Il cinema mondiale non sarebbe lo stesso senza il contributo essenziale del Bel paese, come ci dimostrano le dichiarazioni d’amore per il cinema italiano di mostri sacri della settima arte come Martin Scorsese e David Lynch. L’Italia è riconosciuta internazionalmente per il suo movimento neorealista, incentrato sul raccontare storie delle classi subalterne e famoso per il vasto utilizzo di attori non professionisti e “autentici”.
Allo stesso tempo, dallo Stivale provengono anche film di genere che, per la sensibilità e bravura dei registi, sono diventati dei gioielli del cinema d’autore. Il nostro cinema ha sfornato western, polizieschi, horror e film storici che farebbero impallidire molti film che vengono pubblicati oggi. Questa lista vi propone i 10 migliori film italiani che rappresentano in toto l’apporto del nostro cinema al potere della settima arte.
I criteri di scelta sono stati la bellezza estetica, l’eredità artistica delle opere e ciò che hanno trasmesso, e continuano a farlo, agli spettatori. Inoltre, ho deciso di scegliere solo un film per regista per dare spazio alle diverse voci che hanno animato il cinema italiano. Con buona pace di Fellini, Leone, Bertolucci e altri, che avrebbero potuto completare la classifica solo con i loro film.
10. La notte (1961)
La notte è uno degli innumerevoli capolavori autoriali di Michelangelo Antonioni, nonché il film che apre la classifica. Facente parte di una trilogia con L'avventura (1960) e L'eclisse (1962), il film con Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau vive della sua pacatezza e tranquillità. Il ritmo è posato e il pennello con il quale Antonioni dipinge la storia si tinge di desolazione e isolamento. Non a caso, il cinema freddo e rarefatto del regista non poteva che essere apprezzato da un altro maestro con uno stile simile, ovvero Stanley Kubrick. La notte (1961) si posiziona all’ultimo posto perché è uno di quei film che si amano o si odiano. Qualcuno potrebbe trovarlo noioso mentre altri potrebbero avere delle rivelazioni esistenziali non comuni. Non c’è altro da fare se non guardarlo e capire a che categoria si appartiene.
9. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)
Alcuni dei migliori film italiani hanno saputo intrecciare la settima arte con risvolti pienamente politici. In questa lista troverete ben quattro titoli con questa inclinazione. Prima del trittico che trovate alle posizioni sei, cinque e quattro, è Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto ad aprire le danze. Il cult di Elio Petri con Gian Maria Volonté è incisivo tanto quanto Salò o le 120 giornate di Sodoma, anche se leggermente meno “sporco”. La critica al sistema rimane ma velata da una commedia nera a tratti surreale. Impossibile non menzionare uno dei punti di forza della pellicola, ovvero la prova magistrale di Volonté nei panni di un ispettore di polizia che fa di tutto per testare la lealtà dei suoi sottoposti. Regola d’oro: se un film anni ‘70 italiano ha un titolo chilometrico, nove volte su dieci è un grande film.
8. Nuovo Cinema Paradiso (1988)
Come per La dolce vita, Nuovo Cinema Paradiso fonde la commedia con alcuni momenti di dramma, il tutto amalgamato con una generosa dose di nostalgia. Non c’è un fotogramma nel classico di Giuseppe Tornatore che non vi lascerà a bocca aperta. A contribuire alla magnificenza visiva di Nuovo Cinema Paradiso (1988) ci pensano le scelte delle inquadrature di Tornatore, che non ne sbaglia una, e la fotografia mozzafiato di Blasco Giurato. Ciò non toglie che il pezzo forte del film rimane la storia raccontata, che genera un’empatia simile a quella che troverete nel film successivo nella lista, ovvero Ladri di biciclette. Non perdetevelo se amate pellicole coming-of-age come L'ultimo spettacolo (1971) e Boyhood (2014).
7. Ladri di biciclette (1948)
La pietra miliare del movimento neorealista Ladri di biciclette (1948) è il film più vecchio nella lista, ma il suo potere può essere ancora percepito ai giorni nostri. La pellicola di Vittorio de Sica è un viaggio drammatico, ma con toni da commedia, nell’Italia del secondo dopoguerra. Tra miseria e voglia di riscatto, il film dosa perfettamente l’atmosfera drammatica con uno stile visivo senza sbavature. Il focus sociale di de Sica non appesantisce minimamente la storia raccontata, ma forma uno strato in più con il quale lo spettatore deve fare i conti. infatti, la vicenda di Antonio e della sua bicicletta rubata crea un senso di empatia che non appare fabbricato ma naturale. Ladri di biciclette (1948) si attesta al settimo posto solamente perché i film successivi offrono impianti visivi ancora più magnifici.
6. Il conformista (1971)
Il conformista è un altro esempio, dopo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), del carattere politico di un certo cinema italiano. Scritto e diretto dal due volte premio Oscar Bernardo Bertolucci, il film con Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli e Gastone Moschin è uno spettacolo per gli occhi e per il cervello. Da un lato, troviamo la fotografia leggendaria di Vittorio Storaro e i sublimi movimenti di macchina di Bertolucci. Dall’altro, Il conformista (1971) rimane fedele al suo titolo mostrando la connessione tra conformismo, fascismo e ricerca della normalità imposta dalla società. Il sesto posto è dovuto al fatto che i film successivi hanno avuto un impatto maggiore nella storia del cinema. Visivamente, però, rimane tra i migliori di questa lista.
5. Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976)
Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini è un film radicale adatto soprattutto a cinefili di lunga data. E soprattutto a persone con un forte stomaco. Come per Il conformista (1971), il poliedrico intellettuale contribuisce all’analisi del periodo fascista attraverso la settima arte. Per farlo, Pasolini costruisce un film corrosivo e altamente disturbante, famoso per le sue scene eccessive degne dei migliori horror. Salò o le 120 giornate di Sodoma (1976) è anche uno spettacolo visivo e la sua perfezione estetica non fa che aumentare il senso di disagio che si prova guardando la pellicola. Un film provocatorio che ha fatto scuola e che testimonia la totale rottura degli schemi del cinema pasoliniano. Lo metto al quinto posto perché potrebbe risultare indigesto ad alcuni.
4. La battaglia di Algeri (1966)
Gillo Pontecorvo non ha all’attivo molti film, ma, ogni volta che si sedeva dietro la macchina da presa, il risultato era alquanto pregiato. La battaglia di Algeri è il suo insuperabile capolavoro e degli esempi più brillanti dello stile neorealista. Pontecorvo narra della lotta anticoloniale algerina contro i francesi con uno stile innovativo e scelte artistiche azzeccatissime. La pellicola sembra quasi un documentario in presa diretta, con un grande utilizzo della camera a mano. Per aumentare l’autenticità delle immagini, Pontecorvo utilizza molti attori non professionisti che, addirittura, avevano partecipato alla lotta di liberazione. Questo film chiude il trittico di pellicole politiche iniziato con Il conformista (1971) e, se ancora dubitate della sua influenza, potete trovare un cameo de La battaglia di Algeri (1966) in Una battaglia dopo l’altra (2025).
3. Suspiria (1977)
Ho voluto premiare Suspiria con il gradino più basso del podio per lo spettacolo visivo che il capolavoro di Dario Argento porta sullo schermo. Questo horror segna un passaggio fondamentale per il Maestro del brivido, che abbandona i gialli per buttarsi su atmosfere soprannaturali. Suspiria (1977) è tuttora lodato come uno dei film del terrore più belli di tutti i tempi ed è famoso per la sua fotografia caleidoscopica e i suoi magnifici set. Il film costruisce l’effetto paura in forma teatrale, come succede per esempio nelle prime due morti a inizio film, ma ciò non ne penalizza la potenza, ma la esalta. È come se fossimo di fronte a uno spettacolo macabro che attrae e respinge allo stesso tempo. Ciliegina sulla torta, la colonna sonora dei Goblin è tremendamente perfetta.
2. Il buono, il brutto, il cattivo (1966)
Il buono, il brutto, il cattivo è la punta di diamante della filmografia di Sergio Leone, nonché uno dei western più belli di tutti i tempi. E come potrebbe essere altrimenti? Il regista romano ha dalla sua una tecnica sopraffina invidiata da chiunque. Campi larghi, stretti, inquadrature di dettagli, riprese di paesaggi maestosi. Leone è capace di tutto e di più. Se a ciò aggiungiamo una colonna sonora da maestro da parte di Ennio Morricone e un cast con la “C” maiuscola capitanato da Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef, il gioco è fatto. Il buono, il brutto, il cattivo (1966) è un classico di genere tanto quanto Suspiria (1977) e La battaglia di Algeri (1966) e si posiziona al secondo posto della classifica perché ha influenzato generazioni e generazioni di registi.
1. La dolce vita (1960)
Cosa si può ancora dire de La dolce vita (1960)? Un’opera suprema creata da un regista supremo. Il film di Federico Fellini ha fatto innamorare il mondo di Roma e dell’Italia e rimane il film più importante e influente del Bel Paese. La dolce vita (1960) è un lungo viaggio all’interno della Capitale attraverso gli occhi del protagonista Marcello (Marcello Mastroianni), che si perde tra piaceri e ricerca di momenti felici. Un film esistenzialista mescolato con uno stile visivo da epopea. Basti pensare alla sequenza iniziale dell’elicottero e della statua di Gesù. La posizione numero uno era una scelta scontata che andava fatta perché de La dolce vita (1960) ce n’è una sola. Se cercate un tono esistenzialista come ne La notte (1961), ma con un’atmosfera ben più solare, il film di Fellini è una visione obbligatoria.
































































































