Slasher, gotico, found footage, body horror, dark fantasy: le sfumature e i sottogeneri del cinema horror sono molteplici e tutte degne di nota. Stilare una lista dei migliori film horror in assoluto è quindi pressoché impossibile, ma ci sono alcuni titoli che un fan dell’horror curioso di spaziare fra sottogeneri e periodi storici non può non conoscere.
Dagli albori dello slasher all’evoluzione del folk horror nei decenni, ecco quindi la nostra lista dei 15 migliori titoli, ordinata in ordine di uscita al cinema, che speriamo possa fornire una scelta ampia e variegata a chi è in cerca di brividi!
1. Nosferatu (1922)
Un’eccellente remake diretto da Robert Eggers lo ha riesumato dalle tenebre, ma l’originale Nosferatu non ha mai realmente perso di rilevanza. Il film horror muto e in bianco e nero diretto da Murnau portò sul grande schermo uno dei più inquietanti vampiri della storia del cinema, a cui sarebbero seguiti altri capolavori come il Dracula di Bram Stoker (1992) e Intervista col vampiro (1994).
Liberamente ispirato al romanzo di Bram Stoker, il film è una pietra miliare che gli amanti dell’horror non possono non conoscere per capire quanto il cinema degli albori sia riuscito a sfruttare al meglio risorse limitate per dar vita (o meglio, non-morte) a una delle creature più iconiche e terrificanti del grande schermo, che avrebbe lasciato il segno non solo sui pallidi colli delle vittime, ma anche nella storia del cinema, introducendo formalmente la figura del vampiro agli spettatori del grande schermo. Giochi di luci e ombre, atmosfera gotica e un’interpretazione da brivido di Max Schreck nei panni del Conte Orlok rendono Nosferatu un’immortale – come il suo villain – perla del genere horror.
2. Il bacio della pantera (1942)
Questo sottovalutato gioiello dell’horror può essere considerato un antenato del sottogenere folk horror, ovvero un film la cui trama si ispira a tradizioni e credenze popolari. In Il bacio della pantera (Cat People), una giovane donna di nome Irina è tormentata da un’antica leggenda balcanica secondo cui le donne di un villaggio sono destinate a trasformarsi in pantere nere in determinate circostanze… le cose si complicano quando Irina si innamora. E ancora di più, quando una collega di suo marito mostra una certa simpatia per l’uomo.
Nonostante la costante tensione e il dubbio che si insinua nello spettatore (è davvero tutta superstizione?) durante tutto il film, è la scena della piscina a essere una delle più inquietanti mai girate in quegli anni, che tutti i fan dell’horror dovrebbero vedere almeno una volta. Luci soffuse e una terrorizzata vittima in costume al centro della piscina vuota, difesa soltanto dall’acqua trasparente che la circonda, mentre strane ombre si proiettano sul muro e suoni animaleschi provengono da ogni lato… non c’è bisogno di aggiungere altro. Nascondete i vostri gatti e preparatevi alla visione.
3. L’invasione degli ultracorpi (1956)
Negli anni Cinquanta, è la fantascienza a dominare lo schermo, ma gli elementi del genere horror ne sono parte integrante: così come Alien viene spesso considerato uno Sci-Fi horror, L’invasione degli ultracorpi è un horror di fantascienza che riflette le paure predominanti di un’America in guerra: la paura dello straniero, dell’invasione, della dominazione del proprio territorio da parte di una minaccia esterna.
Questo caposaldo dell’horror sci-fi diretto da Don Siegel presenta agli spettatori una tranquilla cittadina statunitense in cui alcuni abitanti iniziano a dubitare dei propri cari, ritenendoli degli impostori che hanno assunto le loro sembianze. Un medico viene così coinvolto in quella che sembra un’allucinazione collettiva ma che (purtroppo) è molto di più. In un perfetto crescendo di tensione e rivelazioni sconvolgente, L’invasione degli ultracorpi è l’horror vintage per eccellenza, non troppo lento e con tematiche sempre attuali. Così attuali che non sorprende che ne siano seguiti remake (Ultracorpi – L’invasione continua, 1993), reboot (Invasion, 2007) e persino serie TV (Invasion).
4. Psycho (1960)
Siamo qui giunti a un film di successo globale al punto che tutti, anche gli spettatori che non amano l’horror, ne sanno riconoscere l’iconica colonna sonora e i terrificanti frame in bianco e nero. Psycho, diretto dal maestro del brivido Alfred Hitchcock, è un horror psicologico brutale, insidioso e uno slow-burn con sporadiche esplosioni di violenza dal tempismo perfetto.
Anthony Perkins (Norman) offre un’interpretazione magistrale nel ruolo del turbato proprietario del Bates Motel, che destabilizza lo spettatore con un mix di follia e occhi da cerbiatto, ma il merito va anche a Janet Leigh (Marion) per aver saputo reggere l’intera parte iniziale del film che precede la tensione culminante nell’arcinota scena della doccia. Precursore dei moderni slasher come Non aprite quella porta (1974) e Halloween (1978), Psycho ha rivoluzionato il genere portando finalmente sullo schermo una mostruosità cruda, complicata, realistica e brutale: quella umana. Non lasciatevi ingannare dall’anno di produzione: questo capolavoro riesce ancora a inquietare profondamente i moderni spettatori, non tanto per la (scarsa) presenza di sangue e scene grafiche, tanto per l’intensità con cui mette in scena senza fronzoli gli effetti di una psiche turbata.
5. Rosemary’s Baby (1968)
Di bambini demoniaci ne abbiamo visti tanto negli ultimi decenni, ma pochi di questi fanno gelare il sangue come il loro antesignano Rosemary’s Baby. Eppure, le premesse sembrano tutt’altro che spiacevoli: una coppia di giovani sposi si trasferisce in una casa nuova, lui riceve il lavoro dei suoi sogni, lei resta incinta e ne è felice… ma come noi fan dell’horror sappiamo, le situazioni idilliache hanno un prezzo molto salato.
Mia Farrow interpreta Rosemary, la protagonista distratta, spaventata, confusa e infine combattiva di questo lungometraggio diretto da Roman Polanski e tratto da un romanzo di Ira Levin. Quando ancora la povera Regan di L’Esorcista (1973) e il demoniaco Damien di Il presagio (1976) non dominavano lo schermo, è stato questo cult dell’horror a rappresentare sullo schermo la relazione fra demoni e bambini. Il film terrorizza non solo nei suoi momenti più dark (decisamente arditi per l’epoca), ma anche grazie ai personaggi nella vita di Rosemary – dal marito all’insistente vicina di casa – che ci trascinano insieme a lei in un vortice di dubbi, timori e paure che turba tanto noi spettatori quanto la protagonista lasciata sola a vivere una gravidanza senza precedenti.
6. Suspiria (1977)
Ed eccoci giunti a un capolavoro dell’horror made in Italy con questo mix di body horror e soprannaturale: Suspiria è un’indimenticabile film horror diretto da Dario Argento, che lo ha scritto a due mani con Daria Nicolodi. Ambientato in Germania, il film ci porta all’interno della scuola di danza in cui Susy, ballerina americana, arriva per proseguire gli studi. Tra corridoi di specchi e sparizioni misteriose, Susy scoprirà presto cosa nasconde davvero l’edificio…
Capolavoro visivo che rimanda costantemente allo stile dell’Art Nouveau (dagli edifici alle decorazioni degli interni), colori saturi e abbaglianti, colonna sonora iconica dei Goblin: chi ha sempre creduto che l’Italia non avesse niente da offrire al cinema horror sarà felice di sbagliarsi recuperando Suspiria. Si va dalle più brutali scene in cui il sangue scorre e le morti si susseguono in modo sempre più violento, ai momenti più calmi e investigativi, in cui Susy continua la ricerca di una verità raccapricciante. Tale è stata l’influenza internazionale di Suspiria, che Luca Guadagnino ne ha girato un remake nel 2018 con Dakota Johnson, Tilda Swinton e Mia Goth.
7. The Shining (1980)
Quando parliamo di adattamenti cinematografici dei romanzi di Stephen King, non si può non pensare a The Shining. Tuttavia, questo è proprio uno dei film che il Re del Brivido non ha apprezzato. Ma il successo di The Shining prescinde dalla mancata fedeltà al materiale originale: angosciante, claustrofobico e agghiacciante, il film diretto da Stanley Kubrick lascia lo spettatore senza un attimo di tregua. Il tutto ha inizio quando Jack Torrance, neoassunto guardiano invernale di un albergo sperduto nel Colorado, si trasferisce all’Overlook Hotel con sua moglie e suo figlio. L’isolamento, alcune presenze soprannaturali e la tendenza all’alcolismo di Jack faranno lentamente precipitare lui e la sua famiglia in un vortice di pazzia.
Forte anche di due eccezionali performance (Jack Nicholson nei panni di un protagonista sull’orlo della follia, Shelley Duvall in quelli di una donna terrorizzata fino al midollo, ma tenace), il film tiene gli spettatori sulle spine sin dal primo fotogramma. Non c’è una tensione inizialmente assente e poi crescente; la tensione è sempre presente, ma a diverse intensità. Ci troviamo davanti a un’ulteriore perla del genere, che anche chi è fedele al materiale di King dovrebbe recuperare, cercando di considerarlo un film a sé stante.
8. Scream (1996)
Innegabilmente, si tratta di uno degli slasher horror che ha dominato gli anni Novanta, fonte di interminabili parodie e citazioni (il vero segno del successo!). Scream non solo segue diligentemente le regole dell’horror “con killer”, ma ne è consapevole e addirittura ce le spiega mentre gli eventi si susseguono. Va infatti a questo titolo di Wes Craven il merito di aver introdotto il meta-commento del film da parte dei suoi stessi personaggi: come sopravviviamo a un killer? Quali sono le cosa da fare e da non fare per evitare di morire in un horror? Sono tutte domande che i protagonisti si pongono per capire come giostrarsi nella serie di morti che sta terrorizzando la piccola cittadina di Woodsboro.
Il fortunato titolo con protagonista Neve Campbell nei panni dell’iconica final girl Sidney Prescott ha dato vita a una serie di sequel che riportano sullo schermo il killer Ghostface, la cui identità e la cui motivazione cambiano di volta in volta. Il film è una visione d’obbligo per chi cerca un punto di riferimento nel sottogenere dello slasher.
9. Ring (1998)
Spostiamoci in Giappone, terra da cui provengono innumerevoli horror dei quali sono stati realizzati remake statunitensi. Uno di questi è proprio Ring (o Ringu), che forse i più conoscono come The Ring (2002), versione americana dell’originale giapponese. L’arcinota bambina dai capelli bagnati appare infatti per la prima volta nel film di Hideo Nakata. C’è di mezzo una videocassetta che, se guardata, condannerà il malcapitato a soli 7 giorni di vita; il modo in cui questo gli viene comunicato è… tramite una telefonata.
Ring racconta una favola horror moderna che mescola tratti classici delle leggende metropolitane giapponesi con la paura dell’avanzamento tecnologico, che è qui un ulteriore mezzo con cui il male può raggiungerci ovunque. Tramite video e telecomunicazioni, infatti, la piccola Sadako può terrorizzare chiunque. Nonostante anche il suo remake americano lasci il segno, Ring è una visione obbligatoria per chi vuole farsi un’idea di come l’horror asiatico differisca per ritmo e stile narrativo da quello occidentale, riuscendo comunque a disturbare gli spettatori più cinici di tutto il mondo.
10. The Blair Witch Project (1999)
Quando si parla di found footage, si può pensare all’infinita saga di Paranormal Activity (2007), o all’ottimo prodotto spagnolo REC (2007).. Ma alla fonte dell’esplosione del successo di questo genere cinematografico c’è The Blair Witch Project. Girato con un bassissimo budget, con attori alle prime armi e un copione quasi inesistente se non poche direzioni e suggerimenti, il film si distingue per l’atmosfera brutalmente realistica e angosciante. Non ci sono commenti musicali volti a creare tensione, i dialoghi sono a tratti confusi ma plausibili, e per quanto alcuni degli ottimi found footage usciti negli anni successivi (da ESP – Fenomeni paranormali a Creep) possano ricreare un’atmosfera cruda e claustrofobica, The Blair Witch Project resta il vero caposaldo di questa tecnica narrativa.
Persi nel bosco di Blair, tre studenti di cinema (la regista Heather, il cameraman Josh e il tecnico del suono Mike) si trovano alle prese con perdita di orientamento, confusione mentale e percorsi che sembrano ripetersi e non finire mai… tutto questo, per girare un documentario sulla presunta strega del luogo. Come ci informa il testo all’inizio del film, quello che vediamo è il materiale girato dai tre: non vi resta che spegnere le luci e guardare il film per sapere che fine hanno fatto.
11. The Others (2001)
Antiche ville e castelli, mobili polverosi, ombre, candele, notti buie e tempestose. L’horror gotico non è solo un genere letterario, ma anche un sottogenere dell’horror a cui appartengono eccellenti film quali The Woman in Black (2012) e Crimson Peak (2015). Tra tutti i titoli più che validi, spicca però su tutti The Others, una perla horror quasi priva di effetti speciali che offre agli spettatori una prospettiva originale su temi universali quali vita e morte, solitudine e perdono.
La premessa è semplice: tre servitori iniziano a lavorare a casa di una donna il cui marito è in guerra e i cui due figli soffrono di una rara malattia genetica che li confina nell’oscurità delle camere della villa, in quanto qualsiasi esposizione alla luce sarebbe per loro nociva se non fatale. Alejandro Amenába dirige Nicole Kidman in questa “quasi classica” storia di fantasmi che, pur rispettando i canoni dell’horror gotico grazie a una fotografia magistrale e una colonna sonora suggestiva, non ha paura (al contrario degli spettatori) di ribaltare completamente alcuni elementi del genere che lasceranno il pubblico senza parole. La visione è consigliata in qualsiasi momento, ma combinata con un clima autunnale e invernale possibilmente in una giornata di pioggia, l’esperienza batterà qualsiasi Dolby Surround o Cinema Imax.
12. The VVitch (2015)
Di streghe al cinema se ne sono viste tante, specialmente all’opera con terrificanti malefici come quelle di Suspiria o “invisibili” come la strega dei boschi di Blair. Quello che invece ci mostra Robert Eggers in questo The VVitch (grafia tipica del ‘600) è la possibile, insinuosa nascita di una strega: il percorso della giovane Thomasin verso la seduzione del male e la stregoneria ha una fotografia glaciale, evocativa di un periodo storico in cui la caccia alle streghe non tentava di debellare solo presunte forze del male, ma anche la semplice esistenza di giovani donne, la cui colpa era essere nel fiore dell’età.
La giovane protagonista, interpretata da una Anya-Taylor Joy al suo debutto sul grande schermo, è la primogenita di una numerosa famiglia che vive con fatica in una fattoria nei boschi del New England. Quando il suo fratellino neonato scompare, presumibilmente rapito da una strega, la famiglia di Thomasin inizia lentamente a perdere la ragione… Ogni evento è una possibile allegoria lasciata all’interpretazione dello spettatore: allucinazione collettiva dettata da una fede religiosa troppo rigida, o puro male che si insidia anche fra i credenti? E c’è realmente differenza fra i due? The VVitch vi lascerà confusi, spaventati, storditi, ma allo stesso tempo incapaci di staccare gli occhi dallo schermo.
13. Midsommar (2019)
Un horror ambientato nella bellissima Svezia nel picco dell’estate, in piena luce del giorno? Si può fare. Ari Aster l’ha già fatto, magistralmente. Midsommar (tard.Mezza Estate) è la storia di una ragazza che sta affrontando un periodo molto complicato che decide di unirsi al fidanzato, studente in antropologia, in un viaggio in Svezia insieme ad altri compagni universitari. Accompagnato da un amico del luogo, il gruppo si trova alle prese con una comunità di peculiari locals che prende le proprie tradizioni decisamente sul serio…
Nonostante la premessa da “gruppo di giovani che si ritrova isolato”, che lascerebbe suggerire un classico slasher con final girl, Midsommar prende una piega diversa: pieno di simbolismo e metafore visive (impossibile cogliere ogni dettaglio a una prima visione!), il film tiene in tensione gli spettatori non solo tramite scene degne di un body horror, ma anche tramite una lenta, impercettibile (e per questo terrificante) manipolazione psicologica che arriva da più fronti. Si tratta di una delle migliori aggiunte al sottogenere folk horror degli ultimi anni.
14. The Substance (2024)
Corpo, bellezza, giovinezza: nel ventesimo secolo è impossibile non riconoscere alcune delle ossessioni che ancora affliggono le persone, in particolare le donne nel mondo dello spettacolo. È il caso della protagonista Elizabeth interpretata magistralmente da Demi Moore, la cui stella una volta splendeva sul piccolo schermo ma che si sta lentamente affievolendo. La soluzione? Creare una versione di sé più giovane e più bella: Sue, interpretata da Margaret Qualley.
The Substance è un body horror attuale, incisivo e… disgustoso. Troverete disgusto ovunque: dalle parole usate da certi personaggi per parlare delle donne al corpo (dis)umano di Elizabeth e Sue che si sfalda sotto i disperati tentativi di renderlo più bello, più duraturo, più efficiente. Non solo un horror corporale, ma un horror sul corpo: fino a che punto saremmo disposti a modificarlo, pur di raggiungere la fama e l’ammirazione di un pubblico? Non consigliato ai deboli di stomaco, è un must watch per chiunque abbia voglia di scoprire quanto ancora il sottogenere del body horror può raccontarci – o meglio, sbatterci in faccia – con grande maestria.
15. Weapons (2025)
Bambini scomparsi in una piccola cittadina: il film diretto da Zach Cregger parte da una premessa classica spesso usata da thriller e film gialli e porta lo spettatore in un viaggio inaspettato con una tecnica narrativa usata brillantemente e, nell’horror, raramente. Gli avvenimenti ci vengono infatti mostrati dai diversi punti di vista dei personaggi (lo abbiamo già visto in Rashomon, 1950, di Akira Kurosawa e nel più recente thrillerGone Girl, 2014), rendendo Weapons film horror corale perfettamente riuscito. Si inizia con il personaggio interpretato da Julia Garner, la maestra della classe di bambini scomparsi, per poi passare al punto di vista di altri abitanti della cittadina, che lasciano sempre più incuriositi gli spettatori: vi ritroverete a cambiare teorie e rielaborare congetture a ogni cambio di prospettiva.
Con un ritmo incalzante e un’atmosfera non perfettamente leggibile (ma sta proprio qui il bello: siamo davanti a un thriller? Un horror sovrannaturale? Un dark fantasy?), Weapons tiene lo spettatore affamato di risposte, per poi placarne l’appetito con una spiegazione che, fidatevi, difficilmente indovinerete con facilità.