Diciamolo: KPop Demon Hunters è diventato un vero e proprio tormentone globale. Se non stai canticchiando “Golden” o "Soda Pop" o scrollando TikTok pieni di fan edit, probabilmente vivi in un bunker. Tra idol che combattono demoni tra una coreografia e l’altra, look da urlo e momenti da lacrimuccia, la serie ha conquistato tutti: dagli amanti del K-pop agli appassionati di anime, passando per chi non sa resistere a una protagonista che prende a calci gli inferi con i tacchi glitterati.
Sei stanco di riguardarlo in loop nella speranza di un secondo film o guardare il vuoto cercando un senso alla tua vita? Niente panico. Ecco 10 film d’animazione che ti faranno rivivere la stessa adrenalina, lo stesso stile esplosivo e quell’irresistibile mix di musica, magia e girl power. Preparati a rimettere le cuffie e a salvare il mondo… con stile.
Belle (Mamoru Hosoda, 2021)
Suzu è una ragazza timida che nella realtà non riesce più a cantare; nell’universo virtuale “U” rinasce come Belle, diva luminosa seguita da milioni di utenti. Il film è da vedere perché trasforma la performance in terapia: ogni canzone è un passo verso la ricomposizione dell’identità, tra trauma, vergogna e desiderio di essere visti davvero. Visivamente è un trip ipnotico: folle digitali, scenografie oniriche, abiti-palcoscenico che sembrano couture d’alta moda; a far da contrappunto, l’intimità ruvida della vita quotidiana. Il parallelo con KPop Demon Hunters è naturale: il palco scintillante contro i demoni interiori, l’immagine pubblica da gestire, il peso del fandom e del controllo. Hosoda innesta inoltre un eco di “La Bella e la Bestia” per interrogare empatia e cura nell’era dei social. La colonna sonora è trainante, le sequenze-concerto hanno la potenza di un live pop, ma il cuore resta il percorso di una ragazza che usa la voce per ritrovare sé stessa – online e, finalmente, offline.
Interstella 5555 (Kazuhisa Takenouchi, 2003)
Questa gemma cult realizzata con i Daft Punk è un’esperienza audiovisiva totale: zero dialoghi, solo l’album “Discovery” a guidare il racconto di una band aliena rapita da un produttore terrestre e trasformata in prodotto da “fabbrica pop”. È imperdibile per chi ha amato KPop Demon Hunters perché condivide la stessa estetica iper-pop, l’attenzione alla performance e un sottotesto lucidissimo sullo sfruttamento dell’immagine delle star. In Interstella 555 il palcoscenico diventa campo di battaglia: tra concerti, inseguimenti spaziali e identità rubate, il film parla di libertà artistica e del prezzo della fama. Il character design glam e la regia psichedelica trasformano ogni traccia in un set-piece visivo. È un viaggio da vedere con il volume al massimo, capace di far vibrare cuore, occhi e orecchie con una potenza che dialoga perfettamente con le vibrazioni pop-action di Hana & co.
Promare (Hiroyuki Imaishi, 2019)
Colori acidi, linee squadrate, dinamismo da videoclip e un’idea di movimento che sembra esplodere fuori dallo schermo: Promare è un trip futuristico in cui i pompieri mecha dei Burning Rescue sfidano i Burnish, mutanti piromani tra rivoluzione e persecuzione. Per chi ha amato KPop Demon Hunters, in Promare ritroviamo l’energia “da palco”, le pose larger-than-life e un’epica pop che mette a fuoco il conflitto tra potere e giustizia, istituzioni e outsiders. L’estetica “sparata a mille”, le coreografie d’azione millimetriche e le musiche pulsanti ricreano la stessa scarica di adrenalina da live show. Anche senza una boy band, il senso di squadra, i costumi iconici e l’overacting pieno di carisma colpiscono come un hook orecchiabile. È puro spettacolo: 105 minuti che filano via come un singolo estivo in heavy rotation, tra ironia, pathos e fuoco (tantissimo fuoco).
Macross Plus: Movie Edition (Shoji Kawamori, 1995)
Se ti intriga la musica come arma e linguaggio universale, Macross Plus è un riferimento cruciale. In scena c’è Sharon Apple, popstar virtuale che diventa senziente e pericolosa, mentre due piloti rivali si sfidano tra dogfight aerei e un triangolo emotivo sospeso tra passato e tecnologia. L’intreccio tra palcoscenico e guerra, immagine e desiderio, macchina e umano anticipa con lucidità temi oggi centrali nell’industria idol. Proprio come KPop Demon Hunters, mette a nudo il lato oscuro del culto dell’immagine e il rischio di perdere sé stessi nell’ingranaggio dello spettacolo. Le performance olografiche ipnotiche, la colonna sonora sofisticata e l’animazione ibrida creano un’estetica cyber-pop che pare predire stan culture, AI e fandom globali. Visionario, elegante, ancora attualissimo: un ponte perfetto tra action high-tech e critica del mito pop.
Paprika (Satoshi Kon, 2006)
Onirico, conturbante, abbagliante: Paprika è un tuffo nei sogni dove identità e performance si sfumano fino a confondersi. La scienziata Atsuko/“Paprika” entra nei subconscî per curare i pazienti, ma un sabotaggio trasforma la città in una parata allucinata di simboli e desideri. Perché è ideale per chi ha amato KPop Demon Hunters? Perché, pur lontano dall’estetica idol, mette al centro metamorfosi, personae e lotta interiore tra ciò che mostriamo al pubblico e ciò che siamo davvero. Il montaggio fluido di Kon, che passa da una “scena” all’altra come da un set a un backstage, dialoga con la dimensione performativa del pop contemporaneo. È cinema che suona come un concept album: ogni sequenza è un “brano” visivo che spinge sulla percezione. Ne esci con la sensazione di aver assistito a uno show mentale grande quanto un’arena.
Magical Girl Lyrical Nanoha: The Movie 1st (Takayuki Hamana, 2010)
Dietro l’apparenza kawaii di un “magical girl movie” in Magical Girl Lyrical Nanoha: The Movie batte un cuore action sorprendentemente intenso. Nanoha, studentessa qualunque, scopre poteri straordinari e si ritrova a combattere per proteggere mondi e legami, tra beam-struggle spettacolari e scelte che pesano. Per i fan di KPop Demon Hunters torna la risonanza tra trasformazione, performance e sorellanza: la magia come messa in scena, la squadra come coreografia emotiva. Le sequenze di combattimento sono veri numeri da palco, con armi-bacchetta che ricordano light-stick e finishing moves “coreografate” come breakdance di luce. A rendere tutto più avvincente è la carica emotiva: sotto il glitter c’è un discorso maturo su empatia, sacrificio e identità. Un ponte perfetto tra estetica idol e azione sincera, capace di parlare tanto agli occhi quanto al cuore del pubblico.
Nana (Morio Asaka, 2006)
Sì, è una serie e non un film, ma sarebbe un delitto non citarla in un itinerario legato a musica, identità e sorellanza. Nana segue due giovani donne che condividono lo stesso nome e un appartamento a Tokyo: una insegue il successo con la sua punk band, l’altra cerca un amore capace di darle un posto nel mondo. È da vedere perché racconta la scena musicale come rito di passaggio emotivo: concerti, sale prove, backstage diventano specchi di desideri e fragilità. Proprio come in KPop Demon Hunters, il cuore sta nel legame tra ragazze che si sostengono (e a volte si feriscono) mentre l’industria mette a nudo pressioni, compromessi e solitudini. L’attenzione ai dettagli – look, testi, dinamiche di gruppo – rende ogni episodio una piccola canzone di crescita. Se ami storie di amicizie incandescenti, sogni che costano caro e palcoscenici che salvano e consumano, Nana ti entra nelle ossa.
Perfect Blue (Satoshi Kon, 1997)
Se K-Pop Demon Hunters ti ha colpito anche per le ombre del mondo idol, Perfect Blue è la discesa definitiva nel lato oscuro dell’immagine. Mima lascia una girl band per diventare attrice e si ritrova stretta tra stalking, doppi digitali e una psiche che si incrina. È da vedere perché, con la lucidità di un bisturi, Satoshi Kon anticipa l’ansia da performance 24/7, il giudizio dei fan e l’erosione dell’identità sotto i riflettori. Qui il palco non è liberazione, ma labirinto: reality e finzione si avvitano finché lo specchio non restituisce più certezze. Il parallelo con KPop Demon Hunters sta nel peso dell’immagine pubblica e nella battaglia interiore che ne deriva – solo che Kon toglie glitter e lascia il dolore nudo. Thriller psicologico magnetico, disturbante, ancora attualissimo nell’era dei social: guardarlo significa chiedersi quanto di noi resti nostro quando diventiamo un personaggio.
Pretty Guardian Sailor Moon Cosmos: The Movie (Tomoya Takahashi, 2023)
Il gran finale del nuovo ciclo di Sailor Moon è un’esplosione di energia cosmica e sentimento. Usagi affronta una minaccia intergalattica che mette in gioco tutto ciò che ama, mentre il team delle Guardian brilla in trasformazioni e combattimenti dal respiro epico. Pretty Guardian Sailor Moon Cosmos: The Movie è da vedere perché incarna il girl power in chiave visiva: palette sgargianti, pose iconiche, coreografie che sembrano numeri da palco. Come in KPop Demon Hunters, il legame tra ragazze è il vero “superpotere”: amicizia, lealtà, sacrificio diventano musica emotiva che regge l’azione. Il tono è più maturo, ma conserva la magia dell’originale, fondendo nostalgia e spettacolo in un unico abbraccio. Se ti hanno conquistato la sorellanza militante, i costumi-immagine e l’idea che la performance sia anche un atto d’amore e protezione, Cosmos è il capitolo stellare che stavi aspettando.
Jujutsu Kaisen 0 (Sunghoo Park, 2021)
Prequel potente e autonomo, Jujutsu Kaisen 0 segue Yuta, ragazzo schiacciato da una maledizione che impara a incanalarla in forza. Ne esce un racconto di formazione adrenalinico: scuola di stregoneria, maestri carismatici, compagni che diventano famiglia, scontri disegnati come coreografie dal respiro musicale. È da vedere perché ha la compattezza di un concerto “best of”: ritmo alto, picchi emotivi, assoli visivi che restano in testa. Il punto di contatto con KPop Demon Hunters sta nell’energia giovane, nell’idea di talento come responsabilità e nel modo in cui la squadra trasforma il trauma in slancio. Non c’è la componente idol, ma c’è lo stesso battito: amicizia, dolore, redenzione che si intrecciano a un’azione diretta, leggibile, spettacolare. Se cerchi cuori che battono forte mentre il buio avanza – e un finale capace di risuonare a lungo – è una visione perfetta.