tra gli attori protagonisti della serie Shrinking (dal 2023), dove interpreta Liz, vicina di casa ficcanaso del dottor Rhoades interpretato da Harrison Ford.

    Robert Maschio (Todd “The Todd” Quinlan)

    “The Todd” era il personaggio che incarnava tutto ciò che di inopportuno ci possa essere, tra continui apprezzamenti non richiesti e battute a sfondo sessuale. Il personaggio, portato in scena con toni volutamente sopra le righe, era interpretato da Robert Maschio, che dopo la sitcom, oggi lavora come agente immobiliare a Los Angeles. Rivedere Todd in scena sarebbe nella nuova stagione un regalo per tutti i fan di Scrubs, ma allo stesso tempo una sfida per gli sceneggiatori.

    Neil Flynn (L’Inserviente)

    Figura mitologica del Sacro Cuore, vera nemesi di JD, personaggio tra i più amati dai fan, in sintesi l’Inserviente. Dopo Scrubs, l’attore Neil Flynn è apparso in diverse serie di successo, fino a trovare una nuova ‘famiglia’ in The Middle, di cui è stato protagonista per nove stagioni. Come doppiatore ha lavorato ad alcuni episodi di King of The Hill o Bob’s Burger, mentre le sue ultime apparizioni sullo schermo sono Abby’s e un cameo in Shrinking.

  • Da “Demon Slayer” a “One Piece: Red”: i 10 anime con gli incassi più alti nella storia del cinema

    Da “Demon Slayer” a “One Piece: Red”: i 10 anime con gli incassi più alti nella storia del cinema

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    L’uscita di Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito (2025) ha appena riscritto il manuale del box office americano: l’esordio record e la tenuta clamorosa gli hanno permesso di superare La tigre e il dragone (2000) come film internazionale con il maggiore incasso di sempre negli Stati Uniti.

    È il linguaggio dei fandom: meme, clip, fan screening, sale piene di cosplayer e formati premium (IMAX, 4DX) presi d’assalto. E no, non è una meteora: l’anime in sala è diventato un evento sociale. Le serie costruiscono pubblico a casa, il film lo porta al cinema come a un concerto: date ravvicinate in tutto il mondo, campagne pensate per la condivisione, soundtrack che esplode su Spotify il lunedì dopo. In mezzo, gli autori‑star (Shinkai, Miyazaki) e i brand seriali (da Demon Slayer a One Piece) hanno insegnato ai multiplex a trattare l’animazione giapponese come un’uscita “A‑list”.

    Dentro questo slancio, Infinity Castle è la punta dell’onda, non l’eccezione: un kolossal emotivo che mette in fila rito collettivo, riconoscibilità del brand e qualità artigianale fuori scala. E il calendario non rallenta: Chainsaw Man: Reze Arc (2025) è già all’orizzonte e ha tutte le carte per replicare quel mix di adrenalina, immaginario punk‑romantico e community hyper‑attiva che fa scattare il “devo esserci”. È la nuova normalità: l’anime al cinema non chiede permesso – occupa il weekend e trasforma le sale in arene.

    Dentro questa scia, abbiamo raccolto i 10 anime con gli incassi più grandi della storia da recuperare assolutamente o da rivedere.

    1. Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito (2025) – $648,5M worldwide

    Con Demon Slayer: Il Castello dell’Infinito la saga di Tanjiro entra nella fase più ambiziosa con un kolossal in tre atti che porta sul grande schermo l’arco più atteso. Funziona perché unisce il virtuosismo visivo di ufotable a una scrittura che alterna pathos, terrore e slanci eroici con ritmo da cinema pop. In sala è pura sinestesia: colonna sonora martellante, coreografie verticale‑orizzontali e set‑piece che sembrano vortici. L’onda lunga della serie tv, il passaparola e l’evento‑fandom hanno fatto il resto. Perché vederlo ora? Per capire dove sta andando il cinema anime nell’era post‑streaming: verso produzioni‑evento, date “global day‑and‑date” e pubblico trasversale. Se ti intriga l’alchimia tra azione e sentimento di Dragon Ball Super: Broly (2018) o i fantasy a nervi tesi della trilogia Fate/stay night: Heaven’s Feel (2017–2020), qui trovi l’evoluzione naturale — più grande, più scuro, più cinematografico.

    2. Demon Slayer: Mugen Train (2020) – $512,7M worldwide

    Demon Slayer: Mugen Train è il film che ha cambiato le regole del gioco: nato come ponte tra stagioni, è diventato un caso globale grazie all’emozione “senza filtri” dell’arco di Rengoku e a un uso della sala come amplificatore emotivo. Mugen Train ha dimostrato che l’IP seriale può guidare il botteghino anche fuori dal Giappone, con release coordinate e un fandom organizzato. A rivederlo oggi colpisce la quasi‑intimità di un blockbuster che sceglie un set unico (il treno) per far esplodere i personaggi. Consigliato a chi cerca la stessa intensità emotiva di A Silent Voice (2016) declinata in chiave action, o a chi vuole un dramma teen ad alto impatto comeJosee, the Tiger and the Fish (2020).

    3. Your Name (2016) – $405,3M worldwide

    Il melodramma sci‑fi che ha consacrato Makoto Shinkai fuori dai circuiti d’essai: scambio di corpi, dislocazioni temporali, montaggi musicali da brivido e un uso poetico dello spazio urbano. Il segreto del successo di Your Name è una romance universale raccontata con la precisione di un thriller emotivo. In sala, ogni transizione è un colpo al cuore e il finale riscrive il concetto di “destino”. Ha aperto una stagione di anime romantici ad alto potenziale mainstream, con esempi che vale la pena recuperare come Hello World (2019) o La ragazza che saltava nel tempo (2006). Se ti piacciono i racconti che fanno dialogare tecnologia e sentimento, è ancora oggi uno standard di riferimento.

    4. La città incantata (2001) – $395,6M worldwide

    Il capolavoro di Hayao Miyazaki, La città incantata, rimane una delle esperienze cinematografiche più dense e libere mai disegnate: crescita, lavoro, desiderio, memoria, tutto filtrato da un immaginario mitico che parla a qualsiasi età. È uno di quei film che ti accompagnano, perché ogni visione aggiunge una stanza nuova al bagno termale di Yubaba. Il suo successo planetario è anche una lezione di fiducia: pubblico e mercati si sono lasciati guidare da un racconto profondamente giapponese e insieme universalissimo. Se ami la poesia avventurosa di Ghibli e vuoi restare nel solco senza duplicare i titoli in classifica, recupera Kiki – Consegne a domicilio (1989) o Il mio vicino Totoro (1988): stessi battiti poetici, sfumature diverse.

    5. Suzume (2022) – $323,6M worldwide

    Shinkai con Suzume torna con un road‑movie apocalittico che parla di ferite collettive e rinascite personali, trasformando porte e chiusure in una coreografia emotiva. Il successo globale di Suzume conferma la maturità industriale dell’anime contemporaneo: marketing internazionale, day‑and‑date allargati, doppiaggi curati e un’impronta estetica riconoscibile. In sala è un viaggio che alterna spettacolo e intimità, con un’attenzione rara al paesaggio come personaggio. Se vuoi restare in scia senza ripetere i titoli della top, prova l’empatia digitale di Belle (2021) o la fantascienza sentimentale di Oltre le nuvole, il luogo promessoci (2004).

    6. Il ragazzo e l’airone (2023) – $294,2M worldwide

    Il ragazzo e l’airone è il film del ritorno (e non addio) di Miyazaki è un racconto di formazione che mescola lutto, desiderio di fuga e slancio creativo. Ha incassato in tutto il mondo non solo per la curiosità mediatica attorno al Maestro, ma perché è cinema purissimo: set‑piece visionari, animazione tattile, una partitura sonora ipnotica. In sala, l’attrazione è la sensazione di mondo in divenire: ogni scena sembra riscrivere le regole del suo stesso universo. Se ti interessa la vena più avventurosa e tecnologica di Ghibli, guarda o recupera Nausicaä della Valle del Vento (1984): due poli che spiegano da dove arriva questo immaginario.

    7. The First Slam Dunk (2022) – $279,0M worldwide

    Il ritorno del basket di Inoue Takehiko al cinema è stato un terremoto emotivo: The First Slam Dunk non è un tributo nostalgico, ma una riscrittura che usa regia sportiva modernissima, montaggio sincopato e gestione del tempo da thriller agonistico. Ha funzionato ovunque, Cina compresa, perché parla di perseveranza, margine d’errore e second chance con un’intensità contagiosa. In sala si esce sudati e felici: pochi film rendono il ritmo dello sport con questa fisicità. Se cerchi un altro titolo “palestra di emozioni” fuori dalla nostra top, segnati Haikyuu!! The Dumpster Battle (2024): stessa fame di riscatto, innesti tecnici diversi.

    8. Il castello errante di Howl (2004) – $237,5M worldwide

    Magia, guerra, metamorfosi: l’epica romantica di Miyazaki strega ancora per la sua capacità di cambiare forma insieme ai protagonisti. Il successo de Il Castello errante di Howl planetario parla di immaginario irresistibile (Howl & Sophie sono diventati icone) e di una visionarietà artigianale che oggi ha il fascino del manufatto prezioso. In sala, è un trionfo di architetture mobili, prospettive impossibili e lirismo quotidiano. Se cerchi un accostamento fuori dalla classifica, resta in casa Ghibli o spostati verso il malinconico contemporaneo di Quando c’era Marnie (2014).

    9. Ponyo sulla scogliera (2008) – $204,8M worldwide

    La fiaba marina più solare di Ghibli, Ponyo sulla scogliera, lavora di sottrazione e meraviglia: colori pastello, animazione d’acqua memorabile, umorismo candido e un’idea di catastrofe sempre a misura di bambino. Il suo trionfo mondiale dimostra che c’è enorme spazio per un family cinema non standardizzato, capace di parlare a chi ha 5 anni e a chi ne ha 50. In sala, ogni onda è un’animazione che vorresti toccare. È anche un ottimo primo contatto con Miyazaki per chi arriva dalle serie tv: una porta spalancata verso il resto del catalogo.

    10. One Piece Film: Red (2022) – $201,4M worldwide

    One Piece Film: Red è il capitolo più pop (e musicale) della saga cinematografica di Eiichiro Oda porta in sala un concerto‑blockbuster che gioca con la serialità di lungo corso senza escludere chi arriva da neofita. È esploso al botteghino perché sposa brand potentissimo e forma evento: brani originali, cameo amati, spettacolo corale. In sala è un party: colori, gag, coreografie piratesche. Se vuoi rimanere in area “idol x shōnen”, orientati su spin‑off e special musicali affini, come per esempio Pretty Guardian Sailor Moon Eternal - Il Film (2021).

  • Da “Il traditore” a “Call My Agent – Italia”: i migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino

    Da “Il traditore” a “Call My Agent – Italia”: i migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A Venezia 82 ha stregato tutti con quella che, ad oggi, si attesta come una delle sue prove più riuscite. Stiamo parlando dell'ex campione di tennis Raul Gatti protagonista de Il Maestro (2025) di Andrea Di Stefano che vedremo a novembre nei nostri cinema. L'ultimo tassello, in ordine di tempo, che costituisce la grande carriera di Pierfrancesco Favino.

    "Una volta c'erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino". È Martellone, il personaggio interpretato da Massimiliano Bruno in Boris (2007-2022), a pronunciare una battuta che contiene un po' di verità. Sì, perché l'attore è diventato uno dei volti più rappresentativi del cinema italiano, tanto da superare i confini nazionali ed essere scelto per prendere parte a produzioni internazionali come Miracolo a Sant'Anna (2008) di Spike Lee, Angeli e Demoni (2009), World War Z (2013) al fianco di Brad Pitt, Rush (2013) con Chris Hemsworth e Daniel Brühl o Maria (2024) di Pablo Larraín dove condivide la scena con Angelina Jolie e Alba Rohrwacher.

    JustWatch ha stilato la classifica dei migliori film e serie TV con Pierfrancesco Favino da recuperare in streaming.

    11. L'ultimo bacio (2001)

    Un cast corale, una colonna sonora malinconica e la crisi dei trent'anni. Con questi ingredienti Gabriele Muccino ha realizzato uno dei film italiani più celebri e importanti del cinema italiano contemporaneo: L'ultimo bacio. Dentro ci sono tutti i tratti tipici del suo modo di intendere e fare film: la paura di crescere, la regia nervosa, la recitazione enfatizzata, la rappresentazione di dinamiche familiari complesse, più linee narrative che confluiscono nella stessa storia.

    È un film amaro che, nell'arco di due ore, parla della fatica di accettare le responsabilità, la paura di confrontarsi con l'età adulta e le insidie delle relazioni consumate dal tempo. Pierfrancesco Favino interpreta Marco, un amico del protagonista con il volto di Stefano Accorsi. Un ruolo che lo ha fatto conoscere al grande pubblico – che riprenderà anche nel sequel, Baciami ancora (2010) – attraverso il quale racconta una delle tante sfaccettature del passaggio a una dimensione adulta. Se A casa tutti bene (2018) ti ha appassionato, anche qui troverai storie sentimentali e familiari altrettanto travolgenti.

    10. La sconosciuta (2006)

    Un grande thriller psicologico firmato da Giuseppe Tornatore. La sconosciuta vede al centro un mistero che si svela lentamente grazie alla memoria della protagonista, un'ottima Ksenia Rappoport. Un film dove passato, presente e un'idea di futuro si intrecciano grazie all'uso di flashback e alle diverse linee temporali che muovono il racconto e svelano a noi spettatori la verità dietro la facciata.

    Un'opera che nei suoi 110 minuti può anche disturbare per la crudezza di certe sequenze, ma che ha anche un cuore caldo nel mettere in scena un dramma umano, nonostante le atmosfere nordiche che lo attraversano. Favino fa coppia con Claudia Gerini nell'interpretare due coniugi genitori di una bambina con la quale la protagonista è convinta di avere un legame profondo. Una prova sottile, misurata, trattenuta che contribuisce ad amplificare quel senso di costante inquietudine e suspence che attraversa la pellicola. Da recuperare se hai apprezzato La doppia ora (2009).

    9. Suburra (2015)

    In Suburra, Pierfrancesco Favino è l'onorevole Filippo Malgradi. Un politico corrotto con legami decennali con "Samurai", leggendario boss del crimine romano con il volto di Claudio Amendola. Una prova in cui l'attore incarna alla perfezione un uomo dalla bassa morale che finisce invischiato in una storia più grande di lui. Nonostante si tratti di un personaggio negativo, Favino riesce comunque a donargli una stratificazione umana.

    Il noir di Stefano Sollima, tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, fa parte della cosiddetta trilogia della Roma criminale del regista iniziata con ACAB – All Cops Are Bastards (2012) e conclusasi con Adagio (2023). Un film corale di oltre due ore fatto di linee narrative che si intersecano che ci porta nei meandri della Capitale dove regna indisturbata la corruzione. L'atmosfera del film è quasi apocalittica nel ritrarre una società dove tutti hanno le mani sporche. Il ritratto di una decadenza morale e di un'ossessione per il potere che si traduce in una regia nervosa e serrata. Se ti è piaciuta la serie TV omonima (2017), l'adattamento televisivo di Romanzo criminale (2008), non perderti il film di Sollima.

    8. Saturno contro (2007)

    Nella filmografia di Ferzan Özpetek il racconto corale e il concetto di famiglia d'elezione sono due pilastri che hanno contribuito a rendere celebre e apprezzato il suo cinema. Saturno contro prende questi due elementi e, nell'arco di poco più di un'ora e mezza, li eleva all'ennesima potenza regalandoci uno dei suoi film più belli ed emotivamente coinvolgenti. Una storia di amore e di amicizia resa ancora più forte da un lutto improvviso che sconvolge le vite dei protagonisti. Un'esplorazione della perdita e delle forza della vita che resiste.

    Saturno contro regala un'altra grande prova di Pierfrancesco Favino in un film che ci ricorda come l'amicizia e la famiglia, qualunque forma e colore abbia, salvano dalla solitudine. La sua interpretazione è infusa di grande delicatezza e mette in scena tutto il dolore e la fragilità del suo personaggio, chiamato a confrontarsi con una perdita devastante. Se hai amato le lunghe tavolate ricche di cibo de Le fate ignoranti (2001) riprese anche nella serie TV omonima del 2022 e le emozioni che accompagnano, non perderti Saturno contro.

    7. Romanzo di una strage (2012)

    Insieme a Marco Bellocchio, Marco Tullio Giordana è uno dei pochi registi italiani ad aver saputo raccontare la storia del nostro Paese con rigore e sguardo vivo. Lo ha fatto con La meglio gioventù (2003) prima e con Romanzo di una strage poi. Un'indagine rigorosa su una delle pagine più complesse e dolorose d'Italia: la strage di Piazza Fontana. Un film asciutto quanto profondamente umano che, in 129 minuti, guarda a un periodo violento che ha segnato il destino di una generazione contrapponendo le figure dell'anarchico Giuseppe Pinelli (Favino) e dell'allora vice-responsabile della Polizia Politica della Questura di Milano, Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea).

    Due uomini dalle visioni opposte accomunati da un tragico destino. Un cinema civile che con coraggio mette in scena verità scomode omaggiando la memoria di chi, nel tentare di rimanere integro, ha pagato con la vita. Favino dimostra ancora una volta la grande versatilità dei suoi registri dando vita al ritratto di un uomo ingiustamente accusato che risponde con profonda dignità e impotenza. Se sei appassionato di film o serie TV che raccontano eventi storici comeI cento passi (2000), Padrenostro (2020) o M – Il figlio del secolo (2025), il film di Marco Tullio Giordana non ti deluderà.

    6. Call My Agent - Italia (2023)

    Riuscito adattamento della serie francese Dix pour cent (2015), Call My Agent - Italia è un piccolo gioiello di umorismo e tanta (auto)ironia. La serie, nelle sue due stagioni da 6 episodi da un'ora, ci permette di sbirciare dietro le quinte del mondo dello spettacolo visto dagli agenti che, ogni giorno, hanno a che fare con attori, registi e altre personalità famose. Una serie brillante e fresca dove personalità di spicco del cinema italiano, da Stefano Accorsi a Gabriele Muccino, si sono prestate per interpretare una versione caricaturale di se stessi.

    La stessa cosa fatta da Favino in uno degli episodi più riusciti della prima stagione intitolato Pierfrancesco e Anna e che gioca proprio sulla sua capacità di trasformarsi in qualsiasi personaggio è chiamato a interpretare. Un omaggio al mestiere dell'attore per una performance che vi farà ridere di gusto in un concentrato di leggerezza e autoironia. Se hai adoratoThe Studio (2025), anche Call My Agent – Italia saprà come intrattenerti. In attesa della terza stagione prevista per novembre.

    5. Napoli - New York (2024)

    Due piccoli orfani napoletani sognano l'America in un dramma emozionante e intriso di ironia diretto da Gabriele Salvatores. Una fiaba ambientata nel dopoguerra nata da un soggetto scritto da Federico Fellini e Tullio Pinelli che celebra la tenacia e la speranza mentre parla di migrazione. Il risultato è Napoli-New York, un film che in oltre due ore omaggia il cinema italiano del Neorealismo, C'era una volta in America (1984) di Sergio Leone e West Side Story (1961). I due giovani protagonisti, Dea Lanzaro e Antonio Guerra, sono l'asso nella manica di Salvatores e donano al film quell'autenticità che lo ha reso uno dei più grandi successi della sua filmografia.

    Ad impreziosirlo ci pensa la presenza di Favino nei panni del commissario di bordo Domenico Garofalo, un napoletano trapiantato a New York che, con il suo accento mischiato e la bontà d'animo, avrà un ruolo determinante nella vita dei due piccoli scugnizzi protagonisti. Una prova irresistibile, tra emozione e ironia, per un attore che dimostra di poter interpretare qualsiasi ruolo con la stessa convinzione e la cui presenza eleva ogni racconto a cui prende parte.

    4. Romanzo criminale (2005)

    Con già oltre 20 film alle spalle, Pierfrancesco Favino nel 2005 presta voce e corpo al Libanese, uno dei membri della Banda della Magliana raccontati da Michele Placido in Romanzo criminale. Un ruolo importantissimo per un'interpretazione impossibile da dimenticare. L'attore romano porta in scena un uomo spietato quanto fragile con il quale si ritaglia un posto di primo piano nel nostro cinema.

    Oltre 150 minuti di durata nei quali dà vita a un uomo feroce, solo, carismatico. Il film è diventato, invece, un instant cult grazie a un cast azzeccato – Kim Rossi Stuart è il Freddo e Claudio Santamaria il Dandi -, una regia dinamica, la sua atmosfera cupa e il racconto delle gesta criminali della banda intrecciate con la storia italiana fatta di corruzione, segreti e violenza. Oltre alla serie Tv omonima del 2008, se ti piacciono le storie legate alla criminalità come Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), Non essere cattivo (2015) o Anime nere (2014), non puoi perderti questo classico intramontabile.

    3. L’ultima notte di Amore (2023)

    Basterebbe la prima sequenza – una lunga ripresa in notturna - per realizzare quanta ambizione c'è dietro L’ultima notte di Amore di Andrea Di Stefano. Un poliziesco che guarda al cinema internazionale seppur calato in una storia che ha le sue radici ben piantate nel nostro Paese. Un film noir dove la regia gioca su piani differenti e rappresenta uno degli esempi migliori di quello che dovrebbe essere e a cui dovrebbe aspirare il cinema italiano. Un crescendo di adrenalina girato da Di Stefano con mano sicura e interpretato da Favino con la consueta eccellenza.

    Il suo poliziotto, a un passo dal pensionamento dopo 30 anni di servizio in cui non ha mai sparato, si ritrova in una situazione più grande di lui, calato in una spirale di disperazione e criminalità che rischia di mandare all'aria la sua vita. Una vulnerabilità che l'attore riesce a far trasparire sullo schermo dominando la scena per due ore restituendoci un uomo che si ritrova in una situazione più grande di lui facendoci sentire tutto il suo peso emotivo. Da recuperare se ti è piaciuto Reptile (2023).

    2. Hammamet (2020)

    Negli anni Pierfrancesco Favino ci ha abituati a ruoli sempre diversi che hanno richiesto un lavoro importante su voce e postura. Ma mai come in Hammamet di Gianni Amelio. Uno dei punti più alti, finora, della sua carriera in termini di trasformismo. Anche grazie al trucco prostetico, l'attore romano si trasforma in Bettino Craxi raccontato negli ultimi sei mesi della sua vita quando il segretario del partito socialista viveva in esilio in Tunisia.

    Una prova del suo smisurato talento per un ruolo nel quale fa confluire tutte le diverse sfaccettature di un uomo complesso, immerso in una profonda solitudine e che fa i conti con la rabbia e i rimpianti di una vita. Amelio non è interessato a dare risposte, ma vuole restituire la dimensione umana di Craxi e di una vita controversa. Un film intimo che in 126 minuti parla del potere e della sua perdita, delle ripercussioni psicologiche di ritrovarsi solo dopo aver perso tutto. Se hai apprezzato Il Divo (2008) e Loro (2018), non puoi non vedere anche Hammamet.

    1. Il traditore (2019)

    La lucidità dello sguardo di Marco Bellocchio è rimasta intatta fin dal suo esordio. Una gran fortuna per noi spettatori che, da 60 anni, possiamo godere dei suoi film. Con Il traditore sceglie di raccontare la storia del primo grande pentito di mafia del nostro Paese: Tommaso Buscetta. Per interpretarlo chiama Pierfrancesco Favino che offre un'interpretazione monumentale del mafioso e collaboratore di giustizia.

    La sua prova è il cuore di un film in cui è impegnato a indagare le contraddizioni umane di un uomo diviso tra fedeltà e tradimento con una maestria impressionante. Un racconto denso e stratificato che, in oltre due ore e mezza, parla di lealtà, onore e giustizia. Bellocchio alterna momenti di grande drammaticità a sequenze più surreali (da quella dell'elicottero ai sogni del protagonista) e ricostruisce il maxiprocesso di Palermo con grande maestria anche grazie alla presenza di ottimi attori come Luigi Lo Cascio, Fabrizio Ferracane e Fausto Russo Alesi. Da non perdere se hai apprezzato Iddu – L'ultimo padrino (2024).

  • Dalla trilogia di "Fear Street" a "Il gioco di Gerald": i 10 migliori horror da vedere su Netflix

    Dalla trilogia di "Fear Street" a "Il gioco di Gerald": i 10 migliori horror da vedere su Netflix

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Se c'è un genere che sembra non conoscere crisi è quello dell'horror. Negli ultimi anni poi, grazie alla visione di registi come Jordan Peele, Ari Aster e Robert Eggers, c'è stata una vera e propria rivoluzione iniziata con Scappa – Get Out (2017), Hereditary – Le radici del male (2018) e The Witch (2015). 

    Film che hanno permesso al pubblico di andare oltre la dimensione spaventosa e scoprire nuovi autori e opere che sfruttano il genere per parlare di tematiche dal forte impatto sociale come il razzismo, la malattia mentale o le disuguaglianze sociali.

    Con un bacino di spettatori pressoché sconfinato era naturale che anche Netflix puntasse sull'horror e desse spazio a registi e storie che lo declinano in modi sempre diversi, dall'omaggio ai classici di R.L. Stine o alla visione di uno dei cineasti attualmente più rappresentativi del genere come Osgood Perkins.

    JustWatch ha stilato la classifica dei 10 migliori film dell'orrore targati Netflix da vedere sul divano questo Halloween.

    C’è qualcuno in casa tua (2021)

    Un po' Scream (1996), un po' So cosa hai fatto (1997). C’è qualcuno in casa tua rende omaggio agli slasher che hanno fatto la storia del genere, ma con elementi che strizzano l'occhio al presente. Lo fa raccontando la storia dell'adolescente Makani Young che si trasferisce in una placida cittadina del Nebraska per l'ultimo anno di liceo. Peccato che un serial killer mascherato inizi a uccidere i suoi nuovi compagni di scuola, rivelando i loro segreti più oscuri. Così la pellicola di Patrick Brice, adattamento dell'omonimo libro di Stephanie Perkins, tocca tematiche come il cyberbullismo, il razzismo e la sessualità.

    Ma anche quello delle “maschere” che indossiamo quotidianamente e dietro le quali nascondiamo il nostro vero io. Nonostante una certa prevedibilità e personaggi poco approfonditi psicologicamente, il film è una visione di puro intrattenimento che, in 96 minuti, ti terrà compagnia per una serata sul divano, tra un “dolcetto o scherzetto?”. Da recuperare se ti piacciono gli slasher che ti fanno chiedere per tutto il tempo: “Chi è l'assassino?”.

    Sono la bella creatura che vive in questa casa (2016)

    Prima dell'enorme clamore suscitato da Longlegs (2024), Osgood Perkins ha realizzato altri tre lungometraggi horror. Tra questi anche Sono la bella creatura che vive in questa casa. La storia ruota attorno all'infermiera Lily (Ruth Wilson) che si trasferisce nella casa di un'anziana autrice di horror con problemi di demenza senile. Dopo una serie di strani eventi realizza che l'abitazione è infestata e che, anche lei, è un tassello del mistero.

    Un film dal ritmo lento e frammentato, tutto giocato sul terrore psicologico e dove è l'atmosfera asfissiante a dettare il tono del racconto. Non aspettatevi jumpscare, mostri o fantasmi, ma una riflessione di un'ora e mezza sulla morte e la solitudine dal sapore malinconico. Se vi piace il cinema di Perkins, da February – L'innocenza del male (2015) a The Monkey (2025) passando per Gretel e Hansel (2020) e il successo con protagonista Nicolas Cage, non potete perdervi anche questo titolo della sua filmografia.

    Cam (2018)

    Un horror che prende le mosse da una storia semi-autobiografica della sceneggiatrice Isa Mazzei che, prima di dedicarsi alla scrittura, ha lavorato come camgirl. Proprio come la protagonista di Cam, Alice, che sogna di raggiungere la Top 50 delle ragazze più viste sul web per ritrovarsi un giorno con il profilo replicato da una sosia che prende il controllo sulla sua vita.

    Uno di quei film dell'orrore che, in poco più di un'ora e mezza, usa il genere per raccontare le insidie del nostro presente mostrandoci come la nostra identità è appesa a un filo digitale che può spezzarsi in qualsiasi momento. Una prospettiva originale e intelligente sulla scissione tra il nostro io reale e quello che proiettiamo in rete. Inoltre, la regia di Daniel Goldhaber sfrutta in modo intelligente l'estetica legata al web giocando con schermi e videochiamate. Se ti sono piaciuti Unfriended: Dark Web (2018) o Obbligo e verità (2018), non resterai deluso.

    The Perfection (2018)

    Un thriller, un body horror, un revenge movie. The Perfection contiene in sé più anime, tutte che convergono per raccontare la storia di Charlotte, talentuosa violoncellista che deve abbandonare la sua carriera per assistere la madre malata. Dieci anni dopo, però, la donna si ritrova ad affrontare il suo passato quando rientra in contatto con il suo ex mentore e Lizzie, la giovane musicista scelta per rimpiazzarla.

    Un'ora e trenta minuti in cui nulla è come sembra. Merito anche del montaggio che non sceglie la linearità e porta lo spettatore a scontrarsi con punti di vista o svolte che non aveva preso in considerazione. Un horror che parla di traumi e manipolazione attraverso la lente del sottogenere e una regia che alterna l'eleganza legata all'ambiente musicale all'eccesso delle sequenze più fisiche. Da recuperare se hai apprezzato Notturno (2020) eIl cigno nero (2010).

    His House (2020)

    L'esordio alla regia di Remi Weekes è uno di quegli horror che stupiscono per la capacità di veicolare il genere per inserire all'interno del film riflessioni di carattere universale o legate alla stretta attualità. His House si concentra su una coppia di rifugiati del Sudan, Bol e Rial, che devono provare ad adattarsi alla vita in una casa popolare in Inghilterra dopo un viaggio traumatico in cui hanno perso la figlioletta. Ma l'abitazione è infestata da uno stregone che sembrerebbe averli seguiti dall'Africa attraverso il mare.

    Oltre alla presenza soprannaturale, la pellicola pone al centro dell'orrore il senso di colpa, il lutto e il trauma vissuto dalla coppia che in quella casa è, in realtà, prigioniera di se stessa e del suo passato. Un dramma sociale sull'esperienza dei rifugiati a cui Weekes aggiunge elementi horror e soprannaturali in modo convincente e fluido. Da vedere se hai amato Amityville Horror (1979) e Dark Water (2002).

    La babysitter (2017)

    Se l'horror e le commedie sono i tuoi generi preferiti, con La babysitter hai trovato il film che fa al caso tuo. La storia è quella di Cole, 12 anni, innamorato della sua babysitter Bee. Quando una sera decide di spiarla, il ragazzino scopre che la ragazza e il suo gruppo di amici sono dei satanisti impegnati in un rito sacrificale. Un film fresco votato all'intrattenimento e perfetto da vedere con un gruppo di amici la notte di Halloween.

    Per 85 minuti ti ritroverai catapultato in una storia che non ha nessuna voglia di prendersi sul serio, puntando tutto su un tono leggero e sull'autoironia per regalare una visione di puro svago arricchita da parecchio sangue. Tante le citazioni agli slasher e al cinema degli anni '80, da La casa (1981) alla saga di Halloween, ma con un approccio più scanzonato alla Scary Movie (2000). E se vuoi raddoppiare l'esperienza di puro svago puoi recuperare anche il sequel La Babysitter - Killer Queen (2020).

    A Classic Horror Story (2021)

    Se nel 2021 il New York Times ti inserisce tra i migliori horror da guardare in streaming, puoi star certo di aver fatto un ottimo lavoro. Stiamo parlando di A Classic Horror Story di Roberto De Feo e Paolo Strippoli che, alla sua uscita, ha fatto parlare dell'inizio di una nuova stagione per il cinema dell'orrore in Italia. Al centro del film cinque sconosciuti che condividono un camper per raggiungere un paesino calabrese. Ma un incidente li costringe a fermarsi in un bosco dove scoprono una capanna dove decidono di passare la notte, senza sapere che sarà l'inizio di un incubo.

    Un'opera originale che gioca con i cliché del genere per poi riassemblarli in modo inedito. Inoltre, l'intera pellicola è un grande esempio di meta-narrazione cinematografica che svela il suo vero volto in un finale sorprendente. Ricco di omaggi al folk horror, agli slasher e agli snuff movies, il film è anche una critica alla nostra ipocrisia. Ossessionati dalla cronaca nera giudichiamo, però, negativamente il cinema dell'orrore per la sua violenza. Imperdibile se ti sono piaciuti The Blair Witch Project (1999), Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019) o La casa del Diavolo (2005).

    1922 (2017)

    Nella sconfinata produzione cinematografica ispirata ai romanzi e ai racconti di Stephen King si inserisce anche 1922, trasposizione dell'omonima opera racchiusa nell'antologia Notte buia, niente stelle del 2010. La storia è quella di Wilfred James, un contadino del Nebraska di inizio anni '20, che convince il figlio adolescente ad aiutarlo a uccidere la moglie per impedire che venda la loro terra. Ma, una volta commesso il crimine, per l'uomo ha inizio una serie di eventi catastrofici.

    Un horror rurale di un'ora e quaranta dal ritmo lento dove il senso di colpa che affligge il protagonista, rappresentato visivamente da dei ratti, è un mostro persecutorio che fagocita la sua esistenza e quella di chi gli sta accanto. Se ti aspetti jumpscare o colpi di scena resterai deluso, ma se vuoi vedere un horror psicologico e d'atmosfera, 1922 è il titolo giusto per te. Specie se hai apprezzato film come It Comes at Night (2017).

    Il gioco di Gerald (2017)

    Uno degli adattamenti più riusciti delle opere di Stephen King. Alla regia Mike Flanagan che ha fatto del cinema dell'orrore la sua cifra stilistica, tra The Haunting of Hill House (2018) e Doctor Sleep (2019), e che recentemente ha trasposto un altro titolo di King sul grande schermo, The Life of Chuck (2025). Ne Il gioco di Gerald racconta la storia di Jessie (Carla Gugino) e di suo marito (Bruce Greenwood) che muore nel corso di un gioco erotico lasciando la moglie ammanettata al letto. Nelle ore trascorse intrappolata, la donna è vittima di allucinazioni e ricordi traumatici.

    Un horror psicologico attraversato da una vena di thriller con cui parlare di traumi irrisolti. Non si tratta solo di una storia di sopravvivenza, ma del confronto con un passato lasciato in sospeso che torna a chiedere il conto. Sebbene la quasi totalità dei 103 minuti del film sia delimitata tra le mura della camera da letto, la regia sa come mantenere alta la tensione senza smorzare il ritmo del racconto. Merito anche dell'ottima prova di Carla Gugino che, da sola, traina la pellicola. Se sei un lettore appassionato di King e ami gli adattamenti dei suoi romanzi comeMisery non deve morire (1990), non puoi perderti il film di Mike Flanagan.

    Fear Street (Trilogia 2021)

    Fear Street Parte 1: 1994, Fear Street Parte 2: 1978, Fear Street Parte 3: 1666. Con questi tre titoli, a cui aggiungere anche Fear Street: Prom Queen (2025), Netflix ha realizzato un doppio e riuscito omaggio. Da un lato ha portato sullo schermo l'omonima serie di libri di R.L. Stine, dall'altro ha celebrato i teen slasher che hanno fatto scuola negli anni '90. Nel farlo ha dato vita a un tripudio di intrattenimento pop che guarda alle saghe di Scream, Venerdì 13 (1980) e al folk horror.

    Ogni film come suggeriscono i titoli è ambientato in un anno diverso, ma a fare da sfondo alle storie c'è sempre la cittadina di Shadyside colpita da eventi terrificanti nel corso di generazioni diverse. Della durata media di un'ora e quaranta, la trilogia saprà intrattenerti, spaventarti e divertirti contemporaneamente. Il tutto mentre ti ritroverai a rintracciare diverse citazioni cinematografiche legate alle saghe horror più celebri.

  • 10 anime horror da guardare in binge per Halloween (solo se hai il coraggio!)

    10 anime horror da guardare in binge per Halloween (solo se hai il coraggio!)

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Halloween è il momento perfetto per immergersi nel brivido, ma se i soliti film horror non bastano più, il mondo degli anime offre esperienze ancora più disturbanti. Dimentica zucche e mostri simpatici: qui si parla di incubi psicologici, carne lacerata, follia collettiva e fantasmi del folklore giapponese che non ti lasceranno dormire.

    Gli anime horror hanno una marcia in più — possono essere estremamente visivi, ma anche profondamente mentali, unendo bellezza e terrore in un equilibrio unico.

    Se ami le atmosfere alla Hereditary (2018) o The Ring (2002), o se vuoi semplicemente farti travolgere da qualcosa di diverso, questa è la tua guida definitiva ai 10 migliori anime horror da guardare in binge per Halloween. Preparati: alcuni di questi non ti lasceranno più.

    1. Perfect Blue (1997)

    Il capolavoro di Satoshi Kon è un incubo lucido sull’identità, la fama e la perdita del controllo. Mima, ex idol pop, tenta di reinventarsi come attrice, ma il confine tra realtà e allucinazione si sgretola rapidamente, trascinandola in una spirale paranoica. Perfect Blue è disturbante non per il sangue, ma per la mente: ti lascia con la sensazione di essere osservato, manipolato, inseguito da te stesso. Se ti è piaciuto Black Swan (2010), sappi che Aronofsky si è ispirato direttamente a questo film. Con la sua regia frammentata e un crescendo di tensione psicologica, è l’horror perfetto per chi teme ciò che si nasconde dentro, più che fuori.

    2. Hellsing Ultimate (2006–2012)

    Se ami vampiri, sangue e un’estetica gotica d’altri tempi, Hellsing Ultimate è la scelta obbligata. Segue Alucard, il vampiro più potente mai esistito, al servizio della misteriosa organizzazione Hellsing impegnata a eliminare mostri e nazisti non morti. Lo stile visivo è brutale e barocco, con battaglie che esplodono in piogge di proiettili e sangue. A differenza del classico Dracula, qui il male non è solo fuori, ma dentro il concetto stesso di umanità. Un mix di azione e orrore gotico che piacerà anche ai fan di Castlevania (2017–2021) per l’epicità e l’eleganza sanguinaria.

    3. Another (2012)

    Un’aula scolastica, una maledizione e una catena di morti tanto assurde quanto inevitabili: Another è l’horror perfetto per chi vuole avvicinarsi al genere senza rinunciare alla tensione. Ambientato in una cittadina di provincia, segue Koichi, un nuovo studente che scopre un mistero legato a una compagna “invisibile” che nessuno sembra vedere. Ogni episodio è un crescendo di ansia e shock, con incidenti sempre più macabri in perfetto stile Final Destination (2000). Il design sonoro amplifica ogni attimo di silenzio, mentre la regia gioca con prospettive e presagi. È l’anime ideale per chi ama gli horror scolastici come Corpse Party (2013) o Higurashi (2006-2021), ma cerca una storia autoconclusiva e inquietante, dove nulla è lasciato al caso — neppure la morte.

    4. Paranoia Agent (2004)

    Solo Satoshi Kon poteva rendere l’ansia metropolitana qualcosa di così spaventoso. Paranoia Agent racconta la storia di un misterioso ragazzino con un bastone da baseball dorato che aggredisce sconosciuti a Tokyo. Ma l’orrore non è nel colpevole, bensì nelle menti delle vittime — e nel modo in cui la paura collettiva si propaga come un virus. Ogni episodio è una storia a sé, ma insieme formano un mosaico psicologico straordinario. Se Perfect Blue esplorava la follia individuale, Paranoia Agent è la sua versione sociale: un horror urbano e mentale, simile per atmosfera a Twin Peaks (1990 - 2017) o Black Mirror (2011 - 2025).

    5. Elfen Lied (2004)

    Un cult assoluto dell’horror anime, Elfen Lied è una ferita aperta che alterna dolcezza e brutalità senza tregua. Lucy, una “diclonius” dotata di braccia telecinetiche invisibili, evade da un laboratorio governativo e lascia dietro di sé una scia di morte e sangue. Ma dietro la violenza grafica e le decapitazioni shock, si nasconde una storia straziante di isolamento, abuso e desiderio di affetto. Ogni episodio bilancia orrore corporeo e dolore emotivo, mettendo in discussione cosa significhi davvero essere umani. Il contrasto tra la colonna sonora sacra, l’estetica delicata e le esplosioni di violenza è volutamente destabilizzante. È un anime che non si dimentica, nonostante (o forse proprio per) quanto fa male. Perfetto per chi ama l’horror psicologico e viscerale di Berserk (1997) o Tokyo Ghoul (2014 - 2018).

    6. Shiki (2010)

    In un tranquillo villaggio di campagna, l’arrivo di una misteriosa famiglia coincide con una serie di morti inspiegabili. Lentamente, gli abitanti scoprono che qualcosa di oscuro si nasconde tra loro. Shiki è un horror gotico e ipnotico che parla di vampirismo, superstizione e paura collettiva, mescolando la tragedia umana al soprannaturale. La serie procede con lentezza chirurgica, costruendo un senso di inquietudine che cresce episodio dopo episodio fino a esplodere in un finale devastante. Ogni personaggio, vittima o carnefice, è dipinto con una complessità dolorosa che rende impossibile distinguere il bene dal male. Con la sua atmosfera rurale e claustrofobica, ricorda Salem’s Lot (1979) e Midsommar (2019), ma con un tocco più gotico e riflessivo. Se ami l’horror psicologico e sociologico, questa serie ti catturerà con la sua eleganza macabra.

    7. Devilman Crybaby (2018)

    Estetica psichedelica, erotismo e distruzione: Devilman Crybaby è un pugno nello stomaco. Diretto da Masaaki Yuasa, reinterpreta il manga di Go Nagai in chiave moderna e visivamente esplosiva. Akira, un ragazzo fragile, diventa un ibrido uomo-demone per combattere il male, ma finisce travolto da un’apocalisse di sangue e disperazione. È un’opera che parla di amore, odio, desiderio e perdita di umanità. Non è solo horror: è tragedia pura. Se ti sono piaciuti Neon Genesis Evangelion (1995), preparati a un’esperienza devastante e poetica allo stesso tempo. Durata totale: circa 4 ore, ma resta impressa per sempre.

    8. Higurashi no Naku Koro ni (When They Cry) (2006–2021)

    Non lasciarti ingannare dall’estetica carina: Higurashi è un incubo a ciclo continuo. In un villaggio sperduto, un gruppo di amici vive giornate serene… finché non iniziano omicidi, tradimenti e torture. Poi tutto si resetta, e si ricomincia da capo, peggio di prima. Il contrasto tra dolcezza e crudeltà è destabilizzante, e il mistero si svela solo lentamente. È un anime che parla di trauma, paranoia e colpa collettiva. Se ami gli horror psicologici come Silent Hill (2006) o The Wailing (2016), questo ti catturerà con la sua struttura circolare e la sua follia crescente.

    9. Theater of Darkness (2013–in corso)

    Poche serie riescono a evocare l’orrore con tanta semplicità. Theater of Darkness racconta brevi storie ispirate al folklore giapponese, con episodi di soli cinque minuti ciascuno. Il suo stile minimalista, che richiama il teatro di carta tradizionale, rende tutto ancora più sinistro: la staticità dei personaggi, i suoni secchi, le ombre che sembrano respirare. Ogni episodio è un piccolo spavento che resta addosso, e la varietà di temi — case infestate, maledizioni, spiriti, oggetti posseduti — lo rende perfetto per un binge veloce ma efficace. Non servono litri di sangue per fare paura: basta una voce che sussurra nel buio. Se ami I Racconti della Cripta (1989) o Piccoli Brividi (1995 - 1998), qui troverai la loro versione più disturbante e profondamente giapponese.

    10. Junji Ito Maniac: Japanese Tales of the Macabre (2023)

    Chiudiamo con il re indiscusso dell’horror giapponese: Junji Ito. Se ami l’orrore disturbante e viscerale, Junji Ito Maniac è un must assoluto. Ogni episodio adatta una delle storie più iconiche del maestro Junji Ito, autore di Uzumaki e Tomie. Non si tratta di semplice paura, ma di un senso di inquietudine profonda che si insinua nella mente: volti deformi, amori ossessivi, e incubi che si materializzano con spietata precisione. L’animazione, volutamente rigida e asettica, amplifica il disagio e cattura perfettamente la crudeltà poetica del suo autore. È un’antologia che mescola il surrealismo di David Lynch e la paranoia di Lovecraft, ma con un’identità tutta giapponese. Dopo questo, vi consigliamo assolutamente di guardare Pet (2020): pochi lo conoscono, ma è un anime che tocca le stesse corde di Junji Ito: potere mentale, traumi, manipolazione della mente e immagini oniriche. Esteticamente disturbante, con una narrazione disorientante e visioni quasi corporee della psiche.

  • Da "Povere Creature!" a "Crudelia": i migliori film e serie TV con Emma Stone

    Da "Povere Creature!" a "Crudelia": i migliori film e serie TV con Emma Stone

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A due anni da Povere Creature! (2023), Emma Stone, ha di nuovo incantato la Mostra del Cinema , regalandoci una delle migliori conferenze stampa di Venezia 82. “Credo negli alieni, e anch'io potrei esserlo”, ha detto l'attrice in relazione alla sua prova in Bugonia, ancora diretta da Yorgos Lanthimos. 

    Se il red carpet del Lido è per lei un vero e proprio porta fortuna fin dai tempi di La La Land (2016), l'attrice, prima di vincere due Oscar, ha affrontato ruoli e diversi generi. Presto la vedremo in Eddington di Ari Aster, ma l'esordio sul grande schermo arriva nel 2007 con Suxbad – Tre metri sopra il pelo, recitando insieme agli “amici” Jonah Hill, Michael Cera e Seth Rogen.

    Saranno poi due i ruoli della “svolta”: prima Benvenuti a Zombieland (2009) di Ruben Fleischer, e poi Easy Girl (2010) di Will Gluck, per il quale riceve una candidatura ai Golden Globe. Un punto di inizio, che le permetterà di diventare una delle attrici più richieste e influenti di Hollywood. Viene diretta da Woody Allen in Magic in the Moonlight (2014), Alejandro González Iñárritu l'affianca a Michael Keaton nel capolavoro Birdman (2014) e, nel 2016, vince il primo Oscar e il primo Golden Globe per il cult di Damien Chazelle, La La Land. Bissando poi nel 2024, grazie alla sua apprezzata prova in Povere Creature!.

    JustWatch ha stilato una classifica dei migliori film e serie TV con Emma Stone da non perdere.

    8. Maniac (2018)

    Cary Fukunaga, rivedendo l'omonima serie norvegese del 2014, porta su Netflix Emma Stone, alla prima prova da protagonista in una miniserie televisiva. Nello show, diviso in dieci puntate dalla durata di quaranta minuti, l'attrice fa coppia con Jonah Hill. I due sono Anne e Owen, non si conoscono e si incontrano casualmente durante un test farmaceutico.

    La Stone si cimenta con il linguaggio seriale, costruendo una figura complicata. Annie soffre di un disturbo di personalità, non riesce a relazionarsi con gli altri e, alle spalle, ha un rapporto difficile con la famiglia. La bravura dell'attrice viene quindi dimostrata in una performance sopra le righe, tuttavia resa credibile da una latente vulnerabilità, riconoscibile e credibile. Se non resisti agli echi distopici in stile Black Mirror (2011-2025) o Utopia (2013), Maniac è la serie da rivedere.

    7. Crazy, Stupid, Love. (2011)

    Ecco come si scrive una commedia romantica, ed ecco come si dirige un cast corale. Prima di Gangster Squad (2013) e La La Land, Emma Stone trova Ryan Gosling in una delle miglior rom-com degli anni 2010. Crazy, Stupid, Love., diretto da Glenn Ficarra e John Requa, in due ore racconta di Carl, interpretato da Steve Carell, marito cinquantenne disperato dopo essere stato lasciato dalla moglie, nonché incapace di gestire il rapporto con i figli. Emma Stone, nel film, interpreta proprio la figlia dell'uomo che, per una serie di coincidenze, finirà per innamorarsi di Jacob, il playboy con il volto di Ryan Gosling che aiuta il padre a riacquistare fiducia in sé.

    Emma Stone si confronta per la prima volta con un cast all-star, senza tuttavia sfigurare ma, anzi, prendendosi spesso e volentieri la scena. Ironica e auto-ironica, un'interpretazione tanto semplice quanto credibile, enfatizzata dall'alchimia con Gosling. L'attrice, supportata dalla brillante sceneggiatura del film, mostra il suo talento risultando perfetta anche nei momenti più leggeri. Se ti piacciono le commedie romantiche dove l'imprevisto è dietro l'angolo come Harry, ti presento Sally… (1989) e Tutti tranne te (2024) non puoi perderti il film di Glenn Ficarra e John Requa.

    6. The Help (2011)

    Grande successo quello diretto da Tata Taylor, adattamento dell'omonimo romanzo di Kathryn Stockett. Quattro candidature all'Oscar e un incasso di 221 milioni di dollari. Siamo nel Mississippi degli anni '60, quando l'aspirante scrittrice Eugenia “Skeeter” Phelan, con il volto della Stone, inizia un viaggio per intervistare, di nascosto, le domestiche nere e raccontare le loro difficili esperienze al servizio di famiglie bianche, sfidando le leggi della segregazione. Anche qui, un ottimo cast corale: Viola Davis, Octavia Spencer (che ha vinto l'Oscar), Bryce Dallas Howard, Jessica Chastain.

    Tuttavia, è proprio Emma Stone la protagonista del film: una prova, la sua, sul filo del dramma, dell'ambizione e dell'empatia, sfumando al meglio le caratteristiche di una giovane donna nell'America divisa tra segregazione razionale e libertà civile. In 146 minuti, Emma Stone riesce a far evolvere la giovane Skeeter, entrando nel cuore degli spettatori. Se apprezzi certe ambientazioni e tematiche, già affrontate in Green Book (2018) o in Selma – La strada per la libertà (2014), devi recuperare The Help.

    5. Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) (2014)

    Emma Stone si confronta con la visione cinematografica di un autore come Alejandro González Iñárritu. Birdman, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, ha vinto ben quattro Oscar, tra cui miglior film e miglior regia ed è diventato all'istante uno dei grandi classici newyorkesi. Il regista messicano porta in scena la storia di Riggan Thomson, attore decaduto ma famoso per aver interpretato un supereroe. Stanco, cerca di recuperare la sua rilevanza artistica e familiare mettendo in scena uno spettacolo a Broadway.

    Tra jazz e piani sequenza, tra le luci di New York e la depressione, la Stone interpreta la figlia di Riggan: una presenza folgorante, con l'attrice che si affida totalmente al regista, sfoderando una potenza fuori dal comune. Basti pensare all'intenso monologo in cui si confronta con il padre. Da vedere se storie intense come Il cigno nero (2010) o Il ladro di orchidee (2002) ti hanno affascinato.

    4. Crudelia (2020)

    Craig Gillespie eleva il concetto di live action Disney dirigendo un film da non perdere, costruito sulla prova eccezionale di Emma Stone. L'attrice diventa Estella Miller, aspirante stilista nella stilosa e colorata Inghilterra degli anni Sessanta. Tuttavia, sfidando la spietata Baronessa von Hellman – interpretata da Emma Thompson –, tirerà fuori il suo lato punk e imprevedibile divenendo, nel corso dei 134 minuti, Cruella de Vil.

    Eccessiva, sfrontata e meravigliosamente adatta ad un ruolo estremo, Emma Stone ricalca al meglio la villain de La carica dei 101 (1961), riscrivendola secondo una personale visione. Se quello di Gillespie è il miglior adattamento live action da un Classico Disney, la performance della Stone è equiparabile a quella di Joaquin Phoenix in Joker (2019). Una delle sue migliori prove sul grande schermo. Se hai amato La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera (1996) con Glen Close, Crudelia è il titolo perfetto da recuperare.

    3. La La Land (2016)

    Un film capace di diventare immediatamente un classico. L'amore, la musica, l'incomunicabilità e le scelte da compiere secondo lo sguardo sorprendente di Damien Chazelle. Sullo sfondo, Los Angeles. In 128 minuti, la “città degli angeli” è il palco per la relazione da sogno tra il jazzista squattrinato di Ryan Gosling e l'aspirante attrice di Emma Stone. Letteralmente, per l'attrice quello di Mia è stato il ruolo della svolta: canta, balla, recita. Oscar e Golden Globe in bacheca, e il plauso assoluto di pubblico e critica.

    Emma Stone dà vita a un personaggio femminile molto più complesso di come appare, dimostrando duttilità e intelligenza, sia nelle performance musicali sia nelle scene più intime. Se non puoi resistere alle grandi storie d'amore cinematografiche come Moulin Rouge! (2001) o Notting Hill (1999), allora non puoi non vedere La La Land.

    2. La favorita (2018)

    Alla prima con Yorgos Lanthimos, Emma Stone non sbaglia una scena. Trucco, parrucco e la cipria delle corti britanniche del '700. Siamo nell'Inghilterra del XVIII secolo, quando due cugine si contendono ferocemente il titolo di Favorita della capricciosa ma fragile regina Anna, per assicurarsi così potere e influenza a corte. Ne La favorita, affiancata da Olivia Colman, Rachel Weisz e Nicholas Hoult, Emma Stone interpreta Abigail Masham, ricevendo una candidatura all'Oscar e ai Golden Globe.

    Sguardo affilato e penetrante, la Stone in due ore piene sfrutta al meglio la sua bravura per costruire un personaggio respingente e astuto, in bilico tra la determinazione e la spietatezza. Un bilanciamento perfetto e una sfida memorabile con Rachel Weisz, frutto del rapporto tra la Stone e il regista, che la dirigerà poi in altri tre film. Se sei fan dei drammi in costume come Marie Antoinette (2006) o Lady Macbeth (2016), La favorita è il film che fa per te.

    1. Povere creature! (2023)

    Non era facile, eppure Emma Stone è riuscita a dar vita ad uno dei personaggi più difficili di tutta la sua intera filmografia. Bella Baxter, protagonista di Povere creature!, è tra i migliori personaggi visti di recente sul grande schermo. Con un Oscar e un Golden Globe in tasca, Stone diventa una specie di Ulisse, a metà tra il Pinocchio e il “mostro” creato dal dottor Frankenstein. 

    La giovane Bella Baxter, salvata da uno scienziato visionario e assurdo (Willem Dafoe), affronta un viaggio di auto-scoperta, sfidando le convinzioni sociali e patriarcali. In due ore e venti, cogliendo il senso visionario del regista greco, l'attrice è capace di cambiare più volte registro, senza paura di affrontare scene di nudo, complicate e, allo stesso tempo, divertenti. Se sei affascinato da viaggi visionari e catartici come Pinocchio (2022) o Frankenstein (2025), entrambi diretti da Guillermo del Toro, Povere Creature! ti conquisterà.

  • “Il Mostro” e altre 9 migliori serie true crime italiane tratte da storie vere

    “Il Mostro” e altre 9 migliori serie true crime italiane tratte da storie vere

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Su Netflix è arrivato Il Mostro (2025), la nuova serie di Stefano Sollima presentata in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Non un crime qualunque, ma quattro episodi che raccontano la storia del Mostro di Firenze attraverso la paura e la morbosità per il male che il caso scatenò nell’opinione pubblica italiana.

    Sollima, che già con Romanzo criminale (2008) e Suburra (2017) aveva ridefinito il noir italiano, qui porta all’estremo il suo stile, tra atmosfere sospese, prospettive ribaltate, la provincia che inquieta e dialoghi “veri”, presi dai processi. Il risultato è cupo, disturbante e ipnotico: non un semplice giallo, ma uno specchio dell’Italia di quegli anni, dei suoi mutamenti sociali e delle sue psicosi.

    Oltre a questa attesa serie per Netflix, ecco le migliori serie true crime italiane basate su storie vere, qui riportate in ordine cronologico.

    1. SanPa – Luci e ombre di San Patrignano (2020)

    Quando uscì, a fine 2020, SanPa fu uno shock. Cinque episodi, tra testimonianze e immagini d’archivio, che raccontavano la comunità di San Patrignano e il suo fondatore Vincenzo Muccioli. Una storia che intreccia la piaga dell’eroina in Italia con la figura ambigua di un uomo capace di salvare e distruggere al tempo stesso. Non un vero è proprio true-crime, perchè l’oscurità rimane sempre sullo sfondo, velata, ed è proprio questa ambivalenza il punto di forza della serie che punta il dito senza mai accusare, limitandosi a spostare la tenda. Un documentario crudo, non per tutti, ma che vi conquisterà se cercate un ritratto senza filtri dell’Italia tra gli anni ‘70 e ‘90. 

    2. Veleno (2021)

    Un esordio che diede il via al fortunatissimo genere del podcast true-crime italiano, il caso dei “Diavoli della Bassa modenese” è stato poi trasformato in una serie di cinque episodi. Uno dei processi più controversi e morbosi degli anni ’90 che ancora oggi mette i brividi, un sistema di ricordi distorti e decisioni giudiziarie che hanno separato decine di bambini dalle famiglie. Veleno funziona soprattutto quando dà voce diretta a genitori, assistenti sociali ed ex-minori, riprendendo il marchio di fabbrica del podcast firmato da Pablo Trincia. Se avete amato la versione audio non potete perdervi questa serie, consigliata soprattutto a chi cerca un true crime investigativo, più interessato alle conseguenze reali che al colpo di scena. Tra i titoli italiani resta uno dei più coraggiosi.

    3. Marta – Il delitto della Sapienza (2021)

    Una tra le storie di cronaca più dolorose e insensate, l’omicidio di Marta Russo, studentessa colpita da un proiettile nel 1997 all’università La Sapienza di Roma. Il punto di forza di questo titolo in due episodi è la scelta di restituire la voce della vittima attraverso i suoi diari, letti da Silvia D’Amico. Un modo delicato per trasformare la cronaca giudiziaria in memoria, senza snaturare nell’ossessione per il dolore che invece accomuna molti altri titoli true-crime. Accanto a interviste e video dell’epoca, questo tocco intimo rende il racconto più umano e riflessivo. Non entra nei dettagli processuali quanto Il caso Yara o Veleno, ma colpisce per la sobrietà. Perfetto per chi cerca un racconto di cronaca che mette al centro l’umanità e la vita della vittima.

    4. Alfredino – Una storia italiana (2021)

    La tragedia di Vermicino del 1981, seguita in diretta TV da milioni di italiani, ricostruita in quattro episodi intensi. Alfredino non è un classico true crime, ma si concentra sul racconto di come un dramma privato diventò parte della coscienza collettiva di un intero paese. Una serie toccante, che riesce a rappresentare la disperazione e l’impotenza della famiglia e dei soccorsi, senza tuttavia mai snaturare i fatti, senza mai esasperare i toni. Per il tema trattato questo titolo potrebbe non essere adatto a tutti, rimane consigliata a chi vuole ripercorrere uno dei fatti più commoventi e toccanti della storia italiana, dato che la serie tratta anche di come dalla tragedia del piccolo Alfredo venne creata la Protezione Civile.

    5. Vatican Girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi (2022)

    Quattro episodi Netflix che raccontano un mistero che da quarant’anni ossessiona l’Italia, la scomparsa di Emanuela Orlandi nel 1983. Una docu-serie che ripercorre la vicenda, tra filmati dell’epoca, archivi, interviste inedite e testimonianze dei familiari della ragazza. Con toni che ricordano The Keepers (2017) questa serie si avvicina più all’inchiesta giornalistica ma senza dare risposte definitive, concentrandosi più sui depistaggi, sui silenzi, sulla frustrazione della famiglia Orlandi. Vatican Girl è perfetta per chi ama i true crime carichi di complotti e piste irrisolte, consigliata anche a chi vuole ripercorrere gli intrighi e i lati oscuri della storia politica dell’Italia.

    6. Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps (2023)

    Un altro caso di rapimento, ma questa volta risolto con la più “banale” delle soluzioni. Anche Dove nessuno guarda è una denuncia ai depistaggi e alle omissioni che circondarono il caso, anche in questo caso al centro c’è il dolore di una famiglia. Qui tuttavia su punta il dito, si sottolinea come la soluzione a questo crimine fosse sotto gli occhi di tutti. Il tono è rispettoso, la serie è stata realizzata con il contributo della famiglia Claps, tuttavia l’atmosfera di questa serie è soffocante, anche se non raggiunge mai la profondità del podcast da cui è tratta. Consigliata a chi cerca atmosfere più oscure e disturbanti, un ritratto dettagliato di un femminicidio e delle tante forme che può assumere il male. 

    7. Il caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio (2024)

    Cinque episodi che ripercorrono il caso di Yara Gambirasio con un approccio quasi forense, tra intercettazioni, atti processuali, nuove interviste. Il racconto analitico, anche se talvolta eccede nel sensazionalismo cercando di spiazzare lo spettatore, rimettendo il caso in discussione. Al centro de Il caso Yara, infatti, rimane l’approccio quasi forense di questa serie, che cerca di scavare tra fatti e prove, riaprendo la porta ai dubbi che circondarono il caso, talvolta risultando freddo, e non è un caso che questa serie abbia fatto molto discutere. Un titolo perfetto per chi ama i true crime “procedurali”, dove il dramma è messo in secondo piano per concentrarsi sul metodo investigativo. Un lavoro lucido che invita a interrogarsi su come si costruisce  (o si smonta) una verità giudiziaria.

    8. Avetrana – Qui non è Hollywood (2024)

    Nonostante l’impronta cinematografica, Avetrana – Qui non è Hollywood riesce a evitare facili sensazionalismi, portando in scena il volto “umano” di uno dei casi di cronaca più controversi tra quelli inclusi in questa lista. Le gelosie, le dinamiche tossiche tra membri della stessa famiglia, l’ossessione per la fama, il male raccontato nelle sue sfumature apparentemente più banali. E ancora, un piccolo paese del Sud Italia trasformato per anni in un palcoscenico ai limiti della morbosità. Questa serie porta lo spettatore dentro le atmosfere soffocanti di cui racconta, ed è probabilmente uno dei lavori tue-crime realizzati in italia. Consigliato a chi cerca una serie profonda, a tratti disturbante, in cui ogni personaggio è scavato in profondità, ben oltre il ritratto e le caricature grottesche che ne fecero i giornali.

    9. The Twisted Tale of Amanda Knox (2025)

    Anche questa è un titolo tra i più discussi di questa lista, soprattutto per il caos mediatico che scaturì dal caso Kercher. Ed è proprio su questo che si accentra The Twisted Tale of Amanda Knox, sui titoli di giornale e i pregiudizi culturali, sulle pressioni giudiziarie, il tutto raccontato attraverso gli occhi dell’imputata principale, che di questa serie è protagonista. Colpisce per il modo in cui mostra la tossicità della narrazione pubblica, anche se talvolta può risultare eccessivamente “di parte”. Il tono è più romanzato delle altre serie presenti in questa lista, ma offre tuttavia un punto di vista interessante perché sposta il focus dal “chi” al “come” si racconta.

  • Da “American Horror Story” a “Monster”: la classifica di tutte le serie TV horror di Ryan Murphy, dalla meno alla più spaventosa

    Da “American Horror Story” a “Monster”: la classifica di tutte le serie TV horror di Ryan Murphy, dalla meno alla più spaventosa

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A guardare la filmografia di Ryan Murphy appare chiaro come il regista, sceneggiatore e produttore statunitense abbia una predilezione per il genere horror.

    Tutto è iniziato nel 2011, anno di debutto dell'antologica American Horror Story ed è arrivato fino al successo di Monster (2022) in cui ripercorre le storie di alcuni dei più celebri serial killer della storia.

    Ma quello che ha fatto non è stato solo portare sullo schermo eventi inventati o ispirati a fatti realmente accaduti. Il suo successo è da rintracciarsi nella capacità di dare vita a un vero e proprio sottogenere. Quello che potremmo definire “l'horror murphyano”. Chiunque guardando un episodio di Ratched (2020) o di Grotesquerie (2024), infatti, può riconoscere immediatamente il suo tocco unico. Una commistione di camp, kitsch, pop e horror in cui Ryan Murphy porta in scena il male provando a raccontarne le sue radici. JustWatch ha stilato una classifica di tutte le sue serie TV horror, dalla più alla meno spaventosa.

    7. Scream Queens (2015)

    Con Scream Queens Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan si prendono gioco dell'horror realizzando una black comedy intrisa di citazioni ai titoli che hanno fatto la storia del 

    genere slasher. Due stagioni da 23 episodi della durata di circa 45 minuti in cui assistere a un tripudio di camp e pop. Autoironica, coloratissima, leggera e con personaggi fortemente stereotipati, la serie vede al centro una serie di omicidi che hanno come vittime tutti coloro che ruotano attorno alla confraternita femminile governata da una cinica e superficiale Chanel Oberlin (Emma Roberts).

    Un personaggio che, insieme alle sue fedelissime, ricorda le protagoniste di Mean Girls (2004). Un cast all star – da Jamie Lee Curtis a Lea Michele -, una regia energica, outfit strabilianti e un tono comico fanno della serie un titolo di grande intrattenimento e poco spavento. Anche se la curiosità di scoprire chi si celi dietro il killer mascherato da Red Devil è sempre presente. Da recuperare se hai amato Scream (2015), serie TV ispirata al classico del 1996 e The Final Girls (2015).

    6. The Watcher (2022)

    Basata su una storia vera racchiusa in un articolo pubblicato nel 2018 su The Cut, The Watcher segue una coppia sposata interpretata da Bobby Cannavale e Naomi Watts che, dopo essersi trasferita nella casa dei loro sogni, si ritrova a dover fronteggiare uno stalker che li molesta inviando loro lettere inquietanti.

    Avvolta in un'atmosfera di costante paranoia, la serie non punta sull'orrore causato da mostri o violenza, ma dalla sensazione terrificante di essere costantemente spiati in un luogo, la propria casa, in cui si dovrebbe essere al sicuro. Sette episodi che nell'arco di 50 minuti circa amplificano il senso di angoscia e sfiducia provato dai protagonisti anche grazie a una regia che gioca con lenti e inquadrature chiamate ad evidenziare il loro stato d'animo. Un racconto sul peso delle aspettative e sulla nostra ossessione voyeuristica da recuperare se hai apprezzato Disclaimer – la vita perfetta (2024).

    5. Ratched (2020)

    Prequel e spin-off di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975),  Ratched vede Sarah Paulson vestire i panni della celebre infermiera Mildred Ratched che, nel 1947, riesce a farsi assumere in un importante istituto psichiatrico californiano. Il suo interesse, però, non è la cura dei pazienti, bensì liberare il fratello trattenuto dopo l'omicidio di quattro sacerdoti. La regia di Murphy è visivamente curatissima.

    I colori saturi, il design d'epoca e l'attenzione maniacale al dettaglio fanno della serie una visione mozzafiato che strizza l'occhio a classici come Psycho (1960), Shining (1980) e Il mago di Oz (1939). Tra atmosfere thriller, melodramma, noir e horror, Ratched nell'arco di otto episodi che oscillano tra i 40 e i 60 minuti parla di disturbi mentali, razzismo e discriminazione di genere attraverso uno sguardo votato all'eccesso che smorza un po' le note di terrore.

    4. American Horror Stories (2021)

    Un altro spin-off, questa volta di American Horror Story di cui mantiene fede all'estetica e alle tematiche. La differenza risiede tutta nel formato. Ogni episodio, infatti, si concentra su una storia autoconclusiva. Tre stagioni da 24 episodi che variano dai 37 e 52 minuti di durata, American Horror Stories amplifica l'universo narrativo della serie madre di cui inserisce svariati riferimenti nelle sue storie.

    Ma, similmente aBlack Mirror (2011) e Piccoli brividi (1995), permette di saltare da una puntata all'altra o di godere di un intrattenimento più rapido e meno impegnativo. Anche qui sono presenti umorismo nero, colpi di scena e sequenze cruente che spaziano per la varietà dei generi e dei temi affrontati, dalla satira sociale alla critica tecnologica.

    3. Grotesquerie (2024)

    Come sempre per i titoli ideati o diretti da Ryan Murphy, anche Grotesquerie unisce elementi di critica sociale all'horror, questa volta di stampo psicologico e soprannaturale. Al centro le indagini della detective con il volto di Niecy Nash che deve indagare su una serie di crimini efferati collegati al suo passato. Per farlo chiederà aiuto a una suora giornalista interpretata da Micaela Diamon.

    Una sola stagione (finora) da 10 episodi di poco meno di un'ora, la serie è avvolta in un'atmosfera cupa e dark che esplora le conseguenze dei traumi, del fanatismo religioso, del nazionalismo cristiano e dell'ossessione per la cronaca nera. Nonostante il titolo faccia pensare a tutt'altro, c’è molto meno grottesco da un punto di vista narrativo e visivo rispetto alle altre creazioni di Murphy. Da recuperare se hai apprezzato Midnight Mass (2021) e Before (2024).

    2. Monster (2022 - )

    Serie antologica dedicata alle figure di serial killer divenuti tristemente celebri per la crudezza dei loro crimini. Tre stagioni – con una quarta dedicata a Lizzie Borden attualmente in produzione – per un totale di 27 episodi che durano in media tra i 36 e i 65 minuti, Monster si è concentrata finora su Jeffrey Dahmer, i fratelli Menéndez ed Ed Gein.

    Tutti pluriassassini attraverso i quali Murphy ha potuto affrontare tematiche come la malattia mentale, gli abusi sessuali e il fallimento del sistema giudiziario e sociale che hanno contribuito a far sì che l'orrore si perpetrasse. La serie più riuscita in termini di scrittura, regia e interpretazioni di tutta la produzione horror di Ryan Murphy. Una disamina psicologica approfondita che, sebbene non rinuncia al suo stile eccessivo, riesce a restituire tutta la complessità dei suoi protagonisti senza volontà di giustificarne le azioni. Da recuperare se ti è piaciuta Candy - Morte in Texas (2022). 

    1. American Horror Story (2011)

    Ben 132 episodi divisi in 12 stagioni per la serie TV antologica che più di tutte ha contribuito a legare il nome di Ryan Murphy all'horror. Un cast corale di grandi nomi, da Sarah Paulson a Jessica Lange passando per Kathy Bates e Evan Peters, storie sempre diverse legate da un filo rosso che le collega di stagione in stagione e generi che spaziano dallo slasher al gotico passando per il fantascientifico.

    Visivamente audace e ricercata, American Horror Story affronta tematiche sempre nuove, dalla discriminazione alle malattie mentali, dalla manipolazione alle ossessioni. Un vero e proprio universo narrativo dal grande impatto visivo ed emotivo nonostante, ovviamente, l'andamento dei vari capitoli possa oscillare. Tra hotel infestati, circhi, manicomi, streghe e case coloniali, ce n'è davvero per tutti i gusti (horror).

  • Hai amato “Haunted Hotel”? Ecco 10 serie TV spettrali e irresistibili da guardare

    Hai amato “Haunted Hotel”? Ecco 10 serie TV spettrali e irresistibili da guardare

    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Se Haunted Hotel ti ha catturato, probabilmente è per quel mix irresistibile di corridoi scricchiolanti, camere con segreti inafferrabili, demoni che spuntano quando meno te l’aspetti e un cast variopinto di umani e fantasmi. O forse perché anche tu hai trovato irresistibile Abaddon (come biasimarti?!). 

    La serie segue Katherine, una madre single con due figli (Ben ed Ester) che eredita l’Undervale, un hotel… con inquilini che non fanno mai check-out. A “darle una mano” c’è il fratello Nathan con cui aveva perso i contatti – oggi un fantasma in piena regola – e un’umanità (viva e non) che trasforma ogni camera in un micro-mistero di cuore e caos. È una comedy horror animata adulta firmata da Matt Roller (il co-creatore di Rick and Morty), con un cast vocale d’eccezione guidato da Will Forte ed Eliza Coupe: ritmo, trovate sovrannaturali e un tono autunnale perfetto per serate di binge. E la buona notizia: Netflix ha già rinnovato la serie per una seconda stagione, quindi vale la pena restare “ospiti” e tenere calde le chiavi fin da ora.

    Se sei nella fase “mi serve qualcosa che tenga viva questa vibe tra brividi e abbracci”, sei nel posto giusto: abbiamo scelto dieci serie animate che condividono col mondo di Haunted Hotel l’anima autunnale, il gusto per il mistero, il tocco gotico (a volte tenero, a volte caustico) e quel senso di famiglia trovata che si costruisce stanza dopo stanza. Pronto a fare check-in in nuovi incubi accoglienti?

    1. Gravity Falls (2012 – 2016)

    Un’estate, due gemelli e una città che nasconde segreti paranormali. Gravity Falls segue Dipper e Mabel Pines, mandati a vivere con lo zio Stan, proprietario di un bizzarro museo dell’occulto. Ben presto scoprono che la cittadina è popolata da mostri, portali dimensionali e creature impossibili. Come Haunted Hotel, combina mistero, ironia e una sorprendente profondità emotiva: sotto i toni comici si nascondono temi di crescita, amicizia e accettazione. L’animazione colorata e il ritmo brillante la rendono perfetta per chi ama i mondi pieni di segreti e stranezze.

    Un piccolo cult autunnale che riesce a essere tenero, inquietante e geniale allo stesso tempo.

    2. Over the Garden Wall (2014)

    Una delle esperienze più poetiche e inquietanti dell’animazione occidentale. Over the Garden Wall segue due fratelli, Wirt e Greg, che si smarriscono in una foresta misteriosa chiamata “The Unknown”. Qui incontrano animali parlanti, spiriti e figure sinistre che incarnano la malinconia e la speranza.

    Come Haunted Hotel, anche questa serie gioca con l’estetica autunnale – foglie cadenti, toni seppia, musica folk e un’atmosfera sospesa tra sogno e incubo. È una fiaba nera che parla di perdita e crescita, capace di emozionare e inquietare nello stesso respiro. Breve ma indimenticabile, è una visione perfetta per chi ama l’horror gentile e le storie che profumano di bosco e mistero.

    3. Scooby-Doo! Mystery Incorporated (2010 – 2013)

    Tra tutti gli adattamenti di Scooby-Doo, Mystery Incorporated è quello che più si avvicina allo spirito di Haunted Hotel. Mentre la banda risolve casi sempre più pericolosi nella città di Crystal Cove, scopre un’antica maledizione che lega insieme i misteri del passato.

    La serie mescola commedia e tensione gotica, con un’estetica più cupa e una trama orizzontale che evolve episodio dopo episodio. È perfetta per chi ama il tono horror-cartoon con personaggi carismatici, mostri mascherati e un pizzico di romanticismo adolescenziale. E, come nel caso di Haunted Hotel, dietro i colori vivaci e le gag si nasconde un cuore più oscuro di quanto sembri.

    4. Hazbin Hotel (2024 – in corso)

    Direttamente “dall’altra parte”, Hazbin Hotel è la serie gemella ideale di Haunted Hotel — e non solo per il nome. Creata da Vivienne Medrano, è ambientata all’Inferno e segue Charlie, la principessa infernale che tenta di redimere i peccatori aprendo un hotel per anime perdute.

    Coloratissima, irriverente e musicalmente irresistibile, la serie fonde humor dark, numeri cantati e personaggi sopra le righe, tra cui l’indimenticabile Alastor, il demone-radio. Come Haunted Hotel, unisce il macabro al grottesco con un messaggio sorprendentemente dolce: che anche tra i dannati può esserci redenzione. Una visione obbligata per chi ama estetica gotica, colonna sonora esplosiva e satira sulfurea.

    5. Helluva Boss (2019 – in corso)

    Spin-off ambientato nello stesso universo di Hazbin Hotel, Helluva Boss segue un gruppo di demoni che gestisce un’agenzia di omicidi su commissione… dall’Inferno, ovviamente.

    Più cruda e grottesca del suo “show gemello”, è perfetta per chi ha apprezzato la parte più adulta e sfacciata di Haunted Hotel. L’umorismo è nero come la pece, i personaggi sono eccentrici e le situazioni oscillano tra il tragicomico e il surreale. Oltre al divertimento, offre anche momenti inaspettatamente toccanti e canzoni memorabili. Se ami il mix di caos infernale, ironia e sentimento, questa serie ti terrà incollato allo schermo fino al check-out finale.

    6. The Owl House (2020 – 2023)

    The Owl House è una delle serie fantasy più amate degli ultimi anni, un mix di magia, ironia e tematiche queer che l’hanno resa un piccolo cult. Racconta la storia di Luz, una ragazza che finisce per caso nel mondo delle Streghe, dove viene accolta dalla ribelle Eda e dal dolcissimo demone King. Proprio come Haunted Hotel, la serie alterna comicità e momenti emozionanti, giocando con estetica dark, mondi alternativi e personaggi fuori dagli schemi. Le ambientazioni, che sembrano uscite da un sogno gotico di Halloween, e il tono empatico ma spettrale la rendono una visione perfetta per chi ama il sovrannaturale con un cuore tenero. Un piccolo gioiello Disney dal fascino malinconico e ribelle.

    7. Leone il cane fifone (1999 – 2002)

    Un classico dell’animazione horror per ragazzi, Leone il cane fifone è ancora oggi uno dei cartoni più strani e inquietanti mai prodotti. Racconta di un cagnolino fifone che vive con i suoi padroni in una fattoria isolata, continuamente minacciata da mostri, fantasmi e creature surreali. Ogni episodio è un piccolo incubo che mescola umorismo, inquietudine e una sottile tristezza di fondo. Come Haunted Hotel, riesce a trasformare l’orrore in emozione e a dare profondità anche ai mostri più assurdi. Lo stile visivo, volutamente disturbante, e il tono tragicomico ne fanno un cult intramontabile, amatissimo dagli amanti dell’animazione dark. Perfetto per chi cerca brividi vintage e atmosfere di pura follia.

    8. Dead End: Paranormal Park (2022 – 2023)

    Basata sui fumetti di Hamish Steele, Dead End: Paranormal Park è una serie Netflix colorata e piena di sorprese. Segue Barney, un ragazzo transgender che lavora in un parco divertimenti infestato da demoni, spiriti e portali dimensionali. Insieme ai suoi amici e al fedele cane parlante Pugsley, affronta mostri e insicurezze personali con ironia e coraggio. Come Haunted Hotel, la serie usa il sovrannaturale per parlare di identità, accettazione e famiglia scelta, mescolando comicità e momenti toccanti. Tra musical infernali, possessioni demoniache e storie queer rappresentate con sensibilità, è una visione perfetta per chi ama l’horror colorato e l’umorismo dark con un messaggio profondo.

    9. Little Demon (2022)

    Se Haunted Hotel ti ha conquistato con il suo mix di humor nero e soprannaturale domestico, Little Demon è la prossima tappa obbligata. Creata da Darcy Fowler, Seth Kirschner e Kieran Valla per FX, la serie racconta la vita di Chrissy, una ragazzina che scopre di essere — sorpresa! — la figlia dell’Anticristo. Tra una madre sarcastica (doppiata da Aubrey Plaza) e un padre infernale ma irresistibilmente narcisista (Danny DeVito), Chrissy cerca di vivere un’adolescenza normale… tra portali infernali, demoni e crisi esistenziali. L’animazione è colorata e caotica, i dialoghi pungenti e il tono sempre sopra le righe. Come Haunted Hotel, riesce a essere spettrale e affettuosa allo stesso tempo, mescolando risate, gore e momenti di inaspettata dolcezza infernale.

    10. Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities (2022)

    Sebbene sia una serie antologica per adulti, Cabinet of Curiosities è un must per chi ha amato le atmosfere decadenti di Haunted Hotel. Creata e presentata da Guillermo del Toro, raccoglie otto storie diverse di orrore e follia, ognuna diretta da un regista differente. C’è il gotico vittoriano, il macabro surreale e persino l’orrore cosmico alla Lovecraft.

    Ogni episodio è un piccolo film d’autore, visivamente straordinario, che combina inquietudine e poesia visiva. Anche se meno ironica e più adulta rispetto a Haunted Hotel, condivide quella fascinazione per i mostri come metafora dell’animo umano. Perfetta per un binge watching di Halloween, tra eleganza e incubi raffinati.

  • Da "Piccoli Brividi" alla trilogia di "Fear Street": tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine

    Da "Piccoli Brividi" alla trilogia di "Fear Street": tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    Non c'è bambino nato dagli anni '80 in poi che non abbia avuto tra le mani uno dei tanti capitoli della saga letteraria horror di Piccoli brividi creata da R. L. Stine. Uno scrittore che definire prolifico sarebbe riduttivo. 

    Più di 200 libri scritti dal 1989 ad oggi gli sono valsi il soprannome di "Stephen King della letteratura per ragazzi" che ci tiene a regalare – più o meno - un lieto fine ad ogni suo racconto per non angosciare i suoi piccoli lettori. Di questa lunga bibliografia molti titoli sono stati adattati per il grande e il piccolo schermo, moltiplicando la possibilità per il pubblico di conoscere storie spaventose.

    Mentre Disney+ ha appena cancellato Piccoli brividi, serie ideata da Rob Letterman e Nicholas Stoller, dopo appena due stagioni, JustWatch ha stilato un elenco di tutti i film e le serie TV tratti dalle opere di R. L. Stine.

    1. Piccoli Brividi (1995-1998)

    La serie di Piccoli brividi è il primo adattamento in assoluto dei libri dell'omonimo franchise di R.L. Stine. Una serie antologica che dedica ognuno dei suoi 74 episodi (divisi in quattro stagioni) a uno dei racconti trasformandosi in un successo televisivo oltre che letterario andato in onda per quattro stagioni e che ha visto tra i suoi protagonisti anche Hayden Christensen.

     Al suo interno elementi fantasy e horror che vedono al centro della storia giovani protagonisti costretti, loro malgrado, ad affrontare fantasmi, maledizioni, marionette e altre creature spaventose. Una serie diventata un cult in un periodo nel quale la serialità non era ancora così centrale come lo è oggi. Un adattamento consigliato a tutti i lettori nostalgici dei romanzi e ai fan di Hai paura del buio? (1990).

    2. The Nightmare Room (2001-2002)

    Un altro adattamento antologico della serie omonima di libri di Stine la cui voce introduce ogni episodio. Questa volta il target di riferimento è un po' più adulto e, per atmosfere e tematiche affrontate, ricorda Ai confini della realtà (1959-1964) pensato però per un pubblico di adolescenti.

    Tra i protagonisti dei 13 episodi molti giovani attori di Hollywood del tempo, da Amanda Bynes a Shia LaBeouf passando per Frankie Muniz e Tanya Raymonde. The Nightmare Room mette al centro personaggi alle prese con fenomeni soprannaturali dando vita a un'atmosfera tesa e claustrofobica, tra bambole che prendono vita, bugie che diventano realtà e diari che predicono il futuro.

    3. Fantasmi alla riscossa (2001)

    Se amate le storie di R. L. Stine e siete fan di Christopher Lloyd, con molta probabilità amerete Fantasmi alla riscossa. Un film per la TV che l'autore ha pensato sviluppando l'idea prima per il piccolo schermo per poi adattarlo alla forma romanzo. Un film per tutta la famiglia perfetto da vedere ad Halloween, periodo in cui è ambientata la pellicola. L'attore di Ritorno al futuro (1985) interpreta Fred, lo zio del piccolo protagonista che, a causa di un incidente con delle zucche, muore per ritornare in vita come zombie (buono). Un guilty pleasure che parla del rapporto genitori/figli, tra un pizzico di commozione e un'immancabile atmosfera horror. Se hai visto e apprezzato Attenzione: fantasmi in transito (2002), qui troverete atmosfere simili.

    4. Haunted Lighthouse (2003)

    Un corto in 4D diretto da Joe Dante con protagonisti Christopher Lloyd – di nuovo impegnato a recitare in un titolo tratto da un'opera dello scrittore dopo Fantasmi alla riscossa - e Lea Thompson tratto dal libro omonimo di R. L. Stine. In poco più di 20 minuti il regista dei Gremlins (1984) ed Explorers (1985) confeziona un film dove bambini fantasma e fari infestati convivono in un racconto che di spaventoso ha ben poco. Un titolo indicato per un pubblico di giovanissimi che verranno immersi in un'atmosfera spettrale, ma leggera.

    5. R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare! (2007)

    Basato sull'omonimo romanzo, R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare!, vede protagonista Cassie (Emily Osment), un'adolescente goth che, inavvertitamente, risveglia un mostro la notte di Halloween dopo aver letto un libro ad alta voce per il fratello minore. Un film horror per adolescenti sufficientemente spaventoso per l'età di riferimento, ma anche una visione leggera e divertente perfetta per tutta la famiglia, magari dopo aver fatto insieme “dolcetto o scherzetto?”. Il film della durata di un'ora e 44 minuti, infatti, è anche un dramma adolescenziale che parla di bullismo, rivalità scolastiche e problemi di cuore tipici di quella fase della vita similmente a Creeped Out – Racconti di paura (2017).

    6. R.L. Stine - I racconti del brivido: Fantasmagoriche avventure (2008)

    Basato sul romanzo La vendetta dello spettro della serie di libri Mostly Ghostly, R.L. Stine - I racconti del brivido: Fantasmagoriche avventure è il primo titolo di una trilogia composta da altri due capitoli: R. L. Stine: I racconti del brivido - Un demone in corpo (2015) e R.L. Stine: I racconti del brivido - La casa stregata (2016). Il film, della durata di poco più di 90' minuti, vede protagonista il giovane Max Doyle (Sterling Beaumon) scoprire i fantasmi di due fratelli nella sua casa e accettare di aiutarli a scoprire cosa è successo loro. Uno degli adattamenti meno riusciti delle opere dello scrittore di Columbus a causa di effetti speciali non particolarmente riusciti e un cast non particolarmente brillante.

    7. R. L. Stine's The Haunting Hour (2010-2014)

    R. L. Stine's The Haunting Hour è una serie TV ideata dallo stesso scrittore basata sul film R. L. Stine: I racconti del brivido - Non ci pensare! e da tre suoi libri, The Haunting Hour, Nightmare Hour e Fear Street. Un racconto antologico diviso in quattro stagioni da 76 episodi che, come in Piccoli brividi, dedica ogni episodio a una storia diversa con personaggi sempre nuovi alle prese con vicende soprannaturali. 

    Un'opera molto più spaventosa rispetto alla precedente serie TV grazie all'introduzione di tematiche più complesse e intrecci più oscuri che conducono, addirittura, alla morte del protagonista. Fantasmi, lupi mannari, alieni, streghe e mostri popolano le puntate offrendo un intrattenimento più maturo come in Un salto nel buio (1983).

    8. Eye Candy (2015)

    Sebbene R. L. Stine si celebre per la letteratura per bambini e adolescenti, l'autore ha anche scritto libri per un pubblico più adulto. È il caso di Eye Candy, romanzo del 2004 trasposto in una serie TV di 10 episodi dove la protagonista, Lindy (Victoria Justice) ha 21 anni. Una sola stagione dove le atmosfere tipiche dei suoi lavori si immergono in una storia di hacker, app per incontri e probabili serial killer. Un po' thriller e un po' mystery, Eye Candy non passerà alla storia come uno dei migliori adattamenti delle opere di Stine, ma è sicuramente interessante vedere la sua scrittura e le sue storie alle prese con un pubblico completamente differente e con tematiche moderne.

    9. R.L. Stine. I racconti del brivido. L'armadio delle anime (2015)

    Un'altra commedia horror basata sul romanzo Monsterville: Cabinet of Souls di Stine pubblicato nel 2012. Questa volta il cattivo è un intero luna park che progetta di imprigionare e nutrirsi delle anime degli adolescenti. La protagonista di R.L. Stine. I racconti del brivido. L'armadio delle anime è la Beth di Dove Cameron e i suoi tre amici sono entusiasti all'idea che il carnevale stregato arrivi nella loro piccola città. Un altro film minore della filmografia horror per ragazzi ispirata dai libri di R. L. Stine, ma sufficientemente spettrale per un'ora e mezza da passare in compagnia di un gruppo di amici o sul divano insieme a tutta la famiglia.

    10. Piccoli Brividi (2015)

    Vent'anni dopo la serie originale, l'amata saga letteraria horror più celebre di Stine ha ottenuto un altro adattamento, questa volta pensato per il grande schermo. Ma non si tratta della trasposizione di uno dei libri che compongono la collana, bensì di un film ambientato nell'universo letterario di cui è protagonista lo stesso autore interpretato da Jack Black.

    Piccoli brividi è un film per tutti gli amanti di quei racconti fatti di mostri e altre creature spaventose che hanno costellato la nostra giovinezza di cui leggevamo nascosti sotto le coperte. Un film di oltre due ore colmo di nostalgia e perfetto per qualsiasi età. Un'avventura spettrale multigenerazionale ricca di avvenimenti e citazioni ai romanzi che faranno la gioia di ogni affezionato lettore. Se poi ti piacciono film come Il mistero della casa del tempo (2018), La casa dei fantasmi (2003) e Spiderwick – Le cronache (2008), non resterai deluso.

    11. Piccoli Brividi 2: I fantasmi di Halloween (2018)

    Dopo il grande plauso di Piccoli brividi, tre anni dopo ecco arrivare il sequel: Piccoli Brividi 2: I fantasmi di Halloween. Il protagonista è ancora una volta Jack Black nei panni dell'autore di Columbus. Questa volta è alle prese con dei mostri che hanno preso vita dalle pagine di un suo manoscritto inedito. Un sequel godibile e divertente, ma che non replica la magia del precedente sul quale si appoggia cercando di bissare il successo. Si tratta pur sempre di una visione piacevole, che nei suoi 90 minuti strappa più di una risata e si presta ad essere visto da tutta la famiglia. Da vedere se hai apprezzato Monster House (2006) e Spirit Halloween (2022).

    12. La trilogia di Fear Street (2021)

    Una trilogia horror estiva a tutti gli effetti quella lanciata da Netflix nel luglio 2021. Fear Street Parte 1: 1994, Fear Street Parte 2: 1978 e Fear Street Parte 3: 1666 costituiscono uno degli adattamenti delle opere di Stine più riusciti e originali. Collegati tra di loro dalla cittadina di Shadyside, teatro di brutali omicidi nel corso di epoche diverse, i film – le cui durate oscillano tra l'ora e mezza e le due ore - si allontanano dalla produzione pensata per bambini e adolescenti costituendo dei film horror in tutto e per tutto. 

    La particolarità delle tre pellicole è la grande cura messa nell'impianto estetico e nella scelta di omaggiare sottogeneri dell'horror come lo slasher o titoli celebri come Venerdì 13 (1980) e Halloween – La notte delle streghe (1978). A differenza di altre trasposizioni delle opere letterarie di Stine, qui le sequenze di omicidio non si risparmiano lasciando che il sangue scorra copioso.

    13. Just Beyond (2021)

    Basata sull'omonima serie di graphic novel di Stine, Just Beyond è un'altra serie antologica horror creata per Disney+. Il format è sempre quello caro alle trasposizioni delle opere dello scrittore: ognuno degli otto episodi che compongono la stagione è legato a una storia e a giovani personaggi sempre diversi chiamati ad affrontare realtà spettrali, soprannaturali e inquietanti. Tra l'umorismo e le atmosfere che ricordano Ai confini della realtà (1959-1964), lo show manca un po' di quei momenti spaventosi che la dovrebbero caratterizzare a favore di un racconto incentrato su tematiche tipiche dell'adolescenza, ma calate in un contesto misterioso.

    14. Piccoli Brividi (2023 - presente)

    Sole due stagioni per Piccoli Brividi, appena cancellata da Disney+. La serie è basata sul franchise letterario già adattato per il piccolo schermo negli anni '90. Ma qui il registro è più moderno e, a differenza della precedente, l'approccio antologico della serie è legato alle stagioni e non più agli episodi. Tra i protagonisti Justin Long e David Schwimmer per uno show dalle atmosfere più fantasy dark che horror. Un punto a suo favore è la regia che omaggia generi cinematografici e classici del passato – da Ritorno al futuro (1985)  passando per Terminator 2 - Il giorno del giudizio (1991) e Nightmare - Dal profondo della notte (1984) -, oltre a tematiche legate al rapporto genitori/figli. Un teen drama travestito da horror che regala giusto qualche sussulto.

    15. Zombie Town (2023)

    Immaginate di vedere l'ultimo film di un solitario regista horror e involontariamente trasformare la vostra intera città in un'orda di zombie. È quello che accade ai giovani protagonisti di Zombie Town. Uno degli ultimi adattamenti in ordine di tempo dei romanzi di Stine che vede nel cast anche la presenza di Dan Aykroyd. Un'opera minore della durata di 90 minuti caratterizzata da un tocco leggero e comico che non si prende troppo sul serio. Un film più avventuroso che horror che celebra l'amicizia e condito da qualche parentesi surreale che può essere apprezzato da un pubblico di giovani spettatori così come di adulti grazie a un ensemble di attori ben bilanciato.

    16. Fear Street: Prom Queen (2025)

    L'ultimo capitolo (per ora) dell'omonimo franchise, Fear Street: Prom Queen è ambientato nel 1988 e si svolge nel corso di un ballo scolastico per eleggere la reginetta. Peccato che tutte le pretendenti al ruolo inizino a scomparire una dopo l’altra! Un film dichiaratamente nostalgico che guarda agli slasher anni '80, ma non disdegna citazioni a Scream (1995) e Mean Girls (2004). Sebbene slegato dalla trilogia precedente, il film abbraccia la stessa attitudine narrativa e registica dando vita a un racconto di puro intrattenimento horror dove tutti gli elementi sono al posto giusto, dal mistero alla tensione senza dimenticare una buona dose di sangue. Il tutto mentre, in 90 minuti spaccati, ci ricorda quanto possa essere pericolosa l'ossessione ad essere primi.

  • Tutti i film diretti da Dario Argento da "Suspiria" a "Opera"

    Tutti i film diretti da Dario Argento da "Suspiria" a "Opera"

    Andrea Ballerini

    Andrea Ballerini

    Editor a JustWatch

    Sono passati 55 anni dall’uscita al cinema de L'uccello dalle piume di cristallo, il film d’esordio di Dario Argento. Nei successivi vent’anni, il regista romano solidificherà la sua eredità di maestro dell’horror. I marchi di fabbrica che rendono Argento uno dei registi più importanti di sempre nel genere sono il suo approccio visivo altamente estetico, l’impianto della storia con un taglio psicologico e un virtuosismo tecnico dietro la macchina da presa.

    Questa lista di JustWatch vi porta a fare un viaggio attraverso tutta la filmografia di Dario Argento, il Maestro del brivido. Per voi abbiamo selezionato i 10 titoli che più rappresentano il regista romano e per farlo ci siamo basati sul grado di iconicità, sul livello di paura e sulla qualità visiva. Tuttavia, dopo la nostra top 10 troverete tutte le pellicole che compongono la filmografia di Argento.

    10. La sindrome di Stendhal (1996)

    La sindrome di Stendhal è l’unico film anni ‘90 presente nella lista. Ero indeciso tra il film a quattro mani con George A. Romero Due occhi diabolici (1990) o questo ma il cult del ‘96 ha prevalso. La scelta è motivata da una trama molto creativa che cerca di dipingere in chiave horror il disturbo che alcuni provano di fronte a quadri imponenti e maestosi. Tuttavia, la recitazione è a tratti debole e i 120 minuti di durata sembrano eccessivi. Per questi motivi, La sindrome di Stendhal (1996) si posiziona all’ultimo posto della classifica. Se avete amato la commistione di horror e poliziesco alla Seven (1995) e alla Il silenzio degli innocenti (1991), questa pellicola di Argento potrebbe sortire gli stessi effetti.

    9. 4 mosche di velluto grigio (1971)

    Il film che chiude la Trilogia degli animali, 4 mosche di velluto grigio, è un quasi addio al genere giallo, che ritorna in Profondo rosso seppur sporcato da pennellate horror. Il film del 1971 pecca delle stesse dimenticanze che troverete nei due film successivi in classifica, Phenomena e Inferno: tanta forma e poca sostanza. Il livello visivo, però, salva il film e gli conferisce il diritto di accedere alla top 10. Lo stesso si potrebbe dire per la colonna sonora composta da Ennio Morricone, che dipinge sonoramente in maniera solida la suspense della trama. Il titolo più debole della Trilogia degli animali, 4 mosche di velluto grigio (1971) è comunque una pellicola da non perdere, importante per godersi il graduale passaggio di Argento all’horror.

    8. Phenomena (1985)

    Phenomena (1985) è uno di quegli horror solidi che si posizionano sul fondo della classifica ma che continuano a essere una piacevole visione. Il film con Jennifer Connelly, Daria Nicolodi e Donald Pleasence appare più spento rispetto ad altre opere di Argento. Da un lato la fotografia non offre spunti innovativi né particolari esperienze visive. Allo stesso tempo, la recitazione degli attori è decente ma nessuna prova del cast spicca all’interno del film. Phenomena (1985) entra comunque nella top 10 grazie alla colonna sonora dei Goblin, e a un paio di incursioni heavy metal da parte degli Iron Maiden e dei Motöhead. Consiglio tuttavia il film ai fan dell’Argento più soprannaturale alla Suspiria.

    7. Inferno (1980)

    Con Suspiria (1977) e La terza madre (2007), Inferno (1980) costituisce il secondo tassello della Trilogia delle tre madri. I film, infatti, portano sullo schermo vicende collegate a tre streghe potentissime: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum. Il film del 1980 non convince tanto quanto il titolo che comincia la trilogia, ma contiene un livello visivo di grande spessore. Come Suspiria (1977), l’atmosfera è da sogno, o meglio da incubo. Su tutto trionfa una fotografia al neon che richiama i colori del teschio della locandina, ovvero il blu e il rosso. Sempre sul versante tecnico, la regia di Argento è ormai più che rodata e continua a offrire riprese esteticamente pregne. Peccato per la trama debole e con poca sostanza. Per questo, il settimo posto è la posizione che si merita Inferno (1980).

    6. Il gatto a nove code (1971)

    Dopo il successo unanime de L'uccello dalle piume di cristallo (1970), Argento torna al cinema con il film numero due, oltre che secondo della Trilogia degli animali. Il gatto a nove code potrebbe sembrare un horror gotico alla Edgar Allan Poe, ma va ad aggiungersi al numero di gialli diretti dal regista. Tuttavia, la pellicola ha un non so che che mi ricorda i thriller politici, con i delitti che si collegano a un laboratorio scientifico alquanto misterioso. Se l’atmosfera da thriller funziona alla perfezione, le scene delle morti sono più composte e meno sanguinolente ne Il gatto a nove code (1971). Abituati come siamo a un Argento rosso sangue, il piccolo freno azionato va a penalizzare il film, che si posiziona al sesto posto.

    5. Tenebre (1982)

    Tenebre è un’altra grande prova per Argento e un’opera di raccordo, insieme a Inferno (1980) e Phenomena (1985), tra due dei titoli più sublimi del regista, Suspiria (1977) e Opera (1987). Torna il killer dai guanti neri come per L'uccello dalle piume di cristallo (1970), torna un protagonista non italiano come in Profondo rosso (1975) e, soprattutto, torna il sangue a fiotte di Argento. Tenebre (1982) potrebbe posizionarsi più in alto, se non fosse che le sequenze delle morti non riescono a raggiungere la potenza di quelle dei film successivi nella classifica. Nonostante ciò, il film rimane uno dei fiori all’occhiello dell’ampia filmografia del regista romano e, su venti film all’attivo, il quinto posto non sembra poi così male.     

    4. Opera (1987)

    Chi l’avrebbe mai detto che un po’ di scotch e una manciata di spilli potessero avere un tale effetto. Con Opera, Dario Argento firma una delle pellicole più eleganti e raffinate della sua filmografia. Non temete però, il sangue scorre comunque a fiumi e la tensione non sembra calare mai. Una storia di uno stalker ossessionato da una cantante d’opera si sviluppa attraverso un'estetica chic e una sceneggiatura che esalta le forti emozioni della giovane artista. I punti di forza della pellicola sono la ricostruzione delle morti –Argento sembra inesauribile nella sua creatività cupa– e la prova grandiosa della protagonista Cristina Marsillach. Opera (1987) mantiene alto il livello già visto in Tenebre (1982) ma non riesce a superare le opere visive che compongono la top 3.

    3. L'uccello dalle piume di cristallo (1970)

     L'uccello dalle piume di cristallo è il biglietto da visita di Argento. E che biglietto da visita. Il film si ispira agli stilemi del giallo polarizzati da registi come Mario Bava, ma andando oltre con una violenza ben più macabra. Ancora una volta, Argento costruisce un film dal grande impatto estetico. Le scene con l’assassino dai guanti di pelle nera, un personaggio ricorrente nel cinema argentiano, sono tra le più stilose e lugubri che vedrete sullo schermo. L'uccello dalle piume di cristallo (1970) non è solo l’esordio di Argento, ma anche il primo tassello nella sua Trilogia degli animali, composta anche da Il gatto a nove code (1971) e 4 mosche di velluto grigio (1971). Se vi piacciono Sei donne per l'assassino (1964) e Vestito per uccidere (1980), questo titolo fa al caso vostro.

    2. Profondo rosso (1975)

    Il passaggio fondamentale di Argento dagli esordi thriller all'horror di natura soprannaturale avviene con Profondo rosso (1975). La pellicola con David Hemmings e Daria Nicolodi si posiziona proprio a cavallo tra i due generi e ha fatto scuola con la sua magnifica messa in scena. Argento carica sempre di più il carattere bombastico del suo cinema con movimenti di camera elaborati e un montaggio sopraffino. Il film mantiene gli stilemi del giallo all’italiana ma calca la mano sugli aspetti horror con morti veramente cruente, anche se molto teatrali. Il colpo di grazia che rende Profondo rosso (1975) irresistibile, tanto quanto Phenomena (1985), è la colonna rock indimenticabile dei Goblin, stretti collaboratori del regista. Starebbe al primo posto, se non fosse per Suspiria (1977).

    1. Suspiria (1977) 

    Suspiria (1977) è la coronazione di tutto ciò che Dario Argento rappresenta nel mondo dell’horror. Combinate l’estetica raffinata e colorata de L'uccello dalle piume di cristallo (1970) con le atmosfere gotiche e soprannaturali di Inferno (1980) e avrete questo capolavoro del 1977. Ovviamente, l’impatto visivo di Suspiria (1977) è qualcosa di speciale. I set sono pomposi e ricchi di dettagli sfarzosi. La fotografia utilizza luci artificiali di colore rosso e viola per creare un’atmosfera paranormale da incubo. E poi c’è la mano sapiente di Argento, che muove la macchina in ogni lato e da qualsiasi angolazione lasciando estasiato l’occhio. Suspiria (1977) funziona anche come trama, con una storia ricca di tensione e sempre in crescendo fino al finale stupefacente.

  • Tutti i film e le serie TV con Millie Bobby Brown: la nostra classifica

    Tutti i film e le serie TV con Millie Bobby Brown: la nostra classifica

    Alessandro Zaghi

    Alessandro Zaghi

    Editor a JustWatch

    Non ha nemmeno compiuto 25 anni, eppure Millie Bobby Brown ha già alle spalle una carriera che molti possono soltanto sognare e che l’ha resa, quando non era nemmeno maggiorenne, tra le attrici più note di Hollywood. Un talento precoce, illuminato ancora da giovanissima con un ruolo che era già diventato iconico fin dalla prima puntata di Stranger Things. 

    Da quel momento Brown non si è più fermata, tra kolossal e film in costume, confermando l’enorme potenziale già portato in scena con la sua Undici.

    Vale la pena ricordare che agli inizi della sua carriera Brown ha preso parte anche a diversi cameo e piccoli ruoli televisivi – da C’era una volta nel Paese delle Meraviglie a Modern Family, passando per Grey’s Anatomy, NCIS e persino una puntata speciale del talk show spagnolo El Hormiguero. Apparizioni curiose, che oggi hanno il sapore di chicche da riscoprire per i fan più accaniti, ma che non hanno avuto un impatto centrale sulla sua crescita come attrice.

    In questa classifica ci concentriamo quindi sui titoli principali, quelli in cui Millie Bobby Brown ha avuto un ruolo da protagonista o secondario importante, che meglio raccontano la sua evoluzione e il suo talento.

    8. The Electric State (2025)

    Con un budget record per Netflix, The Electric State era attesissimo, ma non ha convinto del tutto. Ambientato in un mondo post-apocalittico, il film pecca di trama zoppicante e ritmo altalenante. Brown, che avrebbe dovuto brillare al centro della narrazione, rimane in parte sacrificata, anche se non per colpa sua. È un titolo da consigliare ai fan della fantascienza distopica curiosi di vedere un esperimento visivamente ambizioso, ma che non regge il confronto con i suoi migliori lavori. In rapporto a Stranger Things, manca l’emozione e la costruzione dei personaggi, ma resta interessante come esempio delle sfide che l’attrice affronta oggi nel passaggio a ruoli adulti. Da vedere ora per capire come Netflix stia investendo sulle sue star più giovani, con risultati non sempre all’altezza delle aspettative.

    7. Intruders (2014)

    Il primo ruolo davvero importante arriva con Intruders, anche se la serie non ha mai davvero spiccato il volo, finendo presto nel dimenticatoio. Brown interpreta Madison, una bambina “posseduta” da un'anima proveniente da un passato lontano. La trama è intricata, forse troppo, ma le atmosfere dark sono un preambolo per quella che diventerà la cifra stilistica di Undici. Una prova sottovalutata, che merita di essere riscoperta, quantomeno perché evidenzia tutto il potenziale dell’attrice, all’epoca giovanissima È un titolo consigliato a chi ama i thriller soprannaturali con un tocco horror, o anche semplicemente a chi vuole riscoprire gli esordi di Brown. Rispetto a ruoli successivi qui la prova è ancora acerba, ma la scintilla è già evidente.

    6. Godzilla II: King of the Monsters (2019)

    Il debutto al cinema, arriva con Godzilla II: King of The Monsters, adattamento di un classico del cinema. Peccato che, nonostante le aspettative, il film non le renda giustizia, tra mostri giganti, città devastate e un caos apocalittico. Brown prova a ritagliarsi un suo spazio, ma il suo personaggio (Madison) rimane schiacciato da tonnellate di effetti speciali. Un blockbuster insipido, che regala poco oltre il CGI, dove Millie Bobby Brown è più vittima di una sceneggiatura opaca che protagonista. Film pensato per piacere ai fan del genere e degli action apocalittici, ideale per una serata leggera tra divano, popcorn e colpi di scena, anche se non è il titolo migliore per apprezzare le sue doti recitative.

    5. Godzilla vs. Kong (2021)

    Seconda apparizione nel “MonsterVerse”, ma questa volta un pelo più riuscita. Rispetto al precedente, Godzilla vs. Kong è più leggero, più spettacolare e più divertente – seppur con tutti i suoi limiti, evidentissimi. La sua Madison qui ha più respiro, più spazio e riesce a destreggiarsi meglio con gli altri personaggi. Anche il suo ruolo perde di centralità, Brown riesce a convincere e a portarsi a casa la parte. Come nel capitolo precedente, anche questo è un film consigliato a chi cerca intrattenimento puro, senza troppe pretese. Rispetto al talento puro sfoggiato con Undici, in questo franchise la carriera di Brown è rimasta un po’ impacciata, meglio negli altri titoli inclusi in questa lista.

    4. Damsel (2024) 

    Un fantasy in cui la principessa di turno viene offerta in sacrificio a un drago, trasformandosi poi in un’eroina. La trama è piuttosto banale, forse gli sceneggiatori erano in ferie, ma fortunatamente per Damsel c’è Millie Bobby Brown a tenere in piedi la baracca. Come prevedibile, lo sviluppo del film lascia un po’ a desiderare, anche se ha un buon ritmo e qualche discreto colpo di scena, ma la prova della protagonista è da applausi. Brown si prende tutto il film sulle spalle e, se non ci fosse stata lei, in questo momento staremmo parlando di un flop. Un ottimo esempio di come il talento riesca a rendere interessanti anche i cliché. Consigliato a chi ama i fantasy d’azione con eroine forti, in stile Hunger Games.

    3. Enola Holmes (2020)

    Qui Millie Bobby Brown si prende decisamente il centro del palcoscenico. Enola Holmes è il primo film dove è sia attrice protagonista che produttrice, e si vede. La sorella minore di Sherlock è un personaggio costruito a tutto tondo, ribelle e brillante, e l’idea al centro di questo spin-off è convincente. Se alle prese con giganteschi mostri giapponesi Brown aveva faticato, qui il ruolo è cucito su misura per lei, e rappresenta la prima vera via d’uscita dal Sottosopra. Il peso di un personaggio come Undici può essere asfissiante, ma qui Brown è riuscita a dimostrare di poter andare oltre. Un film fresco e godibile, perfetto per chi ama personaggi femminili indipendenti e storie di formazione. Ancora oggi resta una delle prove più convincenti e amate della sua carriera.

    2. Enola Holmes 2 (2022)

    Idem come sopra, anche se il secondo capitolo della saga alza l’asticella. Più azione, la trama è più strutturata, il contesto storico degli scioperi del 1888 a Londra rendono il tutto più coinvolgente e interessante. Rispetto al precedente, Enola Holmes 2 prende una direzione più matura. Lo stesso vale per il personaggio interpretato da Brown. Da outsider e “sorella-di”, qui Enola diventa detective a tutti gli effetti, aprendo una sua agenzia. I temi femministi diventano più evidenti, ma senza coprire la leggerezza della saga. Il film è consigliato a chi ha amato il primo Enola Holmes, ma anche a chi cerca un buon compromesso tra intrattenimento e tematiche più impegnate. Un sequel solido e ben riuscito, che probabilmente farà di questo titolo un classico del catalogo young adult di Netflix

    1. Stranger Things (2016 – in corso) 

    Eccoci finalmente arrivati alla (scontatissima) prima posizione, il ruolo che l’ha resa una star e una delle attrici più ricercate dai produttori hollywoodiani. Stranger Things non è solo la serie più amata di Netflix, ma rappresenta anche il primo vero debutto di Millie Bobby Brown. Prima qualche cameo, qualche particina, ma con Undici si inizia a fare sul serio, e l’entrata in scena è di quelle che fanno rumore per davvero. Un personaggio complesso, stratificato, che si sviluppa episodio dopo episodio. Pioggia di premi, l’amore incontestato di critica e pubblico, la prova che non ci trovavamo davanti all’ennesima ‘teen star’, ma a una vera fuoriclasse. Un mix di nostalgia anni ’80, horror, fantascienza, teen drama, tutto curato nei minimi dettagli. Semplicemente un altro livello. Questa serie è perfetta per… tutti, e non è un caso se abbia raggiunto un posto in prima fila nella cultura pop contemporanea. Insomma, in attesa della nuova stagione (in arrivo a novembre 2025) è arrivato il momento per un rewatch.

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    Gabriella Giliberti

    Gabriella Giliberti

    Editor a JustWatch

    Gli anime comedy hanno una marcia in più rispetto a molte commedie occidentali: uniscono creatività sfrenata, ritmo serrato e personaggi indimenticabili che sanno far ridere e commuovere nello stesso momento. Non è un caso che negli ultimi anni il genere abbia trovato nuovo slancio, grazie a titoli che hanno conquistato il pubblico globale e piattaforme come Netflix e Crunchyroll che li hanno resi più accessibili.

    Se cerchi qualcosa che alleggerisca le tue giornate senza rinunciare a storie intelligenti e curate, gli anime comedy sono perfetti: ironia surreale, romanticismo, parodie dei generi più amati e situazioni quotidiane trasformate in puro intrattenimento. Ecco 10 titoli imperdibili che dimostrano quanto la risata made in Japan possa essere universale.

    1. Gintama (2006–2018)

    Considerato da molti il re incontrastato della comicità anime, Gintama mescola parodia sfrenata, azione e improvvisi picchi emotivi. Ambientato in un Edo alternativo invaso dagli alieni, segue Gintoki e la Yorozuya tra lavori assurdi, duelli samurai e rotture della quarta parete. La sua forza è l’umorismo meta che bersaglia tutto: cultura pop, altri anime, il medium stesso. Quando decide di fare sul serio, però, Gintama sfodera archi narrativi intensi e combattimenti coreografati. Se ami le parodie demenziali ma intelligenti, è il tuo porto sicuro. Per affinità, pensa al nonsense ipercinetico di Excel Saga (1999) o all’assurdità muscolare di Bobobo-bo Bo-bobo (2003): entrambi spingono il registro comico oltre il limite, proprio come fa Gintama, ma con stili ancora più cacofonici.

    2. Great Teacher Onizuka – GTO (1999–2000)

    GTO è un cult che unisce comicità scolastica e lampi di dramma sociale. Onizuka, ex teppista dal cuore enorme, diventa insegnante e prova a salvare studenti problematizzati con metodi decisamente poco ortodossi. Si ride forte, ma si riflette: bullismo, isolamento, aspettative dei genitori. Con 43 episodi, il ritmo è sostenuto e l’empatia sempre al centro. Se cerchi una serie capace di alternare gag e carezze emotive, eccola. Per affinità, guarda anche Cromartie High School (2003), parodia surreale dei delinquenti scolastici, e Haven’t You Heard? I’m Sakamoto (2016), commedia “cool” dove ogni problema viene risolto in modo tanto elegante quanto ridicolo: due facce dell’umorismo scolastico, diverse ma complementari a GTO.

    3) Nichijou – My Ordinary Life (2011)

    Il quotidiano portato all’assurdo: Nichijou trasforma spilli di normalità in esplosioni di comicità cartoonesca, con timing perfetto e animazione lussureggiante. Le micro-storie di Yūko, Mio e Mai scivolano dal “banale” al “cosmico” in un battito di ciglia. È la serie ideale per chi vuole sketch autoconclusivi, ritmo velocissimo e trovate visive memorabili. Se ti conquista il suo nonsense poetico, metti in coda Azumanga Daioh (2002) per un surreale più gentile e corale, e Daily Lives of High School Boys (2012) per un umorismo di banter e improvvisi guizzi assurdi: entrambi esplorano la commedia scolastica da angolazioni “slice” che esaltano la micro-comicità del quotidiano.

    4) Ouran High School Host Club (2006)

    Shōjo aware e parodia elegante: Ouran High School Host Club prende i tropi del romance scolastico (idoli, triangoli, cliché da manga) e li ribalta con classe. Haruhi, studentessa borsista, entra per caso nell’Host Club: da lì, travestimenti, malintesi e gag raffinate sfilano con ritmo impeccabile. In 26 episodi, la serie alterna ironia e tenerezza senza mai scadere nel facile. Se vuoi restare in area “metaparodia romantica”, prova Skip Beat! (2008), che smonta lo showbiz con spirito caustico, e Special A (2008), rivalry-romance dai toni brillanti: due consigli che ampliano il ventaglio dello shōjo comico mantenendo l’impronta scintillante che rende Ouran così speciale.

    5) Konosuba: God’s Blessing on This Wonderful World! (2016–2017)

    Parodia isekai irresistibile: Kazuma muore in modo ridicolo e rinasce in un mondo fantasy con un party di “compagni” più problematici che utili. Konosuba: God’s Blessing on This Wonderful World! vive di situazioni slapstick, dialoghi caustici e personaggi memorabili (Aqua, Megumin, Darkness) che sabotano i cliché del genere. Due stagioni compatte e densissime che filano via come un bicchiere d’acqua frizzante. Se vuoi altre risate fantasy fuori asse, recupera Is This a Zombie? (2011), harem/supernatural che gioca sporco con i generi, e The Devil Is a Part-Timer! (2013), isekai al contrario dove il Signore dei Demoni lavora in fast food: due declinazioni diverse della satirella fantastica.

    6) Kaguya-sama: Love Is War (2019–2022)

    Rom-com strategica: Kaguya e Shirogane si amano ma nessuno vuole confessare per primo. Ne nasce una “guerra fredda” di piani, bluff e escalation meta-comiche. Tre stagioni (più film) che fondono regia creativa, voice acting brillante e una crescita emotiva sorprendentemente tenera. Kaguya-sama: Love is War è perfetta se cerchi una commedia romantica che alzi l’asticella di messa in scena e scrittura. In scia, segnati Wotakoi: Love Is Hard for Otaku (2018), workplace rom-com nerd, e My Dress-Up Darling (2022), dolce e spigliata storia di cosplay e autostima: entrambe condividono l’attenzione ai dettagli del rapporto e la cura del “cuore” sotto le gag.

    7) One Punch Man (2015–2019)

    Satira supereroistica con coreografie da urlo. Saitama sconfigge chiunque con un pugno: da qui il paradosso comico di un eroe annoiato in un mondo che esplode di minacce. One Punch Man brilla quando contrappone epica audiovisiva e apatia zen del protagonista. Se ami l’idea di prendere in giro codici shōnen senza rinunciare allo spettacolo, è l’abbinamento perfetto. Per altre declinazioni meta-eroiche, prova The Tick (2016, serie live action USA, per il tono parodico) come curiosità occidentale, e torna in Giappone con Samumenco (2013), love-letter ironica ai tokusatsu che si trasforma più volte restando sempre spiritosa: due riferimenti “fuori lista” che ampliano il discorso sulla parodia dell’eroismo.

    8) Spy x Family (2022–in corso)

    Action-comedy dal cuore grandissimo. Una spia deve creare una famiglia fittizia per infiltrarsi… ma la “moglie” è un’assassina e la “figlia” è telepate. L’umorismo nasce dai malintesi, dal contrasto tra missione e affetti veri, e dalla dolcezza di Anya. Con 2 stagioni (episodi ~24 minuti), Spy x Family alterna set-piece dinamici, slice-of-life tenerissimi e running gag riuscite. Se ti piace questa miscela, dai spazio a Buddy Daddies (2023), due sicari si ritrovano alle prese con una bambina da crescere e a mettere in discussione le loro scelte di vita cercando di assicurarle una vita “normale”, Kakushigoto (2020), papà mangaka che nasconde il proprio lavoro alla figlia con situazioni comico-affettive, Hinamatsuri (2018), yakuza alle prese con una ragazzina con poteri psichici: tutte e tre le serie che condividono il cuore “family + super-situazioni”.

    9) Prison School (2015)

    Irriverente, sfacciata, deliberatamente sopra le righe: Prison School racconta cinque liceali confinati in una “prigione” scolastica gestita da un Consiglio Segreto. Fan-service e slapstick convivono con una sorprendente precisione nel timing comico e nel gioco di potere. Dodici episodi compatti, ritmo alto, zero paura di esagerare. Se cerchi altre commedie che spingono forte sull’assurdo “piccante”, orientati su Shimoneta (2015), satira sessuale demenziale, e Grand Blue (2018), college comedy di sbronze e fraintendimenti catastrofici: due titoli che, pur diversissimi, condividono la logica del “too much” usata qui per scuotere e far ridere.

    10) Ranma ½ (1989–1992)

    Classico immortale di Rumiko Takahashi: arti marziali, maledizioni acquatiche e romanticismo slapstick. Ranma si trasforma in ragazza con l’acqua fredda e la sua vita sentimentale/lottatoria diventa un caos adorabile. Oltre 160 episodi tra gag fisiche, triangoli e rivali folli: la formula ha influenzato decenni di commedie. Se vuoi esplorare il “proto-DNA” del titolo, recupera Lamù, la ragazza dello spazio (1981) per il vortice romantico-alieno e Maison Ikkoku (1986) per una vena più tenera e quotidiana: entrambe, sempre di Takahashi, mostrano quanto ampio sia il ventaglio comico-romantico che Ranma ½ ha portato al grande pubblico. Ma potreste anche dare un’occhiata al nuovissimo reboot di Netflix!

  • Da “I pugni in tasca” a “Esterno notte”: i migliori film e serie TV di Marco Bellocchio

    Da “I pugni in tasca” a “Esterno notte”: i migliori film e serie TV di Marco Bellocchio

    Manuela Santacatterina

    Manuela Santacatterina

    Editor a JustWatch

    A Venezia 82 ha presentato i primi due episodi di Portobello (2025), serie TV dedicata al caso giudiziario di Enzo Tortora che vedremo su HBO Max nel 2026. E, senza paura di venire smentiti, possiamo affermare che all'età di 85 anni Marco Bellocchio è ancora lo sguardo più lucido del cinema italiano. 

    L'unico, insieme a Marco Tullio Giordana, a saper raccontare il nostro Paese ed eventi cruciali della nostra Storia contemporanea con una limpidezza di pensiero rara da fare invidia a tanti colleghi.

    JustWatch ha stilato la classifica dei migliori film e serie TV di Marco Bellocchio da (ri)vedere!

    9. Fai bei sogni (2016)

    Con Fai bei sogni, Marco Bellocchio ci regala uno dei finali più belli e struggenti del cinema italiano degli ultimi 20 anni. Lo fa partendo dal romanzo omonimo e autobiografico di Massimo Gramellini che segue la vita dell'autore, un giornalista con il volto di Valerio Mastandrea che, dopo la misteriosa morte della madre quando era bambino, convive con un dolore irrisolto.

    Se nel suo esordio al lungometraggio con I pugni in tasca, Bellocchio uccide la figura materna, qui in un certo senso la fa rivivere attraverso i flashback del passato del protagonista che cerca di trovare una risposta alle domande che si pone da tutta la vita. Un viaggio interiore in cui, per 131 minuti, il regista affronta il tema del lutto – come farà in modo ancora più diretto e personale in Marx può attendere - intrecciato a un seme di speranza. Una delle opere più emozionanti della filmografia di Bellocchio da vedere se hai apprezzato Lei mi parla ancora (2021) e Ride (2018).

    8. L’ora di religione (2002)

    Un film spiazzante che, all'epoca dell'uscita, suscitò una forte reazione indignata da parte della comunità cattolica italiana. Il motivo è un'imprecazione pronunciata da uno dei personaggi. Scelta che Bellocchio ha sempre difeso. Non da considerare come una blasfemia, dunque, ma come l'espressione di una profonda disperazione del personaggio.

    Il film segue Ernesto (Sergio Castellitto), illustratore di favole discendente da una famiglia blasonata ma caduta in disgrazia. L'uomo scopre, sgomento, che i familiari vorrebbero riacquistare prestigio grazie alla beatificazione di sua madre. Attraverso questa storia Bellocchio, in un'ora e 40 minuti, affronta tematiche care al suo cinema, dalla fede alla famiglia, svelando l'ipocrisia che ci guida come singoli e come società. Se lo sguardo del regista sull'ingerenza della religione nella vita degli esseri umani raccontata in Rapito ti ha affascinato, puoi recuperare questa pellicola del 2002.

    7. Sbatti il mostro in prima pagina (1972)

    Un film dalla forza premonitrice impressionante. Sbatti il mostro in prima pagina, ambientato durante gli anni di piombo a Milano, vede Gian Maria Volontè – in una prova magistrale - vestire i panni di Giancarlo Bizanti, redattore capo di un giornale conservatore che, su volere della proprietà del quotidiano, sfrutta le indagini di un omicidio per fini politici, provando a incastrare un giovane militante di sinistra. 

    Una pellicola che, nell'epoca delle fake news e di un giornalismo sempre più di parte, appare più attuale che mai nella sua denuncia della manipolazione dei media come strumento di propaganda. Se ami il cinema sociale come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), La classe operaia va in paradiso (1971) e Le mani sulla città (1963), amerai anche Sbatti il mostro in prima pagina.

    6. Marx può aspettare (2021)

    Il lavoro più intimo e personale di tutta la filmografia di Marco Bellocchio. Se nei film di finzione i riferimenti alla sua vita sono stati filtrati attraverso il racconto cinematografico, con Marx può aspettare il regista si confronta direttamente con Camillo, il fratello gemello morto suicida nel 1968.

    Un'opera struggente e lucida, un'analisi sul senso di colpa che lo ha accompagnato tutta la vita e che ha cercato di esorcizzare attraverso le storie portate sullo schermo. Ma anche 97 minuti di confronto, dove il regista riunisce tutta la sua famiglia per guardare a ritroso alla loro storia e mettere sul tavolo rimpianti e dolore mentre riflette su come l'arte possa contribuire ad alleviarli. Da recuperare se hai amato Gli occhi, la bocca (1982), in cui Bellocchio racconta proprio la storia di due fratelli gemelli e un suicidio.

    5. Buongiorno, notte (2003)

    Raccontare la prigionia di Aldo Moro sequestrato dalle Brigate Rosse e immaginarne un finale diverso per una storia che conosciamo tutti. Con Buongiorno, notte, Bellocchio affronta una delle ferite più profonde della storia italiana con un punto di vista del tutto inedito.

    Lascia da parte la fredda cronaca degli eventi e ci porta nel covo dove era rinchiuso il fondatore della Democrazia Cristiana (Roberto Herlitzka) mostrandoci il dramma dello statista e il dubbio vissuto da una delle brigatiste (Maya Sansa) disarmata dall'umanità di Moro. Un'ora e 46 minuti in cui Bellocchio fotografa le insidie delle ideologie, mentre racconta gli anni di piombo dall'interno aprendo a un barlume di speranza regalato da un finale emozionante e inatteso. Se hai visto il film/serieEsterno notte in cui il regista ritorna sul rapimento Moro analizzandolo da un'altra prospettiva, non puoi perderti il film del 2003.

    4. Rapito (2023)

    Con Rapito Marco Bellocchio torna a confrontarsi ancora una volta con la religione e la sua intromissione nel privato delle persone. Lo fa portando sullo schermo la vera storia del piccolo Edgardo Mortara che già Spielberg avrebbe voluto trasformare in un film. Un bambino ebreo di sei anni, battezzato di nascosto da una domestica, strappato alla sua famiglia nel 1858 per essere cresciuto come cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX.

    Un dramma in costume dalla forte potenza emotiva e visiva arricchito dalle grandi interpretazioni di Barbara Ronchi, Fabrizio Gifuni e Fausto Russo Alesi e Paolo Pierobon. Un'opera maestosa che, in 134 minuti, ci lascia interdetti e si interroga sul rapporto tra fede e (stra)potere, identità e famiglia. Da non perdere se ami i film incentrati su complesse storie vere come Il signore delle formiche (2022) di Gianni Amelio.

    3. Il traditore (2019)

    Una delle più riuscite interpretazioni di Pierfrancesco Favino per uno dei più riusciti film di Marco Bellocchio. Con Il traditore, il regista ricostruisce la storia di Tommaso Buscetta, il primo grande pentito di mafia che ha portato a galla molti segreti di Cosa Nostra. Belocchio ne racconta la scissione psicologica, diviso tra il suo legame con la famiglia criminale e la necessità di allontanarsene.

    Nel farlo ricostruisce in modo minuzioso il maxiprocesso nell'aula-bunker di Palermo e ci regala sequenze oniriche dal forte impatto visivo. Favino, dal canto suo, dà vita a un'interpretazione complessa e stratificata grazie alla quale vedere un po' più da vicino un mondo fatto di regole e rituali dal retrogusto ancestrale. Due ore e 25 minuti di puro cinema che Bellocchio governa con mano e sguardo fermi. Da vedere se hai apprezzato Il pentito (1985),La trattativa (2014) eIddu – L'ultimo padrino (2024).

    2. Esterno notte (2022)

    Un film diviso in due parti o una serie di sei episodi da 344 minuti complessivi. Poco importano le etichette. L'unica cosa certa è che Esterno notte è una delle opere più importanti di tutta la filmografia di Marco Bellocchio. Quasi 20 anni dopo Buongiorno, notte, il regista torna a parlare del rapimento di Aldo Moro. Questa volta, però, lo sguardo è più ampio e non si limita a raccontare la prigionia e il rapporto del politico con i suoi carcerieri brigatisti.

    Questa volta Bellocchio apre anche a tutti i protagonisti della scena politica di questi giorni e ai familiari del giurista interpretato da uno straordinario Fabrizio Gifuni. Così facendo ci restituisce un ritratto umano sfaccettato in cui tragedia e grottesco si mescolano e raccontano di un Paese senza più riferimenti. Una visione obbligatoria a cui accostare anche la pellicola del 2023.

    1. I pugni in tasca (1965)

    Debutto al lungometraggio per il ventiseienne Marco Bellocchio che con I pugni in tasca manda all'aria l'idea buonista di famiglia in 105 minuti. Lo fa raccontando la storia di quattro fratelli e la loro anziana madre cieca. Tra di loro Alessandro, interpretato da Lou Castel, che medita di uccidere i suoi familiari per permettere al maggiore di loro di vivere una vita serena senza doversi prendere cura delle loro esigenze.

    Un film provocatorio e crudo che all'epoca fece scalpore e con il quale il regista mette a nudo tutta l'ipocrisia borghese a lui contemporanea. Anche dal punto di vista cinematografico, la pellicola è di rottura nei confronti del cinema che l'ha preceduto e al suo interno è ricca dei temi che Bellocchio affronterà nelle sue opere successive, come in Marx può aspettare e L'ora di religione.

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