Quando uscì, nel 2019, in pochi conoscevano la storia di The Boys. Certo, il racconto ideato da Garth Ennis e Darick Robertson era già un cult tra gli appassionati di fumetti, ma quando dalle pagine si è passati al formato serie, ecco spuntare uno dei titoli più convincenti e appassionanti degli ultimi anni, senza ombra di dubbio.
Tra lo splatter e il black humor, tra satira affilata ed effetti speciali, The Boys ha preso il genere supereroistico e l’ha lanciato in direzioni prima impensabili, diventando un fenomeno globale fin dal primo episodio. E non è un caso se dal titolo originale sono iniziati a spuntare spin-off o prequel, arricchendo il mondo di The Boys di nuovi intrecci e personaggi. Niente di nuovo rispetto all’universo Marvel? Non proprio, qui i supereroi non sono i paladini senza macchia del MCU, ma star viziate, subdole, disposte a tutto pur di accrescere fama e potere.
Ogni stagione di The Boys ha aggiunto uno strato in più di cinismo, violenza e critica sociale, consolidando la serie come una delle saghe più irriverenti degli ultimi anni. Ma come orientarsi tra stagioni, linee temporali e universi paralleli? Soprattutto ora che siamo in attesa del quinto (e ultimo) capitolo della saga – in arrivo per la seconda metà del 2026. Ecco quindi una guida completa, con tutte le serie e gli spin-off da guardare in ordine, per non perdere neanche un tassello della storia.
1. The Boys – Stagione 1 (2019)
Un debutto roboante, una serie che già dalle prime scene rapisce e convince, anche (e soprattutto) chi è solito storcere il naso davanti al genere supereroistico. Qui si ribalta il tavolo, i supereroi vengono ritratti in maniera spietata, super-influencer in mano a una multinazionale senza scrupoli. La trama conquista fin dall’inizio con un mix di dramma (la storia del protagonista Hughie), action, satira feroce e comicità tagliente. Un titolo volutamente sopra le righe, che non ha paura di andare oltre e stravolgere le regole, consigliatissimo per chi cerca una serie che spezzi gli schemi dei cinecomic tradizionali, un po’ come aveva fatto Watchmen al cinema. La prima stagione rimane forse il capitolo più potente della saga, certamente la più ricca di dark humor e colpi comici geniali – su tutti lo sketch in cui vengono citate le Spice Girls, di un altro livello.
2. The Boys – Stagione 2 (2020)
Con la seconda stagione cambia il registro, qui più oscuro e dalle tonalità più “politiche”, a tratti disturbante per quanto riesce a rispecchiare il mondo in cui stiamo vivendo, ovviamente esagerandone le storpiature. La volontà di potere dei supereroi si porta al centro della scena, con temi come l’eugenetica o la superiorità della razza, tra propaganda e social media utilizzati per manipolare le masse. Con questa stagione The Boys accentua i suoi tratti più satirici che verranno poi ripresi nei capitoli successivi, in cui il paragone tra il ciuffo biondo di Homelander e l’attuale presidente USA verrà sempre più esplicitato. È qui che la serie inizia a osare davvero sul piano sociale, portando a galla i lati più distopici della cultura pop contemporanea. Il ritmo è forse meno sorprendente rispetto alla prima stagione, ma guadagna in complessità e stratificazione. È consigliata a chi non cerca solo intrattenimento, ma anche uno specchio satirico del presente.
3. The Boys Presents: Diabolical (2022)
Con Diabolical il franchise cambia volto e sperimenta con l’animazione. Otto episodi brevi e indipendenti, ognuno con stili e toni diversi, esplorano lati del mondo di The Boys che nella serie principale restano solo accennati. Un format che ricorda la geniale Love, Death & Robots in quanto a libertà creativa, ma è pensata soprattutto per i fan già affezionati alla serie originale, per cui può risultare più come un “contenuto extra” che come un titolo a sé stante. Interessante per come riesce a esplorare i margini più nascosti della trama centrale, ma più che la storia qui a colpire è lo stile visivo. Un esperimento affascinante ma rimane comunque secondario, perfetti per gli amanti dell’animazione fuori dagli schemi e per i fan più sfegatati della serie.
4. The Boys – Stagione 3 (2022)
Nuova stagione, nuovo registro, dalla satira oscura si gira verso l’action, si infittisce la storia con nuovi personaggi e grandi ritorni, che vanno ad arricchire il ghigno già glaciale di Homelander, il supereroe più villain di sempre. Qui la serie spinge sull'acceleratore, con sequenze che prendono a piene mani dal genere splatter, esaltando le origini comics di The Boys, mentre la trama si arricchisce con colpi di scena continui che vanno a stravolgere le dinamiche buoni-cattivi (mai del tutto definite nella saga). Rispetto alla critica sociale della seconda stagione, qui si punta su tonalità più spettacolari e per questo risulterà più vicina ai fan del genere supereroi più tradizionale. Ma niente paura, perché se la terza stagione perde in profondità e in satira a favore dell’adrenalina, con la quarta stagione si torna in quella direzione, ma in maniera ancora più spietata.
5. Gen V – Stagione 1 (2023)
Seppur non ai livelli di tensione della storia principale, questo spin-off nasce da un’idea strepitosa, raccontare il mondo dei super prima che diventino super, ovvero della Godolkin University, una sorta di Hogwarts del mondo di The Boys, ma con tanta (tantissima) dose di ormoni e Comp V in più. Ovviamente nessun paragone con Harry Potter, nemmeno con la scuola per giovani mutanti di X-Men: qui ci sono indici di gradimento social, genitori manager, followers, graduatorie spietate e storie di crescita personale. E quindi l’ansia di essere accettati, la paura del giudizio altrui, la scoperta del proprio corpo e dei superpoteri, insomma, tutti gli elementi del teen drama, ma “potenziati”. Gen V è un prodotto pensato chiaramente per un pubblico più giovane, che tuttavia riesce a mantenere lo stampo di The Boys, tra cinismo, satira pungente e scene action tendenti allo splatter più ironico. Un esperimento molto più che riuscito, adatto a chi ama i teen drama, senza rinunciare al taglio irriverente e sopra le righe che caratterizza l’intero franchise. Forse meno impattante rispetto a The Boys, ma solida e capace di reggersi sulle proprie gambe.
6. The Boys – Stagione 4 (2024)
È con la quarta stagione che The Boys raggiunge il suo apice dark, tra super-dittatori, virus di sterminazione di massa, con i toni politici e distopici amplificati alla massima potenza. L’America è ritratta in maniera feroce, sull’orlo della guerra civile, i richiami alla politica statunitense contemporanea qui vengono più che esplicitati. Questa è una delle stagioni più intense anche se forse la più difficile da seguire, perfetta per chi ama i thriller e le distopie politiche, ma il lato più comico di The Boys ne soffre un po’, messo da parte per accentuare il lato satirico della serie. Rispetto alle stagioni precendenti qui il ritmo risulta più incostante e sembra soffrire dell’entrata in scena di tanti (forse troppi) nuovi personaggi. Poco male, perchè la faida tra Butcher e Homelander raggiunge l’apice (Karl Urban e Antony Starr, voto 10), con un colpo di scena nelle ultime scene che prepara alla resa dei conti finale. Perde un poì la freschezza degli inizi, a volte sempra calcare un po’ troppo la mano sulla critica sociale, ma l’asticella rimane comunque altissima.
7. Gen V – Stagione 2 (2025)
La seconda stagione di Gen V segna un cambio di passo, mettendo decisamente da parte le tonalità teen drama per portare al centro il doloroso percorso di formazione della protagonista, amplificato dal lutto per la perdita di Andre (conseguenza forzata per la tragica scomparsa dell’attore Chance Perdomo). La trama si avvicina sempre di più al nucleo centrale di The Boys, e Gen V perde molto dell’autonomia spin-off, con la spietata Vough e la sua follia eugenetica si sempre più presenti. A soffrirne è il ritmo scanzonato e ironico che aveva contraddistinto la prima stagione, dato che anche qui i binari si dirigonoverso l’oscurità verso cui aveva virato il filone principale. Un titolo che racconta di identità, che va in profondità, ma meno adatto per chi amava la leggerezza del capitolo precedente. Il risultato è una serie meno esplosiva ma più consapevole, capace di trasformare la perdita in motore narrativo e confermare che Gen V non era semplicemente il capitolo “teen-splatter”, ma un tassello necessario della saga.