Sono passati 80 anni dall’uscita nelle sale italiane di Roma città aperta, il capolavoro post-bellico di Roberto Rossellini. Il film neorealista inaugurava l’epoca d’oro del cinema italiano, che sarebbe continuata per tre decenni. In questo periodo, il nostro cinema era sulla bocca di tutti, ispirando alcuni dei registi che avrebbero fatto la storia come Martin Scorsese e David Lynch.
In occasione di questo anniversario, ci è sembrato opportuno presentarvi la nostra lista con i migliori film italiani di sempre. Questi 10 capolavori sono da vedere almeno una volta nella vita, anche se consigliamo di vederli almeno una volta all’anno. Abbiamo selezionato i titoli in base alla loro iconicità, al valore tecnico e scegliendo solamente un film per regista.
10. Gomorra (2008)
Prima de La grande bellezza, Gomorra aveva fatto riaccendere i riflettori internazionali sul cinema italiano. Il film di Matteo Garrone tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano è un connubio perfetto tra due generi che hanno reso grande il cinema del Bel paese: il film crime e il neorealismo. La pellicola esplora il contesto criminale della Camorra, ma nel farlo lascia da parte l’epicità di classici come Il padrino (1972) e Scarface (1983). Qui siamo di fronte alla realtà dura e cruda, raccontata in maniera simile in film come City of God (2002) e Il profeta (2009). Gomorra (2008) si posiziona al decimo posto perché le sue atmosfere nichiliste potrebbero lasciare turbati alcuni spettatori.
9. La battaglia di Algeri (1966)
Il realismo di Gomorra (2008) non si perde con la posizione numero 9, il classico di Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri. Il film è stato un manuale visivo sia per i rivoluzionari di mezzo mondo che per alcune agenzie governative, ovviamente per scopi diametralmente opposti. Il film narra il processo di decolonizzazione dell’Algeria dal controllo francese e lo fa con un taglio realista incredibile. Sembrano immagini in diretta più che le sequenze di un film, grazie all’uso della camera a mano e di attori non professionisti. La fama di questo capolavoro è tale che il film ha fatto un piccolo cameo in Una battaglia dopo l’altra (2025) di Paul Thomas Anderson. Il nono posto è dovuto allo spirito vintage dell’opera.
8. La grande bellezza (2013)
La grande bellezza (2013) è uno dei film simbolo del cinema italiano del 21esimo secolo. Vincitrice dell’Oscar al Miglior film straniero, la pellicola di Paolo Sorrentino sembra offrire solo forma all’inizio. Lo stile estetico del regista è indiscusso, tra carrellate sublimi e una fotografia senza paragoni. I rimandi al cinema felliniano sono espliciti, ma La grande bellezza (2013) non è una brutta copia de La dolce vita, come vorrebbero i suoi detrattori. È un ritratto dei tempi che corrono, dove noia, apatia e decadenza fanno da padrone. Questo titolo colpirà in particolare chi ama film riflessivi come Before Sunset - Prima del tramonto (2004) e Synecdoche, New York (2009). Seppur magistrale, La grande bellezza (2013) non va oltre l’ottavo posto per la sua lunghezza, forse eccessiva.
7. Non essere cattivo (2015)
Pur non essendo uno dei registi più prolifici della storia, Claudio Caligari era sicuramente uno dei più talentuosi di sempre. Tre sono i film che compongono la sua filmografia e Non essere cattivo è il titolo che chiude la trilogia con Amore Tossico (1983) e L'odore della notte (1998). Ci troviamo sempre in ambiti crime come in Gomorra (2008), anche se qui il focus è molto più ristretto. La tragica vicenda tra droga, crimine e redenzione vede protagonisti Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), due giovani criminali comuni. Oltre alle prove immense degli attori, Non essere cattivo (2015) brilla per il taglio registico di Caligari e per una storia ricca di emozioni che non vi lascerà indifferenti. Se non fosse per i film che lo seguono, Non essere cattivo (2015) potrebbe essere facilmente in vetta.
6. Roma città aperta (1945)
80 anni portati divinamente per Roma città aperta (1945), un film iconico che si posiziona al sesto posto. Solamente per il ritmo, a volte troppo posato. Come per La battaglia di Algeri (1966), Roberto Rossellini costruisce una pellicola che sa di documentario. Il suo è un cinema istantaneo che racconta la realtà quotidiana della capitale sotto l’occupazione nazi-fascista. Il tutto a due anni dall’effettiva fine della guerra. Un pilastro del neorealismo, Roma città aperta (1945) contiene l’interpretazione eccellente di Anna Magnani, la cui corsa alla fine del film è ormai leggendaria. Se amate film di guerra ultra realistici come Va' e vedi (1985), dovreste considerare il classico di Rossellini per la vostra prossima visione.
5. Nuovo Cinema Paradiso (1988)
Con l’arrivo degli anni ‘80, il fasto del cinema italiano iniziava a scemare, a eccezione del cinema horror. Il cinema d’autore, però, non si dava per vinto e l’uscita di Nuovo Cinema Paradiso riportava in alto le speranze. Con una colonna sonora da bocca aperta di Ennio Morricone e la visione unica di Giuseppe Tornatore, il film non poteva che essere un capolavoro. Tuttavia, oltre agli aspetti tecnici perfetti, Nuovo Cinema Paradiso (1988) vive delle sue emozioni, costruendo un amalgama di nostalgia e allegria mai visto prima. Seppur i suoi fan vorrebbero non finisse mai, questa pellicola supera i 150 minuti di visione e ciò potrebbe lasciare indeciso qualcuno. Per questo motivo, Nuovo Cinema Paradiso (1988) si ferma al quinto posto.
4. Suspiria (1977)
Suspiria è sulla bocca di tutti quando si parla di horror. Il capolavoro di Dario Argento ha stupito il mondo con i suoi colori sgargianti e le morti agghiaccianti che porta sullo schermo. Estetica e violenza si fondono nel cinema argentiano, con ogni inquadratura che potrebbe essere tranquillamente un quadro. A completare l’opera ci pensano la colonna sonora psichedelica dei Goblin e una prova eccellente di Jessica Harper nei panni della protagonista. Suspiria (1977) si ferma a un passo dal podio perché adatto a un pubblico con lo stomaco forte. Tuttavia, se perdete la testa per horror al neon come Mandy (2018) e Bliss (2019), Suspiria (1977) è uno degli apripista di questa tipologia.
3. Il conformista (1971)
Se si parla di iconicità e pregio tecnico, ci sono pochi film che possono competere con Il conformista. Dopo la visione del capolavoro di Bernardo Bertolucci non potrete non sognare la fotografia espressionista di Vittorio Storaro. I colori del film non sono solo pura estetica, ma trasmettono le emozioni che la storia suscita. Come per La grande bellezza (2013), Il conformista (1971) non si ferma a mero spettacolo visivo. Al contrario, esplora la tendenza del fascismo a creare e a prediligere persone conformiste, che obbediscono senza fiatare. Il podio era scontato, anche se ho lasciato il film di Bertolucci sul gradino più basso. Se l’aspetto tecnico può competere ad armi pari con i due film successivi, questi ultimi battono Il conformista (1971) come simboli del nostro cinema.
2. Il buono, il brutto, il cattivo (1966)
Il buono, il brutto, il cattivo ha rivoluzionato il western con il suo revisionismo all’italiana, sancendo il trionfo di Sergio Leone come uno dei registi più rappresentativi dello Stivale. Come per Nuovo Cinema Paradiso (1988), ritroviamo l’epicità di Ennio Morricone. Le sue musiche si sposano perfettamente con il cinema di Leone, mitologico e vasto. Il buono, il brutto, il cattivo (1966) è irresistibile anche per la sua trama ricca di emozioni, dalle risate più chiassose al terrore più puro. Il podio è il minimo accettabile, anche se il film di Leone non riesce a scalare la vetta a causa di un signore chiamato Federico Fellini.
1. La dolce vita (1960)
Se si parla di cinema italiano, Fellini è da sempre il non plus ultra. La sua filmografia è piena zeppa di capolavori e di film iconici e sceglierne uno non è stato facile. Tuttavia, La dolce vita rappresenta appieno il suo spirito di cineasta, a cavallo tra quotidianità e surrealismo. Potremmo stare qui in eterno a elencare tutti gli elementi che rendono La dolce vita (1960) un capolavoro senza se e senza ma. La fotografia celestiale, la prova iconica di Marcello Mastroianni, la sequenza iniziale con la statua di Gesù, le musiche di Nino Rota, Anita Ekberg nella Fontana di Trevi: impossibile fermarsi. La posizione numero uno era forse scontata, ma è per questo che si chiamano ovvietà.

































































































